2
dell’intellighenzia tedesca del tempo e delle personalità più illustri della vita
culturale politica ed economica. Insieme al ritratto, Hugo Erfurth si cimentò anche in
altri generi di fotografia, quali la documentazione fotografica della prima danza
moderna e la fotografia di teatro. Egli fu un instancabile sostenitore della legittimità
della fotografia come forma d’arte; la sua costante e attiva partecipazione prima al
Deutscher Werkbund (l’“Associazione Tedesca” fondata nel 1907 per la promozione
e sviluppo dell’artigianato artistico nell’industria) e poi alla Gesellschaft Deutscher
Lichtbildner, (la “Società dei Fotografi Tedeschi” fondata nel 1919) attestano questo
suo impegno. Erfurth fu anche abile promotore di arte contemporanea: intraprese
l’attività di gallerista, organizzando, nel suo atelier a Dresda, numerose mostre di
giovani artisti e anche di grafici. Nonostante conoscesse le moderne tecniche
fotografiche, Erfurth restò fedele ai procedimenti di stampa rari, che lo distinsero dai
suoi colleghi, infatti usò spesso la stampa alla gomma bicromatata, una tecnica molto
laboriosa e infinitamente precisa per quei tempi, che si avvicinava molto di più alla
tradizione pittorica che alle tendenze più moderne.
Il terzo capitolo è dedicato alla ricezione erfurthiana in ambiente europeo e
italiano, alle sue prime grandi esposizioni collettive, all’accoglienza della sua opera
da parte della critica tedesca nel secondo dopoguerra, per giungere fino alla già citata
esposizione completa del 1993.
Hugo Erfurth non fu dunque un solitario, ma un artista particolarmente eclettico,
la cui passione per la fotografia lo condusse a non ignorarne alcun aspetto; si dedicò
con devozione al ritratto, restando comunque presente nella scena contemporanea e,
in conformità allo spirito del suo tempo, lasciandosi affascinare anche da nuovi
campi di applicazione (danza e teatro) e dalle sperimentazioni (fotogrammi). In ciò
Hugo Erfurth è definito “fotografo fra tradizione e modernità”.
4
I suoi ritratti, ci
regalano un vivo spaccato della vita soprattutto culturale, politica e sociale degli
anni Venti, consegnandoci un patrimonio artistico il cui valore va oltre i confini della
sua terra.Tutte le traduzioni delle citazioni e delle mostre ed esposizioni presenti
nell’elaborato sono state da me effettuate. Per quanto riguarda la scrittura del termine
tedesco Photographie, presente in molti dei testi consultati e in alcune citazioni da
me riportate, si è scelto di mantenere la versione presente nel testo originale.
4
Erfurth, Photograph zwischen Tradition und Moderne, cit. p. 3.
3
1. Gli anni Venti in Germania
1.1 La Germania fra le due guerre: instabilità politico-economica e
fermento culturale
Per avere un quadro preciso del contesto in cui Hugo Erfurth operò nel periodo
più prolifico della sua carriera, rispecchiandone anche alcuni aspetti, è necessario
fare riferimento alla situazione socio-politico-economica della Germania a cavallo
fra le due guerre mondiali. La Germania imperiale, sconfitta dalle potenze alleate, si
trovò, infatti, alla fine della Prima Guerra Mondiale, in pieno dissesto economico e in
una situazione socialmente instabile. Secondo lo storico Hagen Schulze, a seguito
dell’impegno dell’economia nella produzione di armi durante la guerra, la
disoccupazione aumentò non appena si ristabilì la pace. Il 20 novembre 1923
l’inflazione raggiunse il suo punto più alto: 1 dollaro equivalse a più di 40 miliardi di
marchi tedeschi.
1
Il dissesto economico e la frustrazione sociale condussero
rapidamente la nazione ad una situazione rivoluzionaria che culminò con la
costituzione della Repubblica di Weimar.
Nell’agosto del 1919 nacque, a Weimar, una Repubblica che sarebbe durata dal
1919 al 1933. Dal 1924 al 1929, Weimar conobbe un periodo di relativa stabilità
politica e ripresa economica, dovuta soprattutto all’intelligente politica del ministro
degli esteri Gustav Stresemann. Furono questi gli anni meglio conosciuti come
“favolosi anni Venti”. Spesso gli anni Venti furono descritti come una sorta di “Età
periclea”,
2
in cui una grande forza creativa artistica produsse uno dei periodi più
prolifici intellettualmente e artisticamente della storia della Germania. È sufficiente
menzionare alcuni dei personaggi della scena culturale degli anni Venti, quali Walter
Gropius, Thomas Mann, Bertolt Brecht, Martin Heidegger, Georg Grosz, Hermann
Hesse, Arnold Schönberg, Erich Maria Remarque, e tanti altri, i quali, insieme agli
esponenti delle maggiori correnti artistiche, fra cui Espressionismo e Post-
Espressionismo, Dadaismo, Futurismo, Cubismo, Suprematismo si fusero in uno
“scintillante caleidoscopio di forme e colori inauditi”.
3
1
Hagen Schulze, Weimar, Deutschland 1917 – 1933, Severin und Siedler, Berlino, 1982, p. 36.
2
Cit., p.123.
3
Cit., p.124.
4
Le radici di una scena culturale tanto esuberante sono rintracciabili già nella
Germania guglielmina e nella fervente inquietudine borghese di fine secolo.
Letterati, pittori, musicisti, pensatori e mecenati provenienti da una cultura borghese
provarono, di fronte ai cambiamenti sociali tanto radicali dei primi anni Venti, un
sentimento di straniamento, insicurezza e panico. La cosiddetta “Perdita del centro”
(Verlust der Mitte) comportò la lacerazione dei vecchi legami sociali, economici e
psicologici. I nuovi intellettuali percepirono la loro realtà come falsa e già decadente,
e si impegnarono alla ricerca di nuovi linguaggi e contenuti da rappresentare nelle
loro opere artistiche, musicali, architettoniche e fotografiche.
La determinazione nello staccarsi dal vecchio e la ricerca di nuovi valori o di una
“Nuova oggettività” (Neue Sachlichkeit) così come fu denominato uno dei
movimenti artistici più significativi dell’ epoca, (cfr. par. 1.3), corrispose a una
decisa spinta creativa in tutti i campi che rispecchiò appieno lo spirito della
Repubblica di Weimar. “Nuovo” era la parola d’ordine degli anni Venti: tutto era
“Nuovo”, il tempo e il suo spirito, la bellezza, il modo di costruire e la moda.
Insieme alla Nuova Oggettività, si parlò di “Nuova casa” (Neues Heim), “Nuova
forma” (Neue Form) e “Nuovo fotografo” (Neuer Fotograf).
4
Nel 1932 si tenne una
mostra dal titolo “Il nuovo tempo” (Die neue Zeit) a Colonia e, rispettivamente nel
1928 e 1929, apparvero il volume di Lazlo Moholy-Nagy, The New Vision e Es
kommt der neue Fotograf, di Werner Gräff.
I Goldenen Zwanziger Jahre o Roaring Twenties furono caratterizzati da una
nuova fiducia nel progresso, per dirla con lo scrittore Bruno E. Werner:
«Non si trattò di una vivacità fine a se stessa, ma negli anni Venti, per la prima
volta dopo il Rinascimento, rinacque la fede nel progresso, la convinzione che la
civiltà avanzata potesse creare un mondo migliore e più felice».
5
La cultura e l’arte acquisirono un ruolo di primo piano. Punto di partenza delle
nuove avanguardie furono Berlino e la Germania, ma l’entusiasmo e il fermento
culturale generale coinvolsero anche Inghilterra, Francia, e Stati Uniti.
4
Erika Billeter et al., Die Zwanziger Jahre, Kontraste eines Jahrzehnts, mostra tenutasi al
Kunstgewerbemuseum, Zurigo, 25.05 - 15.09.1973, Kunstgewerbemuseum Zurigo, Zurigo, 1973.
5
Bruno E. Werner, Die Zwanziger Jahre, Brückmann, Monaco, 1962, p. 24.
5
Il 1929 e gli effetti della crisi economica mondiale dovuti al crollo di Wall Street,
segnarono il tramonto della Repubblica e la fine del sogno moderno di prosperità e
condussero all’ascesa del nazionalsocialismo.
1.2. Dresda, capitale dello sviluppo dell’industria fotografica tedesca e
della promozione della fotografia.
A Dresda, allora Residenzstadt, città di residenza dei principi elettori, Hugo
Erfurth si formò presso la Accademia di Belle Arti dove studiò pittura e cominciò la
sua attività di fotografo. Intorno al 1890 Dresda, con all’incirca 400.000 abitanti, era
la quinta città più grande dell’impero dopo Berlino, Amburgo, Lipsia e Monaco e
cominciò in quel periodo a svilupparsi soprattutto grazie all’industria delle macchine
fotografiche, lastre asciutte e della carta fotografica.
6
Lo storico della fotografia
Heinrich Nickel spiega che Dresda ricoprì un ruolo di spicco fra le città tedesche
dove si praticava l’arte fotografica in quanto possedeva i presupposti necessari per lo
sviluppo di questa nuova forma artistica.
7
La fondazione del Politecnico verso la
metà del Novecento rese la città importante come centro di formazione conosciuto
anche oltre i confini della Sassonia. Intorno al 1907, più della metà delle già esistenti
diciassette industrie tedesche in Sassonia erano fotografiche. Dresda era la capitale
dell’industria fotografica in Germania. In un articolo del 1908 apparso in
Photographische Kunst
8
è possibile leggere un resoconto dello sviluppo
dell’industria fotografica tedesca nel 1907, in cui l’attività dresdense risulta essere ai
primi posti. Tra le fabbriche risultano la R. Hüttig & Sohn di Dresda; l’industria
fotografica Emil Wünsche di Reick, nei dintorni di Dresda; mentre, per l’industria
cartaria: le Vereinigte Fabriken Photographischer Papiere Dresden, le fabbriche
riunite per carte fotografiche e l’affiliata, la Dresdner Albuminpapierfabrik Dresden,
6
Enno Kaufhold, Hugo Erfurth am Anfang der Karriere in B. von Dewitz, Karin Schuller- Procopovici
Hugo Erfurth, Photograph zwischen Tradition und Moderne, Wienand Verlag, Colonia, 1992.
7
Heinrich L. Nickel, (a cura di) Künstlerische Fotografie in Dresden von den Anfangen bis in unsere Zeit,
Staatliche Galerie Moritzburg, Halle Saale, 1959.
8
“Die Entwicklung der deutschen photographischen Industrie im Jahre 1907”, Photographische Kunst,
München, anno VII, 1908 – 09, pp. 62-64.
6
la fabbrica dresdense di carta all’albumina e infine la Rheinische Emulsions-
Papierfabrik Dresden, la cartiera e fabbrica di emulsioni pure di Dresda.
9
Tra le più famose industrie di carta fotografica e apparecchi, è da ricordare ancora
la Ernst Herbst & Firl di Görlitz, non lontano da Dresda
dalla quale lo stesso Erfurth
si fece costruire su richiesta la sua macchina fotografica.
Dresda non fu soltanto capitale della produzione di materiale fotografico, ma
anche la città dove si pubblicarono numerose e attive pubblicazioni fotografiche fra
cui la rivista specializzata Apollo, curata da Hermann Schnauss e Franz Hoffmann,
che, già nel 1896, pubblicarono contemporaneamente un annuario e, insieme, un
almanacco per appassionati di arte, Gut Licht! (Buona luce!)
Inoltre durante i primi anni del XX secolo, a Dresda inoltre furono organizzate
diverse significative esposizioni per dare impulso e incrementare la crescita dell’arte
e della tecnica fotografica fra cui la «Terza esposizione di artigianato artistico» (3.
Deutsche Kunstgewerbeausstellung) nel 1906 e la «Esposizione internazionale
fotografica di Dresda» (Internationale Photographische Ausstellung Dresden,
conosciuta anche come I.ph.a.d.) del 1909. Contemporaneamente alla mostra si
svolse a Dresda il Lichtbildnertag (giornata dei fotografi), al quale partecipò anche
Hugo Erfurth e fu in questa occasione che insieme a Dührkopp e altri, promosse la
fondazione di una Vereinigung Deutscher Lichbildner (Unione dei Fotografi
tedeschi) prima denominazione della G.D.L., Gesellschaft Deutscher Lichtbildner
(Società dei Fotografi tedeschi) la società dei fotografi tedeschi, della quale Erfurth
fu fondatore nel 1919 e socio.
Hugo Erfurth esercitò infatti il suo mestiere non solo nell’attività fotografica
quotidiana, ma durante l’arco della sua vita si impegnò anche per l’affermazione del
valore artistico della fotografia. Egli aderì dapprima al neonato Deutscher Werkbund,
l’associazione fondata nel 1907 da artigiani, artisti, costruttori, architetti tedeschi con
lo scopo di nobilitare il lavoro artigianale attraverso l'organizzazione di diverse
mostre, dove ebbe modo di entrare in contatto con la “Geistesaristokratie”
10
del
tempo per poi intensificare la sua attività di promotore della fotografia nella G.D.L..
La Gesellschaft Deutscher Lichtbildner o G.D.L. (Società dei fotografi tedeschi),
si impose come la più importante istituzione fotografica agli occhi del pubblico
9
Cit., p. 63.
10
Aristocrazia intellettuale.
7
fotografico negli anni Venti e Trenta. A forte carattere elitario, vi erano ammessi,
dopo un lungo e complicato procedimento di ammissione, soltanto i migliori
fotografi della Germania. Il regolamento è rimasto invariato fino al 1983, quando è
stata rinominata Fotografische Akademie.
11
Hugo Erfurth occupò posizioni di rilievo
all’interno della G.D.L. per due decenni, dal 1919 al 1939, e rimase membro
dell’Associazione fino ai suoi ultimi giorni. All’atto della fondazione, Erfurth
ricevette la presidenza della giuria e del comitato di ammissione. Queste attività a
scopo corporativo costituirono per Erfurth un costante impegno accanto al suo lavoro
quotidiano. Durante il suo mandato, Erfurth organizzò circa 30 mostre in cui il
numero dei lavori esposti crebbe di anno in anno fino a raggiungere quota 250 nel
1935. Il suo ruolo fu determinante, sia per la decisione sui destini dei singoli
fotografi che per l’immagine pubblica dell’Associazione attraverso l’organizzazione
di conferenze, dibattiti e mostre. Con il cambio di presidenza da Kurt Schallenberg,
che ne era stato fondatore e amministratore, al fotografo di Monaco di Baviera, Franz
Grainer, la G.D.L. si propose come una società relativamente più aperta. Fu decisiva
allora la Deutsche Photographische Ausstellung inaugurata il 15 agosto del 1926 a
Francoforte sul Meno e salutata dalla maggior parte della stampa specializzata con
grande entusiasmo e soddisfazione. Nella rivista Das Atelier des Photographen, si
legge ad esempio:
«La mostra fotografica tedesca di Francoforte è in effetti la trasformata volontà
di vivere della fotografia tedesca. Al resto del mondo deve essere mostrato: noi, i
fotografi tedeschi e l’industria fotografica tedesca, siamo ancora vivi! Non ci
lasciamo vincere dall’avversione dei tempi! Vedete, cosa creiamo e cosa
significhiamo!».
12
Contemporaneamente Der Photograph riporta:
«Se la grande mostra internazionale di Dresda del 1909 è stata una pietra
miliare nello sviluppo della storia della fotografia, Francoforte sul Meno del 1926
sarà, dopo l’intera installazione e realizzazione, la pietra miliare per la
ricostruzione del nostro mestiere»
oppure ancora sulla definitiva legittimazione della fotografa come arte: «[…] pare
che la fotografia non solo abbia raggiunto il confine fra artigianato artistico e arte,
11
Dal 1993 si chiama Deutsche Fotografische Akademie (D.F.A.).
12
F. Emmermann, Die Deutsche Photographische Ausstellung Frankfurt a.M. 1926, “Das Atelier des
Photographen“, anno XXXIII, Halle Saale 1926, pp. 85 – 86.
8
ma che l’abbia addirittura superato».
13
Con essa la G.D.L. raggiunse una straordinaria posizione all’interno della
fotografia professionista, rafforzata dalle ulteriori mostre tenute a battesimo sempre
da Erfurth, quali la mostra annuale del lavoro tedesco intitolata «Das Papier» e
tenutasi a Dresda dal 1° giugno al 30 settembre 1927, a cui seguì la «Pressa» di
Colonia del 1928, ancora un punto culminante dell’attività di Erfurth e dell’ intera
opera della G.D.L. Con l’avvento dell’ideologia nazionalsocialista la G.D.L.,
avvantaggiata dalle sue posizioni non esattamente progressiste, assunse il carattere di
un’organizzazione culturale a favore del nazionalsocialismo. In quegli anni Erfurth
rimase ai suoi incarichi e partecipò anch’egli alla mostra di Berlino «Gebt mir vier
Jahre Zeit», nell’aprile del 1937.
L’effettiva posizione di Hugo Erfurth all’interno della società resta tuttavia ancora
da chiarire. Inesistenti sono gli scritti in proposito e l’unica testimonianza a cui si può
ricorrere è la voce del figlio Gottfried, il quale racconta della stima e ammirazione di
cui il padre godette fra i colleghi della Gesellschaft Deutscher Lichtbildner.
1.3. La pittura della Nuova Oggettività: alcuni esponenti e opere.
Il movimento della Nuova Oggettività permeò tutta la cultura degli anni Venti,
influenzando anche le altre arti, fra cui l’architettura, il cinema e la fotografia. Il
concetto fu definito nel 1925 da Gustav Friedrich Hartlaub, direttore della Kunsthalle
di Mannheim, con la mostra «Pittura della Nuova Oggettività» e servì in primo luogo
per indicare le tecniche realistiche adottate da molti pittori degli anni Venti.
Secondo lo storico dell’arte tedesco Wieland Schmied,
14
Nuova Oggettività era
più un nuovo modo di vedere che uno stile artistico e l’arte della Nuova Oggettività
si distingue ancora oggi per alcuni evidenti tratti stilistici come l’obiettività (nel
senso di sobrietà), la nitidezza dello sguardo dell’artista, unite ad un modo di vedere
poco sentimentale e lontano da qualsiasi emozione; l’attenzione dell’artista si
13
Grienwaldt, Frankfurt am Main, “Der Photograph“, Bunzlau, n. 22, 1926, p. 85.
14
Wieland Schmied, Neue Sachlichkeit und magischer Realismus in Deutschland 1918-1933, Fackelträger
Verlag, Hannover, 1969.
9
concentrava sul quotidiano, sui soggetti
banali e insignificanti; la composizione
dei dipinti risultava spesso statica e
suggeriva uno spazio vuoto e
trasparente. Attraverso una grande
attenzione ai dettagli, un atteggiamento
scettico e critico nell’affrontare temi
politici o sociali spesso scottanti e una
semplificazione quasi geometrica delle
forme, gli artisti della Nuova Oggettività
non intendevano soltanto rivolgersi
verso il mondo degli oggetti, ma
raggiungere anche un nuovo dialogo con
essi. Dopo la frantumazione degli
oggetti tipica del Cubismo, la
deformazione dell’Espressionismo, il
dinamismo futuristico e la dissoluzione astrattista, gli artisti giunsero alla
conclusione che la realtà non fosse costituita soltanto da atomi, energie, strutture,
raggi, campi ed onde elettromagnetiche, ma anche e soprattutto da oggetti in sé.
Questo recupero del dato oggettivo corrispose ad un tentativo di ritrovare un nuovo
orientamento empirico in un mondo diventato, dopo la seconda Guerra Mondiale,
caotico e sterminato, e cercare di comprenderlo nella sua interezza.
Fra i maggiori esponenti della Nuova Oggettività, il pittore Otto Dix (1891-1969)
spiccò per la sua capacità espressiva e di denuncia sociale. Otto Dix fu attivo
soprattutto a Dresda, dove studiò prima alla Accademia d’Arti Decorative e poi, dal
1927, insegnò come professore all’Accademia di Belle Arti. Avendo combattuto
nella Prima Guerra Mondiale, tutta la sua opera artistica, ma anche la sua fervente
attività politica, fu caratterizzata da un forte elemento antimilitare e pacifista.
All’interno delle sue opere, spesso criticate per il crudo realismo e le scene
violente, si legge un’esplicita critica alla società tedesca del tempo. Dipinse
numerose scene di strada e di locali alto-borghesi: il Ritratto della giornalista Sylvia
von Harden, 1926, (fig. 1) ad esempio, rappresenta una critica alla società tedesca ai
Figura 1.Ritratto della giornalista Sylvia von Harden,
1926.
10
tempi di Weimar. La giornalista del Berliner Tageblatt siede al tavolino di un bar con
atteggiamento provocatorio. La sigaretta tra le dita, la pettinatura alla maschietta e il
monocolo indicano di una forte volontà di emancipazione, mentre la posizione
instabile del corpo sulla sedia, le calze male arrotolate e la tensione nervosa delle
mani tradiscono una fragilità esistenziale tipica della donna dell’epoca.
Altrettanto emblematico è Alla bellezza, 1922: Otto Dix si ritrae al centro di una
scena tipica di un locale da ballo, in cui le coppie borghesi ballano spensierate sullo
sfondo, mentre l’artista quasi spaesato, prende volontariamente le distanze
dall’ambiente che lo circonda tenendo in mano la cornetta di un telefono. Dix dipinse
ritratti di mamme, bambini e donne di strada, e incurante del consenso del pubblico
si preoccupò di dare una
rappresentazione della realtà il più
aderente possibile all’oggettivo.
Probabilmente una comunanza di
intenti artistici legò il pittore Otto Dix
e il fotografo Hugo Erfurth da
un’amicizia profonda e duratura.
Entrambi si ritrassero a vicenda più
volte: nel ritratto di Dix, Hugo Erfurth
con cane, 1926, (fig. 2) il fotografo
viene riprodotto accanto al suo cane in un’immagine sobria e semplice, intesa a
mostrare il soggetto in maniera essenziale.
Georg Grosz (1893-1959), pittore e disegnatore, fu un altro grande esponente
della Nuova Oggettività che studiò anche a Dresda e operò soprattutto a Berlino. I
suoi dipinti si contraddistinguono per le atmosfere fredde e la rigidità della
composizione, nonché per la denuncia sociale e morale che esprimono. Germania,
una favola d’inverno, 1918 (fig. 3) rappresenta una critica rispetto ad alcuni dei
valori fondamentali della Germania del tempo, qui sono raffigurate la chiesa, lo stato
e la polizia come tre signori crucciati nella parte inferiore dell’immagine, mentre
sullo sfondo un tedesco medio pranza in mezzo ad un mondo dominato dal caos e
dall’anarchia. I toni scuri e freddi che dominano la composizione accrescono l’effetto
di straniamento provocato nell’osservatore, il quale invece di restare affascinato dal
Figura 2. Otto Dix, Hugo Erfurth con cane, 1926.
11
dipinto riceve una sensazione di turbamento. Lo scopo di questi artisti, infatti, non
era quello di realizzare un bel quadro, ma di descrivere una situazione sociale per
smuovere la coscienza del pubblico. È un’arte che è simile al teatro epico di Bertolt
Brecht introdotto in quegli anni e del Verfremdungseffekt, l’effetto dello
straniamento, ovvero espedienti affinché il pubblico non si lasciasse prendere dalla
finzione scenica, ma reagisse sempre criticamente a ciò che accadeva sul palco.
Secondo Schmied, all’interno della Nuova Oggettività, si distinsero, due tendenze:
una verista e una classicista e trovò diverse espressioni in relazione ai centri artistici
in cui nacque e si sviluppò: fra Berlino e Dresda si diffuse, infatti, una tendenza
verista e rivolta verso una più accesa accusa sociale, a cui appartennero fra gli altri
Otto Dix, Conrad Felixmüller (1897-1977), Georg Grosz, Otto Griebel (1895-
1972).
15
A Colonia si formò una tendenza vicina al gruppo degli artisti progressisti
(fra questi Haerl, Seiwert, Räderscheidt e Beckmann), mentre Monaco di Baviera
divenne capitale delle tendenze più spiccatamente neoclassiche, con i pittori Georg
Schrimpf (1889-1938) e Carlo Mense (1886-1965). Ad esempio Il piccolo pastore,
1923 di Schrimpf e Madre con i suoi figli 1925 di Mense rivelano il recupero di una
15
W. Schmied, Neue Sachlichkeit, cit., p. 35.
Figura 3. Georg Grosz, Germania, una favola
d’inverno, 1918.
12
tradizione accademica. Anche a Karlsruhe, sede lo stesso di una Accademia di Belle
Arti, nacque e si sviluppò un filone realistico, basato però sul disegno. Con
asciugacapelli e bicicletta, 1929-1930 di Karl Hubbuch (1891-1979) e Nudo seduto
con busto di gesso, 1927 di Georg Scholz (1890-1945) forniscono esempi di utilizzo
di soluzioni stilistiche proprie della tradizione classica figurativa.
Schmied spiega ancora che nei centri dove nacque il filone classicista si sviluppò
il cosiddetto realismo magico.
16
Ispirato dalla corrente italiana Valori Plastici e dalle
atmosfere oniriche dei dipinti di Henri Rousseau, il realismo magico si distinse per
una rappresentazione apparentemente oggettiva, ma allo stesso tempo carica di valori
simbolici; invece dell’espressione di un realismo sociale, come avveniva in Nuova
Oggettività, il realismo magico assunse le caratteristiche di un naturalismo
idealizzante che spesso oltrepassò il concetto di Nuova Oggettività, spingendosi
verso soluzioni anche surrealiste. Fra gli esponenti più importanti va citato il pittore e
fotografo Christian Schad (1894-1982).
17
Dopo il 1925, Schad si avvicinò alla Nuova
Oggettività per poi intraprendere il sentiero del realismo magico, di cui il quadro
Maika, 1929 (fig. 4) è un esempio ed in cui a un linguaggio tipicamente realista si
sovrappone un’atmosfera a tratti ingenua quasi surreale (le foglie della pianta in
secondo piano e il fiore appuntato al vestito della modella sembrano animarsi da un
momento all’altro).
16
W. Schmied, cit., p. 37.
17
Intorno al 1919, Christian Schad realizzò le cosiddette “schadografie”, ovvero esposizioni su carta
fotosensibile di pezzi di carta e oggetti piatti (B. Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino 1984,
p.277).
Figura 4. Christian Schad, Maika, 1929.
13
Tale ottica propria della Nuova Oggettività, così precisa e nitida, era facilmente
paragonabile a quella fotografica ed è certo che alcuni caratteri stilistici non
sfuggirono ai fotografi dell’avanguardia fotografica. Secondo lo storico dell’arte
Herbert Molderings,
18
precisione dello scatto, primi piani, audaci tagli in diagonale e
l’utilizzo di carta lucida divennero per i “nuovi fotografi” presupposti fondamentali
per un’analisi imparziale della realtà, che potesse costituire un’efficace critica della
situazione sociale tedesca dell’epoca.
1.4. La Nuova fotografia e il contributo della Germania negli anni 1920-1930
La Germania assunse, all’interno del panorama della fotografia europea degli anni
Venti un ruolo preminente, favorito dallo sviluppo della fervente scena culturale
della Repubblica di Weimar. Grazie agli aiuti economici anglo-americani, si
raggiunse, inoltre, intorno al 1924, una certa stabilità politico-economica. Secondo
Van deren Coke, se il passato artistico, storico ed economico era andato distrutto in
modo irreversibile bisognava concentrarsi sul presente e sul futuro.
19
Centro di incontro delle diverse correnti europee e di grandi sperimentazioni fu la
Bauhaus, la scuola di arti e mestieri più vivace del tempo. Fondata nel 1919
dall’architetto Walter Gropius a Weimar, trasferitasi nel 1925 a Dessau, e
successivamente solo per alcuni mesi a Berlino, presso la Bauhaus la fotografia fu
uno dei nuovi mezzi espressivi con cui studenti e insegnanti si cimentarono già
dall’inizio. Tuttavia solo nella primavera del 1929 fu ufficialmente introdotto un
corso ufficiale di fotografia, sotto la guida del fotografo Walter Peterhans.
Nonostante non si possa ufficialmente parlare di una fotografia Bauhaus, le
sperimentazioni degli studenti e la presenza di grandi artisti chiamati ad insegnare
nella scuola (oltre a Lazlo Moholy-Nagy vi insegnarono Kandinsky, Klee e
Kokoschka e altri) produssero lavori fotografici certamente validi in diversi generi
della fotografia. Anche il linguaggio di Erfurth subì l’influenza dello stile del
Bauhaus. In opere quali Cherlé, 1936 (tav. 31) sono riconoscibili, nella nitidezza
della fotografia, nella precisione della composizione e semplicità delle linee, chiari
18
Herbert Molderings, Fotografie in der Weimarer Republik, cit., p. 12.
19
V. D. Coke, Avantgarde Fotografie in Deutschland 1919-1939, Schirmer/Mosel, Monaco, 1982, p. 7.
14
riferimenti alla Weltanschauung della scuola di Weimar, come in Portraitstudie
1931, (tav. 32) o nel doppio ritratto Marc e Bella Chagall (tav. 17) vi è, nella posa
dei modelli, un richiamo al motivo spesso rappresentato dagli studenti del Bauhaus.
In Germania furono organizzate le più importanti mostre fotografiche degli anni
Venti, a partire dalla «Kino- und Photoausstellung» di Berlino nel 1925, la
«Deutsche Photographische Ausstellung» tenutasi a Francoforte nel 1926 e
organizzata da Erfurth, «Pressa» di Colonia 1928, mostra internazionale delle
moderne tecniche editoriali e pubblicitarie. Nello stesso anno si svolse a Jena «Neue
Wege der Photographie» e nel 1929 la famosa «Film und Foto» di Stoccarda.
20
Tali
esposizioni, spesso internazionali, dimostrarono che la Neues Sehen, “Nuova
fotografia”, non era un fenomeno soltanto tedesco, ma faceva parte di un movimento
che abbracciava diverse nazioni, dagli Stati Uniti, alla Francia all’allora Unione
Sovietica che condividevano l’aspirazione comune di esplorare il potenziale nascosto
nel mezzo espressivo fotografico.
La mostra «Film und Foto», organizzata nel 1929 dal Deutscher Werkbund
21
a
Stoccarda, a cui partecipò anche Hugo
Erfurth, conosciuta anche con il diminutivo
«FiFo», diede un quadro completo e
multiforme delle nuove tendenze
fotografiche attive sia in Germania che in
altri paesi. Accanto ai fotografi tedeschi tra
cui John Heartfield, Walter Peterhans, Albert
Renger-Patzsch, Walter Funkat
parteciparono Edward Weston, Lazlo
Moholy-Nagy, Hans Leistikow, Man Ray,
Adolf Dietrich, Herbert Bayer, El Lissitzky,
Alexander Rodchenko, Andrè Kertesz e molti
altri fotografi provenienti da Inghilterra,
Francia, Olanda, Austria, Russia, Svizzera, Cecoslovacchia e Stati Uniti.
20
Cit., p.10.
21
L’”Associazione tedesca”, fondata nel 1909 per la promozione dell’arte dell’artigianato.
Figura 5. Manifesto della Mostra "Film und
Foto", 1929.