Generazione post-walkman
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tempo ricoprono un ruolo fondamentale nelle
nostre vite come tecnologie in quanto tali. Sono
oggetti di consumo in questo doppio senso: da un
lato vengono consumati in quanto oggetti, ma al
tempo stesso ma ci socializzano a prodotti culturali
e sociali che vengono consumati e allo stesso tempo
spingono al consumo.
Nel secondo capitolo intendiamo ripercorrere gli
studi che hanno analizzato il rapporto fra società e
tecnologie dal punto di vista sociologico per
esplicitare i concetti che verranno adoperati nel
corso della ricerca.
Nel capitolo successivo, invece, spiegheremo nel
dettaglio i metodi della ricerca e per quali ragioni è
stata preferita la metodologia etnografica.
Nel quarto capitolo i dati raccolti tramite le
interviste verranno scomposti e spiegati in base
Premessa
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alle categorie adoperate per la raccolta dei dati. Nel
quinto capitolo, infine, i risultati verranno discussi e
cercheremo di tratte delle conclusioni in relazione
agli obiettivi della ricerca.
4
2. Tecnologia e società.
2.1 Il ruolo degli utenti nel processo di
innovazione.
L’ approccio del “Modellamento sociale” (Williams e
Edge, 1996) è un orientamento di studio che
analizza il rapporto tra tecnologia e società. La tesi
di fondo delle diverse teorie è di rifiutare ogni
forma di determinismo, tanto quello tecnologico
che vede le tecnologie capaci di mutare gli assetti
sociali, che è la tesi sostenuta per esempio da
McLuhan (McLuhan, 1964); tanto il determinismo
sociologico che al contrario sostiene che
l’innovazione delle tecnologie è un processo messo
intenzionalmente in atto da parte degli agenti
sociali.
Tecnologia e società
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Le teorie del modellamento sociale considerano
tecnologie e società come entità non separabili in
cui le innovazioni sono istituzionalmente ricercate.
L’introduzione di nuove tecnologie non è un
processo di radicale rivoluzione da una tecnologia
all’altra, ma al contrario un evoluzione graduale, in
cui i caratteri delle nuove tecnologie sono in parte
anticipati dalle tecnologie precedenti. Un processo
dunque complesso e di lunga durata.
In questo approccio gli agenti coinvolti sono i
produttori, i progettatori, gli utenti. Anche
commercianti e venditori sono fondamentali, perchè
sono testimoni diretti che in molti casi mediano tra
utenti e produttori (Oudshoorn e Pinch, 2004). In
vari modi le loro strategie di vendita possono
rivelare quegli usi della tecnologia previsti dai
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produttori che loro cercano di trasmettere agli
utenti (Oudshoorn e Pinch, 2004) .
Bisogna tenere presente che i vari attori coinvolti
nel processo di innovazione sono influenzati
ognuno dai propri valori e norme che sviluppano
all’interno delle propri ambienti (Silverstone e
Mansell,1996).
Gli utenti hanno un ruolo attivo, interagiscono in
varie maniere con l’artefatto tecnologico e spesso
diventano gli agenti del cambiamento di una
tecnologia. Accade che alcune tecnologie ideate per
alcuni scopi, vengano poi adoperate dagli utenti
non previsti dai produttori. È questo il caso per
esempio del computer altair (Bennato, 2002).
Oudshoorn e Pinch (2004) parlano di processo di
co-costruzione della tecnologia. In questo
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approccio l’attenzione è focalizzata sul ruolo
dell’utente:
“Ci interessa come l’utente consumi, modifichi,
addomestichi, progetti, riconfiguri e si opponga alle
tecnologie. In parole povere, il nostro interesse è
rivolto a qualsiasi cosa gli utenti facciano con la
tecnologia, e come questa definisca e trasformi gli
utenti stessi”
1
.
Si tratta di un processo complesso che è
caratterizzato da vari gradi di chiusura, in parte
deducibile dalle caratteristiche dell’oggetto stesso.
In alcuni casi infatti l’artefatto culturale può essere
“aperto”, in altri la tecnologia può essere
caratterizzata da un elevato grado di chiusura o
resistenza: è questo il caso del walkman Sony.
1
Oudshoorn, N.; Pinch, T.; a cura, 2004, How Users Matter:
The Co-Construction of Users and Technology, Massachusetts
Institute of Technology, pagina 29.
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Possiamo dunque affermare che una tecnologia
come il walkman Sony è una tecnologia a basso
grado di modellamento sociale.
2.2 Teorie dell’agire di consumo
Gli studi economici tradizionalmente hanno fatto
riferimento all’ottica produzionista, in cui il
consumo aveva un ruolo ancillare rispetto alla
produzione (Smith, 1776; Malthus, 1820). Queste
teorie considerano il consumatore un individuo
razionale che agisce come se fosse isolato. Il suo
scopo è massimizzare il guadagno e minimizzare i
costi. Egli infatti, agisce utilitaristicamente e
strumentalmente. Le teorie economiche tradizionali
ignorano i significati culturali e simbolici che il
consumo riveste per l’individuo; come pure manca
la considerazione che l’individuo non agisce come
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se fosse isolato, ma al contrario confrontandosi con
altri individui, all’interno di una società di cui
condivide o contesta i valori (Dell’Aquila, 2003).
Queste teorie sono oggi piuttosto superate, ma il
concetto di sovranità del consumatore rimane
centrale per alcune teorie recenti di orientamento
opposto. In questi approcci l’atto di consumo è un
atto completamente libero e sempre creativo,
spesso sovversivo verso valori imposti dalla società
dei consumi; la vita quotidiana diventa il luogo della
resistenza e della gratificazione dell’individuo. (De
Certeau 1980, Fiske 1989). A proposito di Fiske
Moores parla di “celebrazione populistica del
consumatore” (Moores, 1993, p. 182).
Il consumo si delinea in altri casi come un
fenomeno culturale oltre che economico (Douglas e
Isherwood, 1979), in cui il rapporto con l'oggetto
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permette al consumatore di elaborare un sistema di
significati simbolici condivisi. In questo senso la
circolazione di oggetti materiali costituisce un
sistema di scambio simbolico fra individui,
attraverso il quale da un lato interpretare e dare
ordine alla complessa sfera sociale, dall’altro
dimostrare competenza e status. In questo senso
possiamo affermare che anche le teorie di Douglas
e Isherwood fanno riferimento alla nozione di
sovranità del consumatore, il quale razionalmente e
strumentalmente consuma dei beni per collocarsi
socio-culturalmente.
E’ bene considerare che le merci consumate non
identificano soltanto degli status sociali marcando
le differenze tra una classe e l'altra (Bordieu, 1979),
ma connotano stili individuali e complessi. Occorre
andare oltre la nozione di sovranità del
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consumatore e recuperare il concetto di pratica,
come atto volontario, creativo. Un atto non
indipendente né esterno a una data cultura, ma non
inevitabilmente volto a riprodurla. Come sostiene la
Sassatelli:
“Le pratiche di consumo sono significative per chi le
compie anche se non sono interamente libere, sono
incluse in meccanismi e strategie di potere anche se
non interamente determinate” (Sassatelli, 2004, p.
139)
E dunque ogni pratica di consumo è una pratica
significativa all’interno di una particolare cultura.
Spiegare perchè una pratica funzioni è utile per
individuare quali siano i valori e le credenze che ne
sono alla base.
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2.3 Rapporto media e vita quotidiana
2.3.1 Gli studi etnografici di James Lull
Gli studi di James Lull segnano una svolta
all’interno degli studi sui media. All’inizio degli anni
90 lo studioso americano abbandona lo logica di
studio dei media dalla parte degli emittenti e
focalizza la propria attenzione sul pubblici per
comprendere cosa effettivamente le persone
facciano con la televisione. Ciò che interessa non è
capire gli effetti del medium sul pubblico e stabilire
se è buono o cattivo, o se faccia male o bene, ma
quali effettivamente siano le pratiche di consumo
dei telespettatori nella vita quotidiana.
La sua ricerca, che porterà alla pubblicazione di “Gli
usi sociali della televisione”, si basa sull’analisi
svolta con le tecniche dell’etnometodologia di circa
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duecento famiglie della California e del Wisconsin,
di varia estrazione sociale. Il periodo di
osservazione variava dai due ai sette giorni per
famiglia e l’intera ricerca richiese circa tre anni. Un
periodo piuttosto lungo utilizzato per cogliere le
famiglie in contesti il più possibile vicini a quelli
naturali. Le tecniche utilizzate furono molteplici:
dopo un primo periodo di osservazione, avvenivano
interviste in profondità con ogni singolo membro
della famiglia. Venivano consultati inoltre degli
informatori, ovvero conoscenti.
Il risultato di questo studio fu la ormai famosa
classificazione degli usi della televisione, in cui
vennero distinti gli usi strutturali da quelli
relazionali. I primi rendono l’idea di come la
televisione sia diventata parte integrante dell’
organizzazione della vita quotidiana, come possa
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diventare un metodo per scandire il tempo o servire
come rumore di sottofondo. Ma la televisione può
essere uno strumento usato dagli individui come
risorsa sociale, nel senso che può essere utilizzata
come risorsa per comunicare con gli altri individui.
Può per esempio essere utile per facilitare la
comunicazione, perchè può fornire uno sfondo
culturale comune. La televisione può facilitare
l’apprendimento sociale, ed è un aspetto
fondamentale per esempio per gli adolescenti che
fruiscono canali tematici studiati per loro. Un altro
uso della televisione che risulta interessante e che
troviamo nella tipologia di Lull è quello riguardante
competenza/predominio. Sempre per i giovani o
anche per i bambini la televisione può risultare un
argomento di cui sono competenti e quindi renderli
più sicuri di se stessi in un confronto con gli altri.
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2.3.2 Gli Studi Culturali
Gli studi culturali fanno riferimento alle ricerche
svolte al Center for Contemporary Cultural Studies
di Birmingham, in Gran Bretagna. Oggetto di studio
è la cultura, focalizzando l’attenzione sui processi
di attribuzione di senso alla realtà da parte degli
individui. Il concetto di pratica è a fondamento di
questo approccio, e descrive il rapporto tra individui
e cultura nelle sue implicazioni simboliche e
comunicative. I Cultural Studies:
“Rigettano la coincidenza della cultura con l’alta
cultura, sostenendo che tutte le forme di produzione
culturale necessitano di uno studio portato avanti in
rapporto ad altre pratiche culturali e a strutture
storiche e sociali. I Cultural Studies si sono così
impegnati nello studio dell’inventario delle arti,
credenze e istituzioni della società, nonché delle
pratiche culturali” (Grossberg et alii, 1992).