5
INTRODUZIONE
Quando due persone si piacciono e si innamorano, due mondi si incontrano per tentare di
fondersi piano piano in uno solo. Almeno questo è ciò che gli “innamorati” vorrebbero per
loro. La realtà è ben diversa. Due mondi si incontrano e sono due mondi diversi e ben
distinti tra loro, ognuno con le sue caratteristiche ed i suoi vissuti, ognuno con i suoi
passati, il suo essere unico ed originale.
Questi due mondi, spesso molto diversi tra loro, andranno a cercare di formare il primo
nucleo di quel sistema così complesso, da essere oggetto di studio costante e non ancora
finito quale “la Famiglia”.
Questo primo “sistema”, porterà con sØ altri sottosistemi complessi, i parenti per esempio,
composti a loro volta di sistemi e sottosistemi.
La Famiglia così costituita, per ora da due mondi solamente, si presuppone che abbia come
forte motivazione alla ricerca dell’armonia, una grande spinta: l’Amore. E’ quindi
fortemente motivata a trovare degli scambi relazionali che consentano uno scambio di idee,
emozioni, relazioni, comportamenti, tali da consentire una amorevole, pacifica, e
costruttiva convivenza.
Come enunciato piø sopra però, questo viene inevitabilmente favorito da quanto la psiche
dei componenti questo nucleo sia disposta a rinunciare al proprio “ego” per venire incontro
alle esigenze dell’altro “ego” (smussando i propri angoli per poterli fare incastrare in quelli
dell’altro, senza che questi inizino a scheggiarsi.
Questa piccola metafora per premettere, quanto possa essere difficile o complicato per due
persone che decidono, pur amandosi, di iniziare a dividere un cammino comune, costruire
e condividere degli obiettivi, dei progetti condivisi.
Due “mondi” che si incontrano e che, anche se si sentono attratti l’uno dall’altro,
rimangono due mondi distinti, dovranno lavorare molto per conoscersi, capirsi, stimarsi.
Questo sistema complesso di corpi e psiche, energia e vissuti, passati e presenti, alla
ricerca sì, di un futuro comune ma, è comunque un “sistema” che mantiene memoria di
tutti i passati vissuti che si porta dentro e con i quali dovrà fare i conti ogni qualvolta, si
troverà consciamente o inconsciamente di fronte ai vissuti ed ai passati dell’altro.
Quando questi due mondi, nella migliore delle ipotesi, hanno iniziato ad amalgamarsi bene
ed il sistema inizia ad essere ben organizzato, quando tutto inizia a diventare piø facile e
6
piø armonico, proprio in quel momento, in genere, la coppia inizia a pensare che tutto
questo “bene” è in grado di ridistribuirlo ad altri e pensa ad un figlio.
La genitorialità della coppia si dice che sia una condizione innata e naturale, insita nella
progettualità della coppia stessa. Quello che la Sistemica ha elaborato in questi anni e che
la ricerca sulla famiglia e sul suo ciclo vitale hanno evidenziato è che: il “Sistema
Famiglia” non è proporzionalmente complesso sulla base del numero dei componenti,
bensì esponenzialmente.
In altre parole un sistema famigliare a due non è assolutamente paragonabile ad un sistema
a tre elementi, nØ ad uno a quattro.
Le dinamiche psichiche e relazionali sono esponenzialmente piø complesse, man mano che
il numero dei componenti il sistema sale. La ricerca dell’equilibrio ed il suo
raggiungimento da parte di due componenti principali, (marito e moglie – papà e mamma)
è, per definizione, sempre a rischio di destabilizzazione da parte di elementi “esterni”.
Un figlio non fa eccezione a questa regola. Anzi, rappresenta un terzo “mondo” che
aggiungendosi ai primi due, aumenta naturalmente la complessità del sistema, facendo
spesso da cassa armonica amplificante di tutti gli eventuali “problemi” non risolti.
7
CAPITOLO 1
La famiglia
1.1 L’esecuzione del progetto della creazione nella Genesi
Presentata al mondo in una terzina quasi poetica:
“Dio Creò l’uomo a sua immagine,
a immagine di Dio lo creò,
maschio e femmina li creò”
(Genesi 1, 28).
Segue la benedizione di Dio, che come nel caso degli altri esseri viventi sta all’origine
della trasmissione della vita. Essa ha la sua fonte nella trasmissione della vita. Essa ha la
sua fonte nella parola creatrice di Dio:
“Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra …” (Gen
1,29).
L’orizzonte Biblico è quindi quello di prendere possesso della terra e di non essere solitario,
ma coppia che nella relazione di maschio e di femmina prolunga l’azione creatrice di Dio e
ne rappresenta la signoria sulla terra. Su quanto appena descritto si innesta il secondo
racconto della creazione dov’è Dio stesso che presenta la donna all’uomo perchØ siano
“una sola carne”. Realizzazione di coppia primordiale, - “ossa delle mie ossa, carne della
mia carne” – corrisponde al disegno di Dio per il bene dell’essere umano.
Posti al centro ancora una volta la coppia primordiale, invece di chiamarli con il loro nome
che indica l’umanità li chiama “Ish uomo - marito”, e “Ishàh”, corrispondente
dell’uomo al femminile “donna – moglie” ed Adamo gli fa eco dichiarando e pensando a
se stesso, creato dalla terra:
“Questa volta essa è carne della mia carne, osso dalle mie ossa, la si chiamerà Ishàh
perchè da Ish – uomo – è stata fatta”. (Gen. 2, 23).
8
Questa reciprocità, che esiste fin dall’origine dei tempi, ci parla di una simmetria di
relazioni all’interno del rapporto maschile - femminile. L’essere umano esiste come
coppia ideale. L’uomo e la donna non esistono per conto loro, ma implicano una
reciprocità, non solo per la generazione dei figli.
Adamo nella sua solitudine, si ritrova senza alcuno di simile a lui che gli faccia fronte e
quando il Signore Dio gli presenta la donna, lui non può far altro che sentire quanto sia
parte di lui, perchØ da lui generata. In questo riconoscimento Biblico sta l’origine
dell’alleanza di Dio con l’uomo e dell’uomo con la donna. Il patto di unione e condivisione
che ne deriva è naturale ed inevitabile.
Il secondo racconto della creazione si conclude con la “presentazione del matrimonio”,
fondato sulla relazione primordiale di coppia appena descritta come alleanza: “per questo
l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie”. Quella che si
delinea è una perfetta armonia ed immagine positiva nella rispettiva nudità, di cui nessuno
dei due si vergogna.
1.2 Il progetto comune: la famiglia come spazio di incontro e di differenze
“E’ così che Aristofane ci introduce al Mito dell’Androgino che, in principio, era un’unità,
che partecipava per aspetto e per nome di entrambi, il maschio e la femmina .
Quest’essere umano primigenio – nella tradizione del mito – era terribile per vigore e
potenza e tanto arrogante da tentare perfino un attacco contro gli Dei. Zeus decise di
indebolirlo tagliandolo a metà. Da allora ciascuna metà ricerca la metà perduta che era
sue e, se la trova, le si avvince con le braccia che si intrecciano l’una con l’altra per il
desiderio di fondersi insieme.
Zeus fece in modo – spostando i genitali delle due metà sul davanti – di rendere creativa
questa tensione e stabilì che la generazione, da quel momento in poi, avvenisse tra di loro,
cioè attraverso il maschio nella femmina, con lo scopo che, nell’abbraccio, se un uomo si
imbatteva nella donna, generassero e si riproducesse la stirpe.
E’ in questo modo che Aristofane spiega come da un tempo così remoto è connaturata
negli uomini la natura per gli uni per gli altri; esso ricongiunge la natura antica e si
9
sforza di fare di due, uno, e di guarire la natura umana… Ciascuno cerca sempre il
proprio complemento”.
1
Difficile poter pensare ad un’unione di questo tipo senza il presupposto di una fusione
reciproca di desideri e progettualità. La stessa, a sua volta, non è possibile se non con una
chiara definizione o comprensione dei “ruoli” in seno alla coppia stessa, tenendo presente
potenzialità e limiti, punti di forza e debolezze, complementarietà e differenze.
La Famiglia è per definizione un “incontro tra differenze”
2
e come è facilmente intuibile,
quindi, non principalmente un incontro tra interessi comuni. Il collante è l’amore che
unisce le persone le une legate alle altre con molti modi di amore e di affetti diversi:
l’amore tra i coniugi, quello dei genitori verso i figli, quello dei figli verso i fratelli, verso i
nonni e così via in un intreccio affettuoso e di relazioni che fa della Famiglia l’elemento
piø complesso e complicato alla base delle Società di tutto il mondo. Come si può quindi
intuire da subito, il progetto che nasce, quasi sempre nella totalità dei casi, da un
sentimento amoroso ed attrazione fisica di due persone, si declina poi in un progetto
complicato e molto articolato del quale spessissimo non si ha nemmeno idea, pur
provenendo entrambi da un’altra famiglia, quella di origine.
La famiglia è quindi uno spazio sia fisico che sentimentale, intellettuale, progettuale ed
organizzativo, nel quale si incontrano persone, esigenze, sicurezze, aspettative, desideri,
paure, in un naturale crogiuolo che racchiudendo tutto in uno spazio sia fisico, le mura
domestiche, sia mentale, fa sì che tutto ribolla insieme, dando inizio ad un processo di
fusione quasi alchemica, che viene chiamato famiglia.
E’ logico e anche facilmente intuibile, che tutto ciò avvenga sull’onda di delicati equilibri
“dinamici”, che sono soggetti a continui cambiamenti sulla base cronologica del tempo e
dello spazio fisco, che ogni componente occupa e che, di volta in volta, sposta o propone.
“Passare dall’innamoramento all’amore è proprio un’utopia? Si ritiene di no. Si pensa
che per la coppia, avvenga un passaggio analogo a quanto visto rispetto all’evoluzione
individuale: un innamoramento può diventare amore se lo è già in potenza”.
3
E’ questa potenzialità che permette di assumere nell’amore non soltanto quell’affinità con
l’altro che è la prima molla dell’innamoramento, ma anche quella diversità che
l’innamoramento tende ad occultare. Si potrebbe dire che nel rapporto di coppia una
“somiglianza” di base, quella stessa che sostanzia il legame fra i genitori ed i fratelli, si
1
Colli G., a cura di, (1989), dal Simposio di Platone, Milano, Adelphi, pagg. 42-49
2
Nicolli S., Tortalla E. e M., (2008), Disagio e crisi di coppia: fallimento, speranza o novità?, Siena,
Cantagalli
3
Chizza L. (1986), PerchØ ci ammaliamo? , Borla, Roma, 1998, pag. 28.
10
trova a confrontarsi con la “differenza”. E’ quest’ultima a dover subire un processo di
trasformazione e di assimilazione reciproci che si realizzerà nella unità di coppia.
Eraclito scriveva: “Se speri l’insperabile, non lo scoprirai, perchØ è chiuso alla ricerca, e
ad esso non conduce nessuna strada.”
4
Nell’orizzonte culturale degli ultimi trent’anni almeno, il diffuso e sicuro “sentire” che
l’innamoramento e l’amore di coppia siano due fasi distinte e che prima o poi siano parte
di un processo destinato non solo a scindersi in un prima e in un dopo, ma anche, a
dissolversi in un dopo a convivenza mantenuta da ragioni che si possono cogliere sempre
piø intrinseche od addirittura estranee alla vita di coppia, definisce la crisi cronica di
quest’ultima che molti, oggi, reputano irrimediabile.
Che si parli di crisi della coppia, anzichØ di crisi della famiglia, la dice lunga su come
manchino gli strumenti per una lettura adeguata delle ragioni delle “crisi” ed ancor meno
per le soluzioni, a volte semplici, come l’essere meno accentrati sul proprio egoismo, che
sono alla nostra portata e di “facile” attuazione e strategie possibili con l’apertura di un
dialogo e spiegazioni reciproche di ciò che sono le proprie difficoltà e desideri, paure ed
aspettative.
Il confronto diventa essenziale per una comprensione reciproca anche attraverso, come ci
suggerisce Eraclito, una visione piø “realistica” dello sperabile e fattibile, una meno
drammatica angolazione dell’eventuale problema o difficoltà che ci si pone innanzi.
E’ ormai convinzione comune che la sessualità, sia un punto cardine di un “sano” sviluppo
della coppia che già permette una duplice ed essenziale lettura.
La prima come energia libidinale che accompagna dall’inizio, tutta la storia evolutiva dei
soggetti e contrassegna le tappe, con il suo culmine nella Genitorialità, sotto le cui egida si
riorganizzano e gerarchizzano tutti i passaggi e traguardi parziali precedenti.
La seconda come mezzo per ritrovarsi, comprendersi e riarmonizzarsi continuamente dopo
le eventuali e normali tensioni o incomprensioni che possono sorgere nell’organizzazione e
gestione della vita di coppia.
La conquista della genitalità, come è noto, non equivale a conseguire il potere procreativo
che, a rigor di logica uno possiede già al termine della fase puberale, ma significa essere
pervenuti ad una sessualità intenzionale al servizio della armonia psico-fisica non
solamente soggettiva, ma di coppia.
E’ possibile quindi anche trasformare la sessualità in una forma di dialogo, quale
piattaforma di incontro, di interazione al servizio della continua costruzione dell’identità di
4
Eraclito, (1993), traduzione e cura di A. Tonelli, Dell’origine, Milano, Feltrinelli, pag. 200.
11
coppia e del progetto creativo ad essa sotteso, diventando mezzo per la reciproca
conoscenza e valutazione.
In questa “fusione” reciproca nasce il senso della “Noità” spiegato da Carlo e Rita Brutti
nel loro saggio: “ Un traguardo dove Eros e Psiche, gioco e responsabilità, maturazione
dell’identità personale e suo trascendimento nell’identità di coppia, si fondono un una
prospettiva unitaria che fa della Noità il vertice della nostra pienezza umana. E’ solo il
conseguimento di tale traguardo a farci capire e sperimentare che non c’è amore carnale
contrapposto all’amore spirituale”.
5
Va sicuramente recuperato il concetto che nella piø realistica consapevolezza, il mondo
delle relazioni è una realtà complessa, che esige un continuo lavoro psicologico di
elaborazione, negoziazione e bilanciamento delle distanze interpersonali.
Si tratta di bisogni interpersonali che discussi, negoziati e ri-negoziati hanno lo scopo di
permettere un equilibrio sufficientemente buono per entrambi.
Parallelamente potremmo anche dire che “la relazione è l’esito di una dialettica senza fine
tra la capacità di riconoscere l’altro come soggetto, in quanto tale diverso da noi, e la
tendenza inconscia a ricondurre l’altro a soggetto della propria fantasia e a trattarlo
come se lo fosse: operazione arbitraria, sia che l’altro sia attraverso il nostro
immaginario fantasticato come negativo, sia che venga impreziosito di aspetti
idealizzati”.
6
“Il “paradosso” del riconoscimento dell’altro come base per la conoscenza di se stessi e
della relazione con l’altro, passa attraverso il riconoscimento della compresenza, in me
dell’altro, di questi due ordini di esigenze radicalmente opposti e non risolve una volta per
tutte, ma rimane un’istanza organizzatrice per tutta la vita”.
7
1.3 La scelta del Partner
Quando si stabilisce un legame amoroso, questo fondamentale processo di idealizzazione
sembra dunque trovare la sua piø lontana origine nei primi momenti della vita psichica del
neonato.
5
Brutti C., Brutti R., (1998), La coppia come Noità, una sfida per un tempo di crisi, Assisi, Cittadella
Editrice, pag. 98
6
Benjamin J.,( 1996), Soggetti d’amore, Milano, Cortina, Pagg.34-35.
7
Nicolli S., Tortalla E. e M., (2008), Disagio e crisi di coppia: fallimento, speranza o novità?, Siena,
Cantagalli
12
Esso corrisponde a un’attività fantasmatica legata alla separazione dell’oggetto buono dagli
oggetti cattivi.
“La domanda amorosa dell’adolescenza o dell’età adulta ripete questo processo; le
difficoltà incontrate nel corso dell’evoluzione non impediscono il permanere della
nostalgia del seno buono, dell’oggetto buono, e lo stabilirsi della relazione amorosa
richiede in maniera analoga il ricorso alla distinzione e all’idealizzazione, per ritrovare
un oggetto buono gratificante.
Per cui, il mondo dell’innamorato è diviso in due: da un lato un oggetto completamente
buono, che appartiene al soggetto, e dall’altro tutto il resto del mondo, all’interno del
quale compaiono oggetti cattivi, persecutori, che minacciano sia il soggetto che l’oggetto
introiettato.
La strategia amorosa riproduce quella dei primi momenti della vita, in quanto tende a
mantenere – eventualmente anche attraverso l’attività fantasmatica – il carattere
totalmente buono dell’oggetto, pronta ad allontanare da esso tutto ciò che potrebbe
apparire come parti cattive.
Questi processi, di cui vedremo l’importanza nei momenti della crisi, già qui trovano il
loro ruolo, nella scelta del partner, che non può essere dissociata dalla nostalgia attesa di
una relazione totalmente soddisfacente”.
8
Come scrive la Klein, durante la fase dell’innamoramento o della luna di miele i particolari
spiacevoli o non graditi vengono completamente soppressi attraverso il processo della
negazione. Questo parrebbe per il genere umano un vantaggio ed un privilegio. Nella
pratica clinica, si trova che questo processo di negazione si mantenga a lungo in alcuni
soggetti che, per ragioni psicopatologiche, non possono tollerare troppo le angosce di
persecuzione, senza che la loro personalità si disintegri.
L’intuizione della Klein ci aiuta così a percepire come all’origine della formazione di tutte
le coppie, vi siano questi processi psichici, che rimangono particolarmente evidenti anche
durante le fasi successive nel ciclo della vita di coppia.
Questa teoria può essere applicata a tutti ma, soprattutto a soggetti immaturi, sia che si
tratti di formazione delle coppie molto giovani o di embrioni di coppie (come negli
adolescenti), sia che si tratti di soggetti la cui immaturità affettiva rientra nel quadro clinico.
La scelta del partner può anche essere studiata sotto l’aspetto della “protezione contro il
rischio di un amore troppo intenso”, trattarono di questo Freud con la Teoria del
narcisismo e piø recentemente Winnicott a proposito delle misure di protezione che il
8
Lemaire J. G.,(1981), Vita e morte della coppia, Assisi, Cittadella Editrice, pag. 97
13
bambino si costruisce alla ricerca di uno spazio compreso fra l’Io ed il Non Io. Egli ricorre
a stratagemmi quali misure di protezione davanti a qualunque oggetto investito, es. lo
psicanalista, un segreto, una bugia, la dissimulazione. Ugualmente alcuni soggetti mettono
in campo le stesse strategie nei confronti dell’altro per evitare eventuali sofferenze in caso
di forzato distacco.
Particolarmente interessanti sono “le reazioni alla invasione”,
9
che fanno pensare alla
“insicurezza ontologica”
10
descritta da Laing dove, perchØ l’essere umano sia in grado di
stabilire con l’altro una vera relazione, senza sentirsi minacciato, è necessario un solido
sentimento della propria esistenza, della propria realtà e identità.
Se non si è in grado di raggiungere questo stato di consapevolezza, si rischia di sentirsi
costantemente obbligati a difendere la propria insufficiente identità.
Scrive Laing che, nel momento in cui l’altro viene capito, “com-preso”, colto, un soggetto
insicuro si sente automaticamente minacciato nella sua integrità. Una relazione amorosa,
quindi, può venir colta come un “attacco” alla propria identità, al proprio essere.
Una chiave di lettura di quanto sopra esposto può essere compresa partendo da quanto
sostenuto da Winnicott, ed in particolare dal concetto di invasione, che trova la sua
definizione nel quadro delle prime relazioni col mondo.
Ricordiamo che per Winnicott , prima che un vero Io infantile si formi, esiste un
continuum fra l’essere mal differenziato e la madre che lo avviluppa. Nel quadro di questo
processo, gli atteggiamenti della madre giocano un grande ruolo e davanti ad essi il
bambino non ha che debolissimo potere. La presenza di una madre sufficientemente buona
e con stimoli affettuosi giusti ed equilibrati, per esempio, darà al neonato un senso corretto
di onnipotenza dal quale poi non farà fatica a distaccarsi. Se al contrario si confronterà con
una madre con un comportamento non perfettamente adeguato, ad esempio una madre
possessiva che riempia di attenzioni ed affettuosità invadenti, che si avvicini troppo ad un
neonato che non lo richieda, avverrà che il neonato si dovrà difendere da questo
sconfinamento.
9
Winnicott D. W., (1987), I bambini e le loro madri, Milano, Cortina
10
Laing R.,(1972), Io diviso, studio di psichiatria esistenziale, Torino, Einaudi
14
1.4 La famiglia come sistema
La famiglia è stata spesso definita come un gruppo o come un sistema. In ogni caso si deve
tener presente che essa è un gruppo ed un sistema sui generis, anzi un’organizzazione
specifica.
Come descritto da Eugenia Scabini, per meglio comprendere cosa si intenda per
“Organizzazione Specifica”
11
è necessario dedicare alcune brevi e sintetiche osservazioni
alla connotazione della famiglia come gruppo e come sistema.
L’inclusione della famiglia nel novero dei piccoli gruppi, se non addirittura la sua
assunzione a modello paradigmatico è stato un classico della Psicologia degli anni
cinquanta.
La definizione lewiniana di gruppo ha costituito la base concettuale per tale operazione.
Essa infatti si adatta perfettamente alle caratteristiche strutturali e di funzionamento della
famiglia: “Il gruppo è qualcosa di piø, o per meglio dire, qualcosa di diverso dalla
somma dei suoi membri: ha struttura propria, fini peculiari e relazioni particolari con altri
gruppi.
Quel che ne costituisce l’essenza non Ø la somiglianza o la dissomiglianza, riscontrabile
tra i suoi membri, bensì la loro interdipendenza. Esso può definirsi come una totalità
dinamica. Ciò significa che un cambiamento di stato in una sua parte o frazione qualsiasi,
interessa lo stato in tutte le altre. Il grado di interdipendenza delle frazioni del gruppo
varia da una massa indefinita a un’unità compatta. Dipende tra gli altri fattori,
dall’ampiezza, dall’organizzazione e dalla coesione del gruppo”.
12
Questa definizione inaugura un vero e proprio punto di vista relazionale, centrato
sull’interdipendenza dei membri del gruppo, superando così l’impostazione behavioristica
fino ad allora imperante e la tendenza a ridurre i fatti sociali alla sommatoria di
comportamenti individuali.
L’espressione “la famiglia è un sistema” è stata usata ed abusata in psicologia. Da un lato
si ritrova l’attenzione precipua ai rapporti, alle interazioni reciproche tra le parti e funzioni,
dall’altro alcuni “concetti chiave” passati da coloro che si occupano di famiglia in una
prospettiva socio evolutiva, attraverso la mediazione delle diverse declinazioni della teoria
sistemica.
11
Scabini E., (1995), “Psicologia sociale della famiglia”, Torino, Bollati Boringhieri
12
Lewin K., (1951), Teoria e sperimentazione in psicologia sociale, Bologna, Il Mulino, pag. 125
15
“ La famiglia può essere intesa come un sistema aperto che funziona in relazione al suo
contesto socio culturale e si evolve durante il ciclo di vita”
13
.
In quanto tale, essa possiede alcune caratteristiche peculiari: la non sommatività, che
riprende una delle componenti principali della definizione del gruppo di Lewin, la
casualità circolare, l’equifinalità, la comunicazione e le regole , l’omeostasi e la
morfogenesi.
In particolare:
• Non sommatività: la famiglia costituisce un sistema diverso dalla somma delle parti
/individui, e scaturisce dall’interconnessione dei suoi membri; è pertanto
importante individuare “il pattern che connette”, (Bateson, 1976), gli individui
della famiglia.
• Comunicazione: ogni comportamento che si verifichi nella famiglia costituisce un
atto comunicativo diretto a tutti i membri, con un valore di messaggio implicito o
esplicito.
• Regole famigliari: le regole famigliari implicite o tacite garantiscono stabilità e
identità al sistema famigliare, definiscono le aspettative legate ai ruoli ed il grado di
liceità dei comportamenti.
• Omeostasi: il sistema famigliare attua meccanismi stabilizzatori attraverso catene di
feedback ricorsivi che tendono a riportare i comportamenti entro una fascia
contenuta di oscillazioni e ad evitare cambiamenti recepiti come destabilizzanti.
In riferimento ai mutamenti famigliari si sono formulate diverse teorie identificabili nella
teoria dello stress e coping e nell’ approccio dello sviluppo.
La prima teoria si concentra prevalentemente sugli eventi imprevedibili che la famiglia può
incontrare nel suo cammino, mentre la seconda si occupa principalmente del ciclo vitale
della famiglia e degli eventi prevedibili e normativi che ne punteggiano il percorso.
Nel tempo questi due aspetti tendono ad unificarsi in una prospettiva comune, che
considera sia gli eventi prevedibili, che quelli imprevedibili, che innescano il cambiamento
e le modalità che la famiglia utilizza per affrontarli, (coping).
L’approccio dello sviluppo ha iniziato a integrare all’interno del proprio quadro di
riferimento i concetti di coping e di adattamento, consapevole che i cambiamenti
prevedibili lungo il ciclo di vita non sono transizioni automatiche, ma possono
rappresentare una fonte di stress che richiede alla famiglia un attivo sforzo di elaborazione
13
Walsh F., (2008), La resilienza familiare, Milano, Cortina
16
e di attivazione delle risorse che possiede. D’altra parte, gli esponenti della teoria del
Family Stress hanno cominciato a spostare la loro attenzione, oltre che sull’influenza degli
stress imprevedibili nello sviluppo della famiglia, anche sugli effetti degli eventi
“normativi” e prevedibili e sulle modalità piø adeguate di coping famigliare.
1.5 Il progetto figli. Condivisione v/s opposizione
La vita della famiglia non scorre uniformemente, ma ha un suo percorso ritmato. Come già
sottolineato nella teoria della Family Stress e nell’Approccio dello Sviluppo, il ciclo di vita
della famiglia, è scandito da periodi, a partire dagli eventi significativi che si verificano.
Tra gli eventi critici rivestono particolare importanza le entrate e le uscite dei membri della
famiglia, poichØ modificano la struttura della famiglia e la sua evoluzione nel tempo verso
una reciproca differenzazione, nonchØ il costituirsi dei molteplici ruoli famigliari, (genitore,
nonno, zio, genero, suocera, etc).
“Gli eventi critici per eccellenza sono perciò la nascita e la morte: essi sono cruciali
marcatori di passaggio, ma analogamente segnano tutte le altre forme di contatto e di
distacco significativo, ad esempio, il periodo dell’adolescenza dei figli”.
14
Ogni storia famigliare è punteggiata di eventi critici normativi e non normativi. Tra gli
eventi critici prevedibili e non prevedibili, il ruolo importante è svolto dall’elemento scelta
o non-scelta che li attraversa.
Abbiamo così eventi critici prevedibili e scelti, (nascita dei figli, uscita di casa dei figli), o
solo per chiarirne la differenza, non prevedibili e scelti, (separazione), si parla appunto in
questo caso di Famiglie messe alla prova.
Due partner fanno incontrare le proprie storie familiari, e come in ogni incontro, questo ha
una sua propria imprevedibilità, una propria fortuità.
Così, se è vero che ognuno dei due partner deve fare i conti con gli ostacoli dati dal
passaggio dalla propria famiglia d'origine alla “nuova”, è anche vero che le proprietà del
nuovo legame di coppia, sono diverse dalla somma delle risorse e dei deficit che
costituiscono il bagaglio dei due partner. La nuova coppia può così essere o non essere in
14
Scabini E., (1995), “Psicologia sociale della famiglia”, Torino, Bollati Boringhieri, pag. 98
17
grado di elaborare e trattare il difetto nello scambio generazionale di uno o di entrambi i
partner.
Questo non è solo il frutto di una generica qualità sana o meno del rapporto, ma comporta
la presenza di abilità differenziate nel trattare punti e aree forti o deboli della relazione, tra
cui la capacità di gestione del conflitto, la capacità di esprimere affetto, ecc.
Molto sinteticamente, assistiamo, a partire dall'ottocento fino a metà del novecento, alla
nascita e all'espansione della famiglia nucleare borghese puerocentrica, nel senso che
investe fortemente sui figli, visti soprattutto come strumento e molla di quella riuscita
famigliare che è stata alla base dell'economia capitalistica.
Nel momento del suo massimo sviluppo, intorno agli anni 60, questa famiglia privatizzata
entra in crisi, e con essa la sua rappresentazione dell'infanzia. Si sostituisce un nuovo tipo
di puerocentrismo, che presenta sempre piø chiaramente aspetti di ripiegamento
narcisistico: il figlio è soprattutto una forma di realizzazione dell'adulto.
“L'attuale atteggiamento culturale, definito puerocentrismo narcisistico è rinforzato da un
elemento chiave che ha segnato la transizione alla genitorialità degli ultimi decenni: la
scelta".
15
La nascita di un bambino è divenuta infatti, a differenza del passato, un avvenimento
scelto: la procreazione, cioè, non rappresenta piø un destino biologico, ma è il risultato di
una scelta, nella maggior parte dei casi condivisa, di un desiderio di autorealizzazione di
entrambi i componenti della coppia.
Per secoli la nascita dei figli è stata vissuta come un accadimento naturale, di cui poco si
sapeva, e che comunque non si poteva programmare; la possibilità di scegliere non solo di
avere figli, ma anche di decidere quando averne, appare dunque come un fatto
assolutamente nuovo e determinante sulla scena della nostra realtà sociale, nella quale,
peraltro, la scelta di diventare genitori rappresenta il fondamentale rito di passaggio all'età
adulta.
¨ stato accuratamente osservato da Bettelheim (1987), che in passato, il fatto di subire la
nascita di un figlio aveva come conseguenza una certa estraneità e precarietà di tale
avvenimento, non priva di timore, legato ai rischi della gravidanza e del parto.
Ciò aveva come risvolto psicologico uno sgravio sia di aspettative, sia di sensi di colpa,
due eredità che, al contrario, oggi sembrano pesare sulla relazione dei genitori con i propri
figli.
15
Scabini E., (1995), “Psicologia sociale della famiglia”, Torino, Bollati Boringhieri, pag. 99
18
Ora che lo sviluppo tecnico ha reso, nella civiltà occidentale, la vita molto piø comoda
quasi per tutti, e il pericolo esterno tende a essere concepito come nullo, il bambino, da
subito, dal suo concepimento, è presentato come un bene duraturo, sul quale fare
affidamento.
Un figlio scelto è, così spesso caricato di notevoli aspettative. I genitori investono molto,
forse troppo, nei pochi figli che mettono al mondo, e ciò può costituire per le nuove
generazioni una difficoltà, poichØ sentono di dover corrispondere a un'impegnativa
immagine di sØ.
Gli aspetti affettivi di calore e di sostegno occupano tutto il campo, e quasi nessuna
attenzione viene rivolta all'aspetto normativo, di direzione, di spinta in avanti nella
realizzazione di sØ sul versante sociale, oltre che intellettuale.
All'interno della famiglia si persegue così, spesso, una pseudo pariteticità, negando la
differenza gerarchica e la connessa responsabilità adulta e si è mossi da un atteggiamento
permissivista che, nelle sue punte estreme, rappresenta l'influenza adulta sottomessa fino al
suo annullamento. Proprio perchØ il figlio è oggi una scelta, non è raro che si verifichi la
situazione per cui alcune coppie, non accettando la propria sterilità, decidono di avere un
figlio a tutti i costi, tramite tecniche di procreazione assistita, mentre altre mettono lo
stesso impegno e la stessa tenacia, nell'evitare gravidanze indesiderate.
Sono questi i paradigmi estremi di una procreazione all'insegna del controllo. In
particolare,” la recente diffusione delle tecniche di procreazione assistita sembra aver
originato un problematico mutamento di senso nella dimensione antropologica e sociale
della genitorialità: in effetti l'attuazione di alcune di queste procedure, e precisamente
quelle eterologhe, che richiedono l'intervento di gameti maschili o femminili, opera di una
scissione tra genitorialità biologica e genitorialità sociale ed educativa, danno luogo a un
inevitabile moltiplicazione e frammentazione delle figure parentali.
Il figlio, espressione concreta della progettualità di coppia, non fa solo operare ai due
partner un passaggio dalla diade alla triade, ma provoca auspicabilmente un profondo
consolidamento della diade stessa. La presenza di un terzo polo che rompe e modifica la
primitiva struttura diadica, infatti, offre alla coppia un riferimento comune che le permette
di evitare il pericolo di un narcisismo a due. Con la nascita del primo figlio, la storia
famigliare si arricchisce della presenza di una terza generazione.”
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E. Scabini, (1995), “Psicologia sociale della famiglia”, Torino, Bollati Boringhieri Pagg. 139-142