Capitolo 3: Il mercato delle opzioni
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CAPITOLO 3
Il mercato delle opzioni
3.1 Le opzioni plain vanilla
Le opzioni plain vanilla sono contratti che conferiscono all’acquirente la
facoltà, ma non l’obbligo, di acquistare (opzioni call) o di vendere (opzioni
put) una quantità predeterminata di un’attività sottostante (azioni, indici
azionari, tassi di cambio, tassi di interesse, merci), a un prezzo prefissato e a
una data stabilita, dietro il pagamento di un premio. I principali elementi
che caratterizzano i contratti di opzione sono:
- le controparti del contratto (holder e writer);
- l’attività sottostante;
- il valore nominale;
- la data di stipulazione e la data prevista per l’esercizio dell’opzione
(data di scadenza). Quest’ultima definisce il giorno in cui può essere
esercitato il diritto (opzione europea) oppure il giorno entro il quale
può essere esercitato il diritto (opzione americana) contenuto nel
contratto;
- il prezzo di esercizio (strike price);
- il costo dell’opzione (premio).
Il prezzo dell’opzione in t, o meglio il suo valore di mercato, è dato dalla
somma di due componenti, il valore intrinseco e il valore temporale.
Il valore intrinseco è pari alla differenza tra il prezzo di mercato del
sottostante e il prezzo di esercizio dell’opzione: in pratica, il valore
intrinseco rappresenta il profitto che potrebbe realizzare l’acquirente
qualora decidesse di esercitare in t il diritto contenuto nel contratto di
opzione. Il valore temporale, ottenuto come differenza tra il prezzo
dell’opzione e il valore intrinseco, rappresenta il valore di un’opzione
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derivante dalla sua vita residua: tale componente sintetizza, in pratica, il
valore, espresso in termini monetari, attribuito dall’acquirente ai fattori
tempo e volatilità.
In rapporto alla relazione esistente tra il prezzo di esercizio e il prezzo di
mercato del sottostante, le opzioni call si distinguono in (per le opzioni put i
termini risultano speculari):
- opzioni in the money, se il prezzo del sottostante è maggiore del
prezzo di esercizio;
- opzioni at the money, se il prezzo del sottostante e il prezzo di
esercizio coincidono;
- opzioni out of the money, se il prezzo del sottostante è minore del
prezzo di esercizio.
L’opzione “in the money” presenta un valore intrinseco sempre positivo
quindi se esercitata permette di conseguire un profitto, l'opzione “at the
money” ha valore intrinseco nullo, se esercitata non dà origine né a perdite
né a profitti mentre l'opzione “out of the money” non ha alcun valore
intrinseco perché se esercitata darebbe origine ad una perdita. Quindi il
valore di queste ultime due categorie di opzioni, sarà costituito dalla sola
componente temporale.
Alla data di scadenza il valore di un’opzione europea è determinato da due
sole variabili, il prezzo dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio e
coincide con il valore intrinseco. Indicando con St il prezzo dell’attività
sottostante al tempo t e con K il prezzo di esercizio, il risultato finanziario
(payoff) dell’investimento in opzioni può essere rappresentato tramite i
grafici dei profitti e delle perdite (Fig. 8):
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Figura 8: Opzioni call e put: profili dei profitti e delle perdite
Le diverse posizioni che possono essere assunte in questi contratti sono:
- acquisto call;
- vendita call;
- acquisto put;
- vendita put.
Se acquisto la call e a scadenza si verifica St > K, l’acquirente ha
convenienza a esercitare l’opzione, realizzando un profitto pari a St ─ K.
Viceversa se St < K, l’opzione non viene esercitata, ma risulta più
conveniente acquistare direttamente sul mercato l’attività sottostante. La
perdita massima per l’acquirente della call è il premio pagato, mentre il
profitto è teoricamente illimitato.
La vendita della call produce un risultato finanziario per il venditore del
tutto speculare a quello dell’acquirente. Il venditore di un’opzione call
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realizza, alla data di scadenza, un profitto massimo limitato al premio
incassato, mentre la perdita è potenzialmente illimitata.
Se acquisto la put e a scadenza si verifica St > K, l’opzione put si azzera, in
quanto l’acquirente ha convenienza a vendere l’attività sottostante
direttamente sul mercato (l’opzione put non viene esercitata). Viceversa se
St < K, l’acquirente ha convenienza a esercitare l’opzione, potendo vendere
l’attività sottostante a un prezzo superiore a quello di mercato. L’acquirente
dell’opzione put beneficia pertanto del ribasso del sottostante (il profitto
massimo di questa posizione è pari al prezzo di esercizio al netto del premio
pagato), limitando la perdita massima al prezzo dell’opzione.
Nella vendita della put, per il venditore, il profitto massimo coincide con il
premio incassato e si realizza allorchè St > K. La perdita massima (pari a St
─ K) corrisponde al’ipotesi (abbastanza teorica) di azzeramento del prezzo
del sottostante.
Se a scadenza il prezzo di un’opzione coincide con il valore intrinseco, in
un qualsiasi istante prima di questa data, esso è funzione di una molteplicità
di fattori, riconducibili alle seguenti variabili di mercato (Tab. 4):
- prezzo dell’attività sottostante;
- prezzo di esercizio dell’opzione;
- volatilità dell’attività sottostante;
- vita residua;
- tasso di interesse per investimenti privi di rischio;
- dividendi.
Il prezzo dell’attività sottostante è il principale fattore che influenza il
prezzo delle opzioni: infatti se il valore di mercato dell’attività sottostante si
colloca ben al di sopra (per le opzioni call) o al di sotto (per le opzioni put)
del prezzo di esercizio, le altre variabili assumono un peso trascurabile nella
determinazione del valore dell’opzione. Il valore di un’opzione call
aumenta quanto più cresce il prezzo del sottostante e diminuisce nel caso
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contrario. Le opzioni put si comportano in modo opposto, per cui crescono
di valore quando diminuisce la quotazione del sottostante e viceversa.
Per il prezzo di esercizio dell’opzione valgono le stesse considerazioni
svolte per il prezzo del sottostante, anche se in senso opposto. Maggiore è il
prezzo di esercizio, minore è il valore dell’opzione call, in quanto essa
risulta sempre out of the money (viceversa per l’opzione put).
La volatilità dell’attività sottostante è una variabile che misura
l’incertezza sul futuro comportamento del prezzo del sottostante. Più
elevata è la volatilità, maggiori sono le probabilità che il prezzo dell’attività
sottostante possa aumentare o ridursi di valore rispetto al livello corrente.
Per l’acquirente dell’opzione maggiore è la volatilità, maggiori sono le
probabilità di realizzare un profitto; mentre le perdite risultano sempre
limitate al premio pagato. L’aumento della volatilità esercita pertanto un
effetto positivo sul valore di entrambe le tipologie di opzioni (call e put);
questo effetto si produce naturalmente sul valore temporale dell’opzione e
non sul valore intrinseco.
Maggiore è la vita residua dell’opzione, tanto più aumentano le probabilità
che l’opzione possa essere convenientemente esercitata e quindi maggiore è
il valore delle opzioni call e put.
Il tasso di interesse per investimenti privi di rischio è una variabile
utilizzata per determinare il prezzo a termine dell’attività sottostante. Un
aumento del tasso di interesse fa crescere il prezzo a termine del sottostante,
con conseguente aumento del prezzo dell’opzione call e riduzione di quello
della put.
I dividendi rappresentano un trasferimento di ricchezza verso gli azionisti;
la distribuzione dei dividendi causa una riduzione (teorica) del prezzo
dell’azione/indice di riferimento in corrispondenza della data in cui i
dividendi vengono messi in pagamento. Questo evento influenza
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naturalmente il prezzo delle opzioni: un maggior dividendo implica una
riduzione del prezzo dell’opzione call e un aumento dell’opzione put.
AUMENTO (+) DEL
VALORE DELLA
VARIABILE DI MERCATO
EFFETTO SUL PREZZO
DELL’OPZIONE CALL
EFFETTO SUL PREZZO
DELL’OPZIONE PUT
Prezzo del sottostante + ─
Prezzo di esercizio ─ +
Volatilità del sottostante + +
Vita residua + +
Tasso di interesse + ─
Dividendi ─ +
Tabella 4: Variabili di mercato e prezzo delle opzioni call e put
A ciascuna delle variabili di mercato individuate sono associati alcuni
indicatori sintetici, denominati anche coefficienti di sensibilità o greche,
che consentono di valutare gli effetti prodotti sul prezzo dell’opzione dalla
variazione di determinati fattori. Le greche assumono un particolare rilievo
sia come strumenti di supporto alla pianificazione delle strategie operative
in opzioni, sia come strumenti di controllo del profilo connesso
all’implementazione di tali strategie.
I principali coefficienti di sensibilità sono:
- delta;
- gamma;
- vega;
- theta;
- rho.
Il delta è il coefficiente che sintetizza l’effetto prodotto dalle variazioni del
sottostante sul prezzo dell’opzione. Esso misura di quanto
aumenta/diminuisce il valore di un’opzione call/put a seguito di un
aumento/diminuzione del prezzo del sottostante. In teoria, il prezzo di
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un’opzione non può aumentare o diminuire in misura maggiore rispetto alle
variazioni di prezzo del sottostante, di conseguenza il valore assoluto del
delta è compreso tra 0 e 1 per le opzioni call, mentre per le put è compreso
tra -1 e 0.
Il gamma è il coefficiente che misura la velocità con cui il delta si modifica
a seguito delle variazioni di prezzo del sottostante o, più precisamente il
gamma è espresso come variazione del delta al variare di un punto del
sottostante; tale variazione è negativa se il sottostante scende, positiva se
sale. Dato che il delta ha i limiti di 0 e di 1 il gamma non può essere una
costante, (altrimenti potrebbe portare i valori del delta fuori del campo di
esistenza) ma come il delta avrà come funzione una curva. Generalmente il
gamma è massimo per le opzioni “at the money” per diminuire man mano
che le opzioni diventano “out of the money” o “in the money”, inoltre
avvicinandosi alla data di scadenza il gamma aumenta in maniera sensibile;
risulta perciò evidente che le opzioni “at the money” e vicine alla scadenza
sono quelle che presentano un gamma più elevato. Da notare che il gamma
dipende anche dalla volatilità del titolo sottostante perché per esempio
un’opzione “at the money” su un titolo con bassa volatilità avrà un gamma
più elevato rispetto ad un’opzione su un titolo con volatilità più elevata,
viceversa su un titolo “out of the money” il gamma sarà più elevato per il
sottostante con volatilità maggiore.
Il vega è il coefficiente che indica la sensibilità del prezzo dell’opzione
rispetto alle variazioni della volatilità del sottostante. Poiché la volatilità è
correlata positivamente al prezzo delle opzioni, questo coefficiente è
sempre positivo sia per le call sia per le put.
In generale vega indica di quanto varia il prezzo dell’opzione al variare
della volatilità del sottostante.
Il theta misura la sensibilità del prezzo dell’opzione al fattore tempo. Il
trascorrere del tempo produce un effetto negativo sia per le opzioni call sia
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per le put e la sua incidenza risulta maggiore quanto più si avvicina la data
di scadenza.
Il theta è considerato un indicatore discusso: non ha senso proteggere un
portafogli di opzioni dall’effetto del tempo perché esso in ogni caso
trascorrerà.
Il rho è il coefficiente che approssima la sensibilità del prezzo dell’opzione
al variare dei tassi di interesse. Rho assume valori positivi per le opzioni
call e negativi per le opzioni put; un aumento del tasso di interesse per
investimenti privi di rischio determina un aumento del valore delle opzioni
call mentre riduce il prezzo delle opzioni put.
3.2 La parità put – call
Una delle relazioni fondamentali della teoria delle opzioni è la cosiddetta
put-call parity, secondo cui il valore di un’opzione call europea con un dato
prezzo di esercizio e una data scadenza può essere dedotto dal valore di
un’opzione put europea avente lo stesso prezzo di esercizio e la stessa
scadenza e viceversa. Per analizzare questa relazione si considerano due
portafogli:
- il portafoglio A, comprendente un’opzione call europea (C) e uno
zero coupon bond con valore di rimborso equivalente al prezzo di
esercizio delle opzioni (K), scadenza (T) coincidente con quella delle
opzioni e rendimento r;
- il portafoglio B, composto dall’azione sottostante i contratti derivati,
al prezzo S, e da un’opzione put europea (P).
Alla scadenza delle opzioni, i portafogli generano lo stesso payoff: il valore
tra il prezzo dell’azione al tempo t (St) e il prezzo di esercizio (K). Se i due
portafogli assumono lo stesso valore a scadenza, ne segue che devono avere
lo stesso valore iniziale. Di conseguenza, deve valere la seguente relazione: