eXPeriential marketing
altre forme mediatiche:
giornali digitali, internet
radio, TV on-demand, ecc..
La tecnologia sta
entrando nella vita delle
persone in modo sempre più
incisivo e attraverso forme
sempre diverse: telefoni
cellulari che integrano
macchine fotografiche
digitali e che possono
navigare in internet,
frigoriferi intelligenti che
suggeriscono cosa
comperare e cosa fare da
mangiare (vedi Figura n.1),
orologi che contengono telefoni cellulari, e molto altro. Come ha scritto il
fondatore del Media Lab del MIT, Nicholas Negroponte, su Wired, “entirely
new content will emerge from being digital”.
1.3 La supremazia del brand
“Brand!, Brand!!, Brand!!! That's the message... for the late '90s and
beyond”, sono queste le parole di Tom Peters, guru del management, nel suo
libro The Circle of innovation. Molte ricerche hanno svelato come i marchi forti
siano stati detentori di una fonte di vantaggio competitivo nell'ultima parte
dello scorso millennio e come oggi lo siano ancora di più. Altre ricerche1
hanno evidenziato come le aziende che hanno basato il loro business sul
brand sono state più competitive delle altre suo mercato negli ultimi quindici
anni.
Nei prossimi anni ogni cosa diventerà brand. Attraverso i progressi
dell'information technology le informazioni su qualsiasi marchio saranno
1 “Brand Builders Perceive Pattern.” Financial Times (1988 June 1998), 13.
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Figura n.1 Frigorifero SAMSUNG RH-2777 AT,
dotato di schermo 14'' LCD removibile, ricevitore
radio e TV, connessione a internet, fotocamera
digitale.
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disponibili globalmente e in modo immediato.
Nel presente anche le cose che non si sarebbe mai immaginato
potessero essere elevate al rango di marchio diventano tali. Addirittura gli
eventi e gli spettacoli vengono brandizzati: viene dato loro un nome, un titolo
e il più delle volte viene creato anche un logo; a volte vengono realizzati
anche articoli di merchandising o altro. Tutto può essere commercializzato ed
esteso, e tutto quindi deve essere necessariamente amministrato e pianificato
con attenzione.
Le brand extensions si trovano ovunque. Certamente i marchi della
moda sono stati fino ad ora i più creativi in questo senso2, ma ultimamente
anche negli altri settori si sta intraprendendo la questa strada.
In un mondo dove il marchio assume così tanta importanza, i prodotti
non possono più essere dei semplici contenitori di attributi funzionali, ma
devono essere anche in grado di far vivere delle esperienze indimenticabili.
1.4 L'ubiquità della comunicazione e dell'entertainment
In questo mondo, dove tutto è identificato da un marchio, é inevitabile
che tutto ci comunichi qualche cosa. Di fatto “è impossibile non
comunicare!”. Qualsiasi comportamento dell’azienda porterà inevitabilmente
con sé un messaggio: una lettera scritta in modo approssimativo, una
centralinista poco cordiale, un vestito sgualcito, sono tutte cose che lanciano
un messaggio. La comunicazione sta dunque diventando ubiqua e il più delle
volte viene associata a un marchio o a un’organizzazione.
Tutto ciò che viene comunicato, consciamente o inconsciamente, giunge
alle persone (i consumatori, gli investitori, la stampa, la società nel suo
complesso) influenzandone la percezione, e di conseguenza il
comportamento. Ciò è decisivo per la vita dell’azienda: un messaggio
sbagliato o frainteso, infatti, può essere causa di forti perdite, sia di immagine
che di fatturato.
In aggiunta, in questi ultimi anni anche i canali comunicativi si stanno
2 Ad esempio il marchio Gucci è stato esteso sui trasportini per gatti.
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trasformando. Le aziende hanno finalmente compreso la notevole importanza
dei messaggi che i consumatori inviano loro, attraverso qualsiasi mezzo, e si
è passati da una comunicazione unidirezionale (informazioni che l’azienda dà
al consumatore) a una bi-direzionale (dialogo tra l’azienda e il consumatore),
nella quale c’è uno scambio reciproco di informazioni (Gobè, 2001).
Attraverso un dialogo con il consumatore, infatti, si possono ricevere
informazioni importantissime, che serviranno all’azienda per creare prodotti,
servizi e strategie customer oriented, e soprattutto attraverso questa
comunicazione bi-direzionale rende possibile l’instaurarsi di una relazione che,
se protratta nel tempo, porterà senz’altro alla creazione di una sensazione di
fiducia e disponibilità nei propri confronti.
Tutto ciò calato all’interno di un ambiente globale come quello in cui
stiamo vivendo, sta facendo cambiare anche il tono delle comunicazioni, che
non si occupano più solo di trasmettere mere informazioni, ma che si stanno
evolvendo e stanno entrando nell'ambito dell'intrattenimento, creando così la
possibilità di far vivere ai consumatori delle esperienze memorabili.
1.5 Le caratteristiche principali del marketing tradizionale
1.5.1 Focalizzazione su attributi e benefici
II marketing tradizionale ha un nucleo di principi di base che é
fortemente centrato sugli attributi funzionali e sui benefici dei prodotti
(Schmitt, 1999).
Gli uomini di marketing prendono come dato che il processo attraverso il
quale i consumatori effettuano le loro scelte dipenda unicamente dall’utilità
media ponderata dei diversi attributi funzionali presenti nei beni oggetto della
scelta. Molte volte però si possono riscontrare degli effetti che non rientrano
in questo schema, che fino ad oggi sono stati classificati come di scarso rilievo
o dovuti all’effetto della marca.
Cosa sono esattamente gli attributi? Secondo Philip Kotler, gli attributi
sono “caratteristiche che integrano la funzione di base del prodotto” (Kotler,
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1994, p.295). Dato per assunto che i consumatori effettuano le loro scelte
basandosi sugli attributi, questi sono visti come una leva molto importante
per differenziare la propria offerta da quella del mercato.
I benefici invece sono l'utilità che deriva dagli attributi funzionali: la
performance che i consumatori ricercano nei prodotti.
La relazione tra attributi e benefici solitamente non é una relazione
univoca, infatti la nascita di un beneficio non deriva da un unico attributo, ma
da un insieme di attributi. Ad esempio, l'utilità che deriva dall’avere
un'immagine chiara in un televisore, è il risultato di un insieme di attributi del
prodotto come la dimensione dello schermo, la sua luminosità e la qualità del
contrasto.
Questo è uno dei motivi che hanno spinto molti uomini di marketing a
partire dai benefici ricercati dai consumatori per trovare quegli attributi del
prodotto in grado di soddisfarli. Attraverso questo processo si riesce a creare
un percorso progettuale più efficiente che parte proprio da ciò che i
consumatori ricercano nei prodotti.
A questo punto è importante chiedersi se “i prodotti sono semplicemente
una somma di attributi, oppure sono qualche coso di più?”
Senz'altro sono qualche cosa di più. Come scrivono D. Pietroni e R.
Rumiati su Micro & Macro marketing, “ogni prodotto commerciale potrebbe
essere quindi rappresentato graficamente come composto do due elementi:
un nucleo funzionale circondato do un alone espressivo” (Pietroni, 1999)
(Figura n. 2).
1.5.2 La concorrenza
Nella visione di marketing tradizionale i prodotti e le aziende concorrenti
vengono definiti in modo molto preciso. Ad esempio un produttore di divani di
design come B&B Italia, concorrerà sul mercato solamente con altri produttori
di divani di design, come ad esempio Moroso, ma non con produttori di divani
per la massa come Natuzzi o Poltrone & Sofà, così come un produttore di
arredamento di fascia alta per la zona notte, come MOVE, non competerà con
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con un produttore di fascia bassa come IKEA, ma solo con altri produttori di
fascia medio-alta.
Attraverso quest'ottica quindi, i concorrenti vengono individuati
attraverso una modalità molto precisa, principalmente attraverso categorie di
prodotti chiaramente definite.
1.5.3 I consumatori sono esseri razionali
Fino ad ora, il processo decisionale dei consumatori è stato visto come la
soluzione di un problema più o meno complesso di problem solving, ovvero è
stato visto come un’”azione ponderata e ragionata intrapresa al fine di
provocare la soddisfazione di un bisogno” (Engel, 1994).
Questa azione, secondo la teoria tradizionale, si svolge attraverso
quattro passaggi chiave.
1 - Il riconoscimento del bisogno. Il consumatore percepisce I' esistenza
di un gap tra il suo stato ideale (situazione con il bisogno soddisfatto) e il suo
stato attuale. Consapevolezza attraverso la quale nasce la motivazione per
ridurre stato di tensione (insoddisfazione) che si è venuto a creare attraverso
l'acquisto.
2 - La ricerca delle informazioni. Una volta riconosciuta l'esistenza dello
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Figura n. 2 Rappresentazione grafica di alcuni prodotti (fonte: Pietroni, 1999, p.110)
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stato di insoddisfazione, il consumatore va alla ricerca di informazioni che lo
aiutino a ridurlo. Il consumatore compie questa ricerca attraverso le visite ai
negozi, la lettura di cataloghi, la consultazione di fonti alternative
d’informazione (come siti web, news groups, amici, ecc.), oppure attraverso il
ricordo di precedenti esperienze di consumo.
3 - La valutazione delle alternative. Dopo aver raccolto tutte le
informazioni, il consumatore le organizza e le analizza per formare un set di
prodotti alternativi. Questa operazione avviene attraverso un processo
matematico: in prima battuta viene valutata l'importanza di ogni singolo
attributo, tangibile e intangibile, e del rispettivo grado di presenza all'interno
del prodotto; infine, il consumatore effettua la sua scelta attraverso un
algoritmo che permette di ordinare i prodotti in base alla loro utilità media
(media delle utilità di ogni singolo attributo pesate con il grado di presenza
del medesimo all’interno del prodotto).
4 - L’acquisto, il consumo e la valutazione della performance. Dopo
questo lungo e difficile processo di scelta, il consumatore acquista la migliore
alternativa (se disponibile) e la utilizza. Durante l'utilizzo verrà valutata la
performance del prodotto/servizio scelto. Il risultato di questa comparazione
sarà poi oggetto di una comparazione con il livello di performance atteso e se
da questo confronto deriverà un risultato positivo, il prodotto verrà molto
probabilmente riacquistato e nascerà un sentimento di fedeltà verso quel
prodotto o verso quella marca.
A questo punto rimane da chiedersi: “é veramente questo il processo
attraverso il quale effettuiamo i nostri acquisti? Sono solamente queste le
leve in gioco? E se ci sono altre leve, quale influenza hanno sulla scelta
finale?”.
1.5.4 Le metodologie e gli strumenti
Strumenti e procedure di tipo analitico, quantitativo e verbale sono
molto utilizzati nel marketing tradizionale. Certamente queste hanno offerto e
offriranno in futuro delle informazioni molto utili rispetto agli scopi del
marketing.
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Ragionando in termini di risultati che si vogliono ottenere dalla ricerca, è
importante chiedersi se ci si può aspettare di ottenere qualche vantaggio
competitivo calcolando in modo ossessivo i pesi che i consumatori
attribuiscono agli attributi in un'analisi di regressione, oppure se ci si può
aspettare di ottenere delle informazioni strategiche determinanti esaminando
il posizionamento del proprio marchio rispetto ad un altro all'interno delle
ampie e generali dimensioni di una mappa di posizionamento.
Si considerino i focus-group, uno dei punti saldi dell' analisi qualitativa.
Essi sono soprattutto a carattere verbale, quindi i risultati possono essere
facilmente mal interpretati, soprattutto quando a dirigerli non é una persona
estremamente esperta e sensibile (Schmitt, 1999).
1.5.5 Pregi e difetti del marketing tradizionale
II marketing tradizionale si basa su una visione razionale ed analitica dei
consumatori, dei prodotti e del mercato, non tenendo conto del loro lato
psicologico e di come reagiscono quando vengono stimolati. Nonostante ciò,
da questo approccio sono nati molti concetti fondamentali che hanno
costituito e costituiranno per molto tempo la colonna portante di qualsiasi
altro modo di approcciarsi al mercato. Senz'altro alcuni di questi sono: la
definizione della mission, il concetto di segmentazione del mercato, quello di
posizionamento strategico, e molti altri.
Nel contempo, però, questo approcciarsi al mercato in modo così
razionale e analitico contiene molti aspetti negativi, quali la focalizzazione
quasi esclusiva sugli attributi e sui benefici, la visione ristretta che ha nei
confronti della concorrenza, l'ossessione per la precisione delle misurazioni e
soprattutto il “fare le cose nel modo giusto” invece del “fare le cose giuste”.
Infatti molti sono i casi in cui si sono viste campagne di marketing basate su
un approccio del tipo “trial and error”, che hanno sfornato un’iniziativa dopo
l’altra, pagando un caro prezzo in termini di credibilità, immagine e
soprattutto di fatturato.
Infine il lato “brutto” del marketing tradizionale: ad esempio le strategie
implementate senza prendere in considerazione e focalizzarsi sui veri desideri
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dei consumatori; i posizionamenti effettuati prendendo in considerazione
dimensioni molto ampie e senza significato, come la qualità, l'innovazione, i
servizi e la leadership di prodotto, che adesso come adesso sono attributi così
comuni da non significare più nulla per i consumatori.
1.5.6 Il branding
Le strategie di branding senz'altro non hanno guardato ai prodotti solo in
termini di attributi e benefici. II patrimonio della marca (Brand Equity) infatti
viene collegato ai “vantaggi (e agli svantaggi) collegati al brand, al suo nome
e al segno” (Aaker, 1991).
II più delle volte però, le marche sono state usate, come dei marcatori
che identificano il produttore e garantiscono la qualità, servendo solo a
differenziare il proprio prodotto da quello degli, o a identificarlo come
“prodotto di marca” o “prodotto comune”.
BRAND = ID
Come si può notare, questa visione non contempla una delle
caratteristiche principali della marca, ovvero quella di essere un “ricco
dispensatore di sensazioni, affetti e associazioni cognitive che che siano in
grado di creare un’esperienza di marca memorabile, capace di rimanere
impressa nella memoria dei consumatori il più a lungo e il più profondamente
possibile” (Schmitt, 1999). I consumatori sono stufi dei soliti prodotti e delle
solite marche. Si aspettano lo sviluppo di soluzioni innovative, di prodotti che
rompano con il passato e di marchi stimolanti ai quali ci si possa relazionare
(Schmitt, 1999). Le ricerche condotte da molte brand agencies hanno
dimostrato che, in questa società, per avere successo non sono più sufficienti
la familiarità e la qualità percepita del marchio. Manning Selvage & Lee3
hanno evidenziato nelle loro ricerche che i brand leaders non hanno solo un
nome facile do ricordare e una buona immagine, ma sono anche dei provider
3 Agenzia di ricerca di New York
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di esperienze.
1.6 Il marketing dell'esperienza
1.6.1 Una panoramica
La maggior parte dei consumatori valuta la qualità del prodotto e
l'immagine positiva della marca come attributi necessari ma non sufficienti
per condurre alla scelta di un determinato prodotto o servizio. Infatti, se un
prodotto non è di qualità e non è supportato da una marca che ispiri fiducia,
non viene nemmeno preso in considerazione. Ciò che desiderano i
consumatori è la possibilità di avere dei prodotti capaci di attrarre i loro sensi,
di toccare i loro cuori e di stimolare le loro menti. Vogliono prodotti con i quali
entrare in relazione, che si incorporino ed esaltino il loro stile di vita. In poche
parole vogliono dei provider di esperienze.
Quando un’organizzazione diventa capace di far vivere esperienze
memorabili ai propri clienti (ma non solo ai clienti), e lo fa attraverso canali
diversificati (information technology, branding, comunicazione integrata e
intrattenimento), dispone di un vantaggio competitivo non trascurabile nei
confronti dei suoi concorrenti.
Questo nuovo approccio si fonda su quattro innovazioni nel modo di
concepire l’approccio al mercato: la focalizzazione sulla customer experience,
la creazione di un nuovo concetto di concorrenza, la visione dei consumatori
come esseri sia razionali che emotivi, l'utilizzo eclettico dei metodi e degli
strumenti a disposizione dei ricercatori (Schmitt, 1999).
1.6.2 Le Customer Experiences
L’experiential marketing parte da un presupposto e da un contesto
diverso rispetto a quelli del marketing tradizionale. Il contesto, come abbiamo
già visto, è quello dell’età dell’informazione, la quale sta cambiando i punti di
vista rispetto a molti ambiti del vissuto. Il presupposto invece risiede nel fatto
che questo approccio parte dal consumatore, non visto come “potenziale
cliente” ma come “persona”, quindi come “essere umano” capace di vivere
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eXPeriential marketing
esperienze: esperienze che possono essere di acquisto, di consumo, di
shopping, ecc (Gobè, 2002).
Partendo da questo presupposto si deve tenere in considerazione che le
esperienze vissute dalle persone possono nascere da diverse tipologie di
stimolazione (sensoriale, affettiva e cognitiva), e sono in grado di legare le
aziende e i loro marchi agli stili di vita dei consumatori, condizionandone le
azioni (non solo in un contesto di acquisto ma in un contesto sociale
allargato).
Le esperienze quindi forniscono un valore sensoriale, emozionale,
cognitivo, comportamentale e relazionale che si aggiunge, e molte volte si
sostituisce, a quello funzionale.
1.6.3.1 La concorrenza e il consumo
Nell’approccio esperienziale la concorrenza, non si determina in base ad
un set ristretto di prodotti comuni alle aziende, ma in base a un set di
situazioni di consumo.
Quello che fa un venditore di salotti, ad esempio, è chiedersi: “quali sono
le possibili situazioni di consumo nelle quali può essere immerso il mio
prodotto?” … “guardare la TV in famiglia, leggere un libro, bere un drink con
gli amici”,… e di seguito chiedersi: “quali sono i prodotti che possono rientrare
in questa esperienza di consumo?” …”un divano, un tappeto, un tavolino,
delle sedie, un televisore, una lampada, un tappeto”,… e da qui ricavare i suoi
possibili concorrenti. Questi non saranno più solo gli altri produttori di divani
dello stesso genere ma tutti i produttori di divani, di tappeti, di tavoli, ossia
tutti coloro che producono oggetti per la zona giorno, indipendentemente
dalla loro fascia di prezzo. Infatti nella scelta tra un divano e un tappeto di
fascia alta, se il budget non consente l’acquisto di entrambi, le persone
prenderanno in considerazione anche prodotti che occupano fasce di prezzo
più basse.
Un altro aspetto importante di questo approccio nasce dalle sinergie che
alcune aziende, particolarmente intraprendenti, sono in grado di far nascere.
Si prenda ad esempio la Virgin, la quale utilizza l’esperienza e la competenza
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sviluppate nel mercato musicale per rendere i suoi voli più divertenti, per far
entrare le persone nei suoi cinema e per far loro gustare la loro Virgin Cola.
Come dice Richard Branson4: “We have put the Virgin experience together
across retailing, entertainment, food, music, and travel”.
Come hanno notato R. Belk, M. Wallendorf e J. Sherry, “i consumatori di
oggi definiscono alcuni oggetti o esperienze di consumo come rappresentativi
di qualche cosa di più rispetto alla funzione visibile degli stessi”. In effetti,
molti consumatori definiscono come “oggetti di culto”, soprattutto quei beni
in cui la componente emotiva risulta essere più importante rispetto a quella
funzionale. “Esprimendo questi valori attraverso il consumo, [i consumatori]
partecipano a una celebrazione della loro connessione con la società nel suo
complesso o con un particolare gruppo di individui. In una società, il definire
sacri alcuni oggetti espressivi di particolari valori, è veicolo di coesione e
integrazione sociale. Per il singolo individuo, invece, il partecipare a queste
espressioni è un mezzo per dare un significato alla propria vita e un
meccanismo per ottenere stabilità sociale, gioia e a volte anche eccitazione
dovuti a questa connessione” (Belk, Wallendorf e Sherry, 1989).
Alla luce di quanto detto fino ad ora, esaminare le situazioni di consumo
e quindi disegnare i limiti “sfocati ” delle categorie di prodotti che formano la
concorrenza, equivale a un cambiamento radicale nel modo in cui ci si
avvicina al mercato e alle sue opportunità.
Questo modo di vedere le cose amplia il concetto di categoria ed
esamina il significato specifico delle situazioni di consumo nel loro ampio
contesto socio-culturale.
4 Nato nel 1950, Richard Branson è il fondatore di molte imprese che sono in relazione con il marchio
“Virgin”, incluse virgin Atlantic Arilines, Virgin Cola, e molte altre nei settori della produzione musicale,
del commercio e molti altri inclusi la radio, i servizi finanziari, gli hotel e anche la cosmetica e il blue
Jeans. In tutto più di 200 aziende legate alla “Virgin
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eXPeriential marketing
Ci si sta
muovendo, dunque, da
una visione focalizzata
su un unico prodotto, a
uno spazio di significati
che i prodotti possono
avere per il
consumatore passando
attraverso un vettore
di consumo socio-
culturale (SCCV).
Le persone quindi
non valutano i prodotti come semplici oggetti, analizzandone attributi e
benefici, ma piuttosto si chiedono come quegli oggetti possano essere inseriti
nella propria situazione di consumo, analizzando le possibili esperienze
positive che questi possono far nascere.
Attraverso una visione così ampia e “indefinita” del mercato, le aziende
sono in grado di creare nuove opportunità di guadagno e aprire nuovi
orizzonti di cross-selling. Un esempio di approccio cross-selling basato sulle
situazioni di consumo può essere preso dall’IKEA, azienda che nel 1998 era la
terza azienda Svedese dopo Ericsson e Astra, con 140 negozi sparsi in 29
nazioni diverse. Nei suoi negozi, gli articoli di arredamento e gli accessori
sono disposti come parte di una situazione di consumo, in modo da creare un
immaginario stile di vita al quale le persone possono rapportarsi e
relazionarsi. Le sue brochures descrivono i prodotti mentre vengono utilizzati:
ad esempio nella Figura 4 si può notare molto bene la situazione di consumo
tipica per delle tazzine, degli sgabelli, una cucina e quant'altro appare
nell'immagine.
Una ulteriore convinzione degli studiosi di marketing esperienziale sta nella
certezza che le opportunità migliori per influenzare il valore della marca sono
concentrate nel periodo post-acquisto. L’esperienza di consumo infatti ha un effetto
determinante nella valutazione della performance e nella creazione della fedeltà alla
marca.
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Figura n.3 S.C.C.V. (Socio Cultural Consumption Vector)
(fonte: Schmitt, 1999, p. 28)
Hamburger Pasto frugale
Stile di vita
salutista
Categorie di consumo
(ad.es., uscire per consumare un pasto
frugale)
Contesto
Socio-Culturale
(ad.es., necessità di
cibo con pochi
grassi, dietetico)
S.
C.
C.
V.
S.C.C.V. - VETTORE DI CONSUMO SOCIO – CULTURALE
(ad.es., mangiare un hamburger come parte di un pasto frugale, dato che sono a dieta)