7
italiano può integrarsi in modo efficiente e competitivo nel processo di globalizzazione, agendo
simultaneamente sul piano del contenimento dei costi (e quindi dei prezzi), su quello della
differenziazione del prodotto, nonché su quello della comunicazione (eliminando situazioni di
informazione imperfetta o incompleta).
In questi casi l’integrazione deve puntare non certamente sulla omogeneizzazione dell’offerta
ma sulla messa in rete delle diversità. In questa direzione l’obiettivo diventa duplice:
ξ accrescere la visibilità delle aree oggi turisticamente marginali puntando sulla
valorizzazione degli elementi di identità di ciascuna di esse (turismo proprio);
ξ attivare flussi di mobilità interna che, utilizzando il richiamo al mercato delle zone a
maggiore notorietà, forniscano motivazioni ed occasioni (organiche e programmate) di
scoperta degli altri territori, con l’evidente risultato di delocalizzare i flussi ed
incrementare la durata della permanenza media dei turisti nell’interno della destinazione
(turismo indotto).
Il tutto tenendo conto che la funzione turistica non è mai l’unica funzione di un territorio: da
cui la necessità di una sua armonizzazione con le altre funzioni (ambientale, produttiva e sociale).
Il perno della sistematicità è il coordinamento del Centro Servizi - che può variare da un
convention bureau, ad un’agenzia di incoming, ad un Consorzio di promozione e
commercializzazione ad una Strada dei vini o ad un percorso culturale - il cui ruolo più importante,
oltre a quello di integrare i servizi dell’area turistica e generare le economie e le esternalità, che
garantiscono il vantaggio economico complessivo per l’area, è di attivare gli appropriati
meccanismi di trasmissione dei ritorni economici della rete sistemica agli operatori, creando quindi
la motivazione principale del processo di aggregazione. Oltre a ciò, il coordinamento di un Centro
Servizi costituisce anche uno strumento efficace per superare alcuni vincoli tipici della situazione
italiana, in particolare la separazione tra le fase di promozione e di commercializzazione del
prodotto, che competono, di norma, la prima agli operatori pubblici e la seconda a quelli privati.
Proprio la possibilità di superare questo vincolo, tramite strumenti che creino le opportune modalità
di cooperazione, fa dei Consorzi turistici un obiettivo prioritario di policy che, oltretutto, pare
essere recepito anche dalle nuove normative attualmente in fase di definizione a livello nazionale e
a livello europeo.
Negli ultimi anni, si è passati da una situazione di mercato dove, per essere competitivi, era
sufficiente disporre del vantaggio posizionale conferito dalle risorse, nonostante un’offerta dispersa
e individualizzata, ad uno stato dove l’aggregazione del prodotto in una logica sistemica a livello di
area costituisce il fulcro primario del successo.
Il prodotto turistico di un’area, così come di una singola località, può essere, quindi sfruttato
sistematicamente solo in termini di un processo di riorganizzazione, che a sua volta è la risultante
da un lato di un processo di coordinamento delle decisioni e degli strumenti di intervento, dall’altro,
dell’attivazione di una rete di sinergie.
Di fronte alla necessità di riaggregazione sistemica del prodotto turistico così individuata, il
nocciolo del problema che si è voluto mettere a fuoco consiste nella strategia di attivare un sistema
di reti relazionali coordinata fra i diversi decisori e fra i diversi attori dell’area. È da rimarcare,
però, come la realizzazione di tale genere di reti relazionali rappresenti un aspetto problematico
dell’organizzazione sistemica di un’area.
Dopo l’analisi delle novità della L. 135/01 in comparazione con l’abrogato TU L. 217/83 lo
studio elenca le normative turistiche delle varie Regioni, dandone un maggiore approfondimento
per alcune non mancando di evidenziare le particolarità delle altre, si passa, poi, in rassegna le
strutture ricettive, “imprese” del settore turistico, le agenzie di viaggio (chiarendo attraverso il
Codice del Consumo D.Lgs. 206/05 quali sono i diritti del turista e “come” e “cosa” deve
pretendere dal professionista), l’agriturismo (nuovamente disciplinato dalla L. 96/06 in gran parte
abrogata dalla sentenza della Corte Cost. 339/07) e le professioni turistiche, non mancando di
evidenziare per ciascuna di essa gli aspetti di criticità.
8
Si conclude con i profili comunitari e le linee di tendenza, dei marchi di qualità, che
rappresentano la risposta privata alla mancanza nella legislazione regionale della classificazione
delle strutture extralberghiere, come chiesto da più parti nell’insegna di una maggiore tutela del
consumatore.
9
INTRODUZIONE
Per capire l’evoluzione legislativa della politica turistica in Italia, avendo come “focus” la
legislazione del fenomeno in ambito regionale, è necessario prendere atto delle peculiarità che la
caratterizza, nonché dei profondi mutamenti che tuttora continuano.
Ruolo rilevante, da porre come presupposto, è la complessità ambientale che modifica i
confini del mercato turistico, provocando così, all’interno degli operatori del settore, la necessità
di dover andare alla ricerca di nuove strategie che soddisfino il consumatore turista.
Prendendo coscienza di questa volubilità, “l’organizzazione turistica” modifica la propria
funzione, alla luce dell’avvertita incapacità di non saper rispondere alle dinamiche di mercato; ciò
confermato dalle perdite subite dal nostro Paese nei confronti dei più diretti competitori, Spagna in
primis.
“Il turismo costituisce, quindi, un particolarissimo “cocktail” caratterizzato dalla
combinazione di diversi fattori che, interagendo fra loro, lo inseriscono fra quei settori
dell’economia molto particolari e degni di non esser sottovalutati”
1
.
Considerando i profili di complessità, trasversalità e intangibilità, quali attributi che
caratterizzano il fenomeno in esame, occorre “acquisire il fondamento giuridico – normativo, oltre
che socio-economico, per poter organizzare un buon prodotto turistico con caratteristiche di
imprenditorialità strategica ed innovativa”
2
.
È da questi presupposti, visto, inoltre, il patrimonio paesaggistico – culturale di cui la nostra
“terra” può vantarsi , che si cerca di capire quali potrebbero essere le direzioni che il legislatore
deve imporre alla società, al fine di governare lo sviluppo turistico in modo trasversale rispetto alla
tradizionale azione di politica di settore.
La storia dell’Italia, infatti, è alquanto particolare e profonda: le sue terre forniscono
testimonianze di grandi periodi storici del passato, di importanti personaggi, di culture differenti
che l’hanno caratterizzata in determinati momenti. Qualsiasi luogo venga visitato in Italia lascia il
viaggiatore, soprattutto quello straniero, stupito e affascinato, in quanto ogni posto è portatore di
tracce di un passato invidiabile e da molti mai conosciuto.
La valorizzazione delle identità è un obiettivo imposto da un lato da una sempre più diffusa –
e specifica – esigenza della domanda, dall’altro dalla assoluta necessità di differenziare la propria
offerta rispetto alle centinaia di offerte simili. Se non si toglie il proprio prodotto dallo spazio dei
prodotti sostituibili, per crearsi un proprio ambito di mercato e di visibilità, allora non si dà al
turista nessuna valida motivazione per una scelta a proprio favore. Questo significa creare un
proprio prodotto-destinazione che sia al contempo condiviso all’interno e facilmente identificabile
all’esterno.
Un effetto collaterale di questo processo, che esula dal campo strettamente turistico, per
investire l’intero territorio, è quello che porta automaticamente ad una crescita, in ogni residente,
del senso di appartenenza ad una comunità ed ai suoi valori, ed al conseguente impegno collettivo
nel farli conoscere ed apprezzare dai visitatori/turisti, in un processo di interscambio fra culture
differenti. È questa una connotazione specifica, e fondamentale, del turismo, indicata spesso dalla
UE come “importantissimo strumento per la diffusione della conoscenza e delle relazioni
amichevoli fra i popoli”
3
.
Ciò che contraddistingue un’area rispetto a qualsiasi altra, anche all’interno dello stesso
segmento di offerta turistica è l’insieme degli elementi di identità del proprio territorio e della gente
che vi abita. Sono questi elementi che rendono un’area in qualche modo “unica”, e quindi la sua
offerta differenziata nel panorama della concorrenza. Il contesto di vita della comunità locale
1
Franceschelli – Morandi, Manuale di diritto del turismo, Torino, 2003, p. 87.
2
A. Trentini, La Riforma del Turismo, Rimini, 2002, p. 9. 3 Op. cit. Franceschelli – Morandi, p. 99
3
Mottironi C.,Viganò G – Linee guida per la programmazione di una area turistica - Univ. Bocconi – 2003.
10
diventa allora il riferimento primario del contesto di vacanza, il modo principale per un turista per
trasformare la sua vacanza in un’esperienza di vita da ricordare e da raccontare.
Tutti questi elementi di identità finiscono allora per diventare le componenti del proprio
prodotto turistico: ciò che si propone al mercato e alla domanda non è più quindi un soggiorno, ma
un percorso di scoperta di un territorio, da fare insieme con la comunità locale.
Nel primo capitolo viene esposta l’evoluzione storica in materia di turismo, evoluzione che
legittima il sistema Regione come punto “nodale” della gestione periferica del fenomeno.
Dal secondo al quarto si passano in rassegna i vari aspetti della L. 135/01 (i dubbi sulla sua
applicazione, l’organizzazione pubblica – cosa cambia con la legge di riforma e quali sono i suoi
aspetti fondamentali - e i principi comunitari).
Dal quinto al settimo capitolo, si passa quindi allo studio del sistema delle fonti - con ampia
disamina del riparto costituzionale delle competenze normative tra i vari livelli di governo e la
centralità di quello comunale nella nuova disciplina dei STL - le istituzioni di governo e della
struttura amministrativa della Regione, evidenziandone l’operatività sia dal lato legislativo che
amministrativo.
Nel settimo capitolo dopo aver esposto in concreto gli assetti organizzativi implementati dalle
Regioni italiane, alla luce della legislazione vigente, si passano in rassegna gli organi e gli
strumenti di cui le Regioni stesse dispongono per porre in essere politiche settoriali incisive e
strategiche con il coinvolgimento, ove richiesto o dove possibile, degli enti locali.
Tutto ciò al fine di chiarire e comprendere quali “istituti” possono essere utilizzati per
produrre gli effetti desiderati.
Particolare attenzione è rivolta agli “strumenti” innovativi, di cui gli Enti possono avvalersi
per caratterizzare una sinergica azione di politica regionale.
Nella tab. 3 viene riportato il quadro normativo dell’organizzazione turistica regionale.
In conclusione, l’aver affrontato un tema così rilevante che pone in risalto congiuntamente,
tanto l’aspetto giuridico quanto quello economico, di una materia che sempre più funge da
“catalizzatore” dell’intera economia italiana e non solo, delinea l’esigenza di buone leggi per avere
un buon turismo. La certezza del diritto costituisce un canone imprescindibile, in un settore quale
quello in esame, per attrarre l’imprenditorialità privata ad investire considerevolmente nello stesso;
in mancanza, infatti, di norme certe, chiare, univoche, chi mai potrebbe impiegare i propri capitali
per sviluppare un settore retto da incertezza endemica e strutturale?
Tuttavia, le scelte rapide ed efficaci, affinché il settore possa svilupparsi, passano attraverso
leggi ben fatte, che non possono però dipendere da corpi normativi calati dall’alto, poiché, i tempi
del legislatore centrale sono generalmente più lunghi di quelli attraverso cui si modifica la
società”
4
.
É a questo punto che si va alla ricerca di un trade-off tra le due suddette esigenze; ritrovando
quale punto di congiunzione, la possibilità di sviluppare l’organizzazione amministrativa sui
principi manageriali. Non cercando cioè di sconvolgere ulteriormente il quadro normativo, ma
studiando a fondo le leggi di cui si dispone in modo professionale e non in superficie, così da
anticipare gli interventi legislativi e restare al passo con i tempi, stimolando la produzione
legislativa in modo coerente.
Nel capitolo ottavo si analizza l’interazione pubblico-privato che si affaccia verso la nuova
ottica di flessibilità richiesta dall’odierna globalizzazione, di cui il legislatore, sapientemente, tiene
conto nel disegno della riforma turistica del “2001”. Dalla cui analisi e dalle recenti modifiche sulla
normativa turistica, si può notare come l’ordinamento pubblico e nello specifico le amministrazioni
pubbliche, stiano aprendosi all’impostazione aziendale, ricercandone i caratteri tipici
dell’imprenditorialità.
4
Op. cit. Franceschelli – Morandi, p. 160
11
La difficoltà principale degli assetti organizzativi, di cui sopra, è costituita dall’indispensabile
e reciproca conoscenza dei diversi attori, pubblici e privati, talvolta operanti nello stesso ramo del
campo turistico, in un’ottica del cooperare per competere.
Questa problematica, a mio parere, è aggravata soprattutto nel sud d’Italia, a causa della
regressa mentalità imprenditoriale.
Nel capitolo nono vengono esposte alcune problematiche recenti come per esempio il flop del
portale www.italia.it.
Dal capitolo decimo al tredicesimo vengono esposte alcuni aspetti del turismo (le strutture
ricettive, le agenzie di viaggio, l’agriturismo e le professioni turistiche con le relative criticità come
per esempio la delega alla Regioni dell’onere di accertare la non identicità o similarità di una nuova
denominazione di agenzia viaggio, seguendo la corrente del federalismo che in questo caso, forse,
sarebbe stato meglio mantenere accentrato nel Ministero delle attività produttive).
Nel capitolo quattordicesimo si espongono i poteri ispettivi riconosciuti all’INPS e all’INAIL
e alcuni elementi di criticità come per esempio l’abuso del cd. “lavoro nero” nel turismo ad opera
dei titolari di imprese che gravitano nel settore turistico nel tentativo di ridurre i costi del personale,
come annuali ispezioni hanno rilevato.
Nel capitolo quindicesimo si passano in rassegna i profili comunitari dell’Agenda 21, dello
sviluppo sostenibile un concetto che si è evoluto nel tempo e che nel 2001, l'UNESCO ha ampliato
indicando che "la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per la
natura (...) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita
economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano
intellettuale, emozionale, morale e spirituale". (Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità
Culturale, UNESCO, 2001).
L’opera si conclude con il sedicesimo capitolo evidenziando alcune best practices e alcune
tendenze legislative recenti.
12
CAPITOLO I - L'EVOLUZIONE STORICA DELLA NORMATIVA
IN MATERIA DI TURISMO
I.1 - L’evoluzione legislativa in favore del turismo: dai primi interventi normativi alla fine del
secondo conflitto mondiale
Generalmente l’origine del turismo viene fatta risalire al XVII secolo in Inghilterra. Esso si
distinse subito come fenomeno d’élite; si trattava, infatti, di una pratica che coinvolgeva
esclusivamente i giovani maschi delle famiglie aristocratiche. Il “Grand Tour”, era così
denominato, implicava compiere lunghi viaggi in giro per le capitali europee. Naturalmente i
giovani nobili non viaggiavano mai da soli, ma venivano sempre accompagnati da un numeroso
seguito di persone: un maresciallo, dei camerieri e dei cocchieri, un precettore e un tutore.
A un discepolo che chiedeva consiglio per intrapendere un viaggio in Italia, Justus Lipsius
inviava nel 1578 una espistola rimasta famosa nella cultura dei Paesi Bassi: “Epistola de fructu
peregrinandi et praesertim in Italia”, dove il celebre umanista raccomandava il viaggio come
occasione preziosa e unica di conoscenza e di formazione intellettuale e morale. È così che
immagineranno l’Italia quanti, nei secoli successivi, dalla metà del ‘600 alla fine del ‘700, si
prepareranno al “Grand Tour” avendo in animo una straordinaria esperienza di iniziazione.
Il termine “Grand Tour” appare per la prima volta nel “Voyage of Italy or Complete Journey
through Italy” di Richard Lassels, pubblicato del 1670 come guida per studiosi, artisti e
collezionisti d’arte in visita all’Italia. Il percorso, suggertito alle classi erudite europee per la
scoperta dell’Antico, aveva come tappe principali Venezia, Firenze, Roma e Napoli.
Se nel ‘600 il “Grand Tour” era un privilegio riservato ai principi tedeschi, svedesi, russi e
polocchi, e ai giovani aristocratici inglesi, nel ‘700 diventò una vera e propria istituzione
nell’educazione delle buona borghesia di tutta Europa
5
.
L’obiettivo fondamentale di questa pratica esclusiva era quello di istruire e formare il
comportamento del giovane in previsione della sua futura vita di relazione negli ambienti
aristocratici.
Nella seconda metà del XVIII secolo la pratica del “Grand Tour” cominciò a declinare e fece
spazio ad altre forme di turismo molto diverse fra loro sia per le modalità con cui si svolgevano, sia
per le motivazioni con cui i turisti di allora le sceglievano.
In primo luogo troviamo l’itinerario culturale, fatto soprattutto dagli artisti e dagli
aristocratici che, sulla scia della corrente letteraria dell’epoca, il romanticismo, erano spinti dal
desiderio di conoscenza delle città classiche e motivati da un nuovo interesse per l’archeologia e
l’architettura monumentale antica.
In secondo luogo troviamo i soggiorni ai bagni termali scelti solo marginalmente per la cura
del corpo. Le terme divennero dei luoghi di vacanza alla moda, scelti soprattutto per il divertimento
che queste strutture potevano offrire. L’etica puritana che dominava la vita quotidiana della classe
borghese lasciava spazio, in questi luoghi, ad una morale più trasgressiva.
Infine assistiamo alla nascita di una nuova forma di turismo: l’alpinismo dilettantistico. Le
montagne, in primo luogo le Alpi, divennero meta di molti turisti che ricercavano in questo modo
un nuovo contatto con la natura, più romantico e mistico. Per questo motivo, parallelamente, si
assiste allo sviluppo di un’organizzazione ricettiva di alto livello: accanto agli hotels di lusso che
sorgevano in montagna cominciano a sorgere le prime ferrovie e funivie.
Il turismo può essere definito come l'insieme di attività e servizi inerenti al trasferimento
temporaneo di individui da una località ad un'altra per fini di svago.
Esso, quindi, comprende e coinvolge una serie di attività (sportive, culturali, ricreative, ecc.),
di soggetti (imprenditori, operatori turistici, imprese turistiche, ecc,), di professioni
5
Franschelli – Morandi, op. cit. 2007 – p. 198;
13
(accompagnatori di gruppo e animatori) che nel complesso creano un fenomeno di grande interesse
per il nostro Paese, sia da un punto di vista sociale, sia culturale che economico e, quindi,
necessariamente politico.
Ciò porta facilmente a capire anche l'importanza e l'attenzione che il legislatore italiano ha
riconosciuto a questo settore. Copiosi sono stati infatti gli interventi legislativi in materia, volti a
regolare ed "organizzare" il turismo in tutte le sue molteplici forme.
Dal fenomeno del viaggio all’affermazione del turismo, è stata avvertita l’esigenza di
delineare norme giuridiche idonee a disciplinare le attività che man mano si sono affermate nel
comparto in esame.
L’organizzazione pubblica del turismo in Italia ha attraversato alcune significative fasi
storiche ben identificabili.
Tuttavia, è sul finire del 1800 che le prime iniziative nel campo dell’organizzazione turistica
furono prese dagli stessi viaggiatori, i quali avvertirono la necessità di associarsi per curare la
soddisfazione dei propri spostamenti.
Da qui nacquero i primi sodalizi privati tra cui un ruolo di notevole rilevanza è stato svolto
dalle associazioni private Pro loco, volte a perseguire lo sviluppo del turismo fondandolo su una
valorizzazione delle caratteristiche e delle risorse locali, così come private sono state le prime
organizzazioni nazionali per la diffusione delle pratiche turistiche tra la popolazione tra cui il Club
alpino italiano (CAI), nato nel 1863 per promuovere l’alpinismo e il Touring Club ciclistico
italiano (ex Unione velocipedisti italiani) nel 1894, trasformatosi poi in Touring club italiano nel
1926, che sin dalla fondazione intraprese chiare finalità turistiche, fornendo, servizi specifici,
iniziando da un’editoria specializzata (“Guida itineraria delle strade italiane”) e concedendo delle
agevolazioni per i viaggi.
Nel 1898 anche il Touring Club si legò ad altri clubs europei, dando luogo alla prima
organizzazione turistica internazionale, la Ligue Intérnationale des Associations Touristiques
(LIAT)
6
.
L’evoluzione dei mezzi di trasporto, affiancata dalla possibilità di raggiungere mete sempre
più lontane, creò la necessità di una nuova figura professionale: quella dell’organizzatore di viaggi.
L’agenzia “Cook & Son”, che ancora oggi costituisce una delle più importanti agenzie di viaggio a
livello internazionale con il nome “Thomas Cook Group plc”, iniziò a lavorare in Inghilterra nel
1841 e organizzò la prima comitiva di turisti diretti in Italia del 1864.
In questo periodo, le norme giuridiche in materia erano quasi inesistenti e il fenomeno era
circoscritto alle classi più abbienti che potevano usufruire dei pochi mezzi di trasporto a
disposizione.
L’interessamento dello Stato nei riguardi del turismo si fa risalire agli inizi del ‘900 e in
particolare alla L. 863/10, in base alla quale i Comuni c.d. a vocazione turistica potevano applicare
un’imposta di soggiorno nei confronti di coloro che vi dimoravano per almeno 5 giorni.
“Si trattava di una controprestazione per i servizi turistici che non poteva essere distolta per
altre finalità dai Comuni”
7
.
Negli anni precedenti al primo conflitto mondiale si manifestò la necessità di attuare una
propaganda dell’immagine turistica dell’Italia all’estero.
Lo scoppio del conflitto arrestò, però, l’esigenza avvertita di istituire un organismo centrale
avente come funzione l’espansione dei flussi turistici nella nazione.
La guerra ebbe forti ripercussioni sul movimento turistico, ma non cambiò il forte desiderio di
fondare un Ente destinato esclusivamente alla cura degli interessi del settore.
6
Tesi di Laurea: “Ricchi di Turismo. Uno studio sull’indotto economico del turismo sulla città di Vicenza” di Marco
Franceschini – anno accademico 1999-2000, p. 61;
7
Paloscia, Il turismo nell’economia italiana, Agra, Roma, 2004, p. 40.
14
In questa prospettiva, nel settembre del 1919 una Commissione, sotto la presidenza dell’on.
Ruini, presentò al governo uno schema di DL che venne approvato e pubblicato nella G.U. del
22/11/1919 n. 2099.
Il decreto conteneva, oltre a disposizioni in favore dell’industria alberghiera, l’istituzione
dell’Ente Nazionale per le industrie turistiche (ENIT) che dal prioritario obiettivo post bellico
dell’incremento delle industrie turistiche divenne organismo pubblico avente lo scopo di:
propagandare l’Italia nel Paese e all'estero per incrementare il turismo;
studio e raccolta ed elaborazione statistica dei dati relativi ai movimenti turistici;
esercizio di uffici di informazione;
di promozione delle industrie di tipo turistico-alberghiere;
controllo e vigilanza sulle attività turistiche;
istituzione di scuole turistiche.
L’ENIT costituiva la prima forma d’intervento organico dello Stato nel campo delle attività
turistiche.
Finalmente si cominciava a percepire così, anche a livello parlamentare, l’importanza
rivestita dalla materia turistica per l’economia italiana.
Ciononostante, l’attenzione del legislatore venne distolta quasi per un decennio: infatti, fu
solo con il RDL 765/26 conv. dalla L. 1380/26, la quale istitutiva le aziende autonome di cura,
soggiorno e turismo (A.A.C.S.T.), riordinato con D.Lgs. 1042/62, che riprese l’attività legislativa
verso la promozione e l’accoglienza turistica, coadiuvate dal 1935 dagli Enti provinciali del turismo
(E.P.T.), affermando, da una parte, la priorità degli interventi locali assistiti e a far valere
comunque, dall’altra, la priorità dell’intervento statale a dimensione nazionale perseguito
dall’ENIT per la cura dell’interesse pubblico alla promozione, alla tutela e al controllo dell’intero
settore turistico che ha caratterizzato tutto il periodo degli anni ’30.
Riprendendo gli sviluppi che hanno interessato l’Ente centrale di promozione turistica,
occorre evidenziare come le delegazioni dell’ENIT hanno avuto una notevole evoluzione, passando
dal “Consorzio italiano per gli uffici di viaggio e turismo” formato con il concorso delle Ferrovie
dello Stato nel 1920, all’istituzione della “Compagnia italiana per il turismo” (CIT) nel 1927.
La trasformazione in parola fu dettata dal malcontento avvertito dalle agenzie di viaggio
italiane ed estere, nel dover affrontare la concorrenza di un organismo, quale era appunto il
“Consorzio italiano per gli uffici di viaggio e turismo” che poteva contare su sovvenzioni statali.
Soluzione ideale a questa problematica fu trovata nella scissione nell’ENIT della sua parte
commerciale, fuori quindi da ogni azione di concorrenza, che comportava appunto l’istituzione
della “Compagnia italiana per il turismo”.
Ripercorrendo l’iter legislativo sotto il profilo storico, si arriva dunque al 1929, dove la crisi
avvertita dall’economia mondiale ebbe forti ripercussioni anche sul fronte del turismo.
È in questo clima, sotto il governo fascista, che in Italia si intraprese la strada della
valorizzazione della risorsa turistica.
Si giunge per tali versi, all’intervento del Governo con il R.d.l. 371/31 che al fine di
sistematizzare il controllo sulle attività turistiche, porta alla nascita dell’organo centrale del
“Commissariato per il turismo” preposto alla direzione e al coordinamento di tutte le attività
nazionali concernenti il turismo precisando che al Commissariato spettava l’azione di governo in
materia.
Mentre inizialmente l’ENIT, quale ente nazione era sotto la vigilanza del Ministero
dell’Industria, commercio e lavoro, con l’istituzione del Consiglio centrale del turismo, che
affiancava il Commissario per il turismo, venne posto in stretto rapporto con il nuovo organismo
governativo per il settore turistico.
Con R.d.l. 1851/34 il nuovo organismo governativo viene soppresso e tutte le sue funzioni
vennero attribuite al Sottosegretario di Stato per la stampa e la propaganda, organo della Presidenza
che, l’anno successivo con R.d.l. 1009/35 , assunse la veste di Ministero per la stampa e la
propaganda e nel 1937 Ministero della cultura popolare.
15
Venne, inoltre, istituita la Direzione generale per il turismo: il turismo lasciava la
Presidenza del Consiglio per essere gestito dall’Amministrazione più importante, probabilmente,
fra tutte quelle dell’epoca poiché aveva l’incarico della promozione dell’Italia e del regime fascista
di fronte al mondo intero.
Così facendo, fu creata una struttura frammentata dell’organizzazione del comparto, dal
momento che stampa, propaganda, teatro, cinema e turismo confluivano nell’istituto unitario del
dicastero suddetto.
In aggiunta, lo stesso assetto organizzativo a livello periferico, era contenuto nei limiti
provinciali, dal momento che proprio nel 1935 furono creati gli E.P.T. con R.d.l. 1425/35, riordinati
con D.Lgs. 1044/60, aventi il compito di coordinare e promuovere a livello provinciale il turismo
che modificò la struttura organizzativa preesistente su scala locale e vennero attivati enti pubblici
con capacità economica propria a favore di un congegno amministrativo sottoposto ai Ministeri
degli Interni, delle Finanze e della Propaganda.
Le A.A.C.S.T. sono sostanzialmente differenti dagli gli Enti provinciali di promozione
turistica E.P.T.Mentre quest’ultimi risultavano legati ai territori amministrativi e territoriali delle
Province dello Stato, le aziende autonome, per essere costituite e perché un comune venisse
ricondotto a “stazione” di cura, soggiorno e turismo, era necessario rilevarne la valenza turistica,
nonché l’influsso positivo che l’economia locale doveva trarre dalla stessa.
Si noti, infatti, che requisiti e parametri indagati a tal fine erano: caratteristiche climatiche e
sanitarie, comodità ed attrattive, quantità, qualità e importanza degli alberghi e delle pensioni, e,
per le stazioni termali, degli stabilimenti di cura. Nel rispetto di quanto affermato, il riconoscimento
dei requisiti richiamati spettava al Ministero per l’Interno.
All’epoca furono istituite le Stazioni di cura, gli Enti provinciali, l’imposta di soggiorno,
l’obbligo di denuncia per tutti loro che alloggiavano nelle strutture ricettive, il contributo
speciale di cura e fu imposto un prelievo sulle arti, professioni ed esercizi, che operavano nelle
località dichiarate stazioni di cura, soggiorno e turismo onde finanziare gli enti che dovevano
provvedere allo sviluppo del settore.
Si assiste, in seguito, con la L. 1021/39 alla riorganizzazione dell’ENIT e si può notare come
siano proprio gli anni ’30 a caratterizzare l’affermazione del turismo e la proliferazione degli
interventi legislativi nel settore.
Ciò nonostante, con il secondo conflitto mondiale, la produzione normativa subì una brusca
interruzione.
Nel 1943, con la scomparsa del Ministero della cultura popolare, le competenze turistiche
furono demandate al Sottosegretariato di Stato per l’Interno
8
mentre nel 1944 fu istituito, alle
dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Sottosegretariato della stampa e le
informazioni
9
che doveva occuparsi della materia, successivamente denominato Sottosegretariato
di Stato per la stampa, spettacolo e turismo.
Alla fine del conflitto l’amministrazione periferica del turismo, ancora esistente, era fondata
su E.P.T. e A.A.C.S.T., mentre l’amministrazione centrale, in seguito alla soppressione del
Ministero della Cultura popolare, era di nuovo alle prese con la definizione di un vertice che in quel
momento veniva ricondotto ad un semplice “servizio” dipendente dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri.
In queste circostanze, si avvertì l’esigenza di un assetto amministrativo maggiormente
flessibile (si rifiutavano le iniziative di un rigido accentramento e si tendeva ad una maggiore
operatività nell’ottica del decentramento verso gli organi periferici) attraverso la ricerca di
maggiore funzionalità conferita alle Regioni o ad ambiti identificati da una vocazione turistica
distintiva ed omogenea.
8
RDL 28/1943;
9
D.LGT. 163/44.
16
Questo tentativo di reazione fu placato con l’istituzione del nuovo Commissariato per il
turismo alle dirette dipendenze della Presidenza con R.d.l. del Capo provvisorio dello Stato
941/47, affiancato dal Consiglio Centrale del turismo a composizione burocratico-
rappresentativo, organi di certo più attenti alle tematiche d’interesse del settore, con funzioni
consultive, tuttavia, inesistenti furono le iniziative in favore dell’assetto amministrativo periferico.
I.2 - L’epoca della ripresa economica nel secondo dopoguerra: il riordinamento
dell’amministrazione statale
L’epoca fascista lasciava in eredità all’ordinamento repubblicano, fondato sulla costituzione
del 1948, la legislazione del settore turistico, questa naturalmente soggetta a vaglio di legittimità da
parte della Corte Cost.
Le conseguenze del secondo conflitto mondiale (danni alle infrastrutture ricettive e alle
ricchezze del Paese) resero evidente l’urgenza di una rinascita del settore e fu in questo periodo che
ci si rese conto della potenzialità turistica del nostro Paese derivante non solo dal patrimonio
paesaggistico-culturale, ma soprattutto dalla qualità dei servizi, dall’organizzazione dell’ospitalità,
dallo sviluppo della viabilità, dalle comunicazioni, quali elementi in grado di richiamare flussi
turistici rilevanti.
Agli inizi degli anni ’50 il turismo aveva incominciato ad assumere rilevanza economica di
dimensioni sempre crescenti a causa dell’incremento dei mezzi di trasporto e del mutato quadro
politico-economico. Si avvertiva la necessità di una politica del turismo da inserire nella generale
programmazione economica nazionale.
Nasce il turismo di massa che sviluppatosi nell’età industriale ha cancellato le vecchie forme
di vacanza. Assistiamo, innanzitutto, all’accesso alla pratica turistica da parte di un grande insieme
di persone; questa apertura è dovuta soprattutto alle trasformazioni sociali messe in atto in quel
determinato periodo storico. I servizi turistici divengono più economici in modo da venir incontro
alle esigenze delle fasce sociali meno vantaggiate. Si ampliano le infrastrutture e le agenzie di
viaggio, nate nel XIX secolo, divengono produttrici di soluzioni di viaggio “tutto compreso”. Il
turista non è uno spettatore attivo; al contrario desidera non essere disturbato né incappare in
imprevedibili problemi. Nasce la figura dell’accompagnatore che si occupa di evitare al turista
qualsiasi imprevisto di ogni natura. L’accompagnatore deve, inoltre, soddisfare i bisogni, inclusi
quelli della sicurezza, del turista in modo da creare un legame di fidelizzazione tra il turista e la
stessa agenzia: il cliente soddisfatto dall’esito della vacanza si rivolgerà in futuro sempre alla stessa
agenzia. Il turista della società industriale si caratterizza soprattutto dalla passività con cui affronta
la vacanza, una passività consapevole e voluta; egli non lascia nulla al caso né ha l’interesse di
organizzare da sé la vacanza. Il viaggio, oltre alla funzione di riposarsi, è un modo per dimostrare
la capacità economica di una famiglia; è un’esperienza che non viene fatta per un percorso
interiore personale del turista, ma serve esclusivamente per dimostrare al resto della società il suo
status sociale. L’apparenza domina anche nei rapporti che i turisti hanno nei confronti del luogo di
vacanza.
Il turismo di massa è considerato una grande fase che ha influito fortemente sulla storia di
questo settore, se non altro per via della sua durata che viene, in genere, fatta partire dagli anni ’50
fino a raggiungere gli anni ’70 e che molti studiosi definiscono “trente glorieuse”
10
.
Con la L 617/59 nasce il Ministero del Turismo, a cui vengono affidate anche competenze
relative a sport e spettacolo, appropriandosi dei compiti del soppresso Commissariato ed ereditando
anche le funzioni relative alle stazioni di cura e soggiorno facenti capo dal 1926 al Ministero
dell’Interno e segna il riconoscimento da parte del Governo della rilevanza del fenomeno turistico.
10
Savelli A. Turismo, territorio, identità. 200;.
17
Questa istituzione è però in contraddizione con il modello proposto dalla Costituzione del 1948 che
invece affida le competenze della materia turismo e industria alberghiera
11
alle Regioni (art 117).
Con l’avvento delle Regioni ordinarie, l'amministrazione statale viene spogliata delle sue
funzioni amministrative, allo Stato restano solo poteri di indirizzo e coordinamento delle attività
regionali e competenze in campo internazionale.
Il tentativo di dare, per questa via, una sistemazione organica e completa della materia deriva
altresì da altre cause, quali la sottrazione al Ministero degli interni delle attribuzioni in termini di
riconoscimento, vigilanza e regime tributario delle stazioni di cura termali e turismo.
Si cercò di ovviare al carattere accentratore del Ministero del Turismo con la disciplina
successiva relativa al riordino delle strutture periferiche, che si basò su prescrizioni delle stessa
legge istitutiva (DPR 1041/60). Da questa operazione legislativa scaturì un profilo del Ministero
orientato a essere il riferimento politico–amministrativo di tutto il settore. Questa formula
organizzativa si caratterizzava per una struttura interna “rigida” e una articolazione periferica
“elastica” che tracciava alcuni percorsi obbligati per il Ministero:
ξ promozione di attività turistiche;
ξ coordinamento di tutte le ramificazioni dell’amministrazione statale e degli enti pubblici e
privati di carattere turistico;
ξ controllo dell’osservanza da parte di questi ultimi della legislazione vigente.
Questo DPR oltre a mutate la denominazione dell’ENIT in Ente nazionale italiano per il
turismo gli viene affidato il compito di promuovere ed incrementare il movimento turistico
dall’esterno verso l’Italia; compito che dovrà assolvere in “esecuzione delle direttive generali del
Ministero del Turismo e dello Spettacolo”.
Dal punto di vista locale non ci sono dei veri e propri organi periferici bensì enti operanti sul
territorio, autonomi e dotati di personalità giuridica.
Fu questa fase di transizione che la staticità delle Regioni di diritto comune (nate solo nel
1970, ma che sarebbero dovute sorgere entro il 1949), diede vita ad un rafforzamento, anziché un
ridimensionamento dell’amministrazione centrale dello Stato.
Si noti, infatti, come per la ripresa del turismo si ricercava un organismo in grado di
raccogliere tutte le forze del settore, capace di coordinarle e potenziarle nella loro multiforme
attività. In tal modo, come già detto, il generico Ministero della Cultura popolare fu soppresso e a
questo venne sostituto il nuovo Commissariato per il turismo.
Dal 1960 al 1968 si assiste a una nuova operazione di riordino che si concentra su tre
fondamentali obiettivi:
ξ garantire la funzione primaria dello Stato nell’organizzazione turistica;
ξ attuare dei programmi globali sotto il diretto controllo e la promozione del Ministero del
Turismo;
ξ riportare a unità le varie componenti settoriali;
Fra gli interventi volti allo sviluppo dei rapporti e degli scambi turistici internazionali vanno
segnalati l’abolizione dei visti consolari sui passaporti con decine di Paesi, l’elaborazione e
l’applicazione di speciali facilitazioni doganali e l’emissione di buoni carburante a prezzo ridotto
per gli automobilisti stranieri.
Tale fermento fa sì che, “il fenomeno turistico s’imponga progressivamente nel dopoguerra
come elemento non integratore ma primario della nostra economia. Le dimensioni raggiunte sul
piano economico, la mole delle esigenze che si determinavano nel campo dell’organizzazione
pubblica e privata del settore, e le prospettive di una presenza sempre più viva del nostro Paese
11
“la dizione dell’art. 117 Cost. turismo e industria alberghiera non può essere interpretata nel senso che essa opera
una distinzione tra due momenti autonomi, ma in quello, invece, secondo cui la specificazione determina una migliore
individuazione dell’intero fenomeno, senza che le due componenti vadano trattate separatamente se non nell’ambito di
una distinzione interna alla materia”, così Chiti M.P., Profilo pubblico del turismo, Giuffrè, Milano, 1970, pag. 19.
18
nell’ambito del turismo internazionale, rendevano manifesta la necessità di dare al turismo il posto
che ormai gli spettava sotto il profilo politico ed economico”
12
.
Fu così che, in contrasto con le esigenze avvertite di decentramento e flessibilità con cui,
si cercava di impostare l’organizzazione turistica pubblica e con forma differente da quanto
prescritto dal testo costituzionale, si ritenne opportuno governare in modo centralizzato il
comparto turistico. Quest’ultimo rischiava, infatti, di appesantire troppo la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, nel cui seno era posto il Commissariato per il turismo.
Tra i numerosi e di diversi strumenti utilizzati nel corso degli anni quello che ha sicuramente
rivestito un ruolo di particolare rilievo è stato il decentramento di funzioni dallo Stato alle Regioni
e successivamente agli enti locali.
È, infatti, quando viene diminuendo l’attività centrale, poiché si afferma l’autonomia
regionale, che il legislatore ha dato riconoscimento al disposto dell'art. 117 della Cost., avviando
quel processo di "alleggerimento" dell'apparato statale a favore delle Regioni e trasferimento agli
enti locali delle funzioni in materia turistica nel 1972, perfezionato nel 1977 (D.P.R. 6/72 e
616/77).
In particolare, in materia di turismo, ad esse sono stati trasferiti dapprima funzioni e compiti
amministrativi, poi, successivamente, anche tutti i servizi, le strutture e le attività pubbliche inerenti
all'organizzazione e allo sviluppo del turismo regionale nonché gli aspetti ricreativi collegati.
Con il DPR 6/72 il legislatore ha provveduto ad individuare le specifiche funzioni
amministrative attribuite alle Regioni in materia di:
ξ promozione e incentivazione;
ξ organizzazioni di manifestazioni;
ξ enti provinciali del turismo;
ξ aziende autonome di cura, soggiorno e turismo;
ξ organizzazione di viaggi;
ξ classificazione alberghiera e vincolo di destinazione.
Pur rappresentando una novità rispetto al passato il decreto è stato considerato dalla dottrina
lacunoso, in quanto non ha sancito un passaggio dallo Stato alle Regioni dell’effettivo governo del
settore ma un mero decentramento burocratico
13
.
Ovviamente ciò non ha impedito alle Regioni di legiferare. Infatti, in tale periodo, la
produzione legislativa regionale è notevole, ma qualitativamente lacunosa e disorganica.
Le leggi regionali disciplinano quasi esclusivamente l’incentivazione allo sviluppo delle
strutture ricettive e l’attività di promozione turistica, ricalcando spesso i criteri della legislazione
statale.
Con il D.P.R. 616/77 veniva completato il quadro delle competenze istituzionali.
Anche in questo caso si ebbero riflessi sulla struttura del Ministero: infatti il D.P.R. 616/77
cancellò la Direzione Generale del turismo, assegnando le funzioni non trasferite alle Regioni alla
direzione Generale degli affari generali, del turismo e dello sport. Riordinata con D.M. Min.
Turismo del 1978, la Direzione Generale del turismo si affiancava alla Direzione Generale dello
Spettacolo.
La materia del turismo veniva inserita nel titolo IV di tale decreto, ossia nel settore dello
“sviluppo economico”. Con tale provvedimento il legislatore assegnava alle Regioni servizi,
strutture e attività, sia pubbliche che private, relative all’organizzazione e allo sviluppo del turismo
regionale. In particolare l’art. 109 del citato DPR 616/77 sanciva la competenza delle Regioni per la
concessine di credito agevolato nelle materie oggetto di trasferimento, compreso il turismo.
All’azione dello Stato venivano riservate funzioni di indirizzo e di coordinamento e competenze
relative al rilascio del nulla osta per l’apertura di agenzie di viaggio da parte di stranieri, all’attività
di rappresentanza e di promozione all’estero e alla vigilanza sugli enti turistici nazionali. Il D.P.R.
12
Op. cit. Paloscia p. 72
13
Delfino F. “L’organizzazione del turismo nella dimensione regionale” in Foro amm. 1977, II, 804
19
616/77 ha avuto il grande merito di rendere esplicito l’oggetto del trasferimento alle Regioni e
dirimere ogni dubbio sulla competenza regionale in materia di riorganizzazione
dell’amministrazione locale del turismo.
L'avvento delle Regioni nel 1970 ha implicato, anche, uno sviluppo dell'ordinamento
dell'ENIT, infatti l'assunzione delle competenze amministrative in materia turistica in capo alle
Regioni non ha comportato di per sé lo svuotamento delle attribuzioni dell'ENIT chiamato ad
operare nel campo della promozione turistica all'estero. I decreti di trasferimento delle funzioni
amministrative alle Regioni affermano, che per la propaganda all'estero delle iniziative ed attività
turistico alberghiere le Regioni si devono avvalere dell'ENIT.
Gli anni ’80 portano con sé i primi sintomi di una crisi che darà modo di far emergere nuove
forme di turismo fino ad allora poco frequentate o totalmente sconosciute al grande flusso turistico.
Assistiamo a notevoli mutamenti nella domanda turistica che derivano da nuovi
comportamenti messi in atto dagli stessi turisti e dall’affermarsi di una diversa società che
caratterizzerà l’ultima parte del secolo e l’inizio del nuovo millennio: la società postindustriale.
In questa fase il turismo riscopre una dimensione più dinamica e creativa. Il turista post-
moderno è una figura più consapevole e attenta; le aspettative che lui ha sono maggiori: pretende
qualcosa di più di un semplice viaggio e di una massiccia dose di relax. La vacanza diviene,
dunque, un’esperienza da vivere intensamente per arricchire il proprio patrimonio personale; si è
alla continua ricerca di nuove emozioni e nuove realtà: la cultura locale e suoi abitanti riacquistano
un ruolo centrale che era stato perso durante l’era industriale. Il turismo di massa, infatti, aveva
appiattito le differenze specifiche delle comunità locali per estendere a tutte le zone modelli turistici
predefiniti.
Con la società post-moderna emerge un sincero interesse da parte dei turisti di scoprire e
penetrare nella realtà della vita sociale dei membri delle comunità locali. Questa e altre motivazioni
hanno portato il settore turistico a diversificare estremamente la propria offerta e a creare nuovi e
originali pacchetti di viaggio. Accanto alla classica soluzione “sole-mare” assistiamo all’emergere
di altre forme di viaggio, ad esempio citiamo il fenomeno dei camperisti o il “turismo del sacco a
pelo”, come lo definisce Savelli
14
.
In questi anni, l’esigenza di garantire a livello nazionale dei principi generali e un indirizzo
per l’organizzazione unitario cui dovevano conformarsi le iniziative legislative delle Regioni, aveva
condotto all’adozione delle leggi quadro sul turismo L. 217/83
15
con la quale si provvedeva ad
un’ulteriore e più ampia definizione delle competenze legislative regionali in materia di turismo
che, peraltro, ha dovuto accusare una sconfitta o meglio l'inadeguatezza della riforma nel settore.
Tuttavia non poche sono state le osservazioni critiche che hanno investito la riforma del 1983,
sia con riferimento alla mancata delineazione della natura e delle funzioni delle strutture
promozionali locali
16
.
In nuovo sistema di intervento pubblico del settore turistico si fondava sulla funzione di
indirizzo e coordinamento che l’art. 1 della L. 217/83 riconosceva al governo. La predetta
funzione si articolava infatti su 2 organismi collegiali:
- Il comitato di coordinamento per la programmazione turistica
17
;
14
Savelli. A, Sociologia del Turismo, 1992.
15
È stata dichiarata costituzionalmente legittima con sent. Corte Cost. 195/86 emessa a seguito del ricorso delle
Regioni a statuto speciale Sardegna e Friuli Venezia-Giulia e dalla province autonome di Trento e Bolzano, nonché
dalla Regione Emilia-Romagna. Qust’ultima in particolare lamentava il fatto che, dettando, la L. 217/83, una minuziosa
disciplina di taluni settori della materia, aveva assunto come principi fondamentali e, pertanto, inderogabili, alcune
specifiche norme, andando così oltre, secondo i ricorrenti, la competenza fissata dalla Costituzione ed invadendo la
sfera legislativa e amministrativa della Regione.
16
AA.VV. La legislazione turistica nella L. 217/83 (atti del convegno di Jesolo del 28-31/5/1987), Padova, 1988
17
Il comitato di coordinamento, organo di raccordo tra Stato e Regioni e di coordinamento tra le Regioni stesse, non è
mai entrato in funzione ed è stato successivamente sostituito, per quanto riguarda l’erogazione di finanziamenti previsti
da disposizioni di incentivazione turistica, dalla “Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni”, istituita dalla L.
400/88.