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INTRODUZIONE
Con il presente lavoro si vuole delineare l’evoluzione delle politiche della
Comunità economica europea, prima, e dell’Unione europea, poi, nei
confronti dei paesi non comunitari affacciati sul Mar Mediterraneo.
Prendendo le mosse dalla natura aperta del Trattato di Roma analizzeremo,
contestualizzandoli, i cambiamenti propri di queste politiche evidenziandone,
altresì, conseguenze, successi e limiti.
Al fine di rendere la trattazione più lineare, si è deciso di dividerla in due
parti. Nella prima si affronteranno, nel loro complesso, gli accordi stipulati tra
Europa e Paesi terzi mediterranei e la loro evoluzione che, ad oggi, ha
portato all’instaurazione di una cooperazione di più ampio respiro non
facente capo a sole tematiche di natura economica. Nella seconda, invece, la
nostra attenzione si focalizzerà su due case studies. Nello specifico, si è
scelto di analizzare i rapporti che legano l’Unione europea all’Autorità
palestinese e allo Stato di Israele. Il perché è da rintracciarsi nel ruolo che
l’Unione ricopre all’interno della questione mediorientale, ambito nel quale
sono stati collezionati i suoi maggiori successi a livello di politica estera.
Entrando nello specifico della strutturazione del presente lavoro, nel
primo capitolo verrà analizzata la politica estera della Comunità economica
europea. Partendo dalla firma del Trattato di Roma, avvenuta nel 1957, si
delineeranno le linee guida che portarono sino alla Politica mediterranea
rinnovata. Sin dalla sua nascita la CEE si pose come attore internazionale
soprattutto nei confronti del bacino del Mediterraneo. Il perché di questa
scelta è da rintracciarsi in primis nel fatto che, sin dai tempi antichi il
Mediterraneo ha rappresentato il punto di contatto di società e culture anche
molto differenti tra di loro. Come spesso accade, tali diversità portano allo
sviluppo di contraddizioni nei più diversi ambiti (religioso, sociale e
territoriale) generando, nei casi più estremi, conflitti che, come dimostra la
contemporaneità, rischiano di rimanere per molto tempo insoluti.
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Inoltre, l’importanza del bacino del Mediterraneo deriva anche dal ruolo che
esso ricopre a livello socio-culturale. Infatti dal Mare Nostrum dipendono, in
gran parte, anche l’economia e la sicurezza dei paesi che si affacciano sulle
sue acque. È proprio per questo motivo che, da sempre, i rapporti politici,
economici e sociali che legano i paesi rivieraschi sono diventati fondamentali
nella più generale ricerca di una stabilizzazione internazionale.
Tra le cause dirette che spinsero la CEE ad aprirsi ai suoi vicini
mediterranei, e non solo, ruolo importante fu rivestito dall’avvio del processo
di decolonizzazione che, di lì a breve, avrebbe portato alcuni dei paesi
europei, in primis la Francia, a perdere i rapporti privilegiati con le proprie
colonie. Non secondarie furono inoltre le dinamiche venutesi a creare, nel
1956, a seguito dello scoppio della crisi di Suez che convinsero i paesi
europei della necessità di elaborare una politica che fosse quanto più unitaria
possibile al fine di tutelare i propri interessi. I primi accordi che vennero
stipulati, tuttavia, furono caratterizzati da un approccio che possiamo definire
case by case e basato su due differenti articoli del Trattato istitutivo. Motivo
di tale distinzione risiedeva nell’importanza ricoperta dal partner
mediterraneo in questione. Lì dove questo rivestiva un ruolo geopolitico di
primaria importanza e dove l’ipotesi dell’annessione alla Comunità non era
solamente un lontano miraggio, furono stretti accordi di associazione
finalizzati ad una successiva instaurazione di legami caratterizzati da radici
profonde. Fu questo, ad esempio, il caso della Grecia e della Turchia che,
nel periodo della Guerra fredda, rappresentavano zone di confine tra i due
blocchi. Era perciò di fondamentale importanza “ancorarle” al mondo
occidentale. In altri casi, invece, si operò la scelta di stipulare semplici
accordi commerciali riservandosi di decidere, di volta in volta, se dotarli o
meno di natura preferenziale.
All’inizio degli anni Settanta, tuttavia, l’approccio fino ad allora utilizzato
risultò essere parziale. Quello che si rendeva necessario era il passaggio da
un approccio definibile come patchwork ad un vero e proprio framework..
Questo cambiamento di rotta derivò in primis dall’uscita di scena dell’Unione
Sovietica dal mondo arabo a seguito degli esiti della guerra dei Sei giorni e,
secondo poi, dallo sviluppo del terrorismo internazionale di cui gli
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avvenimenti delle olimpiadi di Monaco nel 1972, rappresentarono un
esempio di grande rilevanza. Prendeva così piede quella che, al vertice di
Parigi dello stesso anno, venne definita come Politica globale mediterranea.
Questa si scontrò nell’immediato non solo con lo scoppio della crisi
economica, generata dagli avvenimenti derivanti dalla guerra dello Yom
Kippur del 1973, e dallo shock petrolifero che ne seguì, ma anche con
l’opposizione del governo statunitense contrario a far divenire il bacino del
Mediterraneo un terzo polo. Ben presto dunque il nuovo progetto della CEE
naufragò e un suo rilancio venne tentato alla fine degli anni Ottanta con il
varo della Politica mediterranea rinnovata anch’essa figlia dei mutamenti
dello scenario internazionale a lei contemporanei. La caduta del muro di
Berlino, avvenuta nel 1989, infatti, portò alla disgregazione dell’equilibrio
bipolare che, dalla fine della seconda guerra mondiale aveva caratterizzato le
dinamiche delle politiche estere dei paesi. Merito della PMR fu,
indubbiamente, quello di dare più ampio respiro all’operato comunitario non
relegandolo esclusivamente all’ambito economico ma spostandosi, ad
esempio, anche su quello sociale. Anche in questo caso, però, la realtà non
rispecchiò in pieno le dichiarazioni di principio pregresse.
Il secondo capitolo è stato invece dedicato alla politica estera dell’Unione
europea nata a seguito della firma del Trattato di Maastricht (1992). Il lasso
temporale analizzato va dalla metà degli anni Novanta ai giorni nostri. Vero e
proprio turning point della politica europea nei confronti dei paesi terzi
mediterranei è rappresentato dalla Conferenza di Barcellona tenutasi il 26 e il
27 novembre del 1995 che avviò il Partenariato euro-mediterraneo
caratterizzato soprattutto dalla volontà di coinvolgere maggiormente la
società civile e di far ricoprire un ruolo attivo anche dai paesi partner
dell’Unione non visti più come meri “destinatari” delle decisioni prese da
Bruxelles. Obiettivo principale del PEM fu, sin da subito, assicurare pace e
stabilità in tutta l’area.
A potenziare gli effetti del Partenariato concorse, a partire dal 2003, il varo
della Politica europea di vicinato indirizzata non solamente ai paesi della
sponda sud del Mediterraneo ma anche ai vicini orientali dell’Unione. Il
funzionamento della PEV, basato sull’approvazione di Action plans bilaterali,
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era finalizzato allo sviluppo delle zone di confine dell’Unione per il
rafforzamento della propria sicurezza. Non era dunque prevista una futura
adesione dei paesi partner per la quale l’iter da seguire rimaneva invariato.
Nonostante in questo periodo siano stati compiuti numerosi progressi,
questi non si sono rivelati sufficienti a generare mutamenti radicali e quindi la
stabilizzazione tanto auspicata era ancora lontana dall’essere raggiunta. Per
questo motivo nel 2008 il Presidente francese Nicholas Sarkozy ha tentato
un rilancio del PEM attraverso l’Unione per il Mediterraneo che, come
vedremo, si risolverà in un nulla di fatto.
Alla fine del 2010, con lo scoppiare delle cosiddette Primavere arabe, si è
reso necessario dare nuovo sprint all’azione europea e si è provato a farlo
mediante il lancio del Partenariato per la democrazia e la prosperità
condivisa nel Mediterraneo cui obiettivo primario è stato, sin da subito, quello
di favorire la promozione della democrazia nei paesi coinvolti anche
attraverso la concessioni di aiuto soprattutto di stampo umanitario per far
fronte alle emergenze originatesi nel momento in cui si è assistito
all’aumento delle violenze.
Nel terzo, ed ultimo, capitolo della prima parte si è infine voluta aprire una
parentesi su un’iniziativa di stampo prettamente europeo venutasi a generare
all’indomani dello scoppio della crisi petrolifera. L’avvio del Dialogo euro-
arabo, rappresenta uno dei maggiori successi europei nonostante questo
abbia comportato attriti con la logica atlantista degli Stati Uniti. Proprio a
causa dell’opposizione di Washington, il DEA venne svuotato dei suoi
contenuti più profondi obbligando la CEE a compiere passi indietro sulle
tematiche politico-diplomatiche inerenti la questione mediorientale. Nuovi
successi, tuttavia, si registreranno in un secondo momento quando cioè
l’Unione avrà più margine di movimento e di iniziativa.
La seconda parte del testo, collegandosi al capitolo che la precede,
analizza nello specifico il ruolo dell’Unione nelle dinamiche della questione
mediorientale e, nello specifico, di quella arabo-israelo-palestinese. Proprio
per questo motivo si è deciso di analizzare come case studies i rapporti che
legano l’UE allo Stato di Israele e all’Autorità palestinese. A tal fine si è scelto
di dedicare il primo capitolo alla trattazione degli eventi che, a partire dalla
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nascita dello Stato di Israele nel 1948, hanno caratterizzato i territori in
questione. Tale scelta è stata operata nella convinzione che per capire a
fondo le scelte politico-economiche fatte da Bruxelles non si possa
prescindere dal conoscere le dinamiche che ne sono alla base.
Attraverso l’analisi degli accordi stipulati e avvalendosi anche del supporto
di grafici si evidenzieranno le differenze negli approcci con lo Stato di Israele
e con l’Autorità palestinese. Le cause di tale diversità vanno rintracciate
soprattutto nelle differenti esigenze proprie dei due attori. Infatti, mentre nel
primo caso ci troviamo avanti ad uno stato economicamente sviluppato e
quindi maggiormente interessato al coinvolgimento all’interno di progetti di
ricerca e sviluppo, nel secondo troviamo una situazione decisamente più
complessa e caratterizzata da un’economica oltremodo debole che, come
ovvio, incide profondamente anche all’interno delle dinamiche della società
civile.
In ultima analisi riteniamo opportuno dedicare una parte di questa
introduzione alle fonti utilizzate.
Per la parte che potremmo definire come più propriamente storica ci si è
potuto avvalere di letteratura appartenente a diversi ambiti: diritto, economia,
storia. Tale decisione è stata presa per far in modo che il lavoro, non solo
potesse avere un più ampio respiro, ma che risultasse anche più
comprensibile alla lettura oltreché più completo. Per quanto invece riguarda
la parte di maggior contemporaneità, o comunque più specificamente legata
alla natura degli accordi o delle dichiarazioni, si è fatto ricorso principalmente
alla documentazione ufficiale dell’Unione europea (proposte, decisioni, report
e via dicendo) anche inserendo nel testo citazioni risultate di particolare
importanza o interesse.
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I PARTE
La politica mediterranea europea
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Capitolo I
LA COMUNITA’ EUROPEA E I PAESI TERZI DEL MEDITERRANEO:
DAI TRATTATI DI ROMA ALLA POLITICA MEDITERRANEA RINNOVATA
(1957-1994)
La nascita della Comunità economica europea (CEE) con la firma dei
Trattati di Roma nel 1957, rappresenta il cuore del processo di integrazione
europea.
Alla metà degli anni ’50 il processo integrativo poteva considerarsi concluso
in quanto l’obiettivo di costituzione del blocco occidentale era stato raggiunto
e il problema tedesco risolto. Tuttavia i cambiamenti interni all’Europa resero
necessari ulteriori passi avanti. Nel 1951 la nascita della Comunità europea
del carbone e dell’acciaio (CECA
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) aveva integrato i due settori ma ormai le
due materie prime risultavano essere fuori mercato. Inoltre si sentiva la
necessità di tener vivo il concetto di Europa per una sua potenziale
funzionalità risolutiva di problemi relativi alla ormai consolidata divisione del
mondo in blocchi.
Anno cardine di questo processo fu il 1956. I fatti di Ungheria
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e la crisi di
Suez
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portarono non solo all’aumento della tensione, ma anche alla presa di
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La Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA) fu creata col Trattato di Parigi del 18
aprile 1951 su iniziativa dei politici francesi Jean Monnet e di Robert Schuman , con lo scopo di
mettere in comune le produzioni di queste due materie prime in un'Europa di sei
paesi: Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
La CECA fu l'istituzione che precorse la strada del Trattato di Roma, con il quale venne costituita
la Comunità economica europea, divenuta Unione europea nel 1992.
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La Rivoluzione ungherese, nota anche come insurrezione ungherese o semplicemente rivolta
ungherese, fu una sollevazione armata di spirito anti-sovietico scaturita nell'allora Ungheria
socialista che durò dal 23 ottobre al 10 - 11 novembre 1956. E che venne duramente repressa
dall'intervento armato delle truppe sovietiche. Morirono circa 2652 Ungheresi e 720 soldati sovietici. I
feriti furono molte migliaia. Le ripercussioni a livello internazionale furono pesantissime.
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La Crisi di Suez, nota anche come aggressione tripartita, fu un conflitto che nel 1956 vide
l'Egitto opporsi all'occupazione militare del Canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito ed Israele
a seguito della decisione del governo del Cairo di nazionalizzare il canale. La crisi si concluse quando
l'URSS minacciò di intervenire al fianco dell'Egitto e gli Stati Uniti, temendo l'allargamento del conflitto,
costrinsero inglesi, francesi ed israeliani al ritiro. Il parere contrario del governo di Washington