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Introduzione
«Se aspetti fino a che ci sarà un'altra case history nel tuo settore, potrebbe essere
troppo tardi.» ( Seth Godin)
Far emergere il proprio brand in un mercato sovraffollato di proposte troppo
simili tra loro, rende necessario l’aumento dell’attenzione a degli aspetti che
spesso vengono dati per scontati. In alcuni settori come quello che andremo ad
analizzare non è difficile assistere alla continua nascita di nuovi brand, che cercano
di ritagliarsi una fetta di mercato. Se l’innovazione è un aspetto necessario per
fornire valore alla propria proposta commerciale, questa innovazione non
necessariamente deve provenire dalla formulazione di prodotti nuovi, ma può
essere intesa anche come cambiamento nel modo di proporsi ai clienti. Il settore
preso in considerazione, alle soglie del secondo millennio era riservato solo ad un
elite della popolazione, ma negli ultimi anni prendersi cura di se è diventata un
esigenza della maggior parte della popolazione. Dalla continua espansione del
mercato ci si sarebbe aspettato un consolidamento delle realtà che vi operano, ma
si è invece assistito ad una continua frammentazione sia degli operatori che delle
aziende che li riforniscono. Poche aziende hanno saputo consolidare le posizioni
raggiunte negli anni passati, e pochissime divenire dei punti di riferimento, tanto
che molte aziende possono essere molto ben rappresentate in certe aree del paese
ed essere inesistenti e sconosciute in altre. Le aziende fornitrici in generale
perseguono strategie che prevedono la ricerca ed il presidio di più punti vendita
possibili, ma difficilmente adottano strategie in grado di far aumentare i fatturati
nei punti vendita già acquisiti. Avendo lavorato per più di venti anni come figura
commerciale nel settore, ci rendiamo conto che le proposte delle aziende sono
tutte molto simili. Le motivazioni che si possono addurre per attrarre un
operatore ad adottare una azienda piuttosto che un’altra, diventano sempre più
scarne. Gli operatori, non trovando differenze sostanziali tra le varie proposte,
preferiscono limitare i rischi dell’inserimento di nuove realtà, rimanendo ancorati
ad aziende consolidate. La prima domanda alla base di questo lavoro è stata :
“quale valore aggiunto deve avere una proposta commerciale per emergere nel
settore?”. Parte della risposta ci perviene dall’esercizio della nostra professione
mostrandoci che il valore aggiunto non risiede più nella continua proposta di
prodotti nuovi, dato che i contenuti innovativi sono limitati e vengono
velocemente copiati dalla concorrenza. L’altra parte della risposta proviene
dall’osservazione delle scelte fatte dagli operatori più rappresentativi, che
ricadono su aziende che sono in grado di garantire facilità nelle vendite e buona
immagine sul pubblico, abbinate ad un assiduo e costante supporto. Uno dei
punti obbligati rimane quindi quello di espandere l’immagine aziendale.
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Ma come si può ottenere questo risultato, senza adottare costose campagne su i
media più tradizionali e quale strategia si può adottare creando innovazione nella
proposta ? La caratteristica principale dell’estetica professionale è l’intangibilità di
molti dei servizi offerti. Nella nostra ricerca per formulare una strategia adeguata,
abbiamo notato che il settore si presta, in particolar modo, ad essere analizzato
ricorrendo alle recentissime teorie in merito all’ « Economia delle Esperienze» ed
al «Marketing Esperienziale». Le tematiche prese in considerazione spostano
significativamente l’attenzione di chi si occupa di marketing dal focus sul
prodotto al focus sul cliente. I prodotti in se possono perdere importanza, agli
occhi del cliente, se non sono in grado di sollecitare e soddisfare la componente
emotiva ed affettiva dello stesso. Partiremo da come i vecchi modelli
analizzavano i comportamenti dei consumatori, e come, invece, nuovi studi ci
indicano il cambiamento comportamentale degli acquirenti. I consumatori sono
passati da un atteggiamento passivo, rispetto alle proposte aziendali, ad un
comportamento attivo, si aspettano di potersi relazionare direttamente con le
aziende proprietarie del brand, sono consapevoli, informati ed attenti alle loro
esigenze. Questi cambiamenti, sembrano non essere stati recepiti dalle aziende del
settore estetico, che lasciano la maggior parte della comunicazione e
dell’informazione nelle mani degli operatori. Ma quali sono stati gli elementi che
hanno decretato questo cambiamento nel comportamento dei consumatori?
Quali sono oggi i punti di contatto tra consumatore e brand, quali strumenti
utilizza, e come si comporta di fronte agli stimoli ed alle informazioni che riceve?
L’enorme diffusione dell’utilizzo della rete e delle nuove tecnologie che ruolo
hanno avuto nel cambiamento dei comportamenti? I consumatori sembrano
sfuggire le logiche che hanno guidato le imprese nella formulazione delle loro
proposte. Se i modelli che cercavano di prevedere il loro comportamento
sembrano non essere più adeguati, quali altri modelli possono aiutarci nel capire il
percorso di acquisto di un consumatore moderno? Nel primo capitolo
cercheremo di capire come si comporta un consumatore moderno, e come
devono essere adattati i modelli per comprenderne le dinamiche. Si vedrà come i
consumatori hanno evoluto le loro esigenze, passando da necessità oggettive, al
bisogno soggettivo di soddisfare il proprio immaginario. Se le aziende devono
sollecitare e soddisfare l’immaginario del consumatore, come si deve procedere
per ottenere un risultato soddisfacente? Vedremo come Pine e Gilmore , per
superare la massificazione dei prodotti e delle proposte, propongano una vera e
propria messa in scena ed una spettacolarizzazione delle proposte di acquisto,
mentre Schimtt ci indica come esperienziare un prodotto o un servizio, su quali le
leve ed in quali punti agire per far vivere al cliente un «esperienza memorabile».
Vedremo come le emozioni provate dal cliente, nel suo percorso di acquisto, la
sua esperienza d’acquisto, assumono un ruolo di primaria importanza.
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Se l’esperienza di acquisto, diventa una leva principale di preferenza, non significa
che si debba sottovalutare l’oggettiva qualità dei prodotti, ma che la distinzione
tra due prodotti che svolgono la stessa funzione, sarà percepita per altri fattori.
Quali sono quindi questi fattori, che disseminati lungo il percorso di acquisto,
possono decretare il successo di un brand rispetto ad un altro? Possono le
aziende, che oggi si limitano a cercare di presidiare più canali e più punti vendita
possibili, non tenere conto degli effetti che le differenze esistenti tra i vari punti
di contatto hanno sulle decisioni di acquisto del cliente? Se il cliente deve vivere
un «esperienza memorabile», quali sono i punti di contatto con il cliente? Come
devono essere concepiti ed implementati? Possiamo ancora considerali
indipendenti uno dall’altro o devono essere considerati come una proposta
unitaria e coerente da parte dei brand? Per rendere l’esperienza del cliente
memorabile è necessario riconsiderare molti fattori che ad oggi vengono
trascurati, ad esempio, presidiando più canali di vendita e gestendoli in maniera
indipendente, senza che vi sia una integrazione tra di loro, si rischiano di creare
elementi di confusione e disaffezione per il cliente. Analizzeremo quindi i punti
critici delle strategie adottate per raggiungere i clienti e soddisfare le loro esigenze.
Vedremo come il cliente non cerca più soltanto un prodotto da acquistare, ma sta
cercando una relazione con il brand acquistato. Se in questa relazione vi sono
elementi che la disturbano, come differenze di prezzo tra i vari canali o differenze
di servizio, il cliente percepirà la differenza tra un canale ed un altro? Se non
percepisce la differenza, la relazione potrà continuare o ne subirà dei danni? Il
cliente iperconnesso di oggi, terrà per se le sue considerazioni su un percorso di
acquisto non soddisfacente, o ne condividerà le opinioni con moltissimi altri?
Che attenzione andrà posta nella gestione della soddisfazione del cliente, anche
dopo l’acquisto, dato che il cliente moderno iperconnesso, condividerà le sue
opinioni su aziende e prodotti tramite i social media, e queste avranno eco su
moltissimi altri utenti? Dopo aver considerato tutti questi fattori, quale strategia
permetterà la creazione di una relazione proficua e duratura con il cliente?
Vedremo che adottando una strategia omnicomprensiva dei punti di contatto si
possono tenere sotto controllo e implementare tutti i touchpoint, con cui il cliente
può venire a contatto. La possibilità data dall’omnicanalità è quella di interagire
con il cliente in ogni momento del suo percorso di acquisto, andando a creare
quella relazione con il brand che il cliente si aspetta. L’omnicanalità è sicuramente
una sfida impegnativa, perché richiede un cambio di mentalità nelle strutture
aziendali. Le aziende devono imparare a relazionarsi con il consumatore finale, e
non solo con i suoi intermediari, ai quali non è più possibile demandare la
relazione tra brand e cliente. La creazione di una relazione tra azienda e cliente
richiede di agire su molti punti, e nel secondo capitolo vedremo attentamente le
aree che debbono essere presidiate e gli strumenti che sono necessari a svolgere
4
questo compito. Come possiamo applicare una strategia omnicanale al settore
preso in considerazione? Nel capitolo finale analizzeremo la situazione del settore
di riferimento, aiutati in questo da un esperienza ventennale di rapporti tra
aziende produttrici ed operatori di settore. In venti anni di esperienza come figura
commerciale, passati a relazionarsi con aziende produttrici ed operatori, abbiamo
maturato una visione, sia sui punti di vista e sull’operato delle aziende che
sull’operato e le esigenze degli operatori. Proponiamo una visone incentrata
maggiormente sui centri estetici, in quanto questi rappresentano il core business
della maggior parte delle aziende. Il settore ha varie sfumature, che verranno
citate, ma essendo profondamente diverse, avrebbero bisogno di un analisi
particolareggiata, in grado di far comprendere meglio le diverse situazioni.
L’estetica è un settore che soffre di un impostazione ancora troppo artigianale, e
poco organizzata, con scarsità di proposte univoche, e di un immagine coerente.
Aiutati dai pochi dati resi disponibili dalle scarse ricerche che hanno interessato il
settore, vedremo le esigenze dei clienti finali, e le loro aspettative, da cui si evince
come in questo settore siano ancora molto importanti le relazioni umane, ma
anche come i clienti, chiedano organizzazione, coerenza delle proposte, garanzie
di risultati. Analizzeremo il mercato in termini numerici, alla luce delle crescenti
esigenze dei clienti di prendersi cura di se e del proprio aspetto. Cercheremo di
capire le caratteristiche degli operatori, dando uno sguardo ai loro pregi ed ai loro
difetti, nonchè ai loro competitor. Osservando le aziende fornitrici, i loro siti
web, i loro profili sui social media, daremo un idea di come utilizzano questi
nuovi canali comunicativi, anche se le aziende prese ad esempio non potranno
essere del tutto esaustive del panorama, dato che la quantità di aziende che si
propongono su questo mercato è rappresentato da un numero ad almeno tre
cifre. Tenendo a mente quanto verrà esposto nei capitoli precedenti, guarderemo
quali sono gli investimenti delle aziende in comunicazione e come sono
organizzati i loro siti. Successivamente proveremo a dare una serie di indicazioni,
che riteniamo essenziali, per implementare i canali di vendita e di comunicazione,
e tentare di raggiungere un ottica omnicanale. La consapevolezza raggiunta dai
clienti in merito a cioè che è nei loro interessi non è mai stata cosi alta. Riteniamo
che un azienda che voglia oggi distinguersi nella massa delle proposte e
raggiungere significativi successi in questo settore, non possa più esimersi dal
prevedere una strategia comunicativa rivolta verso il consumatore finale.
L’adozione di una strategia omnicanale, di cui la digitalizzazione è il cardine
principale, ma non il solo, rappresenta sicuramente una proposta innovativa, un
valore aggiunto da non sottovalutare, un mezzo distintivo che permetterebbe di
emergere sia presso i propri rivenditori sia agli occhi dei consumatori finali. Le
potenzialità offerte da una diretta ed intensa interazione, possono superare le
migliori aspettative e garantire clienti duraturi e fedeli.
5
1. Il consumatore centro di una strategia di marketing
« L'obbiettivo del marketing è di rendere superfluo vendere, l'obbiettivo del
marketing è conoscere e capire cosi bene il tuo cliente, che i tuoi prodotti e
servizi sono così perfetti per lui che si vendono da soli. » ( Peter Drucker)
1.1 Dal Traditional Funnel alla Customer Decision Journey
Era 1898, quando Elias St. Elmo Lewis propose la prima versione del modello
AID(A), il modello nacque per spiegare, come un messaggio pubblicitario
portava alla vendita del prodotto. Il modello nel corso del tempo verrà più volte
implementato, Barry T. F. (1987)
1
. Nel 1961 Robert J. Lavidge e Gary A. Steiner
propongono un modello con cui misurare l’efficacia della pubblicità
2
. Nel loro
modello, per la prima volta, si tiene conto delle emozioni che un messaggio
pubblicitario può suscitare su di un consumatore, considerando che questo possa
anche creare avversione. Molti modelli vengono riconosciuti ed ancora accettati,
al loro interno possono essere presenti molti stadi diversi, ma sostanzialmente i
concetti teorizzati e la fasi di base sono sempre le stesse. La caratteristica
principale di tutti i modelli tradizionali, sta nel presentare il processo d’acquisto
come un percorso lineare. Le varie teorie prevedono che il comportamento del
consumatore, passi da uno stadio all’altro, in modo obbligato, che le fasi siano
sempre propedeutiche, senza ripensamenti o riconsiderazioni, e che terminata
una fase si passi necessariamente alla successiva
3
.
Prendiamo come modello di riferimento del traditional funnel, quello riportato in
Fig. 1.1, che prevede cinque fasi nel processo di acquisto:
Percezione del problema: il consumatore percepisce la necessità di
procedere ad un nuovo acquisto di beni o servizi. In genere il marketing
agisce su questa fase, attraverso la pubblicità, mettendo in evidenza
l’immagine e le caratteristiche del prodotto, cercando di stimolare il cliente
a prendere in considerazione un prodotto piuttosto che un altro proposto
dalla concorrenza.
Ricerca di informazioni: il cliente in questa fase cercherà di individuare il
prodotto più confacente alle sue necessità, in base alle esperienze che avrà
1
Barry, T. F., The development of the hierarchy of effects: An historical perspective (1987) Current
Issues and Research in Advertising, 10(1-2), 251-295
2
Robert J. Lavidge and Gary A. Steiner, A Model For Predictive Measurements of Advertising
Effectiveness, Journal of Marketing Vol. 25, No. 6 (Oct., 1961), pp. 59-62
3
Kering A.R., Hartley W.S., Rudelius W., Pellegrini L., Marketing, (2014) , pag 137-140 McGraw-Hill
Education (Italy) S.r.l. Milano
6
già maturato con prodotti e marchi, ma anche attraverso delle nuove
ricerche
4
, provenienti da fonti diverse.
Valutazioni delle alternative: con le informazioni ricevute, il consumatore
procede a selezionare tra le proposte di cui è venuto a conoscenza. Nella
valutazione delle alternative possono intervenire diversi fattori, anche non
del tutto razionali
5
Decisione d’acquisto: in questa fase il consumatore, che ha definito le sue
scelte, procede a concludere l’acquisto. Le altre scelte che deve fare sono
relative al luogo, a quando, ed a come perfezionare l’acquisto, le decisioni
in merito saranno influenzate dalla disponibilità, e dalla facilità della
procedura.
Comportamento postacquisto: nell’ultima fase il consumatore valuterà il
suo acquisto, deciderà se l’acquisto è soddisfacente o meno. La
valutazione, terrà conto sia delle effettive caratteristiche del
prodotto/servizio, relazionate con le sue aspettative, sia dell’assistenza
ricevuta nella procedura. La soddisfazione è fondamentale, per gli aspetti
di fidelizzazione del cliente.
Ma il comportamento di un consumatore è veramente così lineare? Quando il
consumatore si reca in negozio, sia esso fisico od on-line, con l’intento di
acquistare un bene, acquisterà esattamente quel bene? Il cliente potrebbe tornare
su suoi passi, per rivedere le considerazioni precedentemente effettuate e
cambiare opinione riguardo le decisioni da prendere? Alcuni anni fa, a seguito di
4
Moorthy S., Ratchford B.T., Tulukdar D., Consumer Information Search Revisited: Theory and
Empirical Analysis, Journal of Consumer Research, marzo 1997, pag 263-277
5
Shet J.N., Newman B.I.,Gross B.L. Why We Buy What We Buy: A Theory of Consumption Values,
Journal of Business Research, Vol. 22, Issue 2, march 1991, pag 159-170
Percezione
del
problema:
esistenza del
bisogno
Ricerca di
informazioni
Valutazione
delle
alternative
Decisione
d’acquisto
Comportam
ento
postacquisto
Fig. 1.1 Processo decisionale d'acquisto
Fonte: ns elaborazione da Kering A.R., Hartley W.S., Rudelius W., Pellegrini L., Marketing, (2014) , pag 137-140
McGraw-Hill Education (Italy) S.r.l. Milano
7
ricerche sulle decisioni di acquisto di un largo campione di consumatori, e su
diversi settori, i ricercatori si sono accorti che la linearità del modello del tradition
funnel, non era più rispettata. I consumatori adottavano comportamenti che erano
estranei al modello ad imbuto, e stavano cambiando il modo con cui ricercavano
e acquistavano prodotti. « Se il marketing ha un obiettivo, è raggiungere i
consumatori nei momenti che più influenzano le loro decisioni »
6
. Court et
al.(2009) iniziano con questa frase le loro considerazioni sul modo con cui gli
addetti al marketing devono prendere atto che il processo di acquisto di un
consumatore è cambiato e non è più da considerarsi come un processo lineare.
La metafora dell’imbuto (Fig1.2), a cui il marketing si attiene, considera che i
consumatori abbiano in mente un certo numero di marchi o prodotti all’inizio del
loro processo di acquisto, e che questi vengano metodicamente ridotti, mentre il
consumatore si sposta nel suo percorso decisionale. In realtà il concetto di
canalizzazione non riesce a comprendere tutti i touchpoint ed i fattori che
determinano la decisione di acquisto.
Fig. 1.2 Metafora dell’imbuto
Fonte: www.mckinsey.com
Le fasi del traditional funnel, mantengono la loro importanza, in effetti la ricerca
dimostra che le aziende che hanno investito ed implementato la comunicazione
nella prime fasi del funnel, vedono i loro marchi e prodotti considerati almeno 3
volte di più di quelli che hanno meno notorietà. Le aziende, invece, che hanno
cercato di potenziare solo gli aspetti più promozionali, agendo su fasi più
avanzate, proponendo sconti ed incentivi all’acquisto, hanno in qualche modo
perso la battaglia contro le loro concorrenti che hanno agito implementando le
fasi di considerazione iniziali e di loyalty
7
, offrendo una conoscenza, una qualità ed
infine un servizio di post acquisto superiori. Questo non significa che è
6
Court D.,Elzinga D., Mulder S., and Vetvik O. J., (2009),“The Consumer Decision Journey,” McKinsey
Quarterly, 3, pag. 96–107
7
Richard L.O., Whence Consumer Loyalty?, Journal of Marketing Vol. 63 (Special Issue 1999), pag. 33-44
8
necessario spostare l’attenzione su di una fase piuttosto che su di un’altra, ma che
sono necessarie azioni mirate su tutte le fasi del processo di acquisto, e che
bisogna essere molto attenti all’opinione dei consumatori in relazione al marchio
ed al prodotto. La digitalizzazione dei canali di comunicazione, non ha solo
prodotto un proliferare di messaggi diretti, inviati delle aziende, ed atti ad
aumentare le fasi di awareness e familiarity, ma ha permesso ai consumatori di
scambiarsi opinioni tra di loro. Le opinioni che i consumatori si scambiano sui
prodotti ed i marchi possono intervenire in qualsiasi fase del processo di acquisto,
andando ad agire sulla decisione finale. La ricerca dimostra che i consumatori,
che se all’inizio del loro processo di acquisto, consideravano un numero limitato
di marchi, ricercando informazioni, possono aggiungere ulteriori marchi o
prodotti, alle loro considerazioni iniziali. La conoscenza e la considerazione di
questi articoli aggiunti, non deriva direttamente dalle azioni di marketing delle
aziende, ma dalle interazioni che i consumatori hanno avuto con altri clienti che
hanno provato il prodotto/marchio o sono estimatori dello stesso. I consumatori
in pratica, non si fidano più totalmente dei messaggi diretti proposti dalle aziende,
anzi l’eccedenza dei messaggi prodotti dalle aziende, e la confusione che possono
creare, riduce il numero dei marchi presi inizialmente in considerazione. Chi
inizia a considerare un acquisto cercherà informazioni attraverso dei nuovi
touchpoints, come il passaparola tra gli utenti nei social media
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o nei siti web di
informazione. Due terzi dei punti di contatto sono rappresentati proprio da
queste fonti. Ad esempio il 60% dei clienti di prodotti di bellezza conduce
ulteriori ricerche dopo aver acquistato. Bisogna quindi considerare il processo di
acquisto non più come un imbuto ma come un processo circolare (Fig 1.3), in cui
le esperienze condivise degli altri consumatori sono un importante fattore, che
influenza la decisione finale. Un ulteriore spiegazione del consumer decision journey,
ci viene fornita da Edelman (2010)
9
, il viaggio del consumatore può iniziare in
molti modi, gli stimoli possono provenire da qualunque punto di contatto con il
brand o il prodotto, sia quelli predisposti dall’azienda, sia da altri totalmente
casuali. Da tenere sempre conto che l’eccessiva aggressività dei media e
l’eccessiva quantità offerte e di possibilità di scelta, non aumentano il numero di
marchi o prodotti tenuti in considerazione, ma anzi ne diminuiscono il numero
iniziale. Nella fase di valutazione, i consumatori cercheranno informazioni su
marchi e prodotti, consultando tutte le possibili fonti che riusciranno a
raggiungere e che sono in grado di fornirgliele. Verranno consultate sia le persone
vicine al consumatore, che i rivenditori, i siti aziendali, e quelli della concorrenza,
social media e siti informativi.
8
Cheung Christy M.K., Thadani Dimple R., The impact of electronic word-of-mouth communication: A
literature analysis and integrative model, Decision Support Systems 54 (2012) pag. 461–470
9
Edelman D.C., Branding in the Digital Age, Harvard Business Review, dicembre 2010