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INTRODUZIONE
Questa tesi nasce dall’idea di affrontare un percorso che coinvolga e correli due
tematiche molto importanti: il disegno ed il disagio del bambino.
Possiamo porci due domande: perché il disegno? e cosa s’intende per disagio del
bambino? Il disegno, come il gioco, è un’attività spontanea ed universale che
piace e diverte molto i bambini. Il disegno è lo strumento comunicativo che si
addice maggiormente al bambino perché con esso riesce ad esternare desideri,
interessi, paure, emozioni, tensioni, pensieri, problemi, malesseri, esperienze
positive e negative e proiettare se stesso, elementi che con il solo linguaggio
verbale non emergerebbero. Attraverso la rappresentazione grafica, quindi, lo
psicologo o terapeuta è in grado di capire sia lo stato interiore del piccolo sia
come percepisce le relazioni con gli altri individui e con l’ambiente circostante.
“Per questi motivi gli psicologi hanno sempre focalizzato e sottolineato l’utilità del
disegno come mezzo per esplorare quelle complesse situazioni di disagio che
attraversano l’infanzia e che non possono essere rilevati con i dispositivi che la
psicologia si è dotata nel tempo”. (Manna e Como, 2010)
Il termine disagio invece, in questa tesi, è riferito all’abuso sessuale perpetrato
sul minore ad opera di un familiare, di una persona conosciuta o di un estraneo.
L’abuso sessuale è un’esperienza traumatica molto dolorosa per il bambino e
comporta conseguenze negative a breve e a lungo termine sul Sé, sull’autostima,
sulla concezione delle relazioni interpersonali e dell’ambiente circostante. Inoltre,
la vittima manifesta forti sensi di colpa, paura, vergogna, imbarazzo, ansia,
timore e molta difficoltà nel rivelare gli eventi negativi in cui è stata coinvolta.
Quindi si può affermare che disegno ed esperienza di abuso sessuale si
connettano nell’espressione grafica poichè il bambino mentre disegna
rappresenta, spesso inconsciamente il proprio trauma, facilitandone così
l’elaborazione.
La tesi si articola in tre capitoli. Il primo capitolo fornisce un’introduzione
sull’evoluzione del disegno nei bambini in tutti i suoi stadi al fine di offrire un
quadro di riferimento sullo sviluppo dell’espressione grafica infantile.
Inizialmente, l’attenzione è stata posta sulle caratteristiche del disegno che viene
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ritenuto, soprattutto in chiave clinica e terapeutica ma anche educativa, uno dei
modi universali e più importanti di esprimersi e di comunicare del bambino.
Successivamente in questo elaborato viene proposta una spiegazione dei sei stadi
del disegno che ogni bambino sviluppa: dallo scarabocchio si passa allo stadio
delle forme di base, allo sviluppo della figura umana, dello schema visivo e del
realismo per terminare all’espressione grafica tipica dell’adolescenza. Non sempre
i bambini raggiungono lo stadio dell’adolescenza perché l’interesse per la
produzione grafica si ferma allo stadio precedente. Infine, per concludere questo
primo capitolo sull’evoluzione del disegno sono state illustrate le principali teorie
psicologiche sul disegno infantile citando alcuni contributi di autori appartenenti a
sei approcci (evolutivo, artistico, cognitivo, processuale, clinico-proiettivo). Come
vedremo, ogni autore ha formulato una propria teoria in base alla propria scuola
di pensiero, focalizzando l’attenzione su aspetti diversi del disegno. L’ultima parte
del primo capitolo è stata dedicata al confronto tra le teorie stadiali di tre autori
(Luquet, Kellogg e Lowenfeld) ritenute dalla letteratura le più importanti,
risultando valide ancora oggi. Queste teorie stadiali, però, comportano dei limiti
nello studio del disegno infantile, poiché in un bambino non sempre si riesce a
notare il passaggio da uno stadio all’altro in modo graduale. A volte il bambino
può o regredire ad un stadio precedente o saltare uno stadio.
Nel secondo capitolo in seguito ad una spiegazione generale delle tecniche
proiettive vengono presi in esame, in particolare, i test grafici che saranno utili
per affrontare il terzo capitolo quello più specifico di questa tesi. I test grafici
affrontati sono: la figura umana di Machover, la famiglia immaginaria di Corman,
la famiglia cinetica di Burns e Kauffman, la casa di Davido e l’albero di Koch. Per
ognuno di questi test grafici l’attenzione è stata focalizzata sulla
somministrazione e sull’interpretazione proposta dalla letteratura specialistica.
Nell’interpretare i vari segni grafici lo psicologo deve utilizzare molta cautela e
deve basarsi su altre informazioni concernenti il bambino e la sua rete di
relazioni. I test grafici in particolare quelli della figura umana e della famiglia si
rivelano molto utili per indagare gli aspetti intrapsichici soprattutto in bambini che
vivono situazioni di forte disagio, difficili da far emergere solo con il linguaggio
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verbale. Anche per l’utilizzo di questi test non sono del tutto assenti le critiche di
alcuni autori.
Nel terzo capitolo, inizialmente, sono stati introdotti alcuni cenni storici sul
maltrattamento e sull’abuso all’infanzia, fenomeni che sono sempre esistiti nella
società ma a cui è stata dedicata scarsa attenzione e considerazione. Solo nel XX
secolo grazie ad alcuni studi più approfonditi di Kempe (1962) e Fontana (1972)
il maltrattamento e l’abuso all’infanzia hanno iniziato ad essere studiati
attentamente rivelando così la loro natura molto dannosa per lo sviluppo
cognitivo, sociale ed emotivo del bambino. Le forme di maltrattamento e abuso
infantile sono di vario tipo: trascuratezza, maltrattamento psicologico e fisico,
violenza assistita, patologia delle cure e abuso sessuale. In questa tesi
l’attenzione è posta maggiormente sull’abuso sessuale infantile. Per quanto
riguarda questo fenomeno, nonostante siano ormai trascorsi molti anni non
esiste ancora una definizione condivisa dai vari autori e studiosi.
L’abuso sessuale infantile si può distinguere in: intrafamiliare (incesto),
extrafamiliare, istituzionale, commerciale e ritualistico. L’abuso sessuale
intrafamiliare è il più frequente ed anche il più dannoso per il bambino perché
coinvolge componenti della famiglia nucleare o estesa (padre, madre, zii, nonni,
fratelli, convivente del padre o della madre), vitali per la sopravvivenza fisica e
psicologica del piccolo, che dovrebbero trasmettergli protezione, rassicurazione,
amore e affetto.
Nel prosieguo della trattazione sono stati delineati i principali indicatori cognitivi,
fisici ed emotivi-comportamentali che possono far ipotizzare la presenza di un
abuso sessuale, anche se per giungere a diagnosticare la presenza di una
condizione psicologica compatibile con una violenza sessuale non ci si può basare
solo su tali indicatori, ma occorre una accurata e precisa valutazione clinica. La
valutazione deve comprendere: l’anamnesi, il colloquio clinico, la visita medica e i
test proiettivi.
Infine l’elaborato di tesi analizza anche le conseguenze a breve termine e a lungo
termine che l’abuso sessuale provoca nelle piccole vittime. Le prime implicano la
presenza di sintomi a comparsa immediata, come conseguenza della violenza
subita, che se non sono curati tempestivamente si stabilizzano fino a diventare
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cronici. Gli effetti a lungo termine si manifestano anche in età adulta e possono
sfociare in alcune patologie e disturbi molto gravi interessando varie aree:
emotiva, comportamentale, relazionale e cognitiva. Quindi, per evitare
l’aggravarsi della sintomatologia gli operatori, e tra questi lo psicologo o
l’educatore, devono aiutare il bambino ad elaborare l’esperienza traumatica
utilizzando strumenti non invasivi e adeguati all’età e alla condizione del minore.
Il disegno, dunque, unito ad altre informazioni (valutazione clinica) sulla vittima e
ad ulteriori strumenti, si rivela un metodo efficace per permettere al bambino di
manifestare il suo disagio connesso anche ad esperienze di abuso.
Particolarmente utili appaiono due test grafici descritti nel secondo capitolo: il
test della figura umana e della famiglia cinetica, ma anche il disegno libero ed i
disegni anatomici. Per concludere possiamo dire che non solo il contenuto del
disegno ma anche la modalità con cui il bambino realizza il disegno stesso,
rappresentano forme di comunicazione importanti in diversi ambiti (educativo,
giuridico e psicologico). Tali segnali comunicativi se adeguatamente compresi
possono trasformarsi in occasioni di interazione attraverso cui far emergere
emozioni negative quali imbarazzo, vergogna, ansia e paura, spesso non
altrimenti esprimibili.
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CAPITOLO 1: L’EVOLUZIONE DEL DISEGNO
1. CARATTERISTICHE GENERALI DEL DISEGNO.
Il disegno interessa molte discipline: psicologia, pedagogia, sociologia,
psichiatria, psicoterapia, diritto ed arte. Il disegno, inoltre, è stato applicato ad
alcuni campi come il linguaggio, la motricità, la scrittura, l’identità, la creatività, la
percezione visiva, la strutturazione dello spazio e la socialità.
Il disegno infantile è stato considerato uno dei modi principali di esprimersi del
bambino e per questo è stato oggetto di studi approfonditi da parte di numerosi
autori e teorie. Tutti i bambini, già dalla primissima infanzia, sentono il bisogno di
scarabocchiare e rappresentare forme umane, oggetti e situazioni personali. In
numerose ricerche è emerso che tutti i bambini sviluppano degli stadi universali
della rappresentazione grafica.
Wallon sulla rivista Enfance nell’ottobre del 1950 ha scritto: ”alle sue origini, si è
potuto dire, il disegno è una semplice conseguenza del gesto: è il gesto che
lascia la traccia della sua traiettoria su una superficie capace di registrarlo. Ma
questi rapporti tra il gesto e la sua traccia si verificano a diversi livelli. Non
devono essere unilaterali. Non ci può essere origine del disegno se la traccia, o il
tracciato, non diventano il motivo del gesto. Ci deve essere una reazione
dell’effetto sulla sua causa”. (Wallon, 1950 tratto da: Widlöcher, 1973)
Le ricerche più importanti riguardanti il disegno infantile fanno riferimento a due
orientamenti:
- l’espressione grafica è considerata un pre-esercizio in cui il bambino mentre
disegna fa esperienza di abilità che gli sono utili nella vita adulta.
Quest’affermazione è correlata con la teoria del gioco di Groos nella quale il
bambino sia mentre gioca sia mentre disegna prova piacere.
Il pre-esercizio è molto importante per il bambino, perché è anche una sorta di
preparazione a produrre rappresentazioni grafiche degli oggetti reali.
- l’attività grafica è utilizzata dal bambino come una scarica pulsionale in cui
emergono contenuti inconsci che si possono esternare solo con il disegno.
Questi due orientamenti sono presenti in tutte le successive teorie sul disegno
proposte da vari autori che saranno citate nel secondo e terzo capitolo di questa
prima parte.
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Due autori, Lowenfeld e Britain (1982), che hanno prestato molta attenzione al
disegno infantile sostengono: “il disegno offre delle buone informazioni sulla
crescita del bambino che progredisce da un’ottica egocentrica alla graduale
consapevolezza di sé come parte di un ambiente più vasto”. (Lowenfeld e Britain,
1982 tratto da: Malchiodi, 2000) Da questa considerazione emerge che il
bambino attraverso il disegno cresce e si sviluppa negli aspetti emotivi, cognitivi
e psicologici.
Il disegno, infatti, è uno strumento utile per capire le caratteristiche del piccolo e
per valutare come percepisce, vede e rappresenta la realtà.
Anche Winnicott (1971) parla di disegno infantile affermando: “un bambino che
disegna non sta agendo né sugli oggetti del mondo esterno né su se stesso, ma
sta agendo in un’area intermedia di esperienza in cui mondo interno ed esterno si
incontrano”.
Nel ventesimo secolo si sono definiti tre grandi stadi principali dello sviluppo
artistico:
- Stadio dello scarabocchio: il bambino rappresenta delle linee sparse per tutto il
foglio che in seguito si trasformano in gruppi di linee e forme circolari.
- Stadio schematico: il bambino utilizza schemi per disegnare figure umane,
oggetti e ambienti.
- Stadio naturalistico: nei disegni emergono alcuni dettagli che assomigliano alla
realtà.
Questi tre grandi stadi artistici hanno fornito le basi per lo sviluppo di teorie e
ricerche molto approfondite sul disegno infantile.
2. L’EVOLUZIONE DELL’ESPRESSIONE GRAFICA E DEL DISEGNO
2.1 Stadi dell’espressione grafica: dallo scarabocchio al disegno
L’evoluzione dallo scarabocchio al disegno avviene attraverso degli stadi che
corrispondono agli stadi proposti da Piaget nella teoria dello sviluppo cognitivo.
- Primo stadio: gli scarabocchi: lo stadio degli scarabocchi emerge verso la fine
del periodo senso motorio e l’inizio del pensiero preoperatorio. Questo stadio si
sviluppa nel bambino tra i diciotto mesi e i tre anni iniziando, così, a eseguire i
primi segni grafici sulla carta, sui muri o su altre superfici. Verso i diciotto mesi
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c’è la fase della macchia e dello scarabocchio sfrenato e senza limiti, poi
gradualmente il bambino entra nella fase dello scarabocchio vero e proprio.
In questo periodo il bambino migliora la coordinazione occhio-mano e verso i tre
anni inizia la comparsa del pensiero simbolico: il piccolo comincia a classificare
tutto ciò che vede nell’ambiente utilizzando i criteri della forma, del colore e della
grandezza.
La prima espressione grafica del bambino tra i diciotto mesi e due anni sono gli
scarabocchi spontanei in quanto nessuno gli insegna a scarabocchiare.
Inizialmente nella produzione di scarabocchi il piccolo ha uno scarso controllo del
movimento ed utilizza la matita sia per disegnare sia per morderla. Il bambino
morde la matita per esplorare meglio l’oggetto, trovandosi ancora nella fase in
cui porta alla bocca “tutto”.
I primi ricercatori hanno notato che gli scarabocchi sono segni prodotti
accidentalmente che registrano il movimento del braccio, del polso e della mano.
(Burt, 1921; Goodenough, 1926, tratto da: Bernson, 1995)
Negli ultimi decenni l’opinione dei primi ricercatori si è evoluta. Lo scarabocchio
indica che il piccolo sta sviluppando l’abilità di esprimersi cercando di utilizzare un
linguaggio e una gestualità in modo da farsi capire dagli adulti. Questa teoria
ritiene che lo scarabocchio potrebbe significare e raffigurare qualcosa
d’importante per il bambino che lo ha eseguito. Ad esempio, linee
apparentemente casuali potrebbero indicare un cane in corsa o un pallone in
volo. (Malchiodi, 2000)
Oliverio Ferraris (1973) scrive: “lo scarabocchio è all’inizio un evento cinetico che
provoca piacere motorio e visivo, un’espressione dei movimenti della mano e del
braccio sostenuti da un’attività globale di tutto o parte del corpo in cui non
interviene altro fattore intellettivo se non l’intenzione di lasciare una traccia”.
Il bambino in questo stadio progredisce con le abilità motorie e inizia a eseguire
scarabocchi con movimenti ripetuti che danno origine a linee orizzontali,
longitudinali, forme circolari, punti, croci e forme. Il bambino non riesce a
utilizzare le linee in modo intenzionale per eseguire segni e forme simboliche.
Inoltre, il colore è utilizzato dai bambini in modo inconsapevole e per
divertimento.
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Con lo scarabocchio si esplora l’aspetto istintuale e affettivo del piccolo. Bernson
(1995), però, sostiene che lo scarabocchio non è un prodotto generato da
movimenti casuali, ma è un’espressione psichica delle competenze cognitive e
affettive del bambino.
Infatti, già dalla prima infanzia i segni che il bambino lascia sul foglio sono ricchi
di messaggi e di sentimenti sia postivi sia negativi come gioia, dolore, paura,
felicità.
L’attività dello scarabocchiare sul foglio nasce per imitazione degli adulti e
permette una comunicazione tra adulto e bambino.
A due anni il piccolo è nella fase dello scarabocchio imitativo e focalizza la sua
attenzione sui movimenti e sui gesti che l’adulto svolge cercando di ripeterli.
Successivamente a questa fase, il bambino cerca di imitare i segni grafici
dell’adulto sviluppando due tipi di scarabocchio: lo scarabocchio-scrittura che è
più lineare ed è in continua evoluzione e lo scarabocchio espressivo che si
espande liberamente sul foglio. Lo scarabocchio espressivo è collegato allo stato
d’animo del bambino: se è arrabbiato le linee sono spezzate, marcate e
sovrapposte mentre se è tranquillo e felice le linee sono arrotondate, curve e
leggere.
In seguito lo scarabocchio entra a far parte della fase simbolica in cui si
rappresentano le qualità affettive e sensoriali degli oggetti. All’interno di questa
fase si sviluppa un nuovo tipo di espressione grafica: lo scarabocchio
onomatopeico. La caratteristica principale di questo scarabocchio è
l’accompagnamento del disegno con espressioni onomatopeiche. Con la
comparsa di questa tipologia di espressione grafica il bambino inizia a mettere in
relazione mondo interno e mondo esterno.
Lo scarabocchio onomatopeico è uno scarabocchio transazionale: “non sono più
solo scariche emotive-motorie, ma non sono ancora disegni di oggetti con parti in
relazione tra loro e aventi un’esistenza indipendente dal disegnatore”. (Quaglia,
2001)
Lo scarabocchio si compone di due elementi fondamentali: il gesto e la traccia.
Nel gesto si fa riferimento all’intenzionalità, alla spontaneità, alla causalità e alla
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rappresentazione. La traccia, invece, comprende il controllo, la fluidità,
l’occupazione dello spazio e le linee curve.
Lo scarabocchio, inoltre, si suddivide in tre livelli:
Livello motorio: (fino ai venti mesi). I tracciati sul foglio sono omolaterali, cioè
se sono eseguiti con la mano destra vanno a collocarsi sulla destra del foglio,
invece si collocano a sinistra se il bambino usa la sinistra.
I segni che il bambino produce tendono a essere centrifugati: partono dal punto
più vicino al piccolo e si allontanano sia a destra sia a sinistra. (Crotti e Magni,
1999)
Inoltre le linee possono essere sia in senso orario sia antiorario e al termine di
questo livello il bambino è in grado di disegnare dei cerchi completi.
Livello percettivo: (dai venti ai trenta mesi) In questa fase il bambino adatta
progressivamente il suo gesto manuale allo spazio che ha a disposizione. In
un secondo momento egli sviluppa la padronanza del gesto che comporta il
controllo del segno grafico.
Livello della rappresentazione: (dai trenta ai quarantotto mesi). Il bambino
inizia a raccontare ciò che ha rappresentato graficamente.
Questa fase coincide anche con la capacità di eseguire linee spezzate e di
disegnare sullo stesso foglio più oggetti. In questo livello, infine, il bambino inizia
a imitare la scrittura degli adulti.
- Secondo stadio: forme di base: si ha un collegamento con la prima parte del
periodo pre-operatorio dello sviluppo cognitivo di Piaget in cui i bambini sono
considerati egocentrici e iniziano ad avere una cognizione soggettiva del rapporto
causa-effetto.
Tra i tre e i quattro anni il bambino scarabocchia ancora ma è maggiormente
coinvolto ad attribuire un significato alla sua rappresentazione e a inventare
storie sugli scarabocchi prodotti.
Il bambino, in questa fase, è in grado di collegare alla realtà circostante i
movimenti e i segni sul foglio. In tale stadio si rivela molto importante la
narrazione sulla rappresentazione grafica. Gardner (1980) ha studiato la
narrazione sul disegno da parte del bambino e afferma che non esiste una
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spiegazione precisa e una teoria convalidata sulle descrizioni che il piccolo
fornisce dei suoi prodotti grafici. (Gardner, 1980 tratto da: Malchiodi, 2000)
Questo secondo stadio dello sviluppo artistico è di notevole importanza per i
terapeuti e gli psicologi, ma anche per gli insegnanti, che lavorano con i bambini
perché la narrazione di storie sul prodotto grafico è utile per far emergere
sentimenti, emozioni, traumi e disagi appartenenti alla vita quotidiana del minore.
Narrare delle storie, però, da parte del bambino può essere difficile per tre
motivi: il lessico limitato, la difficoltà di concentrazione per lungo tempo e gli
eventi a forte impatto emotivo in cui il piccolo è coinvolto (traumi). Inoltre, il
significato che il bambino attribuisce al suo scarabocchio può variare in poco
tempo.
Oltre allo sviluppo dello scarabocchio nel bambino appaiono e si evolvono alcune
figure come i mandala e le forme come triangoli, cerchi, croci, quadrati e
rettangoli. Rhoda Kellogg, un’autrice che si è interessata molto al disegno
infantile, sostiene che queste figure allenano il bambino alla produzione futura di
immagini più rappresentative.
In questo stadio il bambino rafforza il linguaggio visivo e sviluppa le forme di
base necessarie a rappresentare la figura umana.
Alcuni autori sostengono che il bambino inizia a disegnare persone ed oggetti che
vede intorno a lui verso i tre anni, ma è difficile stabilire un momento preciso di
questo sviluppo. Rhoda Kellogg (1979) afferma che le prime forme e i disegni
che il bambino produce non sono collegati a quello che percepisce. Altri autori,
invece, pensano che il bambino disegni qualcosa del suo ambiente e queste
percezioni vengano rappresentate mediante gli scarabocchi e altri segni prodotti
precocemente. Alcune teorie sostengono che quando il bambino inizia a
denominare gli scarabocchi o i disegni è il momento in cui avviene un
collegamento con il mondo esterno.
Al termine di questo stadio i bambini, per Gardner (1982), preferiscono pitture
astratte rispetto a quelle realistiche per sviluppare l’immaginazione, elemento
importante degli stadi successivi.
- Terzo stadio: figura umana e comparsa di schemi: coinvolge l’ultima parte del
periodo pre-operatorio dai quattro ai sette anni. In questo periodo il bambino
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progredisce con il pensiero simbolico, sviluppa la categorizzazione, la
comprensione dei numeri e la concettualizzazione dello spazio.
L’elemento fondamentale del terzo stadio è lo sviluppo della figura umana,
inizialmente molto primitiva e rudimentale che spesso assomiglia alla forma di un
girino. Queste prime figure compaiono tra i quattro e i sei anni sono povere di
dettagli e uguali tra loro, anche se rappresentano persone diverse. La povertà
della raffigurazione non è dovuta solo all’incapacità di coordinazione motoria e
all’assenza di tecnica, ma anche all’immagine che il bambino ha del proprio corpo
di cui il disegno ne è la proiezione. (Oliviero Ferraris, 1973)
Le figure umane aventi la forma di girino sono costituite da un cerchio che
rappresenta la testa, due linee che partono dal cerchio per indicare le gambe e
infine ai due lati del cerchio sono presenti due linee che corrispondono alle
braccia. La testa assume le caratteristiche del viso con occhi naso e bocca. Molte
volte la testa può rappresentare anche il corpo. Infatti, Arnheim (1956) afferma
che il bambino cerca di disegnare la forma più semplice per far riconoscere la
propria figura umana agli adulti.
Due autori, Cox e Parkin (1986) sostengono che in alcuni bambini si sviluppa una
figura umana di transizione formata da una testa circolare con le braccia, sotto le
quali disegnano l’ombelico o i bottoni di un vestito. Non tutti i bambini sviluppano
questa figura di transizione e la maggior parte delle volte la testa comprende sia
il corpo sia il viso, dando origine all’ “omino testone”.
Alcuni esperimenti che sono stati condotti sui bambini che disegnano l’ “omino
testone” hanno mostrato come le idee sullo schema corporeo siano giuste, ma
c’è un’insufficiente capacità di progettazione.
Per Freeman (1980) chi rappresenta l’ “omino testone” con la testa più lunga
delle gambe colloca gli elementi del volto sulla parte superiore del cerchio e
l’ombelico nella parte inferiore, mentre i bambini che disegnano le gambe più
lunghe inseriscono l’ombelico nello spazio presente tra una gamba e l’altra.
Dunque, lo schema che il bambino utilizza per la figura umana è molto ridotto ed
essenziale. Oliviero Ferraris (1973) sostiene che la rappresentazione grafica della
testa è molto importante perché è la sede dei recettori sensoriali che sono in
contatto con l’esterno. Le braccia, invece, indicano la possibilità di raggiungere,
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toccare, stringere e le gambe esprimono il movimento. Nei primi disegni della
figura umana il bambino non rappresenta il tronco perché ritiene che la sua
funzione non sia così importante.
Poi con il progredire dello sviluppo all’interno del cerchio compaiono due occhi
grandi, perché il bambino è affascinato da essi.
Gli studi sulla percezione del volto umano nel neonato hanno dimostrato che il
bambino individua come segnale significativo la fronte, gli occhi e il naso.
Gradualmente il bambino riesce a disegnare figure umane che si differenziano
l’una dall’altra. Intorno ai quattro anni e mezzo il bambino inizia a disegnare il
tronco della figura umana e l’ombelico è collocato nel posto giusto. Quest’ultimo
è una parte del corpo che incuriosisce molto i bambini e alcuni di loro pensano
che sia proprio dall’ombelico che si nasce.
Al termine di questo stadio il bambino inizia ad aggiungere alla figura umana
alcuni particolari come le dita delle mani e dei piedi, i capelli e le orecchie. I
personaggi si differenziano in base alla grandezza, ad esempio il fratello minore è
disegnato con una dimensione più piccola rispetto ai genitori. Il disegno
dell’omino da parte delle bambine, nella maggior parte delle volte si differenzia
da quello dei maschi. Le femmine disegnano molti dettagli e inseriscono i loro
omini in alcuni contesti familiari.
Goodenough (1957) utilizza il disegno dell’omino come test d’intelligenza facendo
emergere molte informazioni sulla maturità del bambino. Altri autori (Manna e
Como, 2010; Ionio e Procaccia, 2006;2003; Castellazzi, 2002; Spring, 2001;
Malchiodi, 2000; Anfossi, 1998; Thomas e Silk, 1998; Cohen-Liebman, 1995;
Faller, 1988), come vedremo nel secondo e terzo capitolo di questa tesi,
ritengono importante la somministrazione del test della figura umana ai bambini
che hanno subito forti traumi (abusi sessuali, maltrattamenti, violenze, incidenti,
terremoti).
Le varie età considerate nell’evoluzione della figura umana sono indicative perché
non sempre tutti i bambini si sviluppano allo stesso modo: c’è chi salta delle
tappe e chi invece regredisce.
Successivamente all’evoluzione dello schema corporeo, il bambino impara a
disegnare l’omino di profilo cercando di simulare il movimento.
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Prima dei cinque anni il bambino cerca di rappresentare l’azione raggruppando
più elementi statici. Per descrivere il movimento delle braccia, il bambino le
disegna in modo che tendano verso l’oggetto o la persona da raggiungere invece
i piedi sono orientati nella direzione del movimento.
A sei anni il bambino per rappresentare il movimento disegna la persona di
profilo. Secondo Prudhommeau (1947): “il profilo compare nel bambino di cinque
e sei anni per rappresentare il dinamismo delle figure e l’orientamento laterale
della figura non ha mai inizio dalla testa, ma dalle braccia rivolte a sinistra
mentre il resto del corpo rimane di fronte”. (Prudhommeau, 1947 tratto da:
Oliviero Ferraris, 1973)
Durante il passaggio dalla rappresentazione di fronte a quella di profilo la figura
umana assume sembianze e forme irrazionali perché alcune parti del corpo
vengono spostate e modificate, non sempre nel modo corretto e in prospettiva,
mentre altre rimangono statiche. Questo permette di creare personaggi con
squilibri e distorsioni del viso. L’idea di disegnare personaggi di profilo, da parte
del bambino, si comprende solo se il naso è raffigurato di lato e a sinistra, i due
occhi e la bocca sono rappresentati di fronte.
In seguito all’evoluzione dell’omino di profilo il bambino sperimenta il ritratto con
il quale intende la rappresentazione di tutta la persona.
Nel testo “Il significato del disegno infantile” (1973), dopo aver analizzato alcuni
disegni dei bambini, l’autrice conclude sostenendo che la progressione verso un
numero di dettagli non avviene secondo un passaggio graduale dai tratti più
importanti come occhi, bocca, naso e orecchie, ai dettagli come ciglia, pupilla e
narici. Alcuni studiosi sostengono che le pupille nei disegni appaiono molto più
frequentemente rispetto al naso, alle ciglia e alle orecchie. Quindi, secondo tale
teoria, il bambino disegna ciò che gli interessa maggiormente e scopre prima.
Infine, con il progredire dell’età il bambino intende per ritratto solo il viso e non
tutto il corpo come nelle fasi precedenti.
Successivamente all’evoluzione della figura umana compaiono le prime forme di
animali e di case.
Golomb (1990) in una sua ricerca ha scoperto che il bambino conosce meglio la
figura umana rispetto a come la disegna.
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In questo terzo stadio il bambino non attribuisce molta importanza al colore
perché preferisce disegnare invece che colorare.
Qui di seguito, si riporta una tabella riguardante l’evoluzione della figura umana
che avviene nelle bambine e nei bambini:
ETA’ FEMMINE MASCHI
3 anni Uomo-girino Uomo-girino
4 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe
Testa, occhi, disegno
orientato
5 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe, bocca,
naso, braccia attaccate al
corpo, piedi, vestiti
colorati
Testa, occhi, disegno
orientato, naso lungo,
braccia e gambe
attaccate al corpo, piedi,
vestiti colorati
6 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe, bocca,
naso, braccia attaccate al
corpo, piedi, vestiti
colorati, capelli, tronco
lungo, braccia e gambe a
due tratti, pantaloni o
gonna, scarpe
Testa, occhi, disegno
orientato, naso lungo,
braccia e gambe
attaccate al corpo, piedi,
vestiti colorati, colori
realistici del volto, bocca,
contorni a matita, braccia
e gambe a due tratti,
pantaloni
7 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe, bocca,
naso, braccia attaccate al
corpo, piedi, vestiti
colorati, capelli, tronco
lungo, braccia e gambe a
due tratti, pantaloni o
gonna, scarpe, colori
realistici del volto,
contorno a matita, dita
Testa, occhi, disegno
orientato, naso lungo,
braccia e gambe
attaccate al corpo, piedi,
vestiti colorati, colori
realistici del volto, bocca,
contorni a matita, braccia
e gambe a due tratti,
pantaloni, dita, scarpe
21
8 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe, bocca,
naso, braccia attaccate al
corpo, piedi, vestiti
colorati, capelli, tronco
lungo, braccia e gambe a
due tratti, pantaloni o
gonna, scarpe, colori
realistici del volto,
contorno a matita, dita,
occhi evoluti, tronco
delineato, collo, braccia e
gambe proporzionate,
posizione corretta delle
braccia, gambe flessibili,
maniche e corpetto dello
stesso colore
Testa, occhi, disegno
orientato, naso lungo,
braccia e gambe
attaccate al corpo, piedi,
vestiti colorati, colori
realistici del volto, bocca,
contorni a matita, braccia
e gambe a due tratti,
pantaloni, dita, scarpe,
braccia e gambe
proporzionate
9 anni Testa, occhi, tronco,
braccia, gambe, bocca,
naso, braccia attaccate al
corpo, piedi, vestiti
colorati, capelli, tronco
lungo, braccia e gambe a
due tratti, pantaloni o
gonna, scarpe, colori
realistici del volto,
contorno a matita, dita,
occhi evoluti, tronco
delineato, collo, braccia e
gambe proporzionate,
posizione corretta delle
braccia, gambe flessibili,
Testa, occhi, disegno
orientato, naso lungo,
braccia e gambe
attaccate al corpo, piedi,
vestiti colorati, colori
realistici del volto, bocca,
contorni a matita, braccia
e gambe a due tratti,
pantaloni, dita, scarpe,
braccia e gambe
proporzionate, bocca e
naso evoluti, tronco
delineato, sesso
riconoscibile, posizione
corretta delle braccia