obbiettivo quello di capire a quale necessità ogni genere risponda, a quale delle declinazioni
della domanda fondamentale sull’identità voglia rispondere.
Di conseguenza la riflessione sulla scrittura non esce mai da un’ottica filosofica e porta
direttamente a quella sul rapporto tra scrittura e filosofia. In testi come Filosofia e poesia
1
,
Zambrano cerca di ricostruire il tortuoso percorso dell’antagonismo tra le figure opposte del
filosofo e del poeta, che scelgono due strade divergenti per ricercare la verità su se stessi e
sugli altri. Ripercorrendo la genealogia di questa opposizione, se ne rintraccia l’origine,
precisamente nella condanna platonica della poesia; e ciò che è forse ancor più degno di nota,
si scoprono i numerosi momenti storici in cui si è assistito ad un riavvicinamento tra pensare e
sentire, che ha dato come frutti alcune delle vette ineguagliabili della produzione culturale
occidentale (l’esempio più ricorrente è quello della Divina Commedia di Dante).
D’altro canto, non è difficile verificare che la filosofia si è sempre servita della letteratura,
prendendone a prestito modalità e generi: nel corso della sua storia si possono rinvenire le
tracce di incursioni nel teatro, nel romanzo, nel racconto, nel poema in versi… Come ci
suggerisce Giovanni Invitto nel suo testo Narrare fatti e concetti
2
, dal momento che oggi si
assiste ad un progressivo abbandono delle forme istituzionali di espressione filosofica (viene
citata in proposito l’ormai desueta forma del trattato), è legittimo chiedersi se tali esperienze
possano rappresentare più che occasionali incursioni del pensiero speculativo nella letteratura,
e se non possano invece divenire strumento preferenziale dell’espressione filosofica. Anche
Zambrano, ad esempio nell’àmbito dei suoi studi sul ruolo della donna nella storia e nella
cultura dell’occidentale, riconosce che la narrazione, in particolare, è stata a lungo un modo
di far filosofia peculiare del pensiero femminile; citiamo in proposito due casi noti e
1
M. Zambrano, Filosofia y poesía, Morelia (Mexico): Publicaciones de la Universidad michoacana, 1939; trad.
italiana di L. Sessa, Filosofia e poesia, Bologna: Pendragon, 2002.
2
Cfr. Intervista a Giovanni Invitto. Filosofia come narrazione I, a cura di I. Aguilar, Filosofia.it: 2004; crf. G.
Invitto, Narrare fatti e concetti, Bari: Milella, 1999.
6
paradigmatici, i romanzi di Virgina Woolf e Simone De Beauvoir, che stanno ad indicare la
possibilità di comunicare concetti ed idee attraverso una scrittura narrativa, del tutto estranea
al procedere della logica strumentale e discorsiva. Questa tradizione femminile ha seguito un
corso parallelo a quello sistematico adottato negli ambienti istituzionali, e perciò può essere
indicato come valida alternativa nel momento in cui ci si interroghi sui nuovi linguaggi che la
filosofia può far propri.
Per i motivi precedentemente esposti, abbiamo visto come la letteratura (ma vedremo che sarà
così per tutte le modalità di produzione artistica), sia considerata da María Zambrano al pari
delle altre forme di elaborazione concettuale e le sia riconosciuta piena “dignità” filosofica.
Il presente lavoro è diviso in due parti: i capitoli della prima parte hanno come obbiettivo
quello di individuare le caratteristiche originali dell’approccio di María Zambrano nei
confronti delle opere letterarie, ponendo l’accento sulle differenze che lo contraddistinguono
da quello critico tradizionale. Ci proponiamo pertanto, in primo luogo, di ricercare i motivi
che spingono la filosofa all’indagine e al dialogo con la dimesione artistica; in secondo luogo,
confrontiamo le basi teorico-filosofiche del metodo di lavoro della critica tradizionale con le
posizioni del pensatore francese Michel Foucault; in terzo luogo proponiamo di collocare in
tale problematico scenario il pensiero di Zambrano, definendo il suo modo originale di
accostarsi alla letteratura un’ermeneutica estetico-letteraria, la cui pratica si attua nell’utilizzo
dello strumento della ragione poetica. Nella seconda parte del nostro studio cerchiamo di
verificare gli esiti delle riflessioni precedenti; a tal fine, data l’esiguità dello spazio che ci è
concesso in questa sede, ci limitiamo a prendere in esame quattro suoi brevi saggi, eletti ad
esempi paradigmatici, che hanno come tema dei classici della letteratura europea: Antigone di
7
Sofocle, Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, La metamorfosi e Il processo di
Franz Kafka.
8
Parte I
1 - Una costellazione.
1.1
María Zambrano ha intrattenuto una sorta di dialogo con artisti e pensatori, del presente e del
passato, che hanno dato un contributo importante allo sviluppo delle idee e della cultura
occidentale moderna e antica. Si trova traccia di questo dialogo in molti scritti, disseminati
cronologicamente in un arco di 60 anni (dal 1930 al 1990) e, fino a pochi anni fa, dispersi
geograficamente in una miriade di riviste culturali, pubblicate nei luoghi visitati dall’esilio. A
questo gruppo di testi non troviamo adeguato riferirci con il termine di critica letteraria.
L’approccio adottato da Zambrano nell’accostarsi alle grandi opere della letteratura, e all’arte
in generale, ha a nostro parere poco a che vedere con quello dell’analisi testuale, quantomeno
nelle modalità in cui era prescritta negli ambienti istituzionali a lei contemporanei. Riserva
piuttosto delle sorprendenti intuizioni rispetto alle prassi che vedremo proposte
successivamente. Non ritroviamo, infatti, in questi saggi alcun tipo di sistematicità, ma un
discorso aperto ed accessibile a partire da più “ingressi”, mai ordinato secondo criteri lineari,
quali il cronologico o l’argomentativo. Vi regna una certa genericità, nel riferirsi a correnti e
tradizioni di pensiero, che non deve certo essere intesa come incuria o negligenza, ma come
segno dell’ampiezza del respiro delle riflessioni di Zambrano, che procedono coerentemente e
rigorosamente al loro interno, ma anche del tutto svincolate dai criteri di verifica filologica.
Questo atteggiamento conduce la filosofa a proporre accostamenti, che potrebbero essere
definiti azzardati, tra autori e concetti cronologicamente e culturalmente in apparenza distanti
tra loro. Nelle sue letture sembra farsi guidare da queste affinità intuite e rinvenute, senza
avvertire la necessità di cercare una legittimazione nella “sovrastruttura” che la critica ha
costruito intorno alla letteratura e che con il tempo vi si è sedimentata. Si interessa piuttosto a
ricercarvi, come in una sorta di genealogia, le idee che vi sono all’origine, in che rapporti
10
stanno con il complesso della nostra cultura, da dove esse provengono e quale percorso di
esperienze le ha modificate. Tutte le considerazioni di Zambrano sono fatte quindi ad un
livello completamente distinto da quello critico, poiché riguardano «il motore intimo della
storia occidentale […] l’affermazione e, allo stesso tempo, la ricerca dell’uomo, del suo
proprio esistere»
3
e sono pertanto frutto di uno sguardo filosofico. Uno sguardo che intende
rivolgersi non tanto, o perlomeno non soltanto, al concetto di uomo, al suo simulacro astratto,
ma interessato a comprenderlo e rappresentarlo così come si è dato e si dà realmente.
1.2
Prendiamo a prestito l’immagine con la quale Zambrano introduce un suo breve saggio
dedicato a Benedetto Croce, quella della costellazione
4
. Ci viene da pensare che la
costellazione sia particolarmente appropriata a costituire una metafora di accesso alla
riflessione di Zambrano sulla cultura europea. Il disegno di una costellazione costituisce uno
dei primitivi esempi della necessità dell’uomo, universalmente riconosciuta e che potremmo
quindi definire antropologica, di ricercare una trama narrativa in ciò che lo colpisce perché
splendido ma misteriosamente insondabile, precedente forse alla stessa richiesta istintiva di
conoscerne la ragione e la logica. Infatti, il tentativo di riconoscere nella complessità e
moltitudine dell’abisso spaziale delle figure famigliari e di attribuire loro un ruolo in un
racconto è un’operazione che ha molto più a che fare con il processo cognitivo proprio dell’
àmbito artistico che non con la razionale ricerca di un ordine cosmico. Allo stesso modo
Zambrano si è rivolta a pensatori ed artisti, così come noi tutti contempliamo dal basso della
3
M. Zambrano, Persona y democracia. La historia sacrifical, San Juan de Puerto Rico: Departemento de
Istrucción Pubblica, 1958; trad. italiana di C. Marseguerra, Persona e democrazia, Milano: Bruno Mondadori,
2000, pag. 62.
4
Cfr. M. Zambrano, Algunas reflexiones sobre la figura de Benedetto Croce, «Rivista di Studi Crociani», Napoli
1967, pp. 440-449; y en Las palabras del regreso, Velez-Malága: Amarù, 1995; trad. italiana di E. Laurenzi,
Alcune riflessioni sulla figura di Benedetto Croce, in Le parole del ritorno, Enna: Città Aperta, 2003, pp. 185-
197.
11
Terra l’altezza del firmamento, i cui elementi possiamo collegare per tracciare una
molteplicità di percorsi.
Non sarà superfluo sottolineare non solo l’attualità, ma soprattutto la lungimiranza di questa
proposta adatta ad esprimere il concetto di ricerca di un significato in un complesso
disordinato e discontinuo di temi: se ci proponiamo di percorrere la via che gli scritti di
Zambrano sembrano indicarci, dobbiamo ricordare come al centro delle nostre riflessioni
debba stare sempre l’uomo calato nella situazione di relazione, con se stesso e con gli altri,
nella polisemia generata dal processo comunicativo in generale, e nell’equivoco inevitabile
che ne deriva. Salvare le circostanze, espressione paradigmatica di Zambrano, vuol dire
essere in grado di figurarsi la molteplicità e il rapporto con l’altro come tratti distintivi della
vita umana.
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