Enterprise 2.0: la cultura e gli strumenti del web 2.0 nell'azienda. 7
Introduzione
Nel corso degli ultimi anni il mondo delle imprese è stato gradualmente investito
da un processo di trasformazione legato all’introduzione di strumenti e logiche
proprie del Web 2.0 all’interno delle organizzazioni. Tale fenomeno, che sembra
suggerire brillanti risvolti, ma che, nel contempo, ha trovato non pochi ostacoli
nella sua piena concezione e implementazione, ha preso il nome di Enterprise
2.0.
Se da una parte, infatti, appare estremamente lunga e complessa la strada verso
un completo rinnovamento delle aziende, rinnovamento dato da approcci
organizzativi e tecnologici orientati all’adozione di nuovi modelli basati sul
coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della
conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne
all’organizzazione, dall’altra, la facilità di utilizzo e di implementazione che
caratterizzano queste tecnologie stanno rapidamente determinando l’ingresso di
nuove modalità di collaborazione e partecipazione in azienda, modalità che
tuttavia si scontrano con le logiche classiche e consolidate di competitività ed
efficienza, basate un cultura di controllo e comando radicato nel management e
adottato all’interno dei sistemi organizzativi d’impresa.
Nel tentativo di superare questo trade-off, social media e piattaforme software
collaborative negli ultimi anni stanno varcando i primi confini aziendali,
proponendo soluzioni innovative in ambito di gestione della comunicazione,
della conoscenza e delle relazioni, asset sempre più strategici nel mondo del
business. Blog, wiki e social network rappresentano soltanto alcune delle
applicazioni di tipo Web 2.0 che stimolano e facilitano la collaborazione, la
condivisione e la creazione collettiva di saperi e conoscenze all’interno delle
organizzazioni; l’introduzione di tali strumenti nei contesti aziendali consente di
sfruttare con efficacia il proprio capitale intellettuale, generando così vantaggi
competitivi concreti e di lungo termine.
L’implementazione di questi strumenti, insieme al supporto di nuove architetture
informative, offrono alle aziende una nuova infrastruttura di comunicazione e
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interazione, più flessibile, adattabile e reattiva, sulla quale sviluppare
organizzazioni maggiormente orientate all’innovazione. Tuttavia è necessario
riuscire ad abbattere quelle barriere presenti in azienda che limitano il potere
d’azione di questi strumenti.
Per far questo non servono solo tecnologie, ma anche le persone. Al centro
dell’implementazione di approcci di Enterprise 2.0 ci sono gli individui,
protagonisti in questo processo di trasformazione, attraverso la partecipazione,
che contribuiscono quindi alla creazione di nuove modalità di interazione e di
spazi condivisi, ma che sono chiamati a reinterpretare e ridefinire il proprio ruolo
all’interno del sistema aziendale.
Nel corso di questa tesi verranno presentati dapprima gli ambiti generali da dove
l'Enterprise 2.0 nasce e che vengono influenzati maggiormente dagli approcci del
nuovo paradigma. Nel capitolo 1 Lo scenario, verranno presentati i predecessori
dell'Enterprise 2.0: il Knowledge Management e l'Innovation Management e si
spiegherà l'importanza della condivisione della conoscenza e della creatività in
azienda.
Nel capitolo 2 Il paradigma, verrà presentato il fenomeno del Web 2.0, le origini
storiche, gli strumenti e le proprietà caratterizzanti. La definizione di Enterprise
2.0 segue il capitolo sul Web 2.0 in quanto si cercheranno di delineare le
differenze tra i due paradigmi. Per riuscire a comprendere pienamente le
caratteristiche degli strumenti dell'Enterprise 2.0, verranno esposte delle
metodologie complementari come il modello a coda lunga, l'open business, il
crowdsourcing, le comunità online e le reti di persone. Queste metodologie sono i
meccanismi alla base della collaborazione emergente, dell'apertura e del
coinvolgimento diffuso, tratti peculiari dell'Enterprise 2.0. Poter misurare
quantitativamente gli effetti dell'impatto sull'azienda di questi meccanismi è di
importanza non indifferente. Social Network Analysis, Value Network Analysis e
la misurazione del valore di una rete sociale servono proprio per creare indicatori
quantitativi per identificarne il valore generato.
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Non si può parlare di Enterprise 2.0 se non si discute della tecnologia che
accompagna il paradigma. Nel capitolo 3 Le tecnologie, verranno esposti tutti gli
strumenti software che compongono l'arsenale dell'Enterprise 2.0. Questi
strumenti sono per lo più gli stessi utilizzati dal paradigma del Web 2.0. In questo
capitolo verranno trattati in chiave aziendale, cioè esplicitandone i vantaggi e gli
svantaggi di un loro utilizzo specifico in azienda. Ciò che queste tecnologie
riescono ad attivare non riguarda solo la collaborazione emergente, ma la loro
connotazione sociale spinge all'evoluzione di funzioni aziendali come il CRM.
Riuscire a capire il nuovo ruolo che i clienti giocano nell'evoluzione dei rapporti
tramite gli strumenti sociali è di chiara importanza per l'azienda.
Dopo aver definito l'Enterprise 2.0 e le tecnologie delle quali si avvale, nel
capitolo 4 Enterprise 2.0: RIP o ROI? verrà approcciato il paradigma da un punto
di vista più pratico rivolto ad una sua potenziale implementazione in azienda.
Capire fin da subito che Enterprise 2.0 non è solo tecnologia, ma è anche cultura
e che per riuscire ad ottenerne il massimo potenziale serve un'attenta analisi dei
tratti culturali aziendali è il punto di partenza per una strategia 2.0 di successo. Il
processo d'implementazione è articolato in fasi: identificazione delle
caratteristiche culturali, analisi dei rischi e dei benefici e delineazione di una
strategia di governance aziendale adeguata all'Enterprise 2.0. Per facilitare
questo approccio, verranno presentate delle pratiche e dei casi d'uso per non
commettere errori che potrebbero portare al fallimento dell'iniziativa. Il progetto
di Enterprise 2.0 non potrà definirsi completamente riuscito se non si riesce ad
identificarne il valore creato per l'azienda, valore misurato generalmente tramite
il calcolo del ROI. Le metodologie presentate sono quelle già assodate per il
calcolo del ROI di un progetto IT (analisi costi-benefici e balanced scorecard) e
serviranno come punto di partenza per cercare di comprendere e misurare il
valore dell' Enterprise 2.0.
Nel capitolo 5 PMI e analisi conclusive, verranno discusse le implicazione
dell'Enterprise 2.0 per le piccole medie imprese. Basandosi su alcune ricerche e
studi in fase di svolgimento si cercherà di comprendere come le PMI possono
trarre vantaggio dal paradigma 2.0. Le analisi conclusive riprendono le
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argomentazioni trattate nel corso della tesi e, corredate da ulteriori dati, si
discuteranno le conclusioni esposte.
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“In un’economia in cui l’unica
certezza è l’incertezza, l’unica fonte
sicura di vantaggio competitivo è la
conoscenza”
- Ikujiro Nonaka
Lo scenario
1
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1.1 L' informazione
La parola informazione deriva dal latino "informationem"
(forma accusativa), al nominativo "informatio": deriva dal verbo
"informare" cioè "di dare forma al pensiero", "di disciplinare",
"istruire", "insegnare". Informare significa anche dare forma a,
dare forma ad una idea. Nella lingua latina "informatio"
significa concetto o idea, ma fino a che punto questo abbia
influito sullo sviluppo dell'attuale significato della parola rimane incerto.
Si ritiene, in genere, che per assumere decisioni e comportamenti "razionali" gli
esseri umani cerchino di acquisire quante più informazioni possono così da
costruirsi un quadro delle alternative possibili, dei loro effetti e delle
conseguenze. Esistono, però, chiari limiti biologici alla quantità di informazioni
che un individuo può immagazzinare e processare. Le conseguenze della limitata
capacità degli individui di gestire le informazioni sono sintetizzate da Hogarth
1
: la
percezione delle informazioni non è completa, ma selettiva; dato che le persone
non possono integrare levati volumi di informazioni, esse elaborano le
informazioni in maniera sequenziale; l'elaborazione delle informazioni implica
che si adottino operazioni per semplificare il giudizio e ridurre lo sforzo mentale.
Dalle considerazioni fatte si comprende come gli individui non siano dotati di una
conoscenza completa tale da consentire di scegliere l'alternativa di
comportamento ottimale.
Proprio per questi limiti informativi, Herbert Simon
2
ha definito limitata la
razionalità che le persone seguono quando prendono decisioni. Simon definisce
razionalità: la selezione delle alternative di comportamento preferite in
rapporto ad un sistema di valori in base ai quali sia possibile valutare le
conseguenze di un comportamento.
1
Judgment and Choice: The Psychology of Decision (Robin M. Hogarth - Wiley, New York, 1987).
2
Administrative Behavior: A Study of Decision-Making Processes in Administrative Organizations
(Herbert Simon - The Free Press, 1947).
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Secondo Simon la razionalità delle persone è de-limitata cioè il modo in cui si
decide di mettere in atto un comportamento è vincolato non solo dalle
informazioni in possesso (livello informativo), ma è condizionato anche dalla
personalità propria dell'individuo (livello inconscio) e da fattori sociali (livello
sociale) (fig. 1).
Figura 1. Piramide di Simon.
Si può evincere come le informazioni in possesso determinino sicuramente un
vantaggio per quanto riguarda la scelta di un comportamento ottimizzante, ma
sia l'individuo (nel suo essere) sia la società (intesa come insieme di individui che
intergiscono fra di loro) siano altresì importanti per una decisione razionale.
1.1.1 Incertezza
Una situazione d'incertezza si configura quando non si è in grado di assegnare
alle conseguenze delle proprie azioni una precisa probabilità di accadimento e
dunque la scelta diventa un problema. L'incertezza non è comunque una
caratteristica oggettiva. Heiner
3
chiarisce che l’incertezza è una situazione
relazionale, nel senso che riguardo il rapporto tra l’individuo e il problema, fra le
sue capacità, le sue competenze e la complessità del contesto. Per cui ciò che
può essere un problema con un certo grado d’incertezza per un individuo, può
essere di più semplice risoluzione per un altro.
3
The Origins of Predictive Behavior (Ronald Heiner - AER, 1983).
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In termini matematici si può quantificare l'incertezza ( ) che un attore
organizzativo si trova ad affrontare e delineare ciò che viene chiamato gap
informativo, cioè la differenza tra le informazioni richieste ( ) e la quantità
d'informazione già disponibile ( ):
Risulta chiaro dalle considerazioni fatte fin ora come una maggiore disponibilità
d’informazioni, per cui di conoscenza, sia determinante nella riduzione
dell’incertezza nella scelta di una decisione, così come risultano determinanti
anche le caratteristiche individuali del decisore e le sue interazioni con altri
individui.
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1.2 La comunicazione
La comunicazione è un processo dove le informazioni sono
racchiuse in un "pacchetto" che viene trasmesso da un mittente
ad un destinatario attraverso un qualche genere di media. Il
destinatario decodifica il messaggio ed invia al mittente un
feedback. Tutte le forme di comunicazione richiedono un
mittente, un messaggio, e un destinatario. La comunicazione
richiede che tutte le parti che intergiscono nel processo abbiano una qualche area di
comunicazione in comune. Esiste sia la comunicazione verbale come le parole, suoni e
toni di voce e la comunicazione non verbale come il linguaggio del corpo, il contatto
(fisico e visivo) e la scrittura.
Dal suo significato etimologico, comunicare significa "mettere in comune" ed è
chiaro come sia un processo caratterizzato da forte interattività, ovvero la bi-
direzionalità e la circolarità dei flussi informativi che devono caratterizzare
l'attività di comunicazione al fine di consentire uno scambio reciproco.
Già nel 1949 Shannon e Weaver
4
definirono la comunicazione come "un
trasferimento d'informazioni da un emittente a un ricevente a mezzo di
messaggi". Questa definizione coglie la caratteristica "del mettere in comune"
della comunicazione, ma è stata poi ampliata da Watzlawick
5
: "comunicazione è
tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide (modificandoli o
rafforzandoli) sugli atteggiamenti e sui comportamenti delle persone." Scondo
questa definizione, risulta evidente l'importanza della comunicazione negli
ambiti d'impresa (e non solo), in quanto è impossibile non comunicare.
Gli elementi che costituiscono il processo di comunicazione sono diversi, ai fini di
questa tesi, si riportano gli elementi di maggiore interesse: la codifica e il
messaggio.
La codifica è il processo di formalizzazione dell'idea di comunicazione e si
4
The Mathematical Theory of Communication (Shannon C. and Weaver W. - University of Illinois
Press, 1949).
5
Pragmatics of Human Communication (Paul Watzlawick - Norton, 1967).
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finalizza con la codifica dell'idea in messaggi, simboli e suoni comprensibili al
referente della comunicazione. Il messaggio è l'insieme di simboli, suoni, ecc,
trasmessi dall'emittente al referente.
L'emittente e il referente della comunicazione devono condividere un semiotica
così da poter codificare il messaggio più efficacemente in modo tale da venir
recepito dall'interlocutore, in questo modo, la comunicazione è andata a buon
fine. Nella fig. 2 viene esemplificato il processo.
Figura 2. Processo di comunicazione.
La comunicazione crea una sorta di comprensione distribuita non solo tra i due
interlocutori ma in senso generale. Infatti, è il processo che sta alla base della
collaborazione e della cooperazione.
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1.3 La conoscenza
La conoscenza è definita come la competenza e le abilità
acquisite da una persona attraverso l'esperienza e l'educazione;
la comprensione pratica o teorica di una materia; quello che è
conosciuto in un campo particolare o in generale; fatti ed
informazioni; la consapevolezza o la familiarità ottenute
dall'esperienza di un fatto o una situazione. Il dibattito filosofico
riguardo la conoscenza nasce dal dialogo platonico Teeteto, dove alla domanda di
Socrate: "Cosa è la conoscenza?", Teeteto cita Pitagora rispondendo: "La conoscenza è
sensazione".
La conoscenza che guida i comportamenti degli attori organizzativi può essere
distinta in conoscenza tacita e conoscenza esplicita. Il filosofo Michale Polanyi
6
ha evidenziato come noi sappiamo molto più di quanto diciamo. Molte delle
attività che si svolgono sono caratterizzate da una forma di conoscenza che è
difficile da tradurre in forma scritta o codificata (attraverso il processo di
comunicazione visto precedentemente). Tale conoscenza viene denominata
tacita. A differenza della conoscenza tacita, la conoscenza esplicita, invece è un
tipo di conoscenza codificabile e dunque trasferibile ed utilizzabile in modo
collettivo. Viene, infatti, individuata una terza forma di conoscenza, detta
collettiva che rappresenta la somma delle conoscenze individuali che si
dispongono alla condivisione. E' il frutto di un insieme di scambi e di relazioni ed
è mediata socialmente. Se accessibile a tutti in forma democratica, può diventare
intelligenza collettiva. Lo sviluppo della conoscenza collettiva è favorito dalle reti,
non necessariamente digitali.
Una delle rappresentazioni della connessione tra dati e conoscenza viene
riportata attraverso il modello gerarchico “a piramide” (DIKW, Data, Information,
Knowledge, Wisdom model), accreditata ad Ackoff
7
riportata nella figura 3.
6
The Tacit Dimension (Polanyi - Routledge & Kegan, Londra, 1966).
7
From Data to Wisdom (Ackoff, Russell - Journal of Applied Systems Analysis, 1989).
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Figura 3. Piramide di Liebowitz.
Il dato puro non ha valore fine a se stesso, dovrà essere elaborato e strutturato
all'interno di tassonomie, mappature e più in generale con la costruzione di
ontologie per salire di grado nella scala della conoscenza.
“la conoscenza e un oggetto mentale dinamico, il cui significato e altamente
influenzato dal contesto, non facilmente trasferibile ne riproducibile
identicamente ne a basso costo. In una parola, la conoscenza la creano e se la
scambiano gli esseri umani
8
”
Viene così chiarito il legame tra informazione, comunicazione e conoscenza.
L’informazione è ciò che ci permette di prendere decisioni razionali (ottime), ma
essa si in primis sotto forma di dati i quali devono essere codificati. I dati
codificati si trasformano in informazione e informazioni strutturate diventano
conoscenza. Una conoscenza diffusa (collettiva) è auspicabile in ottica aziendale,
in quanto aumenta la saggezza degli individui facenti parti del contesto sociale
dell’azienda. Aumentando la conoscenza collettiva si favoriscono i processi di
condivisione, collaborazione e cooperazione, e di conseguenza, la razionalità
delle scelte nei processi aziendali. Si può così espandere il concetto di piramide al
concetto di continuum dove maggiore conoscenza crea conoscenza la quale
viene utilizzata per razionalizzare le scelte e creare ulteriore conoscenza.
8
Information Based Systems, Knowledge Based Systems & Artificial Intelligence in the Learning
Library (Domenico Bogliolo, Università di Roma "La Sapienza")
20 Enterprise 2.0: la cultura e gli strumenti del web 2.0 nell'azienda.
1.3.1 Knowledge Management
Si è parlato di conoscenza e di come questa possa creare ulteriore conoscenza. Il
processo non è semplice in quanto la conoscenza per essere utilizzabile in
azienda deve essere facilmente replicabile e condivisibile, cioè deve poter essere
facilmente esplicitabile. Prende il nome di knowledge management l’insieme di
strumenti volti a creare, catturare, codificare, trasmettere e condividere la
conoscenza.
Perché utilizzare sistemi di knowledge management? Così che le capacità di un
attore di muoversi con successo ne suo business system e affrontarne l’incertezza
che ne deriva è fondata sulle risorse di conoscenza uniche che lo
contraddistinguono
9
. Da questo punto di vista un attore sarà più competitivo di
altri perché possiede conoscenze tacite ed esplicite uniche e sarà in grado di
scambiare risorse con altri grazie alle proprio core competencies. I processi di
knowledge management si suddividono essenzialmente in 3 sottoprocessi:
creazione, codifica e condivisione della conoscenza. Ai fini di questa tesi viene
approfondito il processo di condivisione della conoscenza.
Per processi di condivisione della conoscenza si intendono quei processi con cui
le conoscenze create o possedute da un attore organizzativo si trasferiscono ad
altri attori e diventano conoscenze comuni e collettive. La condivisione della
conoscenza non è sempre semplice. Primo, perché gli individui non sempre sono
propensi a condividere le proprie core competencies (resistenze individuali);
secondo, perché non è sempre facile trasformare la conoscenza tacita in
conoscenza esplicita da condividere.
Le persone vogliono ottenere un ritorno riguardo le proprie azioni e condividere
conoscenza non è da meno. E’ altresì vero che le persone traggono piacere
personale nell’essere individuate come “esperte” in un certo campo e questo
muove a favore della condivisione di conoscenza. Evitare di condividere la
propria esperienza, le proprie skill porta all’isolamento e alla resistenza alle idee,
e ad un peggioramento della quantità e della qualità delle informazioni a
disposizione (derazionalizzazione).
9
Organization in Action (Thompson J.D. – McGraw Hill, 1967).
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Nonaka e Takeuchi
10
hanno individuato 4 modalità di condivisione della
conoscenza fra attori organizzativi: socializzazione, esteriorizzazione,
combinazione e interiorizzazione (figura 4).
Figura 4. Spirale di Nonaka e Takeuchi
La socializzazione è il processo con cui si condivide la conoscenza tacita. Con
l’esteriorizzazione la conoscenza tacita viene codificata e si trasforma in
esplicita. La combinazione di diverse conoscenze esplicite consente a più attori
organizzativi di generare nuova conoscenza esplicita (vedi supra). Infine
l’interiorizzazione riguarda quel processo di apprendimento con cui il singolo
attore trasforma la conoscenza esplicita in tacita e la trasferisce al proprio
interno.
10
The Knowledge Creating Company (Nonaka I., Takeuchi H. – Oxford University Press, 1995).