Introduzione Il mondo politico ed economico, ormai da decenni è attratto dai problemi 
relativi all'energia ed alle risorse energetiche. Le prime azioni forti dei paesi 
sviluppati alla ricerca di efficienza energetica risalgono infatti a quattro 
decenni fa ed ancora oggi queste tematiche rappresentano spesso argomenti 
centrali. La risposta immediata cui molte nazioni hanno optato a tal fine è stata 
la liberalizzazione dei mercati di commodities energetiche, con lo scopo di 
dare efficienza al settore, generando più elevati livelli di concorrenza. Le 
liberalizzazioni di tale settore, hanno infatti portato nella maggior parte dei 
casi maggiore efficienza e trasparenza, eliminando quella pesantezza che 
troppo spesso ha caratterizzato l’azione della macchina pubblica, generando 
inoltre maggiori opportunità economiche sia nella domanda che nell’offerta 
relative a tali mercati. L’azione libera degli agenti di mercato nel settore 
energetico insieme alle peculiari caratteristiche delle commodities energetiche 
sono le cause degli elevati livelli di volatilità che contraddistinguono questi 
beni. Pertanto il fabbisogno di risk management avvertito da compagnie attive 
nell’energetico unitamente alle opportunità di investimento che questo mondo 
presenta hanno contribuito ad avvicinare la finanza a questo settore. Il risultato 
è stato la nascita di nuove numerose forme contrattuali, da una parte ispirate a 
quelle già presenti nel settore finanziario, dall’altra ispirate soprattutto ad 
operazioni proprie del settore energetico.
Questi motivi sono alla base del crescente interesse che l'economia sta 
dedicando negli ultimi anni alla valutazione ed introduzione di sempre più 
nuove forme di strumenti derivati, di tipo energetico, strumenti unici nel loro 
genere date le dinamiche dei prezzi e le forme contrattuali osservabili in questi 
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mercati.
Questo elaborato è dedicato al mondo degli energy derivatives ; il lavoro è 
strutturato in cinque capitoli. Il primo dei cinque capitoli ha l'obiettivo di 
fornire una breve classificazione delle tipologie di rischi presenti nel settore 
finanziario, con conseguente descrizione di quelli che sono i principali 
strumenti derivati. Il secondo capitolo fornisce uno sguardo  ai derivati 
energetici, fornendo ad essi innanzitutto una definizione e osservando in quali 
ambiti essi possano essere utilmente applicati. Il terzo capitolo mette in luce 
invece l’evoluzione del settore energetico, mostrando quali siano stati i motivi 
alla base della nascita di derivati energetici per ogni singolo mercato di questo 
settore. Verranno inoltre fornite cifre e caratteristiche relative alla struttura dei 
principali mercati dei derivati energetici. Il quarto capitolo è volto invece ad 
affrontare le problematiche relative alla gestione del rischio, più comunemente 
noto come risk management , con particolare riferimento alle metodologie più 
utilizzate, il Valore al Rischio spicca fra tutti. Infine, un piccolo accenno a 
quella che è una componente secondaria, ma degna comunque di nota, del risk 
management ; ovvero, la gestione del rischio di credito. Verranno illustrate le 
due principali tecniche brevettate da due grandi esponenti finanziari come J.P. 
Morgan e Credit Suisse , le quali hanno ideato rispettivamente Credit Metrics e 
Credit Risk+ . L’ultimo capitolo `e invece relativo ad uno dei contratti derivati 
che riscuotono il maggior interesse nel settore energetico e cioè le opzioni su 
spread. Si osserverà in quali forme `e possibile trovare tali strumenti e in che 
modo essi possono essere impiegati a fini di risk management .
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1. INTRODUZIONE AGLI STRUMENTI 
DERIVATI: TIPOLOGIE E CONCETTO DI 
RISCHIO FINANZIARIO
1.1 I rischi finanziari: definizione e classificazione Il concetto di rischio trova spazio ovunque, dalla vita umana a qualsiasi 
attività che si svolga, ma più in particolare, nel mondo finanziario. 
La maggioranza delle insoddisfazioni legate agli investimenti finanziari deriva 
dalla mancata comprensione dei rischi finanziari. Quando i tecnici parlano di 
rischio, in finanza, spesso si riferiscono a qualcosa di molto specifico che i 
comuni risparmiatori non conoscono. 
Genericamente, si potrebbe dire che il rischio, in finanza, esprime la 
probabilità di ottenere un rendimento diverso da quello atteso. In parole 
povere, se investo 100 in un investimento rischioso puntando ad un 
rendimento, ad esempio del 7%, il rischio è che realizzando questo 
investimento possa avere un rendimento inferiore o perfino negativo.
Questo evento sfavorevole può accadere per svariate ragioni, ciascuna delle 
quali identifica una tipologia di rischio.
Nelle prossime righe, tratterò in maniera sintetica, le tipologie di rischio più 
diffuse nel mondo finanziario.
Rischio sistematico E' il rischio legato alla normale oscillazione del mercato nel quale si sta 
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investendo. L'aggettivo sistematico si riferisce al fatto che esso non è 
eliminabile.
Il rischio sistematico, è calcolabile in termini di “deviazione standard”, detta 
anche volatilità. Se ad esempio si afferma, che il mercato azionario oscilla 
intorno al 20% annuo, si intende dire che, investendo 10 centesimi in un anno 
qualunque, alla fine di esso è possibile avere 8 centesimi o 12 centesimi.
Rischio specifico E' quella tipologia di rischio che si corre quando il risultato dell'investimento è 
legato alle sorti di pochi emittenti di strumenti finanziari.
Concentrando quindi gli investimenti in singoli titoli, ci si espone ad un 
rischio che non è controllabile; il rischio diventa incertezza, ed essa è qualcosa 
di incalcolabile.
Rischio del gestore Per evitare quindi il rischio specifico, è consigliato diversificare i propri 
investimenti, sul maggior numero di titoli possibile.
Per fare questo è necessario acquistare quote di fondi di investimento che a 
loro volta investono in un paniere diversificato. La maggioranza dei fondi 
distribuiti dalle banche si definisce "a gestione attiva". Ciò significa che non 
investe nel maggior numero di titoli possibili con l'obbiettivo di replicare ciò 
che fa l'indice del mercato nel quale si desidera investire, ma si pone 
l'obbiettivo di fare meglio di quello che fa l'indice di riferimento.
Il risultato dell'investimento sarà dunque influenzato, non solo dalla 
componente di rischio sistematico, ma anche dalla bravura del gestore. 
Tale rischio, produce incertezza, in quanto non è possibile predire se il gestore 
farà meglio, o peggio del mercato. I risultati passati non sono un parametro 
attendibile, poiché non dicono nulla riguardo al futuro e molto spesso i gestori 
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cambiano da un fondo all'altro, senza che i risparmiatori possano far nulla e 
spesso lo stesso non ne viene neppure a conoscenza.
Rischio del market timing E' banalmente definito come il rischio legato ad operazioni effettuate seguendo 
previsioni sugli andamenti di mercato.
Quando si decide di modificare un investimento fatto in base ad una 
previsione, se poi questa non si realizza, per recuperare la perdita sarebbe 
necessario una modifica che produca un rendimento doppio. Dopo due errori 
consecutivi, sarebbe necessario avere un rendimento quadruplo.
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E' tuttavia naturale, ipotizzare di non riuscire a recuperare nel breve periodo, la 
perdita derivante da scelte sbagliate. 
Un comune risparmiatore non dovrebbe effettuare operazioni sugli 
investimenti fatti in base alle previsioni proprie o altrui circa l'andamento dei 
mercati finanziari.
Rischio liquidità Un investimento può essere liquidato aspettando la naturale scadenza del 
contatto, quindi farsi rimborsare dell'emittente, oppure vendere lo strumento 
finanziario sul mercato. Generalmente lo si vende prima sul mercato, 
scegliendo di non aspettare la scadenza del contratto, a meno che non si 
posseggono titoli di stato a breve, quali BOT semestrali o annuali.
Per vendere lo strumento finanziario però, è necessario che ci siano acquirenti. 
Quando si possiede un prodotto che non viene molto frequentemente 
scambiato sul mercato, o peggio non viene scambiato affatto, ci si espone ad 
un rischio liquidità. Ciò significa che per realizzare l'investimento sarà 
1 Definizione tratta dal sito “investimentionline.it”, dove è possibile trovare alcuni esempi che 
rendono più esauriente il concetto.
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necessario vendere sottocosto rispetto al valore “corretto” di mercato. Per 
evitare questo rischio è necessario investire esclusivamente in strumenti che 
presentano molti scambi giornalieri, in maniera tale da assicurarsi di salvare” 
il salvabile”, quando le cose vanno male.
Rischio valutario Si è sottoposti al rischio valutario quando si compiono investimenti 
denominati in una valuta diversa da quella dell'Euro; il risultato 
dell'investimento sarà influenzato non solo dagli andamenti finanziari 
sottoscritti, ma anche dal rapporto di cambio fra l'Euro e la valuta nella quale è 
denominato l'investimento fatto. Indipendentemente dalla posizione del 
cambio, favorevole o sfavorevole, questo influenzerà comunque il risultato 
finale. 
Rischio tasso di interesse Il rischio di interesse è detto anche rischio di tasso. Tale rischio dipende 
dall'andamento dei tassi di interesse dei mercati e dell'effetto economico delle 
loro variazioni sull'investimento finanziario. 
Generalmente si incorre in questo tipo di rischio quando si detengono in 
portafoglio obbligazioni, generalmente a tasso fisso: se i tassi di interesse di 
mercato aumentano in misura tale da superare i tassi di interesse pagati sulle 
obbligazioni, queste ultime subiscono un deprezzamento. Ovviamente quanto 
più l'investimento sarà a lungo termine (obbligazioni a lunga scadenza, ad 
esempio), tanto maggiore è il rischio di interesse legato ad esso.
Prima di chiudere questa piccola parentesi relativa ai rischi finanziari di 
portafoglio, è opportuno a mio avviso, fare ancora due piccole distinzioni 
riguardo alla capacità di rischio finanziario e la tolleranza al rischio 
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finanziario.
Con capacità di rischio finanziario si intende la possibilità materiale di restare 
investiti il tempo necessario affinché l'investimento dia rendimenti attesi.
Con tolleranza al rischio finanziario invece, si intende il grado di tolleranza 
psicologica alle oscillazioni di mercato; è molto importante,  in quanto è con 
esso che un buon gestore viene a conoscenza del grado di propensione al 
rischio del proprio cliente e sarà pertanto in grado di indirizzarlo verso la 
strada a lui più consona. 
Alta tolleranza al rischio : il risparmiatore potrà permettersi di poter detenere, 
nel proprio portafoglio, titoli con maggior grado di rischio, azioni, 
obbligazioni con basso rating , derivati speculativi ed altro ancora.
Bassa propensione al rischio : il risparmiatore non è in grado di sopportare 
psicologicamente, le frequenti oscillazioni di prodotti più aggressivi e pertanto 
gli sarà consigliato (da un onesto gestore) di detenere, nel proprio portafoglio, 
titoli definiti  “ Risk Free ”, o comunque con bassa propensione la rischio, al 
fine di poter dormire sonni tranquilli.
1.2 Strumenti derivati Gli strumenti derivati nascono primariamente per proteggere dai rischi. Con 
essi infatti, un soggetto che intende evitare delle perdite si rende “immune” da 
variazioni avverse dei prezzi di un titolo, o dal suo tasso di interesse, 
trasferendo tale rischio ad un altro soggetto.
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Praticamente, si chiamano così quegli strumenti finanziari il cui valore deriva 
da quello delle attività sottostanti, quali ad esempio valute, merci, titoli, 
2 G. Minutolo, “I derivati finanziari: tuture e forward, IRS ed options”, Magistra, Banca & Finanza, 
Milano, articolo pubblicato il 9 luglio 2007
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crediti, indici finanziari o di altro tipo, o anche altri derivati.
Gli strumenti derivati quindi, si caratterizzano per l'esistenza di un legame tra 
il loro mercato e quello del bene o attività sottostante. 
Il termine derivato, è collegato proprio alla nascita di questi strumenti 
finanziari per effetto di questo legame e dunque alla possibilità che, grazie allo 
strumento derivato stesso, si potessero raggiungere obiettivi di controllo e 
gestione dei rischi, in particolare rischio interesse, prezzo e cambio, oppure si 
potessero effettuare operazioni di speculazione in maniera molto più agevole 
rispetto ad un'operatività diretta sul mercato a pronti. 
Essi fondamentalmente son nati per coprire le imprese ed altre istituzioni, da 
una serie di rischi legati alle loro attività, quali il rischio di cambio, il rischio 
relativo al tasso di interesse, l'oscillazione dei prezzi delle materie prime, 
arrivando poi ad estendersi ad altre aree, ad esempio il rischio di credito 
(contratti che sono stati oggetto di discussioni, soprattutto in relazione alla 
crisi finanziaria del luglio 2008) ed infine, usati anche per fini diversi a quello 
della protezione.
In questo ultimo anno, l'utilizzo degli strumenti derivati, si è un po' appiattito, 
a fronte della crisi finanziaria e della bolla relativa ai mutui subprime , 
scoppiata nel giugno 2007; prima dello scoppio della crisi però, il mercato 
aveva registrato una grosso afflusso di prodotti derivati, gestiti da intermediari, 
per conto dei piccoli e medi investitori.  Questo ci ha portato a riflettere come, 
dalla nascita dei derivati, strumenti semplici ed utilizzati quasi esclusivamente 
da imprese, si sia arrivato ad avere un mercato sempre più vasto di tali 
prodotti, regolamentato forse non più a dovere e sopratutto rivolto ad un 
pubblico, sempre più vasto,  di risparmiatori di piccolo/medio target.
Da quando sono stati introdotti nel mercato, esistevano due, forse tre tipologie 
di strumenti derivati. Oggi invece, ne nascono due o tre diversi tutti i giorni, 
con diversi profili finanziari e diversi gradi di sofisticazione. Nel linguaggio 
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economico, le tipologie standard vengono dette plain vanilla 3
, mentre i tipi più 
complessi sono detti “esotici”. 
Le tipologie più note e diffuse sono opzione, future , swap , interest rate swap , 
forward rate agreement , esotici, strutturati. 
1.2.1 I futures I futures , analogamente ai contratti forward ,  sono contratti per comperare o 
vendere un'attività ad una certa data futura, per un dato prezzo. I futures però, 
vengono trattati in borsa e le condizioni contrattuali sono standardizzate.
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La standardizzazione del contratto determina appunto che tutti i termini 
dell'accordo sono definiti a priori: il titolo oggetto del contratto, la quotazione, 
l'oscillazione minima della quotazione, il valore dell'oscillazione, l'ultimo 
giorno dell'oscillazione del future per una data scadenza, la data di 
liquidazione delle posizioni in future rimaste aperte. 
Si definiscono contratti simmetrici, in quanto impegnano entrambe le parti, 
venditore e compratore. 
La loro caratteristica peculiare, risiede nel fatto che i contratti non vengono 
stipulati tra i due contraenti, ma giuridicamente tra ciascuno di essi e la cassa 
di compensazione e garanzia, o propriamente detta clearing house; ed è 
proprio tale organismo che si pone istituzionalmente come controparte delle 
transazioni, eliminando così il rapporto diretto tra il compratore ed il 
venditore. La clearing house è un organo di borsa, la quale agisce da 
intermediario nelle operazioni su futures e garantisce la solvibilità delle parti 
coinvolte in ogni transazione.  Ha un numero di soci ed il suo compito 
3 In finanza, plain vanilla è un termine usato per definire una negoziazione standard. Di solito usato 
per definire opzioni, obbligazioni, future e swap.
4 G. J. Hull, “Opzioni, futures ed altri derivati”, terza edizione aprile 2003, pag. 264.
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