EMAS come Sistema di Gestione del Territorio: il caso del settore estrattivo in Veneto
Riccardo Semenzato
Matr. N°260812
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Il valore di un’azienda aumenta se questa ha imparato a definire, catturare, gestire
e rendicontare, utilizzando un numero crescente di efficaci indicatori di
performance, che possano essere compresi e apprezzati dal più vasto numero di
interlocutori dell’azienda stessa. Infatti, se i clienti, i dipendenti, gli investitori, le
collettività di riferimento e i fornitori capiscono che tipo di business un’azienda
sta effettivamente conducendo, quali intenzioni programmatiche e con quali effetti
, è probabile che siano maggiormente disposti a supportarla, contribuendo, nel
lungo periodo, alla sostenibilità delle scelte effettuate.
La promozione di un approccio basato sulla responsabilità condivisa per la
protezione dell’ambiente e l’ampliamento del ventaglio di strumenti da utilizzare
è ad esempio alla base del sistema di gestione EMAS utilizzato dalle aziende e
dalle amministrazioni pubbliche.
Cosa significa gestire l’ambiente? Semplicemente organizzare le proprie attività
aziendali in modo da contenere i rischi ambientali, gli impatti nocivi, garantendo
la sicurezza del lavoro e preservando le risorse naturali. Qualsiasi attività ha un
certo “impatto ambientale”: dall’utilizzo dell’acqua, alle risorse energetiche, alla
fabbricazione dei prodotti, agli imballaggi, ai trasporti, alle forniture e prestazioni
di servizi, ai rifiuti.
EMAS, Eco-Management and Audit Scheme, è il mezzo idoneo per una corretta
gestione ambientale, perché consiste in un sistema che indica azioni e strumenti,
pianifica obiettivi e mezzi, attraverso i quali migliorare le prestazioni di
un’organizzazione per la salvaguardia e la protezione dell’ambiente. Tale
operazione consiste anche nel migliorare la qualità complessiva del mercato ed in
generale del sistema produttivo.
EMAS, istituito con il Regolamento dell’Unione Europea numero 1836 del 1993,
aperto successivamente anche alle Autorità Locali con il Regolamento
comunitario numero 761 del 2001, è uno strumento di politica ambientale, gestito
dagli Stati Membri dell’Unione Europea e orientato ad incoraggiare qualsiasi
organizzazione verso migliori prestazioni ambientali.
EMAS rappresenta il riconoscimento ufficiale a livello europeo del
raggiungimento di performance di eccellenza. Imprese pubbliche e private
partecipano attraverso EMAS ad un Sistema di Gestione Ambientale, atto a
sviluppare un programma ambientale, in base a regole precise, sottoposto a
verifica costante e reso pubblico.
Questo strumento non solo è compatibile con il modello di gestione ambientale
internazionale ISO 14001, ma va dei quegli stessi requisiti di miglioramento per
quanto attiene al coinvolgimento attivo dei dipendenti, alle conformità legali e alla
comunicazione con gli stakeholders. Ad esempio, EMAS richiede che si produca
puntualmente una dichiarazione indipendente attraverso un report di verifica. La
verifica delle richiamate prestazioni avviene attraverso un esperto accreditato,
definito “Verificatore Ambientale”. Solo dopo aver verificato il corretto
adempimento di tutte le condizioni preliminari necessarie, l’organizzazione sarà
iscritta in un apposito registro comunitario e la registrazione avrà immediato
valore per tutti gli Stati attuali e futuri dell’Unione Europea, secondo criteri di
reciprocità.
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Il miglioramento delle prestazioni ambientali e dei rapporti con il pubblico e le
istituzioni, le maggiori garanzie in termini di sicurezza, la razionalizzazione dei
processi di produzione e dell’intero sistema di gestione dell’azienda legati
all’EMAS, aumentano il vantaggio competitivo delle imprese che aderiscono e la
visibilità della pubblica amministrazione.
Il logo EMAS viene concesso per sancire l’impegno di salvaguardia ambientale, e
l’attenzione, pianificata e sistematica, alle performance ambientali. È la
testimonianza che l’organizzazione ha in atto un sistema di gestione ambientale di
elevato livello. Questo marchio diventa anche un vero e proprio strumento di
marketing, un mezzo promozionale, di eccellenza, garanzia di qualità e di
affidabilità. Il logo permette il riconoscimento immediato e aumenta la visibilità
dello schema nei confronti del pubblico, delle parti interessate e delle altre
organizzazioni. Non informa sulla qualità del prodotto ma conferma all’istante la
veridicità delle informazioni fornite e la partecipazione della organizzazione al
sistema europeo.
Le ragioni per cui le diverse imprese dovrebbero scegliere EMAS tra i vari
strumenti volontari sono legate al fatto che è sinonimo di credibilità, è uno
strumento chiaro, verificabile, efficace internamente, trasparente, ed è la strada
migliore per dimostrare l’impegno continuo al rispetto dell’ambiente. I principi e
la cultura EMAS appartengono ormai all’intero nostro modo di vivere: per questo
oggi sono registrati EMAS alberghi, banche, imprese, supermercati, ospedali,
servizi pubblici, aziende di trasporto, amministrazioni pubbliche, barche, aree
protette, oltre, ovviamente, alle aziende in generale.
L’adesione allo schema EMAS permette alle imprese di ridurre gli impatti
ambientali, prevenire l’inquinamento e abbattere i costi. Il ritorno economico
deriva dall’aumento dell’efficienza nell’utilizzo dei consumi e delle risorse e
nell’adozione di tecnologie più pulite. Razionalizza i costi ed individua altre
possibilità di risparmio. È stato dimostrato che, nella maggior parte dei casi,
l’adozione di EMAS comporta un reale risparmio in termini di costi e risorse per
le aziende (APAT, 2005).
Il Regolamento EMAS invita gli Stati membri ad adottare misure di sostegno e di
incentivazione, anche economiche, a favore delle piccole e medie imprese e di
quelle artigiane, per processi di certificazione. La Commissione Europea, per
promuovere al massimo la partecipazione delle stesse, ha predisposto una linea
guida per facilitare l’accesso all’informazione, ai fondi ed alla possibilità di
ottenere un’assistenza tecnica.
Nel presentare la Dichiarazione Ambientale, e quindi seguendo la struttura
sistemica fornita da EMAS, si fissano obiettivi di performance ambientale, che
volontariamente le imprese si impegnano a perseguire, si stabiliscono programmi
che consentiranno di raggiungere gli obiettivi prefissati ed infine si precisano i
provvedimenti che verranno adottati per realizzare i programmi stessi. Attraverso
una valutazione obiettiva, periodica e sistemica (Audit), l’efficacia di tali sistemi
verrà continuamente monitorata. La trasparenza è così assicurata mediante un
dialogo aperto e costante con le parti interessate e gli impegni sono
immediatamente visibili nei report.
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Un’organizzazione attenta ai propri impatti ambientali è sempre giudicata
favorevolmente, anche per il progressivo aumento dell’attenzione alle tematiche
ambientali, sia da parte degli stakeholder che gravitano intorno all’impresa, sia da
parte dei consumatori finali. Ad esempio, gli istituti di credito e assicurativi sono
sollecitati a ridurre i tassi d’interesse o effettuare prestiti, tenendo conto della
minore esposizione ai rischi ambientali per le organizzazioni registrate. La
registrazione EMAS, soprattutto in particolari settori come quello del turismo, è
un simbolo di eccellenza per l’organizzazione ed è di forte richiamo per la
generalità dei cittadini dell’intera area comunitaria. D’altro canto, sempre più
spesso i consumatori adottano un atteggiamento consapevolmente attento alla
protezione ambientale, optando preferibilmente per servizi e prodotti derivati da
prestazioni ambientali accertate e credibili durante il loro ciclo di vita. Mercati di
questo tipo sono in continua crescita ed EMAS, per questa ragione, può diventare
quindi un marchio di garanzia.
La certificazione delle aziende e dei siti produttivi contribuisce a creare un clima
di coesione e collaborazione anche all’interno dell’azienda, favorendo un miglior
ambiente di lavoro. Un sistema di gestione ambientale che operi sul principio del
coinvolgimento attivo di tutti può essere stimolante e valorizzante per i
dipendenti. La motivazione del personale e il morale dei dipendenti sono fra i
benefici più frequentemente messi in evidenza dall’espansione europea di EMAS.
Le organizzazioni aderenti ad EMAS vengono facilitate nelle procedure di
autorizzazione. Le autorità sono chiamate a riconoscere l’eccellenza ambientale
volontaria e ad alleggerire il peso amministrativo delle imprese.
Un numero sempre maggiore di Enti istituzionali (in Italia e soprattutto negli altri
paesi dell’Unione Europea) chiede le prove delle credenziali “verdi” delle aziende
che devono risultare “ambientalmente efficienti”, per avere accesso ai futuri
mercati pubblici. Si vanno progressivamente diffondendo, anche in Italia,
situazioni nelle quali (in caso di gare pubbliche) viene riconosciuto un bonus
aggiuntivo alle aziende registrate EMAS. Le recenti direttive comunitarie sul
Green Public Procurement vanno nella stessa direzione.
Sulla base di importanti esempi, maturati in Italia ed in altri paesi dell’area
comunitaria, si andrà estendendo sempre più la corresponsione di premi
assicurativi ridotti da parte delle aziende che, avendo acquisito la registrazione
EMAS, presentino oggettivamente un grado di rischio ambientale ridotto rispetto
ad altre aziende omogenee.
Al sistema EMAS aderiscono gli Stati membri dell’Unione Europea, quelli dello
spazio economico europeo e quelli candidati all’adesione. In questi paesi, EMAS
è aperto a qualsiasi organizzazione del settore pubblico e privato che intende
migliorare la propria efficacia ambientale.
Val la pena ricordare che la registrazione EMAS risponde alla logica del
“miglioramento continuo delle prestazioni ambientali”, ha validità per tre anni e
decade se non viene presentato un programma di ulteriore miglioramento.
Per quanto riguarda la situazione del nostro paese, l’impegno del Ministero
dell’Ambiente è quello di portare l’Italia ad essere leader in Europa nell’adozione
del sistema EMAS di qualità ambientale: in altre parole, creare un “Modello
Italia” di certificazione in qualità ambientale, che possa rappresentare un punto di
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riferimento per gli altri Paesi europei, soprattutto per quelli di recente o prossima
adesione all’Unione.
Il Ministero intende supportare con grande decisione l’azione di promozione del
Comitato EMAS ed ha grande attenzione alle esigenze specifiche del nostro paese
(ad esempio per quanto riguarda il tema della cosiddetta “Certificazione di
distretto”) ed ai processi in corso a livello Comunitario per il nuovo Regolamento
EMAS III.
È sulla base della stessa sensibilità e della necessità di favorire le organizzazioni
italiane certificate che il Ministero ha inserito il tema della certificazione in
generale e della certificazione EMAS in particolare tra i principi fondanti del
disegno di legge di delega, per il riordino della legislazione ambientale, approvato
dal Parlamento italiano con i D. Lgss. n. 152 del 2006 e n. 4 del 2008.
Accanto ad esempi d’eccellenza di politica ambientale, ci sono alcuni settori
dell’economia italiana e comunitaria ancor oggi poco attratti dall’adozione della
certificazione di tipo EMAS. Le cause sono differenti da settore a settore, da
ricercare nella natura della stessa attività economica e nelle caratteristiche
strutturali.
Per incentivare l’adozione EMAS anche in quei settori poco stimolati da azioni di
questo tipo, sarebbe utile esaltare gli esempi virtuosi, quelli in cui le
organizzazioni registrate hanno sviluppato processi di sviluppo aziendale
sostenibile e risultati di eccellenza, non solo in Italia ma anche in Europa.
Per quanto riguarda l’Italia, e distinguendo tra settori pubblici e privati, si può
rilevare che nel settore pubblico, dove il numero delle organizzazioni registrate
EMAS segue un trend positivo dal 2002 ad oggi, è fondamentale affiancare ad
EMAS il processo di Agenda 21 Locale, strumento di gestione sostenibile degli
enti pubblici. Per quanto riguarda invece il settore privato, è possibile creare dei
macro-contesti pilota, pensati a scala regionale, come esempio per le
organizzazioni operanti nello stesso settore produttivo anche nelle altre regioni.
Questo approccio è possibile grazie alla realizzazione di uno studio preliminare di
un determinato contesto economico, dal quale scaturisca una proposta di
registrazione EMAS applicabile per le organizzazioni appartenenti allo stesso
ambito produttivo. Tale approccio potrà essere ripetuto per gli altri settori
economici, dove la certificazione EMAS registra maggiori difficoltà applicative.
Proprio da considerazioni di questo tipo, è nata l’ipotesi che è alla base di questa
tesi: individuare un importante settore di attività che potesse rappresentare, anche
in termini economici, una parte sostanziale della redditività del nostro paese e
potesse fungere da volano per la diffusione di EMAS in Italia.
Considerato il volume d’affari che ogni anno genera, sia per le numerose attività e
aziende legate all’indotto, sia per la tipologia invasiva dei siti produttivi e
altamente impattanti per l’ambiente, abbiamo scelto come esempio
rappresentativo l’attività d’estrazione dei minerali.
Il settore registra una costante crescita annua dei ricavi e del numero di aree
destinate a cava, si tratta quindi di un’attività economicamente vantaggiosa ed in
salute. Le organizzazioni che operano in questo ambito produttivo, però, sono
ancor oggi poco propense alla certificazione ambientale dei siti e delle aziende di
produzione. Per quanto ci riguarda, si profila la necessità di registrare questi siti
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estrattivi proprio per la natura invasiva dell’attività di cava, impattante per
l’ambiente naturale e per la salute del cittadino. Nelle venti regioni italiane sono,
infatti, presenti più di 7000 siti di estrazione mineraria, dei quali solo 136
risultano certificati con procedura ISO 14001, mentre solamente 10
organizzazioni con 16 siti produttivi sono registrati EMAS. E’ utile rilevare che le
cause non sono di natura economica, ma sono soprattutto legate ad una scarsa
informazione ed incentivazione dello strumento nei confronti degli imprenditori e
dei dirigenti del settore, oltre ad una mancata richiesta da parte della società e
della pubblica amministrazione.
L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la protezione Ambientale del Veneto
ipotizzò già alla fine del 2007 l’inizio di uno studio dedicato alla certificazione
ambientale delle organizzazioni dedite alla coltivazione di minerali.
La prima parte della ricerca è iniziata nel gennaio del 2008 ed è terminata sei mesi
più tardi, con lo studio delle realtà estrattive situate all’interno dei confini
regionali, proponendo il Regolamento EMAS come il principale strumento di
certificazione ambientale per tutte le organizzazioni venete impegnate nella
coltivazione dei minerali. Tale proposta riguarda non solo le cave all’interno dei
confini regionali di competenza dell’ARPAV, ma la prospettiva è di carattere
interregionale, proponendo indicazioni ed indicatori applicabili alle differenti
realtà, presenti su tutto il territorio nazionale.
La proposta ha, inoltre, come secondo fine quello di generare un esempio di
diffusione, a supporto tecnico ed informativo, non solo per il settore direttamente
interessato, ma per tutti quegli ambiti economici che ancor oggi faticano ad
avvicinarsi allo strumento EMAS.
Proprio l’ARPAV si è fatta carico di analizzare gli aspetti salienti dell’attività
estrattiva e delle sue differenti sfaccettature intra-regionali, con un progetto
formativo e la realizzazione della presente tesi di laurea, attraverso un percorso di
ricerca, analisi dei dati1 e sintesi propositive, presso il “Settore per la Prevenzione
e la Comunicazione Ambientale, Servizio Valutazioni Ambientali e degli Impatti
sulla Salute”, dedicando codesto studio preliminare alla certificazione ambientale
per le cave estrattive in Veneto, sviluppata durante i primi sei mesi del 2008.
Il principale obiettivo della proposta è quello di favorire l’impegno consapevole e
continuativo delle imprese del comparto estrattivo al rispetto delle normative
ambientali e allo sviluppo di sistemi di autocontrollo dei processi produttivi,
nell’ottica della prevenzione ambientale, della tutela del territorio e del
miglioramento continuo. A questo si affianca il tentativo di valorizzare i materiali
derivati da attività di cava, qualora queste siano condotte nel pieno rispetto della
normativa e di criteri di sostenibilità ambientale definiti e riconosciuti, favorendo,
nell’organizzazione che svolge attività estrattiva, la trasparenza e la
comunicazione verso i diversi portatori d’interessi che insistono sul territorio.
Importante sarà inoltre supportare un approccio di tipo preventivo anche da parte
degli organi di Polizia Mineraria e d’altri soggetti preposti alle attività di controllo
e vigilanza.
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L’APAT ha reso disponibili i dati relativi allo strumento, in qualità di Focal Point Nazionale
della Rete EMAS.
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La promozione della registrazione EMAS, in considerazione del tipo d’attività,
dell’importanza economica delle numerose organizzazioni che vi operano nel
contesto territoriale di riferimento e numerose implicazioni sociali, occupazionali
e ambientali direttamente connesse, potrebbe essere l’opportuno inizio di un
programma di certificazione ambientale rivolto non solo al settore estrattivo del
Veneto, ma anche l’origine di un processo di certificazione su base volontaria
pensato a scala nazionale.
L’idea di iniziare questo processo di promozione dello strumento EMAS è
giustificata dal fatto che, rispetto alla certificazione ISO 14001, assicura maggiori
garanzie di conformità legislativa e l’obbligo di redigere una dichiarazione
ambientale. Quest’ultima, infatti, essendo pubblica, impegna l’impresa a
mantenere gli obiettivi prefissati, assicurando la trasparenza e il flusso di
comunicazioni verso il territorio.
Con questa certificazione volontaria gli operatori del settore potranno fornire
prova dell’attenzione per le risorse naturali e per il territorio, in particolare della
volontà di instaurare un nuovo rapporto di collaborazione con le amministrazioni
locali, gli altri enti territoriali, i cittadini e gli organi di vigilanza.
La promozione del marchio europeo di qualità ecologica EcoLabel, che premia i
prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambientale, potrebbe essere un
successivo passaggio, ambito e rivolto ad alcune tipologie di prodotti, con
particolare riferimento ai materiali per l’edilizia.
Seguendo il percorso che è stato delineato nelle pagine precedenti, questa ricerca
è divisa in due parti, la prima di carattere accademico e di analisi dello strumento,
la seconda, di natura applicativa, descrive il caso studio realizzato in ARPAV e ne
mette in luce le peculiarità e le criticità.
La prima parte dell’elaborato riguarda “la registrazione EMAS come strumento di
eccellenza della politica di certificazione ambientale comunitaria”, orientata ad
uno studio diacronico e descrittivo del Regolamento EMAS. Partendo dalla
relazione sulle tre differenti generazioni di strumenti di politica per l'ambiente (1°
capitolo), l'interesse della tesi sviluppa un primo approfondimento per gli
strumenti volontari di certificazione, descrivendo (2° capitolo) le differenze e le
fasi dei certificati riferiti al prodotto e quelli riferiti invece alle organizzazioni e al
sito produttivo.
Il 3° capitolo sviluppa la disamina dell'oggetto di tesi: il Regolamento EMAS,
considerato dall'Unione Europea come lo strumento ambientale per eccellenza ed
indicato per una crescita della cultura di sviluppo sostenibile all'interno dei
differenti settori dell'economia e della pubblica amministrazione. Sono spiegati i
punti sinergici e le differenze con l’altro strumento di certificazione ambientale
per le aziende, l’ISO 14001, le finalità, la cronologia applicativa ed i vantaggi di
EMAS.
Nel quarto capitolo è analizzata la realtà nazionale dello strumento, i settori dove
è maggiormente applicato e gli ambiti economici dove la registrazione EMAS ha
generato contesti di eccellenza su scala continentale. Segue uno studio sulla realtà
europea ed internazionale dello strumento e le prospettive di utilizzo con le novità
di “EMAS III”.
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Nel quinto capitolo abbiamo svolto una valutazione dello strumento, partendo dal
confronto con la sanzione, le tasse ambientali, le assicurazioni ambientali ed i
permessi negoziabili. EMAS è stato valutato, per efficacia ambientale ed
efficienza economica, per equità, trasparenza e per altri parametri socio-
economici, lo strumento che presenta le performance più elevate ed una
flessibilità che gli permette di essere applicato in qualsiasi contesto economico.
La prima parte si chiude con la proposta di incentivare l’utilizzo del Regolamento
EMAS nel settore pubblico, attraverso l’integrazione dello strumento con i
processi di Agenda 21 Locale. Abbiamo evidenziato le sinergie tra le due
applicazioni e le iniziative già in atto presso alcune aziende ed enti pubblici.
La seconda parte della tesi è quindi dedicata alla “proposta di un Regolamento
EMAS per il settore delle cave d’estrazione minerali in Veneto”. Il progetto nasce
da una proposta di ARPA Veneto, con l’obiettivo di attuare una promozione della
registrazione EMAS per le organizzazioni regionali, partendo da un settore che è
importante per l’economia regionale e nello stesso tempo rilevante per gli impatti
ambientali e sociali che determina.
Abbiamo realizzato quindi uno studio delle linee guida e delle possibili
prescrizioni e prevenzioni, applicabili nell'ambito di un Regolamento EMAS
specifico per il settore cave, possibile progetto pilota esportabile da parte del
Ministero dell'Ambiente in tutte le regioni italiane, nonché possibile modello per
la realizzazione di linee guida di registrazioni EMAS riferite ad altri settori
economici.
Il lavoro, durato oltre sei mesi, è iniziato con lo studio della realtà estrattiva in
Veneto, attraverso una lettura dei dati riguardanti l’attività, le strutture presenti, i
tipi di materiale estratto e l’indotto produttivo. Abbiamo poi verificato la presenza
di altri contesti minerari già certificati con lo strumento ISO 14001 ed EMAS, le
peculiarità ed i caratteri comuni.
La ricerca è quindi proseguita investigando il contesto normativo della proposta,
l’evoluzione storica e legislativa riguardante questo specifico settore e l’analisi del
diritto ambientale ed urbanistico per la coltivazione dei minerali. Abbiamo inoltre
eseguito una lettura critica delle direttive e dei regolamenti comunitari, del Testo
Unico sull’Ambiente, del Piano Regionale sulle Attività di Cava, di alcune
Valutazioni d’Impatto Ambientale e delle altre leggi e norme nazionali e regionali
che potessero interessare questo genere di attività.
Il caso studio si è concluso con la concreta proposta di realizzazione di linee guida
per le prime fasi di registrazione, applicabili da tutte quelle organizzazioni che
operano nel settore. Partendo da una lettura critica di sedici progetti e cinque
Delibere di Giunta Regionali, sono stati messi in evidenza gli aspetti progettuali
ed i possibili impatti sulla salute e sull’ambiente. Dagli impatti abbiamo segnalato
i possibili indicatori utili per l’Analisi Ambientale Iniziale, gli aspetti del territorio
maggiormente sensibili ed i potenziali rischi dovuti alla presenza di una cava.
Ipotizzando la realizzazione di un Sistema di Gestione Ambientale e la redazione
di una Dichiarazione Ambientale, abbiamo considerato le fasi e gli obiettivi
perseguibili, a seconda del tipo di estrazione eseguita.
Per concludere, sono riportate tre appendici, dove sono inclusi un glossario dei
termini utilizzati dal Regolamento EMAS e l’elenco dei sedici progetti considerati
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durante il lavoro di ricerca. L’ultima appendice riporta gli indicatori ambientali, le
mitigazioni e le compensazioni possibili, elaborate durante il periodo di ricerca e
raggruppate nelle tre fasi di preparazione del cantiere, esercizio dell’attività
estrattiva e fase di recupero ambientale.
PARTE PRIMA:
LA REGISTRAZIONE EMAS COME STRUMENTO DI ECCELLENZA
DELLA POLITICA DI CERTIFICAZIONE AMBIENTALE
COMUNITARIA
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1. POLITICHE E STRUMENTI PER L AMBIENTE
L’esigenza di integrare le politiche ambientali con la pianificazione del territorio
può trovare un’efficace sintesi nella cosiddetta “territorializzazione” delle stesse
politiche per l’ambiente, invocata sia dagli ambientalisti, sia dal dibattito a livello
internazionale, ad esempio nelle dichiarazioni della conferenza di Rio del 1992.
Una prassi che si preoccupi di contenere le pressioni sull’ambiente (naturale e
antropico) attraverso interventi che minimizzino gli impatti, attraverso modelli
insediativi (delle residenze, delle attività produttive, delle infrastrutture, etc.) che
siano di per sé produttivi di qualità territoriale e ambientale e non richiedano
interventi riparatori ex-post (Magnaghi, 1995).
L’affermarsi di un’economia post-industriale e una sempre più marcata tendenza
alla dematerializzazione delle produzioni, ha generato nel corso degli ultimi
vent’anni il mutare dei termini della questione ambientale. I nuovi problemi sul
tappeto – e le vecchie e sempre attuali emergenze – richiedono politiche e
strumenti innovativi, molto spesso recepiti e voluti anche dalle politiche
ambientali nazionali e comunitarie.
Il sostanziale fallimento della tradizionale politica di “comando e controllo” ha
spinto verso nuovi approcci che interessano tanto gli interventi dall’alto quanto
quelli – molto spesso volontari – dal basso. Le aziende, in particolare, possono
trovare attraverso queste ultime, nuove opportunità di mercato e nuovi elementi di
vantaggio competitivo (Amato, 1998).
Il rapporto tra l’economia e l’ambiente si è modificato nel corso degli ultimi
decenni, grazie alle nuove esigenze di sviluppo e di benessere della società, in
grado di generare un nuovo corso nel rapporto tra queste due materie.
1.1 Le nuove correnti di pensiero economico
L’economia dell’ambiente nacque dopo la metà del XX secolo, stimolata dalla
crescente evidenza delle numerose esternalità negative generate dal modello di
crescita economica incondizionata, che fin dalla prima rivoluzione industriale ha
caratterizzato le economie di buona parte del pianeta.
Detto modello di crescita, stereotipo delle economie occidentali di quel periodo
storico, considerava solamente l’aumento quantitativo del benessere sociale, non
verificando se la quantità fosse affiancata dalla qualità delle migliorie, riferite alla
sfera sociale ed a tutti gli aspetti di natura ambientale, come l’inquinamento, il
consumo smisurato e crescente d’energia, la produzione incontrollata di rifiuti,
quindi a temi d’equità.
La questione ambientale fu presa in considerazione inizialmente alla scala locale,
negli anni settanta fu evidente l’interrelazione delle problematiche ambientali al
livello sovra-regionale e globale.
Kenneth Boulding nel 1966 sviluppò un’idea vincente riferita all’economia
ambientale. Egli sostituì il concetto dell’approvvigionamento illimitato e
incontrollato delle risorse presenti in natura, paragonato all’economia pionieristica
del cowboy di frontiera protagonista dell’epopea western, con la necessità di
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risparmiare e preservare le risorse disponibili, portando come esempio l’economia
all’interno di una navicella in navigazione nello spazio, dove nulla è inesauribile
se consumato senza moderazione. Nello stesso periodo una serie di saggi misero
in discussione il “mito della crescita infinita”, spiegandolo anche attraverso la
prima e la seconda legge della termodinamica2, come i testi di Barry Commoner
(Commoner, 1972).
Si contrappose la nuova idea di uno “stato stazionario e crescita zero” e cambiò
l’approccio della stessa economia nei confronti dell’ambiente, accreditato in
seguito come un bene, una risorsa per la società.
Per tutte quelle risorse considerate rinnovabili (a loro volta differenziate in
rinnovabili biologiche oppure rinnovabili fisiche, come le foreste per il primo
gruppo ed il terreno per il secondo) è importante stabilire il tasso di prelievo tale
da non depauperare ed esaurire le risorse stesse, mentre per quelle stimate non
rinnovabili risulta fondamentale l’individuazione del sentiero temporale.
Durante gli anni settanta le società occidentali iniziarono a considerate l’ambiente
e le risorse naturali come beni economici, scarsi e di limitata disponibilità in
natura. Questi, essendo un bene pubblico, quindi privo di prezzo e di mercato,
richiedono un controllo da parte di uno o più controllori che, coadiuvati da
differenti strumenti, siano in grado di verificarne e distribuire la disponibilità dello
stesso bene.
Le risposte alle numerose questioni affrontate dalla politica e dall’economia
differiscono a seconda del tipo di approccio correlato alla corrente di pensiero
preponderante: neoclassica oppure interdisciplinare (Turner, 2003).
Il pensiero neoclassico genera un accostamento denominato “economia
dell’ambiente”, sviluppando il concetto odierno di scarsità come il criterio di
valutazione economica degli stessi fattori di domanda e d’offerta del mercato.
L’ottimo per la collettività è considerato quello stato dove una miglioria per alcuni
individui può generare una peggiore condizione per altri soggetti. Nella teoria
neoclassica l’allocazione delle risorse avviene sempre in base all’efficienza
2
In particolare il secondo principio della Termodinamica, una delle fondamentali leggi della
natura, indica le strade da evitare perché la vita sulla Terra possa continuare ad esistere. In
particolare evidenzia la tendenza universale ineluttabile verso il disordine (in termodinamica, la
tendenza verso la massima entropia), che è anche perdita dell’informazione e della disponibilità di
energia utile. Questa tendenza, chiamata da Clausius (1850) la «morte termica», porta al cosiddetto
«equilibrio termodinamico», che è appunto la morte dei sistemi biologici e degli ecosistemi,
attraverso la distruzione delle diversità.
Due sono le strade che possono portare a questa situazione:
a) quando, scambiando energia sotto forma di calore, le differenze di temperatura vengono meno,
portando alla livellizzazione delle energie e all’impossibilità pratica di fare qualsiasi cosa, perché
lo scambio di energia utile è impedita;
b) quando un sistema rimane isolato e, consumando le proprie risorse, porta a un grande aumento
di entropia interna e, in ultima analisi, alla propria auto-distruzione.
Per questa ragione i sistemi viventi cercano di evitare la situazione di “equilibrio termodinamico”,
mantenendosi il più lontano possibile da questo, auto-organizzandosi grazie ai flussi di materia e di
energia, che ricevono dall’esterno e da sistemi in condizioni di temperatura e di energia diverse
dalle loro. La Termodinamica porta, storicamente, un punto di vista completamente nuovo sulla
gestione di risorse e di energia.
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allocativa, definita “efficienza paretiana” dalla teoria di Pareto del 18963,
considerando una allocazione efficiente se non è possibile migliorare la
condizione di una parte della collettività senza peggiorare lo stato di altri
individui. Si verrà così a formare una situazione d’efficienza allocativa,
un’efficienza in altre parole senza sprechi. Questa situazione si verifica solamente
nel caso di una condizione di concorrenza perfetta, rara nei contesti attuali di
mercato. Inoltre nella condizione d’efficienza allocativa spesso non viene
considerato il criterio dell’equità della distribuzione delle risorse.
Un tentativo di soluzione del problema sopra esposto fu quello elaborato da
Kaldor e Hicks nel 19394, introducendo nella visione paretiana il livello di
soddisfazione, prevedendo così degli strumenti di compensazione dell’efficienza
in grado di sanare in parte il problema dell’equità (Turner, 2003).
L’approccio impartito dalla scuola neoclassica al tema dell’ambiente è quindi un
metodo definito “debole”, sviluppando una sezione della materia economica
chiamata “economia ambientale”, dove l’ambito disciplinare è solamente quello
dell’ambiente. La scuola neoclassica considera l’uomo come un individuo
razionale, il progresso tecnologico genera una sostituibilità delle risorse e la
concezione della crescita è considerata illimitata o comunque non pregiudicante
per lo sviluppo futuro. Il contesto di studio è fisso, le condizioni del lavoro sono
di eterna incertezza e il sistema cui fare riferimento è quello statico, privo cioè
dell’approccio evoluzionistico.
La scuola istituzionalista, invece, sviluppa durante gli stessi anni un differente
approccio, considerato di “forte sostenibilità” e chiamato “Ecological
Economics . L’ambito di detta scuola è transdisciplinare e varia dall’ambiente
all’ecologia, l’uomo è considerato come una componete del sistema di riferimento
e la sostituibilità riguarda solo alcune risorse. La crescita è vincolata dal limite
della disponibilità delle stesse risorse e l’approccio è di tipo evoluzionistico, dove
le questioni vengono affrontate spesso in condizioni di assoluta incertezza. Il
contesto è considerato dinamico ed inter-relazionale con le connesse questioni
ecologiche, attribuendo una maggiore attenzione per i bisogni degli individui,
considerati non come esseri innati (concetto neoclassico) ma bensì sviluppati nel
corso dei secoli (concetto istituzionalista) (Pannella, 2002).
È diversa anche l’idea della stessa sostenibilità, una dicotomia tra la
massimizzazione delle funzioni sociali, considerate come la somma delle funzioni
individuali per l’Economia Ambientale, oppure una massimizzazione della
funzione ambientale per la Ecology Economics. Dalle differenze sui modelli di
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Nel 1896 Pareto, studiando la distribuzione dei redditi, dimostrò che in una data regione solo
pochi individui possedevano la maggior parte della ricchezza. Questa osservazione ispirò la
cosiddetta "legge 80/20", una legge empirica che fu formulata da Joseph M. Juran, ma che è nota
anche con il nome di principio di Pareto, e che è sintetizzabile nell'affermazione: la maggior parte
degli effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause.
4
Il noto criterio di "compensazione" detto Kaldor-Hicks per confronti in termini di benessere
sociale, presentato nel 1939.
EMAS come Sistema di Gestione del Territorio: il caso del settore estrattivo in Veneto
Riccardo Semenzato
Matr. N°260812
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sostenibilità adottati scaturiscono diversi approcci nei confronti dello stesso
ambiente, con politiche e strumenti di dissimile grado d’incisività.
1.2 Le politiche ambientali
La nascita delle politiche ambientali può essere fatta risalire, pressoché in tutti gli
stati industrializzati, agli anni sessanta. Ciò non significa che nelle normative dei
vari stati non fossero già presenti degli elementi regolativi in campo ambientale,
ma in genere si tratta di norme volte alla tutela della salute pubblica (nel caso
italiano il Testo unico delle leggi sanitarie del 1934) o di specifici interessi
economici (navigazione, pesca, etc.). E’ significativo notare come,
nell’ordinamento italiano, il termine “inquinamento” compaia per la prima volta
nella normativa nella L. n. 963 del 1965, relativa alla pesca marittima (Segre,
1996).
A partire dagli anni sessanta si riscontra invece una crescita quasi esponenziale
della normativa ambientale, focalizzata soprattutto sui processi di produzione,
sulle emissioni e sui rischi derivanti da questi processi, che influirà in modo
crescente sugli aspetti più disparati della vita d’impresa: l’ambiente di lavoro, la
sicurezza, i trasporti, lo smaltimento dei rifiuti, i finanziamenti, le caratteristiche
dei prodotti, etc.
Una fondamentale direttrice lungo la quale si è snodata l’evoluzione delle
politiche ambientali deriva da quello che si è proposto come un dilemma per
l’avvio delle politiche ambientali, e che conserva per molti versi tuttora una sua
validità: il disinquinamento oppure la prevenzione.
Altra questione cruciale nel campo delle politiche ambientali è quella dei tempi
sui quali si articolano le politiche stesse. È possibile operare una distinzione tra
politiche di carattere tattico e politiche di carattere strategico, andando da azioni di
breve periodo ad azioni di periodo medio-lungo (Mutu, 2000). Nel primo caso
abbiamo un insieme piuttosto variegato d’azioni urgenti di recupero, volte a
riportare le condizioni ambientali entro il livello di tolleranza massima, e di
ripristino degli equilibri preesistenti o di un nuovo equilibrio. Esse si rendono
necessarie in quelle situazioni di emergenza in cui gravi rischi di morte biologica
dei recettori (acqua, aria, suolo, etc.) e la salute stessa della popolazione
richiedono degli interventi rapidi.
È poi possibile individuare azioni che si collocano in una prospettiva di medio-
lungo periodo, volte a ricercare situazioni di equilibrio dinamico: le interazioni tra
sistemi socioeconomici e sistemi ambientali sono infatti in continua evoluzione,
coerenti con lo stato dei quadri produttivi e territoriali. Si tratta in questo caso di
andare al di là di interventi emergenziali per incidere in profondità sui meccanismi
produttori di degrado ambientale e territoriale. In un’ottica di lungo periodo si
tratta cioè di innescare meccanismi virtuosi nei processi produttivi, nel consumo
di beni e servizi, nelle modalità di appropriazione e utilizzo delle risorse
territoriali, che siano intrinsecamente coerenti con gli obiettivi di sostenibilità
adottati dalla comunità internazionale per quanto riguarda la progressiva riduzione
EMAS come Sistema di Gestione del Territorio: il caso del settore estrattivo in Veneto
Riccardo Semenzato
Matr. N°260812
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dei carichi ambientali, il risanamento o il recupero del degrado, la conservazione
delle risorse.
Il dilemma profondo delle politiche ambientali si è dunque collocato storicamente
tra i due estremi opposti del disinquinamento e della prevenzione. Un’altra
formula molto efficace per esprimere questa apparente dicotomia è la distinzione
tra interventi “a valle” (end of pine) e interventi “a monte” dei processi di
inquinamento e di degrado ambientale e territoriale (Segre, 1996).
In teoria si tratta di una contrapposizione solo apparente poiché, come si è visto,
corrisponde a due diversi tempi d’attuazione delle politiche ambientali, dal
tamponamento dell’emergenza, all’innesco di processi virtuosi di prevenzione del
degrado se non di produzione di qualità ambientale. Nell’applicazione pratica dei
principi delle politiche ambientali, tuttavia, la contrapposizione si è rivelata non di
rado effettiva, ponendosi come problema di scelta tra due diversi approcci, dai
costi e dai tempi assai differenti, a fronte di limitate risorse destinate all’ambiente
(sia di tipo finanziario, che politico e culturale).
Essa costituisce dunque una direttrice lungo la quale si sono evolute le politiche
ambientali, così come emerge dall’esperienza di paesi come gli Stati Uniti, la
Germania e in diverse politiche comunitarie dell’Unione Europea. In questi
contesti si è già in buona parte realizzata la transizione dalle cosiddette politiche
di prima generazione, orientate alla depurazione a valle dei processi e
caratterizzate da approcci settoriali, per singoli media ambientali, a quelle di
seconda e terza generazione, orientate al recupero, al ripristino e alla prevenzione,
e caratterizzate dallo sforzo di realizzare una forte integrazione delle diverse
politiche settoriali per l’ambiente nelle politiche economico-territoriali (Daly,
2001).
Soprattutto in un paese come l’Italia, dove la suddetta transizione stenta tuttora a
imporsi, la contrapposizione si presenta molto forte. Non solo nel campo
ambientale, ma in tutto ciò che attiene il governo del territorio, la logica
dell’emergenza si è imposta come dato strutturale, quasi una filosofia complessiva
d’intervento con un forte peso inerziale sul piano amministrativo e speculativo.
Sono così apparsi in tutta evidenza i limiti di un approccio che conserva
soprattutto una sua validità di breve e medio periodo, essendo altresì del tutto
evidente che “prevenire è meglio che curare”.
Tenendo presente questa prima direttrice d’analisi (dal disinquinamento alla
prevenzione), ai fini analitici ed espositivi si può prendere in considerazione
un’altra distinzione, a questa trasversale, tra politiche di risanamento e di
ripristino della qualità dei diversi ricettori e quelle che sono definibili come
politiche territoriali ambientali (cioè di intervento sul degrado territoriale e
paesaggistico). Si tratta di una distinzione che presenta degli indubbi margini di
artificialità, date le strette interrelazioni che legano tutte queste politiche. Ad esse
occorre affiancare le politiche relative all’istituzione, alla formazione e
all’informazione ambientale (Pannella, 2002).