5
2. Caratteri della disoccupazione italiana
“La difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è un problema comune a molti
Paesi, ma in Italia è più acuto che altrove. Stiamo rischiando di compromettere
permanentemente il futuro di un'intera generazione. Non è troppo tardi per intervenire, ma
non si può perdere altro tempo”. (Alesina, Giavazzi, 2011)
1
Il tema della disoccupazione giovanile negli ultimi anni è stato al centro delle attenzioni delle
associazioni di categoria, dei governi, delle istituzioni europee nonché dei mezzi di
comunicazione. Ciascuno di essi ha manifestato l’urgenza di una riforma che possa, se non
risolvere, quanto meno limitare il crescente aumento del numero di disoccupati, in particolar
modo dei giovani. La recente crisi economica dalle iniziali distorsioni a livello di alta finanza,
con il passare del tempo a macchia d’olio, ha provocato conseguenze significative
sull’economia reale, determinando consistenti perdite occupazionali nei paesi più deboli da un
punto di vista produttivo. Il rischio default di alcuni Stati europei ha spinto i governi ad
adottare manovre restrittive che potessero tutelare le finanze pubbliche. Per far questo, sono
stati inevitabili i tagli alla spesa, che conseguentemente hanno fatto venir meno tutta una serie
di elementi che facilitavano l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Il grafico n.1,
attraverso una comparazione con la situazione italiana, mostra quali siano stati gli effetti della
crisi sui tassi di disoccupazione giovanile dei paesi maggiormente sottoposti alla recessione
economica. È facilmente rilevabile il consistente innalzamento dei valori negli ultimi anni del
decennio.
In particolar modo colpisce il dato dell’Irlanda, che passa dal 7,6%, un tasso molto al di sotto
della media europea, al 28,8% con un incremento di oltre 20 punti percentuali.
2
Anche la
Spagna, pur avendo storicamente un elevato tasso di disoccupazione giovanile nel 2010 ha
presentato un valore pari al 41,9%, il più alto in termini relativi tra i paesi industrializzati. In
questo contesto l’Italia, grazie ai provvedimenti adottati dalle istituzioni, ha avuto una
maggior capacità di contrastare gli effetti della crisi. Sebbene il tasso di disoccupazione sia
progressivamente aumentato dal 2004, l’incremento è stato inferiore a quello registrato negli
altri paesi europei.
La recente crisi economica non ha certo facilitato l’inserimento dei giovani nel mercato del
lavoro ma sarebbe fuorviante attribuire soltanto a quest’ultima la colpa di un fenomeno che in
1
Citazione tratta dall’editoriale de “Il corriere della Sera”, 10/05/2011
2
Elaborazioni su dati EUROSTAT (2010).
6
Grafico n.1 Andamento dei tassi di disoccupazione giovanile nei Paesi europei
maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria (in termini percentuali)
0,00
10,00
20,00
30,00
40,00
50,00
Spagna Grecia Italia Irlanda UE 27 Portogallo
2000 2002 2004 2006 2008 2010
Fonte: EUROSTAT, Labour Force Survey
Italia è sempre esistito (anche se adesso è paragonabile storicamente soltanto alla situazione
presente alla fine degli anni settanta). Varie sono state le cause che in questi ultimi anni hanno
contribuito ad aggravare la situazione. Tra il 2008 e il 2010 il numero di occupati è diminuito
di 532 mila unità. La perdita di posti di lavoro ha riguardato per lo più le persone residenti nel
Mezzogiorno, cosicché in quest’area l’occupazione è tornata ai livelli di inizio decennio
[ISTAT, 2010].
3
A seguito della crisi economica mondiale, che a partire dal secondo semestre del 2008 si è
abbattuta sull’Italia, il numero di disoccupati attualmente ammonta a 2 milioni 11 mila unità
4
,
un livello in termini percentuali non molto dissimile da quello degli altri paesi europei come è
osservabile dal grafico n.2.
Nel contesto europeo, infatti, la disoccupazione italiana si caratterizza non tanto per il livello
quanto per le caratteristiche che ne fanno un caso quasi unico.
Lo stereotipo del disoccupato in Italia è molto diverso per età, esperienza lavorativa e
posizione familiare da quello presente in Francia o Gran Bretagna. A cercare lavoro sono
soprattutto i giovani e le donne. In generale, il tasso di disoccupazione presenta valori elevati
per i giovani, poi raggiunge il minimo per i quarantenni, infine quasi non aumenta per gli
anziani [Reyneri, 2005].
Per questo motivo l’Italia è il paese europeo che detiene il primato della discriminazione per
età: a tassi alti di disoccupazione giovanile, secondi soltanto alla Spagna, corrisponde un tasso
di disoccupazione per gli adulti molto contenuto, al punto tale da essere quasi più basso di
quello dei paesi che presentano una situazione pressoché di pieno impiego (Austria, Olanda e
3
I dati sono ricavati dal rapporto annuale ISTAT “La situazione del Paese nel 2010”
4
Elaborazione su dati EUROSTAT (2011)
7
Grafico n.2 Tassi di disoccupazione dei paesi europei
Fonte: EUROSTAT, 2010
Danimarca). Si spiega cosi il fatto che tra le persone in cerca di un’occupazione l’Italia
presenta la minore quota di adulti e la maggiore di giovani.
Su 10 persone in cerca di lavoro 7 hanno meno di 29 anni, mentre in Germania i giovani non
sono neppure 3 su 10 e in Francia e Gran Bretagna rispettivamente 4 e 5
5
[Reyneri, 2005].
Soltanto poco più del 10% di chi cerca lavoro ha precedenti esperienze lavorative.
Riguardo al caso italiano, i sociologi parlano di “disoccupazione da inserimento” poiché
siamo il paese ove maggiore è la presenza di disoccupati in cerca di primo lavoro:
“Il disoccupato italiano è quanto di più lontano dallo stereotipo classico del maschio adulto,
che ha perso un lavoro operaio per lo più nell’industria.”(Reyneri, 1997, p.14).
Le peculiarità riguardanti la struttura del sistema produttivo, previdenziale e industriale hanno
determinato una diversa attenzione verso le categorie “svantaggiate” sul mercato del lavoro.
Nei paesi dell’Europa centrosettentrionale, le persone in cerca di lavoro sono per lo più
maschi adulti, cioè capifamiglia, per cui è l’intera collettività che paga la disoccupazione
attraverso il sistema fiscale. Gran parte di questi riceve sussidi pubblici. In Italia, invece, dove
le persone in cerca di lavoro sono per lo più giovani che vivono con i genitori, il salato costo
della disoccupazione è pagato dalle famiglie [Reyneri, 2005]. Il sistema economico e politico
italiano, caratterizzato da una bassa capacità di creare occupazione e da una scarsa attenzione,
in termini di risorse, verso le persone prive di lavoro, ha portato ad una situazione nella quale
si preferisce “scaricare” la disoccupazione sui giovani e sulle donne, poiché questi possono:
consolidare la propria identità sociale anche al di fuori del mercato del lavoro, essere sostenuti
e assistiti dalla famiglia e quindi subire l’esclusione dall’occupazione senza conflitti o
tensioni.
5
Elaborazione su dati OECD (2010)
8
Senza lavoro una donna può diventare una “casalinga” e un giovane rimanere uno
“studente”, mentre un maschio adulto è sempre e comunque un disoccupato (Reyneri, 1997,
p.23).
A conferma di tale tesi basta prendere in considerazione i dati statistici. Nel biennio 2009-
2010 i giovani sono stati i più colpiti dalla recessione, con una perdita di 482mila unità.
6
Attualmente i giovani under 35 alla ricerca di un lavoro sono 1.183.000. Il tasso di
occupazione
7
specifico, diminuito tra il 2004 e il 2008 dal 49.7 al 47.7%, è calato negli ultimi
due anni di circa 6 punti percentuali. Nel 2010 era occupato circa un giovane su due nel Nord
e meno di tre su dieci nel Mezzogiorno
8
. Per rendersi conto in che senso l'elevato tasso di
disoccupazione giovanile in Italia sia anomalo occorre metterlo a confronto con quello di un
gruppo di paesi OCSE
9
.
La tabella n.1 riporta, esprimendoli in punti percentuali, i tassi di disoccupazione totale
10
(15-
64 anni), giovanile (15-24 e 25-34), non giovanile (35-64) e il rapporto tra disoccupazione
giovanile e non giovanile
11
.
Da questi dati è possibile ricavare alcune importanti informazioni. Innanzitutto non ci sono
differenze nel ranking tra giovani e non giovani: la disoccupazione giovanile è regolarmente
più elevata di quella del resto della popolazione attiva.
Tuttavia ci sono importanti differenze nei livelli di disoccupazione giovanile tra i paesi
considerati. Nella tabella comparativa si va dal 43% della Spagna all'8% dell’ Olanda.
In questo contesto la peculiarità dell'Italia non è solo l'elevata disoccupazione giovanile, ma il
divario fra giovani e adulti. Il rapporto tra il livello di disoccupazione dei giovani e quello
6
Dati ricavati dal rapporto annuale ISTAT “La situazione del Paese nel 2010”.
7
Il tasso di occupazione è dato dal rapporto tra occupati e popolazione attiva. E’ un indicatore che misura non
soltanto il livello della domanda di lavoro ma anche il grado di benessere economico.
8
I dati provengono dal Rapporto annuale ISTAT “La situazione del Paese nel 2010”
9
L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) o Organisation for Economic Co-
operation and Development - OECD è un'organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri,
paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un'economia di mercato.
L'organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva che fornisce un'occasione di
confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l'identificazione di pratiche
commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri
.
.L'OCSE conta 34
paesi membri e ha sede a Parigi, nello Château de la Muette.
I dati sopra forniti provengono dal database Eurostat sul mercato del lavoro nel quarto trimestre del 2010
10
Il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze lavoro, indica
quanti non trovano lavoro su ogni cento che lo cercano
11
Il tasso di disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 35 e 64 anni è stata calcolata sulla base di formule
matematiche. Ad oggi, purtroppo, nelle statistiche OECD e EUROSTAT il dato riguardante tale fascia di età non
viene esplicitamente riportato. Tra l’altro risulta poco chiara la ragione per cui due organismi internazionali
molto influenti, quali sono EUROSTAT e OECD, prendano in considerazione due fasce di età diverse per
studiare il fenomeno della disoccupazione giovanile. In particolare la prima usa fondamentalmente le fasce di età
25-34 anni e/o 15-39 anni . La seconda basa fondamentalmente le sue analisi facendo riferimento alla fascia
d’età 15-24 anni.
9
Tabella n.1 Tassi di disoccupazione giovanile, non giovanile, e rapporto tra i due valori
Fonte: OECD, 2010
degli adulti è 5,4 in Italia, contro il 2,8 dell'area Euro e l’1,5 in Germania.
Questa differenza si riscontra ovunque in Italia, sia al Nord sia nel Meridione. In qualche
regione del Nord il valore è addirittura più alto che al Sud. Ad esempio, il rapporto fra
disoccupati giovani e adulti è 4,8 in Emilia-Romagna e 3,2 in Sardegna
12
. Questo rapporto è
una misura di quanto il mercato del lavoro protegga chi un lavoro ce l'ha, cioè gli adulti. Più il
rapporto è elevato, più i giovani sono esclusi.
“In altre parole, il mercato del lavoro in Italia è molto più chiuso ai giovani che in altri Paesi
europei e lo è forse di più al Nord che al Sud. È un'osservazione importante perché ci dice
che il mancato lavoro dei giovani non è solo un problema collegato specificamente al
Mezzogiorno: dipende da regole e istituzioni nazionali, che escludono i giovani sia a Napoli
che a Torino”
13
(Alesina, Giavazzi, 2011).
Al di là dei proclami delle più alte cariche dello Stato e dei rappresentanti delle associazioni
di categoria poco è stato fatto e poco si fa per incentivare le imprese a facilitare l’ingresso dei
giovani nel mercato del lavoro. Il problema della disoccupazione giovanile in Italia c’è
sempre stato e tutti ne sono a conoscenza. Certo, i primi responsabili sono quegli stessi
giovani che, preferendo restare disoccupati piuttosto che mettersi in gioco in lavori
12
Elaborazione su dati ISTAT (2011).
13
Citazione tratta dall’articolo del Corriere della Sera “ Per aiutare i giovani tagliamo le loro tasse”.
15-64 anni 15-24 anni 25-34 anni 35-64 anni
15-24/
35-64
Spagna 20.3 42.8 22.2 16.8 2.54
Grecia 14.2 36.9 16.7 11.4 3.23
Italia 8.7 29.8 11.9 5.5 5.41
UK 7.7 19.9 7.7 4.8 4.14
Irlanda 14.1 28.8 14.6 11.7 2.46
Francia 9.9 23.5 10.5 7.6 2.97
UE (27 paesi) 9.5 20.7 11.2 7.3 2.83
USA 9.2 17.4 10.1 6.9 2.52
Danimarca 7.3 13.3 8.3 5.2 2.55
Germania 6.5 8.4 7.9 5.6 1.50
Giappone 4.8 8.3 6.1 3.9 1.84
Olanda 4.2 8.1 4.1 3.2 2.53
10
probabilmente più umili e duri, non si rendono conto delle opportunità che perdono, non solo
da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista socio-relazionale.
Volendo analizzare le caratteristiche del giovane disoccupato è interessante notare che i tempi
di ricerca di un’occupazione sono in media inferiori rispetto a quelli che deve sopportare un
adulto. In media 10 mesi tra i 15 e i 24 anni. Tuttavia, la disponibilità immediata ad un lavoro
è in parte subordinata alla qualità dell’impiego offerto. Da una recente inchiesta
14
, è stato
rilevato che il 58% dei senza lavoro accetterebbe un’offerta soltanto se si trattasse di
un’occupazione lavorativa conveniente in termini economici e contrattuali. Tutto questo è
indubbiamente legato all’appoggio e al sostegno delle reti familiari; il fatto di essere alla
ricerca di un lavoro da più tempo o la presenza di situazioni contingenti più stringenti portano
gli individui ad aumentare la propria apertura nei confronti di qualsiasi occasione di lavoro.
Questo dato è in parte confermato dalla percentuale di ragazzi che dichiara di aver rifiutato
un’offerta di lavoro negli ultimi 30 giorni, pari al 14% nella classe di età 14-25 anni. Una
retribuzione non sufficiente e una forma contrattuale non adeguata alle proprie esigenze sono
le motivazioni principali del rifiuto dell’offerta di lavoro ricevuta.
2.1 Le differenze territoriali Nord-Sud
Come sempre avviene le medie a livello nazionale nascondono realtà molto diverse. Il
problema della disoccupazione giovanile italiana risulta difficile da analizzare e non può
essere pienamente compreso se non facciamo riferimento alla diversa situazione che sussiste
al Nord e al Sud. La differente struttura della base economica ha giocato un ruolo
fondamentale nella divergenza dei tassi di disoccupazione. I profondi squilibri regionali
hanno spinto gli studiosi a definire quella italiana come un’economia dualistica. Si delinea, di
conseguenza, un quadro caratterizzato da un vero e proprio “dualismo occupazionale”
[Antonelli, 1999]. La gravità della situazione in Italia è in buona parte determinata da vistosi
squilibri settoriali e territoriali. Al Nord, il problema di una disoccupazione giovanile che
fosse anche intellettuale non si è mai posto perché il sistema economico è sempre stato capace
di garantire velocemente lavoro ai giovani istruiti, che laureatisi o diplomatisi hanno avuto
l’opportunità di mettere immediatamente a frutto le conoscenze maturate prima a scuola e poi
eventualmente all’Università. La disoccupazione giovanile, neppure negli anni settanta, si
caratterizzava come intellettuale: solo per i diplomati il tasso di disoccupazione era superiore,
14
Fonte Isfol Plus, 2005.