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CAPITOLO I
CONTESTO STORICO – DOGMATICO
DEL IV SECOLO
«La fede dei trecentodiciotto santi Padri, convenuti a Nicea di Bitinia
non deve essere abrogata, ma deve rimanere salda; si deve
anatematizzare ogni eresia, specialmente quella degli eunomiani o
anomei, degli ariani o eudossiani, dei semiariani e pneumatomachi,
dei sabelliani, dei marcelliani, dei fotiniani e degli apollinaristi»
9
.
Il primo canone del Concilio di Costantinopoli del 381 sembra
condensare in poche righe il clima tumultuoso ed il panorama
teologico del IV sec. nel quale è vissuto Basilio Magno. Tale canone
permette di cogliere l’intenso fermento e la forte crescita per la vita
ecclesiale e teologica avutasi nell’arco del IV sec. e specialmente
manifestata nei sinodi e nei primi due Concili Ecumenici di Nicea nel
325 e di Costantinopoli nel 381.
«Il periodo che si estende approssimativamente dalla seconda metà del
IV alla prima del V sec può essere considerato come il piø brillante
della Chiesa antica per le personalità che lo hanno illustrato e la
qualità delle opere filosofiche, teologiche e spirituali che vi sono state
prodotte»
10
.
¨ stato un secolo di vera e propria inculturazione nel quale
«l’evoluzione culturale del tempo e le ricerche del mondo greco e
latino hanno avuto le loro ripercussioni immediate sul linguaggio
9
CONCILIO DI COSTANTINOPOLI I, Canone 1, in DS 151.
10
J. LI¨BAERT – M. SPANNEUT – A. ZANI, Introduzione generale allo studio dei
padri della Chiesa, Brescia
2
2012, 193.
7
teologico»
11
. Il bisogno di interrogare, approfondire e definire la fede
è stata una naturale esigenza dei primi cristiani nel tempo della Chiesa
nascente, in quanto da una parte si doveva tradurre ciò che la Bibbia
trasmetteva nel linguaggio greco–latino
12
e dall’altra vi era la
necessità di conservare l’integrità della fede dalle perniciose eresie e
dalle false credenze. Del resto le questioni che a partire dal II-III
secolo interpellavano la fede cristiana erano per lo piø esigenze di
comprendere lo sviluppo della fede monoteistica in un monoteismo
trinitario:
«se il cristianesimo vuol tener fede al monoteismo veterotestamentario
come può accordarlo con la triplice manifestazione del Padre, Figlio e
Spirito Santo del NT? Si tratta forse soltanto di tre “maschere”
dell’unica realtà divina per sØ inconoscibile? La Trinità dell’economia
salvifica è identica alla Trinità immanente? Dio è così come ci si
rivela o si adatta alla nostra capacità di percezione mutandosi?»
13
.
Tali interrogativi hanno suscitato nella storia della Chiesa un
notevole sviluppo dogmatico mostrando come «gli assiomi
fondamentali della fede trinitaria si sono “decantati” a confronto con
due indirizzi dottrinali antitetici: da una parte il monarchianesimo
14
,
11
B. SESBOÜÉ, Lo spirito senza volto e senza voce. Breve storia della teologia dello
Spirito Santo (Universo Teologia 92), Cinisello Balsamo 2010, 24.
12
Cf. Ivi.
13
L. PADOVESE, Introduzione alla Teologia Patristica (Introduzione alle discipline
teologiche 2), Casale Monferrato 1995, 83.
14
Per monarchianesimo intendiamo coloro che «mantengono l’unicità di natura e di
persona del Dio veterotestamentario […] e negano una personalità distinta in Gesø
Cristo, le cui azioni, comprese la morte, vengono attribuite al Padre. Per i
monarchiani Padre e Figlio sono nomi correlativi di Dio e la loro distinzione sarebbe
semplicemente terminologica. Dio nella sua solitudine eterna è Padre, dopo
l’incarnazione è Figlio. Di conseguenza, confessando Cristo come Dio, si confessa il
Padre, che è l’unico Dio». A. AMATO, Gesø il Signore. Saggio di cristologia (Corso
di teologia sistematica 4), Bologna
8
2012, 220.
8
nella sua duplice forma di adozionismo
15
e di modalismo
16
e dall’altra
il subordinazionismo che riteneva il Figlio inferiore al Padre e lo
Spirito inferiore al Figlio»
17
, la difficoltà consisteva quindi nel
conciliare in Dio l’Uno e il Tre. Inizialmente la paura piø grande era
quella di cadere nel politeismo, preferendo dire che il Figlio e lo
Spirito non erano altro che manifestazioni o modi di esprimere per noi
il Padre, unico vero Dio
18
. «Come affermare che Dio è uno, ma che
non è una sola persona divina? Si tratta di una questione di fede: non
accontentarsi del monoteismo da una parte e dall’altra non intendere la
Trinità come se ci fossero tre divinità»
19
. A partire dalla necessità di
approfondire globalmente la fede cristiana, il IV sec. si apre con la
“questione del Figlio” dato che «nella storia della comprensione della
Trinità, il rapporto tra il Padre e il Figlio è stato per primo oggetto di
approfondimento e di definizioni»
20
. La prima grande eresia del IV
sec. sarà proprio l’arianesimo. Successivamente alle dispute sul Figlio,
l’attenzione si sposterà sulla natura e sulla relazione dello Spirito
Santo all’interno della Trinità.
Per comprendere adeguatamente il contesto di cui si vuole
parlare, lo sviluppo dogmatico e le controversie che hanno coinvolto
15
Per adozionismo intendiamo coloro che «ritenevano che il Dio unipersonale non
aveva un figlio naturale. Per questo Dio poteva adottare come figlio qualsiasi
creatura». Ivi, 218.
16
Per modalismo intendiamo la corrente della dottrina trinitaria (detta anche
sabellianesimo dal nome del suo principale rappresentante Sabellio) affermante «che
il Padre, il Figlio e lo Spirito sarebbero solo manifestazioni fenomeniche (modi) del
Dio unipersonale nel mondo. Nella creazione Dio apparirebbe come Padre, nella
redenzione come Figlio, nella santificazione come Spirito. Padre, Figlio e Spirito
non connoterebbero perciò una realtà interna a Dio, ma solo manifestazioni
fenomeniche ed energie di un’unica ipostasi verso l’esterno». G. L. MÜLLER,
Dogmatica cattolica. Per lo studio e la prassi della teologia (L’abside saggi di
teologia 71), Cinisello Balsamo 2013, 513.
17
PADOVESE, Introduzione alla Teologia Patristica, 83.
18
Cf. SESBOÜÉ, Lo spirito senza volto e senza voce, 25.
19
M. TENACE, Cristiani si diventa. Dogma e vita nei primi tre concili, Roma 2013,
104.
20
Ivi, 102.
9
in prima persona Basilio circa la divinità dello Spirito Santo,
passeremo necessariamente in rassegna le principali fasi della
riflessione teologica del IV sec., individuando tre “periodi”, il secondo
dei quali approfondirà in modo schematico l’insorgere delle eresie
sullo Spirito Santo e alcuni accenni alla vita di Basilio:
- dal 300 al 325: la questione del “Figlio” e il Concilio di Nicea;
- dal 325 al 380: la nascita delle eresie pneumatomache sullo
Spirito Santo;
- Elementi pneumatologici del Concilio Costantinopolitano I.
1. Dal 300 al 325: la questione del “Figlio” e il Concilio di Nicea
Come abbiamo già accennato, la questione sulla divinità del
Figlio si estende per tutto il IV secolo e i suoi prodromi sono presenti
già nella teologia eretica di Ario, il quale con la illustrazione della sua
dottrina contribuirà in maniera consistente alla convocazione del
primo concilio ecumenico a Nicea
21
. Dobbiamo comprendere, dunque,
in modo sintetico la personalità di Ario e in modo certamente piø
necessario la sua dottrina per riuscire ad entrare con sufficiente
chiarezza nelle eresie che successivamente sorgeranno riguardo lo
Spirito Santo sulle quali Basilio si confronterà.
1.1 Ario e la dottrina Ariana
21
Cf. B. SESBOÜÉ, La divinità del Figlio e dello Spirito Santo (secolo IV), in B.
SESBOÜÉ – J. WOLINSKI (curr.), Il Dio della Salvezza I-VIII secolo. Dio, la Trinità, il
Cristo, l’economia della Salvezza (Storia dei Dogmi I), Casale Monferrato
2
2000,
214.
10
Ario (260?–336) è un presbitero della Chiesa di Alessandria,
allora metropoli intellettuale dell’antichità e capitale culturale
dell’impero, che verso il 318–320 ha iniziato a diffondere, attraverso
la predicazione, in modo autonomo una propria concezione della
trascendenza assoluta di Dio e della relazione esistente nella Trinità
tra il Padre e il Figlio
22
. Avviene così un primo conflitto a livello
“parrocchiale” allorquando «i fedeli si agitano di fronte alla
predicazione del loro “curato” sul Figlio di Dio, che egli diceva
“creato nel tempo”, e si appellano al vescovo»
23
. Il suo vescovo
Alessandro lo sollecita quindi a tenere due dibattiti pubblici davanti al
clero, dopo i quali sarà invitato ad abbandonare necessariamente
quella tesi giudicata erronea e a rivedere la sua predicazione
ritornando ad insegnare la reale divinità del Figlio. Ario non
obbedisce al suo Vescovo e anzi coglie proprio questa occasione per
accusarlo di sabellianesimo
24
. Egli sosteneva che solo il Padre è
l’ingenerato e di conseguenza il Figlio, avendo un proprio principio e
derivando dal nulla, altro non era che una creatura. Accentuando
esageratamente la posizione subordinazionista, giunse a porre il Figlio
dalla parte delle creature. Solo il Padre è la monade assolutamente
trascendente, il Figlio, gli è inferiore per natura, per rango, per autorità
e per gloria
25
.
«Il vero Dio assolutamente unico è Dio Padre. All’infuori di lui non
può esserci altro Dio nel senso vero del termine. Per Ario infatti, il
condividere con altri la natura divina sarebbe ammettere una pluralità
di esseri divini e ritenere divisibile e mutabile la stessa natura divina.
Pertanto, ogni cosa esistente all’infuori del Padre è creatura del Padre,
a lui subordinata. Egli è creatura perfetta di Dio: “non è eterno nØ
22
Cf. AMATO, Gesø il Signore. Saggio di cristologia, 229–231.
23
SESBOÜÉ, La divinità del Figlio e dello Spirito Santo (secolo IV), 215.
24
Vedi nota 16 sul modalismo.
25
Cf. AMATO, Gesø il Signore. Saggio di cristologia, 230.
11
coeterno, nØ ingenerato insieme col Padre, nØ ha l’essere insieme col
Padre”»
26
.
Se soltanto il Padre è vero Dio, vuol dire che le tre ipostasi
divine non condividono la stessa sostanza (ousia). Alla base del
pensiero di Ario vi era il desiderio di salvaguardare il monoteismo e di
lasciare nello stesso tempo che il Logos sia mediatore tra Dio e il
mondo
27
. «Ario rappresenta l’effetto di una tendenza giudaizzante
all’interno del cristianesimo, perchØ accetta Cristo, ma lo subordina al
Dio unico»
28
. Al di la del Padre, le altre due ipostasi risultano essere
“dio” soltanto in senso figurato essendo state collocate nell’ordine
delle creature e sottratte alla sfera divina. Di conseguenza la crisi di
Ario risulta essere non soltanto cristologica, ma anche trinitaria,
perchØ negando la consustanzialità del Figlio con il Padre, distrugge
completamente la novità della rivelazione della tri-unità di Dio
29
.
Volendo sintetizzare in modo semplice e chiaro le tesi di Ario,
potremmo riassumerle attraverso le seguenti affermazioni:
«Il Verbo non coesiste dall’eternità con il Padre. Il Verbo è stato
creato dal nulla. Il Verbo non è figlio naturale e propriamente detto
del Padre. La natura del Figlio non procede da quella del Padre. Il
Verbo è per natura soggetto a mutamento, fisicamente e
moralmente»
30
.
Cioè Ario nega la figliolanza eterna del Verbo e la sua
consustanzialità con il Padre, pur riconoscendogli in modo derivato il
titolo di “figlio di Dio”; contestualmente nega anche l’esistenza
26
Ivi.
27
Cf. MÜLLER, Dogmatica cattolica. Per lo studio e la prassi della teologia, 409.
28
TENACE, Cristiani si diventa. Dogma e vita nei primi tre concili, 41.
29
Cf. A. STAGLIANÒ, Il mistero del Dio vivente. Per una teologia dell’Assoluto
trinitario (Corso di teologia sistematica 3), Bologna 2002, 245.
30
AMATO, Gesø il Signore. Saggio di cristologia, 231.
12
dell’anima umana di Cristo, perchØ il Verbo, creatura eccellente di
Dio, avrebbe soltanto assunto un corpo umano
31
.
La sua dottrina si diffuse in poco tempo in tutto l’Oriente
32
.
«Davanti all’ampiezza che la questione stava assumendo, Alessandro
riunisce ad Alessandria, verso il 320, un sinodo locale dei vescovi
d’Egitto e di Libia, che condanna, depone e scomunica Ario»
33
.
Questa decisione fu comunicata e resa nota a tutti i vescovi e di
conseguenza Ario fu costretto a rifugiarsi in Palestina e poi dal suo
protettore Eusebio a Nicomedia. La confusione tra i vescovi e le
svariate “scuole” teologiche, aveva prodotto un clima di forte
disorientamento che sembrava potesse condurre di li a poco ad una
scissione delle chiese. A tal proposito venne convocato il primo
Concilio Ecumenico tenuto a Nicea.
1.2 Concilio di Nicea
Il turbamento religioso registrato in questi primi decenni del IV
sec., spinse l’imperatore regnante Costantino a cercare una soluzione
per ristabilire la pace religiosa e l’ortodossia. Ed è cosi che nel giugno
del 325 venne convocato da Costantino il grande, il primo Concilio
Ecumenico a Nicea, città vicina a Nicomedia, capitale orientale
dell’impero e residenza dell’imperatore. Al concilio presero parte tra i
250 e i 300 vescovi principalmente delle regioni Orientali, Asia
Minore, Siria, Palestina ed Egitto ed una stregua rappresentanza della
chiesa “Occidentale” tra cui Osio, vescovo di Cordova, che sembra sia
stato un delegato della sede di Roma. La questione da trattare era
31
Cf. MÜLLER, Dogmatica cattolica. Per lo studio e la prassi della teologia, 409.
32
Cf. SESBOÜÉ, La divinità del Figlio e dello Spirito Santo (secolo IV), 215.
33
Ivi.
13
naturalmente il problema ariano al quale i padri dovettero dare delle
risposte convincenti
34
. «La principale difficoltà incontrata dagli
avversari di Ario sarebbe stata quella di arrivare a comporre per
mezzo di sole espressioni scritturistiche una formulazione di fede tale
da escludere senza possibilità di equivoco gli errori di Ario»
35
. Il
confronto sull’arianesimo cominciò con la proposizione di una
formula di fede, fatta dai collucianisti, favorevoli ad Ario, ma questa
formula fu scartata
36
.
«Di fronte alla sottigliezza degli avversari, i padri conciliari non
trovarono di meglio che ricorrere ad un termine formalmente non
scritturistico, homoousios: era un termine che gli ariani non potevano
assolutamente ammettere, cioè che il Figlio fosse della stessa ousia
(sostanza, essenza) del Padre, sì che o accentandolo avrebbero
sconfessato il punto centrale della loro dottrina allineandosi con
l’ortodossia, oppure rifiutandolo si sarebbero esposti alla condanna»
37
.
Il termine ὁμοούσιον diviene quindi per il Concilio di Nicea il
baluardo della vera fede e dell’ortodossia. Tale termine è stato, come
abbiamo visto, elaborato attentamente dai padri che hanno pensato di
inserirlo, unitamente ad altre precisazioni, ad uno o piø simboli–base,
tra cui il simbolo
38
già professato nella chiesa di Cesarea e che al
Concilio fu presentato e proposto da Eusebio di Cesarea
39
.
Il risultato di tale elaborazione è stata la stesura del vero e
proprio “Symbolum Nicaenum”
40
, che risulta chiaramente composto da
34
Cf. TENACE, Cristiani si diventa. Dogma e vita nei primi tre concili, 46.
35
M. SIMONETTI, La crisi ariana nel IV secolo (Studia ephemeridis “Augustinianum”
11), Roma 1975, 82.
36
Cf. SESBOÜÉ, La divinità del Figlio e dello Spirito Santo (secolo IV), 222.
37
SIMONETTI, La crisi ariana nel IV secolo, 83.
38
Cf. DS 40.
39
Cf. AMATO, Gesø il Signore. Saggio di cristologia, 233.
40
Cf. DS 125.