4
Capra, Bateson, Watts e altri hanno indagato l’essere umano, le relazioni che esso
intrattiene, le forme di comunicazione che esso attua, le forme di vita che realizza
cercando di adottare i suggerimenti derivanti dalle più svariate esperienze al fine di
ampliare la comprensione di alcuni fenomeni della comunicazione umana in generale e
in particolare per ciò che concerne la comunicazione terapeutica. Sulla scia di queste e
di altre ricerche, abbiamo operato non tanto al fine di approfondire un singolo
argomento della ricerca, ma allo scopo di esplorare il terreno della comunicazione
terapeutica, con persone in situazione di disagio psicologico, a partire da questo punto
di vista integrante, esito di contaminazioni tra diversi linguaggi e differenti prospettive.
Abbiamo cercato di adottare in questa sede non una teoria ma una costellazione di
interventi e di riferimenti, facendo riferimento al concetto di bootstrap
1
elaborato in
fisica da Geoffrey Chew (Chew, 1961). Questo approccio potrebbe rivelarsi fruttuoso
poiché permette alla ricerca di aprirsi continuamente al mutamento e la rende capace di
accogliere influssi di ulteriori analisi e speculazioni. Ci siamo avvalsi dello sfondo
teorico segnato da alcuni grandi pensatori occidentali del XX secolo quali F. Capra, G.
Bateson, R.D. Laing, Watzlawick, A.Watts e abbiamo inoltre tentato di integrare in
questa ricerca i contributi del pensiero Zen. Come già indicato dagli autori citati,
reputiamo infatti che esistano importanti punti di contatto tra queste tradizioni
indubbiamente diverse, a livello di superficie, ma non idiosincratiche e, in particolare,
avvertiamo la possibilità, per queste diverse tradizioni, di integrarsi all’interno di un
paradigma di tipo sistemico
2
.
Nel primo capitolo abbiamo voluto giustapporre i contributi provenienti da aree
disciplinari che difficilmente comunicano tra loro. Abbiamo fatto pertanto riferimento
alle prospettive nate in diversi luoghi e in diversi tempi. Un forzatamente breve accenno
alla storia del pensiero occidentale ci ha permesso di mettere a fuoco i punti che, in
1
Il concetto di bootstrap (tirante a stivale) ha trovato larga applicazione in ambito scientifico,
dall’elettronica allo studio di teorie fisiche in grado di integrare la relatività ai principi della meccanica
quantistica.. Rimanda a concetti di coerenza interna, o di ordine implicato, concetti che approfondiremo
nei capitoli seguenti. (Per sviluppi ulteriori rimandiamo a Capra, 1982, p.79-82)
2
“La teoria dei sistemi guarda al mondo in funzione dell’interrelazione e dell’interdipendenza di tutti i
fenomeni, e in questo schema di riferimento un tutto integrato le cui proprietà non possano essere ridotte
a quelle delle sue parti è designato come un sistema.” (Capra, 1982, p.39)
5
seguito, abbiamo riletto in una visione olistica. Si discuterà di come, in ambito
scientifico, da un pensiero sostanzialmente dualistico, cartesiano, si sia passati a
considerare forme di conoscenza che non possono esimersi dal problematizzare il ruolo
del ricercatore e concetti tradizionalmente considerati oggettivi, fattuali, reali. I
riferimenti principali includono i contributi di Heisenberg, Einstein, Chew e Bohm. Il
passaggio alla fisica “post-moderna” è stato segnato dall’introduzione di nuove
concezioni del tempo e dello spazio (nonché l’elaborazione di idee molto innovative
come quelle di olonomia, ordine implicato, relatività, fisica quantistica,etc.) ed ha
indotto, inoltre, un’ampia riflessione sui temi fondanti della cultura occidentale, primo
tra tutti quello di soggetto. Abbiamo quindi fatto riferimento agli studi di alcuni autori
che si sono occupati degli aspetti filosofici ed epistemologici di questi temi, tra cui
Benveniste, Nietzsche, Wittgenstein e Foucault. In seguito abbiamo cercato di cogliere
affinità tra quanto evidenziato e le filosofie orientali attraverso Lao Tzu, Capra e Watts.
Nel secondo capitolo abbiamo cercato di utilizzare questi concetti nel ri-definire alcune
idee importanti per la nostra ricerca. A partire da una nuova epistemologia abbiamo
problematizzato alcuni concetti quali “salute”, “malattia”, “benessere”, “schizofrenia” e
“soggetto”. A questo punto il nostro intento è stato quello di utilizzare questi schemi
teorici per compiere un’osservazione di alcune dinamiche comunicative, in particolare
di quelle che potrebbero essere alla base di patologie quali la schizofrenia. Nello
specifico ci siamo avvalsi degli studi di Laing, Esterson, Bateson, Watzlawick, Haley e
Jackson sulla natura sostanzialmente relazionale della schizofrenia, abbiamo introdotto
il concetto di doppio vincolo, e quindi analizzato alcune conversazioni in terapia
congiunta con paziente designato, nonché discusso delle forme di comunicazione
“malata” individuate da Laing.
Nel terzo capitolo abbiamo individuato e analizzato con l’ausilio di alcune ricerche
condotte da Laing, Sclavi, Madonna, da Kenny e Combs, le forme “sane” di
comunicazione, quelle che portano al benessere e alla guarigione. Abbiamo notato come
il doppio vincolo possa essere in realtà utilizzato al fine di guarire e come questo faccia
parte da tempo di alcune discipline buddiste o ancora abbiamo analizzato le reti a
6
Discorso Vivente secondo Kenny, la possibilità secondo la Terapia Narrativa di
riscrivere la propria storia e le regole dell’ascolto secondo Sclavi. Quindi siamo
pervenuti allo scopo finale di questo studio, analizzando le caratteristiche a livello della
comunicazione dell’intervento terapeutico, dando risalto alle convergenze che questo
disvela con alcuni metodi utilizzati nelle filosofie orientali di liberazione, grazie
all’articolato studio di G. Madonna (in particolare alle distinzioni tra Azione Formale e
Azione Processuale, all’uso del sillogismo in erba e di diverse tecniche che permettono
l’uscita dal disagio). Tutto questo al fine di mettere in evidenza alcuni passaggi che
possano permettere lo strutturarsi di nuove forme terapeutiche. Concordiamo infatti con
Grof (Grof, 1996, p.26) quando afferma che “E’ ormai fuori di dubbio che abbiamo
bisogno di una scienza psicologica aggiornata, che sia in sintonia con gli ultimi
sviluppi della ricerca sulla coscienza e che completi l’immagine del cosmo che si sta
profilando attraverso le più recenti ricerche della fisica”.
Il quarto capitolo riporta gli esiti di tre interviste semi strutturate che abbiamo avuto
potuto svolgere con tre testimoni di questi approcci, che attualmente conducono ricerche
e operano professionalmente sulla base di concetti “ecologici”. L’interesse è stato quello
di conversare con loro al fine di comprendere come effettivamente, a partire dalle stessa
riflessioni di trattate in modo teorico in questa sede, si operi concretamente in ambito
terapeutico. Questi interventi permettono di giustapporre contributi, tra loro diversi nel
linguaggio utilizzato, ma indubbiamente meno dal punto di vista delle possibilità cui si
apre la nuova comunicazione terapeutica.
La prima intervista è stata ad Angela Maria Toschi che opera principalmente di terapia
congiunta o di gruppo secondo l’indirizzo psicosintetico,la seconda a Enzo Moietta,
docente di filosofia sensibile ai temi epistemologici, al tema della soggettività, e alla
speculazione in ambito linguistico, e autore di un libro su Bateson. Infine abbiamo
potuto conversare con Giovanni Madonna, autore di uno dei testi su cui maggiormente
abbiamo riflettuto in questo studio, che utilizza le riflessioni di Gregory Bateson in
ambito psicologico.
7
Con questo lavoro, ci auspichiamo di aver operato al fine di discutere un processo di
integrazione possibile. Non si tratta certamente di un lavoro esaustivo ed esauriente
rispetto ad argomenti tanto complessi. Non abbiamo la pretesa di affermare che tale
analisi possa apportare qualcosa di nuovo a livello dei singoli contenuti, ma ci piace
pensare che possa risultare interessante almeno per l’hybris in cui ci siamo spinti nel
voler accostare prospettive così diverse.
8
Capitolo 1
Tra vecchi e nuovi paradigmi
“E’ probabilmente vero in linea di massima che della storia del pensiero umano gli
sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti d’interferenza tra due diverse linee di
pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della
cultura umana, in tempi diversi e in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni
religiose; perciò, se esse realmente s’incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti
sufficientemente stretti da dare origine a un’effettiva interazione, si può allora sperare
che possano seguirne nuovi e interessanti sviluppi”.
Werner Heisenberg, 1966, p.99
L’obiettivo di questa prima parte è quello di introdurre alcune delle idee che saranno
successivamente sviluppate nei prossimi capitoli. Queste riguardano il mutamento
paradigmatico che segna il passaggio da una visione cartesiana ad una visione sistemica.
Le intuizioni e le scoperte che conducono gli autori cui facciamo riferimento ad una
nuova visione del cosmo, si sono svolte nel corso del XX sec. a partire dalle scoperte
nell’ambito della fisica e dagli studi in ambito filosofico. Concordiamo con gli autori
sul fatto che tali riflessioni siano ancora stimolanti nell’ambito della ricerca e in
particolare in psicoterapia. Noi le abbiamo utilizzate al fine di considerare approcci
terapeutici capaci di integrare una visione cibernetica dell’io (Bateson, 1979) e ci
risulteranno utili per lo studio dei processi interattivi di ordine patologico che secondo
9
Laing, Esterson, Bateson, Jackson, Haley, Cancrini e altri trovano terreno di sviluppo e
co-svilluppo nell’eziologia di alcuni rapporti comunicativi e che, nelle famiglie e nei
gruppi-ambiente dei soggetti diagnosticati schizofrenici, risultano essere la norma.
Si perdoni pertanto la struttura talvolta meramente giustappositiva delle idee qui esposte
e i continui rinvii ai successivi capitoli. Riteniamo utile al nostro scopo definire non
tanto il territorio ma le prospettive visive che adotteremo.
10
1.1 Il Pleroma: tra Cartesio e Newton
“L’immagine della Terra come organismo vivente e alma madre svolse la funzione di
una limitazione culturale nel contenere entro certi confini le azioni degli esseri umani.
Non si sgozza facilmente una madre, non si scava nelle sue viscere per cerarvi oro, né
si mutila il suo corpo…Finché la Terra fu considerata viva e sensibile, il compimento di
atti distruttivi contro di essa poteva essere riguardato come una violazione di un
comportamento umano etico.”
3
Carolyn Merchant, 1980, p.3
Il mutamento di weltenshauung cui la citazione fa riferimento si potrebbe collocare
storicamente tra il XVI e il XVIII sec. La concezione del mondo prima del 1500, in
Europa come in altre culture, era sostanzialmente organica e religiosa. La vita sociale
era regolata attorno a piccole comunità compatte e ciò che si poteva sperimentare era la
fondamentale interdipendenza all’interno di relazioni in una collettività organicamente
organizzata.
Le prime scoperte scientifiche permettono da un lato l’affrancamento parziale degli
esseri umani dai cicli del sole, del vento e del freddo, dall’altro segnano un
cambiamento sensibile nella concezione stessa dell’uomo (Capra, 1984). Si inizia ad
elaborare l’idea di un uomo capace di dominare la natura, capace di dominare pertanto
anche se stesso e di finalizzare la sua azione al raggiungimento di scopi precisi. La
perdita del mondo dei sensi e del sentire ecologico troveranno il suo esponente
privilegiato in Descartes. Il pensiero di Descartes opera per scomposizione, utilizzando
un metodo analitico. Esso consiste nella riduzione di pensieri e problemi in unità più
semplici e poi disporre tali “unità prime” di pensiero in modo logico. Il metodo
cartesiano, alla base del pensiero scientifico, il “Cogito”, condusse alla conclusione che
mente e materia fossero separate, e quindi che ci fosse una divisione netta tra anima e
3
Cit. in Capra,1984, p.53
11
corpo. Tale forma mentis ci ha condotto ad una percezione dell’uomo come essere
isolato, congelato in un “Io” statico, ad una sostanza separata, ad un sub-jectus
(Foucault, 2003)
4
. Le implicazioni sono numerose. Potremmo affermare che quasi tutta
la scienza medica occidentale, la fisica fino a Einstein, buona parte degli approcci
utilizzati nelle scienze umane, il modo di fare politica, di costruire case, di organizzare
il lavoro, gli ospedali o i terreni agricoli siano esito, consapevole o meno, del Cogito.
Quello che a noi qui interessa è mettere in luce la valenza vincolata, e vincolante, di un
pensiero stretto nella morsa del dualismo. E’ un pensiero che oppone, che anziché
cercare affinità pone l’accento su differenze sorrette su una radicalità ontologica, che
crea una regola e mette da parte chi non la segue, che categorizza e riduce. La
meccanica newtoniana e la scienza medica ne sono esempi rappresentativi.
Secondo Newton l’universo è un vuoto in cui si muovono degli oggetti. E’un universo
fatto di parti in contatto, di rapporti causa-effetto. Un universo- macchina. Non è un
organismo. E’ il Pleroma, come dirà Bateson (Bateson, 1984) utilizzando una
distinzione fatta da Jung, è il mondo delle palle da biliardo, dei sassi, delle spinte, degli
urti, della legge di gravità. Lo spazio e il tempo sono concettualizzati come dati reali e
non come strutture di osservazione. Lo spazio è immaginato come qualcosa che, in
ciascun istante, contiene una definita configurazione di materia e il tempo newtoniano
scorre in modo costante e immutabile.
La medicina occidentale riprende lo stesso assunto applicandolo allo studio del corpo
umano. Questo è descritto come totalmente separato dal mondo psichico, dalle emozioni
ed è fatto oggetto di studio in laboratorio, in sale operatorie, mai nel suo ambiente.
Nell’attuale pratica medica non è ancora usuale implementare concetti derivanti dalla
saggezza popolare che, per quanto semplice, non può essere considerata priva di validità
e che trova il suo corrispettivo colto nel detto “Mens sana in corpore sano”. Il corpo è
tutt’ora ridotto alla somma delle sue parti, per dirla in termini gestaltisti. Il corpo è
macchina. “Nel concetto di corpo non è incluso nulla che appartenga all’anima; e nulla
4
Sulla “soggettività” ,e sulle implicazioni di una concezione di individuo di questo tipo, rimandiamo alle
interviste a E. Moietta, A.M. Toschi e a G. Madonna presenti nel cap.4.
12
in quello di anima che appartenga al corpo
5
”. Questa idiosincrasia ha prodotto
numerosi effetti sulla percezione di noi stessi e nel modo di concepire e sviluppare le
diverse scienze. E’ stato frequentemente impedito al medico di occuparsi degli aspetti
psicologici del paziente, ed allo psicologo di curarsi degli aspetti fisiologici
6
. Tutto ciò
ha anche creato ulteriori fratture. Il rapporto stesso con il corpo è cambiato. Questo non
è più ad immagine e somiglianza di Dio ma è una macchina in cui si possono cambiare i
pezzi, in cui si può sezionare e analizzare (Capra 1982). Diventa prassi sviscerare i
cadaveri, mutilare, cercare organi separati dagli altri. Si potrebbe pervenire ad affermare
che l’intera esistenza viene ridotta, anzitutto e perlopiù, ad una grande macchina (e non
a caso le metafore del mondo moderno come macchina sono pressoché infinite).
Ma cos’è che qualifica un artefatto meccanico?
7
E quali caratteristiche lo distinguono da
un corpo, da un essere vivente? Parte della risposta è già contenuta nella domande così
formulate, nel momento stesso in cui parliamo di “artefatto”. Una macchina è infatti
creata da altre mani con uno scopo specifico. Questa funziona nello stesso modo
indipendentemente dal luogo e dal tempo in cui essa è posta (potremmo dire che spazio
e tempo non sono informativi). Opera per funzioni di tipo lineare, prevedibili e
riproducibili. Intrattiene rapporti rigidi e statici, in quanto la sua attività è determinata
dalla struttura. In caso di guasto deve essere riparata, pena la sua inutilizzabilità.
Un organismo nasce, cresce, si evolve. La sua attività è processuale. Un corpo è definito
dalla relazione dinamica che intrattiene con l’ambiente di cui esso è parte. E’ flessibile,
ricettivo al cambiamento. La sua struttura è determinata dall’attività e può mutare
coerentemente alle variazioni spaziali, ambientali e temporali. Capace di meta-
apprendimento, intrattiene rapporti circolari, retroattivi, sistemici. Può allenarsi,
migliorare, ammalarsi e guarire. E’ un complesso sensibile che risponde a criteri di
auto-organizzazione, di auto-rinnovamento e di auto-trascendenza. Rinnova
continuamente sé stesso.
5
Descartes, cit. in F.Capra, 1982, p.52
6
In merito vedi intervista ad A.M. Toschi, cap.4
7
Capra (Capra,1982) analizza questi punti dettagliatemente. Noi qui ci accontentiamo di elencare le
principali evidenze che emergono nell’operare questa distinzione.
13
Sarà oggetto di ulteriori analisi
8
individuare quali siano gli esiti di tale concezione nella
diagnosi e nella cura di alcune patologie ma è evidente che un paradigma biomedico che
trae le sue fondamenta da una visione di tipo dualistico, si dimostrerà inadeguato
soprattutto laddove i sintomi, ossia il lato esterno e comunicativo della malattia,
vengono interpretati solo in quanto difetti nella macchina
9
. Ma si chiederebbe Watts:
“Chi poteva sapere che l’errore di considerare l’uomo come un io separato avrebbe
avuto conseguenze così disastrose?
10
”.
Secondo Watts (Watts, 1978) sarebbe opportuno che le terapie a venire tenessero conto
della complessità di un organismo che, come l’Universo, sembra essere molto più simile
ad un pensiero che ad un oggetto
11
. Ciò potrebbe condurre anche alla ridefinizione di
concetti quali “malattia”, “salute”, “benessere”. La salute, intesa come assenza di
patologie per l’uomo soggetto, potrebbe essere ampliata al rapporto che l’individuo
stesso intrattiene con l’ambiente (Searles, 2004). Il raggiungimento dell’omeostasi
(Capra, 1982) non sarà mai tuttavia definitivo, poiché oggi sappiamo che un sistema
vivente tende sì all’equilibrio, ma opera sempre in condizioni lontane dall’equilibrio.
Non si tratterebbe pertanto di avere una nuova regola da seguire ma di nutrire quegli
aspetti che ampliano la sensibilità e la percezione in modo da sviluppare nuove capacità
atte al mantenimento dell’equilibrio dinamico del campo sistema/ambiente. Ci
accontenteremo per ora di lasciare che queste idee comincino a circolare nel flusso dei
pensieri. Vedremo poi a quali sviluppi hanno condotto i diversi autori nel momento in
cui cercheremo di fare chiarezza su alcuni aspetti della schizofrenia e dei rapporti
patologici.
8
Cap. 2 e cap.3
9
Vedi interviste a G. Madonna e a A.M. Toschi, cap.4
10
Watts,1978, p.97
11
Cfr Bateson, 1979 e Jeans, James, 1930, The mysterious Universe, McMillan, New York cit. in
Capra,1984, p.74
14
1.2 Gli elettroni sono particelle il lunedì e il mercoledì, onde il
martedì e il giovedì
“Eccoli, che si muovono nel mio citoplasma…Sono molto meno affini a me di quanto
non lo siano fra loro e ai batteri liberi che vivono là sotto la collina. Hanno l’aspetto di
estranei, ma poi mi viene il pensiero che le stesse creature, precisamente le stesse, sono
laggiù nelle cellule dei gabbiani, e delle balene, e dell’erba delle dune, e della alghe, e
dei paguri e, più vicino, nelle foglie della betulla nel mio giardino, e nella famiglia di
scinchi sotto lo steccato e anche nella mosca posata sulla mia finestra. Attraverso di
loro sono connesso: ho parenti stretti dappertutto.”
12
Lewis Thomas, 1975, p.83
“E’ stata un’ingenuità, probabilmente necessaria, della scienza nascente immaginarsi
di poter osservare i fenomeni in sé”.
Teillard De Chardin, 1955, p.30
In contrasto con la concezione meccanicistica cartesiana del mondo, una nuova visione
si affaccia con il ‘900.
13
In fisica le scoperte di Einstein rappresentarono un vero shock. La meccanica classica
infatti non si dimostrava adeguata alla spiegazione di fenomeni che venivano tuttavia
osservati. Le intuizioni di Einstein mostravano un universo in cui spazio e tempo non
potevano essere considerati separatamente come entità costanti. L’idea di una quarta
dimensione, che tuttavia non è rappresentabile visivamente ma solo grazie ad astrazioni
12
cit. in Capra, 1984, p.85
13
Alcune “premonizioni” si hanno già alla fine del XIX sec. in ambito letterario e scientifico. Robert
Musil, Nietzsche e lo stesso Freud anticipano tematiche che verranno successivamente sviluppate in
diversi ambiti di ricerca e i cui frutti più maturi si possono oggi cogliere nell’ambito dell’epistemologia
sistemica. In questo senso e per i nostri scopi temini come organico, ecologico, creaturale, olistico,
designano uno stesso tipo di sensibilità, per cui li useremo sommariamente come sinonimi.
15
matematiche, rappresenta qualcosa di assolutamente rivoluzionario e contro-intuitivo.
Lo spazio e il tempo si “curvano” in base alle forze gravitazionali, alla massa dei corpi e
non sono più definibili se non in relazione al sistema di riferimento dell’osservatore.
“Era come se ci fosse mancata la terra sotto i piedi, e in vista non vi fosse alcun punto
fermo su cui poter costruire.”
Einstein, 1979, p.31
Secondo queste teorie la materia presupporrebbe l’antimateria. Ad esempio se un
elettrone si muove verso l’alto spostandosi dal passato nel futuro contemporaneamente
un positrone, corrispettivo inverso dell’elettrone, dovrebbe muoversi verso il basso e in
un tempo inverso, quindi verso il passato. Queste “ponderazioni” risulterebbero
particolarmente stimolanti per lo studio dei buchi neri o delle stelle che compiono delle
contrazioni. In un certo senso si deve supporre che all’interno di questi corpi esista
qualcosa definibile come anti-materia e che gli eventi stiano in uno spazio-tempo
inverso, in un anti-tempo. Da questa prospettiva il tempo in cui si svolgono i fenomeni
che osserviamo è contemporaneamente finito e infinito. Lo spazio attorno a corpi di
questo tipo si incurva e il tempo rallenta. In uno spazio curvo sono possibili triangoli
con tre angoli retti e molti altri fenomeni che sarebbero impossibili secondo la
geometria euclidea (Capra 1982). La teoria della relatività, dapprima, e in seguito altre
teorie quali la meccanica quantistica e il principio di indeterminazione di Heisenberg,
hanno segnato una vera crisi nell’intero impianto epistemologico. La crisi si è
manifestata davvero nel suo significato etimologico
14
, e quindi forse più puro, di crisi e
di cambiamento, o per dirla con un termine cinese nel suo essere wei-ji che indica al
contempo pericolo e opportunità
15
.
14
Dal latino crisis, greco krisis, che indica scelta, decisione. E quindi necessità e opportunità di
cambiamento.
15
A proposito di rischio il richiamo a Heidegger che cita Holderlin ed Eraclito è quasi d’obbligo. In
Perché i poeti, da Sentieri interrotti (La Nuova Italia, 1979, pag. 273): “Dove ha luogo il pericolo, là
sorge anche il salvatore” (Holderlin, IV, 190).
E a pag.258. ibid. :Arrischiare significa: porre in gioco. Eraclito concepisce l’essere come il tempo del
mondo e questo tempo come un gioco da fanciullo…”Tempo del mondo, è un fanciullo che gioca al
tavoliere; regno di un gioco infantile”. Eraclito, Framm. 52.
16
In particolare quello che è venuto meno è il concetto di sostanza e di oggettività. Il
dibattito sulla natura corpuscolare o ondulatoria degli elettroni trovò esito con
spiegazioni che facevano riferimento all’apparecchiatura con cui esso doveva interagire.
La risoluzione del paradosso dell’elettrone costrinse i fisici ad accettare un aspetto della
realtà che metteva in discussione il fondamento stesso della visione meccanicistica del
mondo: il concetto della realtà della materia. A livello subatomico la materia non esiste
con certezza in posti definiti ma ha piuttosto “una tendenza ad esistere” e i fenomeni
hanno “tendenza a verificarsi”.
Afferma Watts: “La sensazione di sostanza emerge solo quando siamo messi di fronte a
modelli così confusi o strettamente legati tra loro da non riuscire a decifrarli. A occhio
nudo una galassia lontana sembra una stella solida, e un pezzo d’acciaio una massa di
materia continua e impenetrabile. Ma quando cambiamo scala di ingrandimento, la
galassia assume la chiara struttura di una nebulosa a spirale e il pezzo di acciaio
diventa un sistema di impulsi elettrici che volteggiano in spazi relativamente ampi.
L’idea di sostanza non esprime altro che l’esperienza limite in cui i nostri sensi o i
nostri strumenti non sono abbastanza sottili da decifrare il modello.” (Watts, 1978,
p.11)
L’osservatore è definito in qualità di partecipatore del fenomeno poiché esso diviene
con-causa del fenomeno osservato per cui l’universo intero viene definito
partecipatorio. La rappresentazione matematica di questi concetti tende ad assomigliare
alle formule utilizzate per descrivere le vibrazioni di una corda di chitarra. Mai la fisica
avrebbe pensato di avvalersi di metafore tanto sublimi per descrivere il mondo. Le
particelle subatomiche non sono cose ma interconnessioni tra cose, relazioni. Il biologo
Rupert Sheldrake
16
critica l’ortodossia scientifica poiché lo studio delle sostanze non
può spiegare il perché dell’ordine, dei modelli e dei processi in natura, allo stesso modo
di come la descrizione dei mattoni non ci può dire nulla sulla forma di una cattedrale o
16
Sheldrake cit. in Grof, 1996, p.18
17
della struttura di un castello.
17
Gregory Bateson perviene ad affermare che ogni cosa
dovrebbe essere definita non per ciò che essa è in se stessa ma per mezzo dei suoi
rapporti con le altre cose (Bateson, 1984). Gli studi in questo senso avanzarono sino alla
distinzione tra connessioni locali e connessioni non-locali, all’interno della teoria
dell’ordine implicato
18
(Bohm) e alla formulazione di teorie quali quella del bootstrap di
Chew
19
, per cui si tratta di utilizzare una costellazione di prospettive prive di un minimo
comune denominatore.
Secondo queste teorie la natura non può essere ridotta ad unità fondamentali ma
dev’essere intesa attraverso la sua coerenza interna, e per cercare di conoscere meglio la
realtà occorre avvalersi non di una teoria ma di una rete di teorie senza un centro o un
fondamento fisso. L’approccio comune consiste nel considerare l’olonomia, il principio
per cui ogni parte contiene il tutto, nel senso che essa stessa la implica, come proprietà
universale (Capra, 1982). Il termine olonomia, che prende spunto dall’ologramma non
designa l’Universo come una proiezione ma ne vuole indicare la continuità a livello
delle frequenze e delle vibrazioni
20
.
17
Sheldrake giunge a formulare la teoria dei campi morfogenetici come principio esplicativo delle forme
in natura. Secondo l'ipotesi di Sheldrake, i sistemi sono organizzati nel modo in cui ora si manifestano
perché sistemi analoghi erano organizzati allo stesso modo in passato. Le forme e il comportamento
caratteristici di tutti i sistemi chimici, fisici e biologici attualmente esistenti sono guidati e plasmati da
campi organizzativi che agiscono attraverso lo spazio e il tempo. Sheldrake li chiama campi morfogeni o
morfogenetici (dal greco morphe, forma, e genesis, messa in essere). Sebbene queste teorie siano state
fortemente contestate e Sheldrake sia stato accusato di essersi dato al misticismo queste idee continuano
ad essere elaborate e ad affascinare molti studiosi. Le implicazioni di tali considerazioni sono di vasta
portata, ma non riteniamo di approfondire ulteriormente l’argomento. Ci sia sufficiente accogliere questo
contributo come ulteriore esempio di ricerche scientifiche in senso sistemico. Anche gli studi in ambito
matematico sui frattali, sembra condurre verso nuove analisi in geometria, in fisica e in filosofia. Il
termine coniato da Benoit Mandelbrot, indica una figura geometrica in cui un motivo identico si ripete su
scala continuamente ridotta. Questo significa che ingrandendo la figura si otterranno forme ricorrenti e ad
ogni ingrandimento essa rivelerà nuovi dettagli. Contrariamente a qualsiasi altra figura geometrica un
frattale invece di perdere dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari. A partire da
equazioni, talora anche molto semplici si ottengono forme, spesso a spirale, che sembrano possedere
caratteristiche comuni con il concetto di olonomia presente nei lavori di Chew e di Bohm, in merito
all’idea di ordine implicato. Questi modelli sono stati utilizzati per lo studio di alcune coerenze in natura,
dalle spirali del DNA e dell’RNA, alle forme della piante grasse, allo studio di costellazioni, etc.
18
cfr. con concetto di Darmadhatu, esposto a fine paragrafo.
19
Per una trattazione specifica di tali argomenti rinviamo a Capra, 1984 , p.65-83
20
L’idea di vibrazione è strettamente correlata a quella di ritmo e quindi a quello di sincronia. Da questo
deriva l’interesse per queste scoperte scientifiche nell’ambito della comunicazione. La sincronia e il ritmo
risultano infatti importanti nelle conversazioni e si osserva che una coordinazione a questo livello sia alla
base di un rapporto percepito come positivo (Capra,1982)