3
PREFAZIONE
Questo elaborato intende offrire un quadro degli eventi che, fra il
1815 ed il 1871, rendono possibile l’emancipazione giuridica degli
ebrei in Europa centrale, ponendo poi l’attenzione sulla riscoperta
della tradizione messianica ed il suo trasferimento dal piano
religioso a quello secolare nei primi decenni del secolo XX,
mostrando come dal pensiero messianico si originano modalità di
approccio al pensiero sionista, esulando dal suo aspetto più noto di
natura politica, e come si realizzi una simbiosi culturale fra le forme
del messianismo ebraico ed il pensiero anarchicheggiante e
marxista.
Nella prima parte, dopo la spiegazione del concetto di
emancipazione giuridica, si cerca di presentare i riferimenti
culturali che hanno reso possibile l’inizio delle emancipazioni in
Europa. Dopo l’analisi del caso francese, patria del movimento di
emancipazione dei popoli, si analizzano i fenomeni emancipatori
degli altri Stati europei, ponendo particolare attenzione ai territori
dell’Impero asburgico evidenziando i passaggi che hanno portato
all’emancipazione. Dopo questo breve quadro introduttivo, si è
passati all’analisi dettagliata degli eventi tedeschi, cercando di
fornire delle linee sia della cronologia che porta all’emancipazione,
sia delle matrici culturali che sottendono il susseguirsi degli eventi,
dando spazio sia a quanto avviene nella cultura tedesca, sia in
quella ebraica. I concetti intorno cui ruota l’emancipazione in
Germania sono di natura prettamente culturale e scaturiscono dal
movimento illuminista, portandosi dietro le ambivalenze di valore
che l’appartenenza a quel sistema filosofico implica. La Bildung,
4
schema all’interno del quale si realizza il movimento
emancipatorio, è allo stesso tempo un concetto escludente oltre che
includente della popolazione ebraica. Essa accoglie il messaggio
universale dell’uguaglianza delle possibilità dell’uomo di
migliorare la propria condizione sociale, ma, allo stesso tempo,
determina un’esclusione per tutti coloro i quali non sono in grado di
adoperare le possibilità che la ragione offre per migliorare il proprio
grado di Bildung, cioè di autoformazione. Come la Bildung, anche i
concetti che da essa derivano - Sittlichkeit e Freundlichkeit - hanno
una duplice valenza, in quanto rappresentano l’inclusione degli
ebrei nel discorso socio-economico a livello individuale, ma la loro
esclusione in quanto popolo a sé stante. In seguito all’unificazione
nazionale, infatti, non è possibile, politicamente, accettare
l’esistenza del mondo ebraico all’interno della Germania, poiché si
mira a costruire un’uniformità culturale e tradizionale cui gli ebrei,
se vogliono considerarsi a pieno titolo cittadini del Reich, devono
tendere. Si assiste ad un fenomeno particolare per cui, allorchè gli
ebrei vengono giuridicamente inseriti nel mondo tedesco, ne
vengono esclusi a livello della costruzione dell’identità di Nazione,
ma, contemporaneamente a ciò, essi sono parte della Nazione stessa
che si forma, caratterizzando molti aspetti della cultura di fine
secolo. I parametri culturali tedeschi mutano, ed il riferimento,
anche a causa della contrapposizione che bisogna creare fra il
nuovo Stato e la sconfitta Francia, non è più l’universalismo di
stampo francese, ma un nuovo nazionalismo di tipo territoriale e
razziale, che impronterà l’intera cultura tedesca per la restante
porzione di secolo e che, dalla Germania, si diffonderà nel resto
d’Europa. Con la svolta del secolo, invece, si assiste ad un
cambiamento di rotta, poiché, sempre all’interno del sistema
5
culturale tedesco, stavolta non più positivista e volto al progresso
tecnologico come tratto identificativo del successo della nazione,
ma, al contrario, all’interno di una struttura interpretativa ostile nei
confronti della modernità industriale e capitalista, si favorisce la
riscoperta dell’ebraicità, inserito del più ampio problema della
riscoperta del Geistvolk tedesco. Se la popolazione, in particolare
quella giovanile e studentesca, si ribella alle costruzioni borghesi in
quanto mascheramento dell’autenticità, allo stesso tempo anche fra
la gioventù ebraica – che assume osmoticamente la cultura tedesca
– si rileva un simile bisogno.
È la stessa forma dell’emancipazione tedesca, in parte, ad originare
il bisogno di riaccostarsi all’ebraismo - in seguito alla pesante
assimilazione cui erano stati soggetti gli ebrei dopo il 1871 - tramite
categorie culturali tipicamente tedesche quali il neoromanticismo,
che però, portano alcuni intellettuali, ad aderire ideologicamente al
pensiero politico anarchicheggiante e marxista. Infatti, l’ebraismo
tedesco che si affaccia al XX secolo, è passato attraverso
l’Haskalah, e, benchè tenti di riprendere in mano i tratti della sua
tradizione religiosa, non vuole comunque tornare indietro al passato
dei ghetti. La nuova religiosità non è fine a se stessa, ma vuol
divenire la prospettiva all’interno della quale agire in società. E’ a
partire da ciò che è possibile parlare di forme di messianismo
secolare, poiché taluni elementi del misticismo diventano quelli che
consentono di entrare in contatto intellettuale con forme di pensiero
libertario e marxista, mentre, d’altro lato, anche il sionismo, nella
sua accezione culturale, si esprime a partire dal mondo messianico.
Se il sionismo politico, infatti, pone l’accento sull’aspetto della
redenzione politica insito nella figura del Messia, al contrario,
invece, il sionismo culturale si fonda su un progetto più vasto, che a
6
partire dalla rinascita religiosa, mira al suo compimento in terra
santa, senza necessariamente avere alle spalle uno Stato
politicamente strutturato. La dimensione politica, in riferimento
all’adesione al marxismo quanto al sionismo, è taciuta, o passata in
secondo piano.
Questa interpretazione, che si fonda sul carattere prevalentemente
culturale dell’emancipazione ebraica in Germania, è debitrice del
pensiero politico di Hannah Arendt, per la quale non è possibile
parlare di emancipazione politica ebraica nei territori tedeschi,
quanto di assimilazione alla vita economica e culturale. Secondo lo
schema fornito dalla Arendt, gli ebrei tedeschi, che per
composizione sociale erano quasi tutti appartenenti alla borghesia
commerciale e finanziaria e, per questo, maggiormente interessati ai
risvolti economici e sociali connessi all’emancipazione, una volta
raggiunta la “maggiore età” in questi due settori, non si curano di
analizzare gli effetti sulla vita pubblica, soddisfatti della sicurezza
raggiunta nel settore degli affari. Per la Arendt, ciò si giustifica con
l’enorme importanza che, nel corso della storia ebraica, ha avuto
quel filone che, partendo dagli ebrei di corte, arriva ai Rothschild, e
che è proprio di quegli ebrei che vedono nel successo economico e
sociale la giustificazione ultima della propria esistenza. In tal senso,
è possibile distinguere due differenti figure di ebrei dopo
l’emancipazione, i pariah ed i parvenu. La seconda delle due
immagini viene a coincidere con gli ebrei assimilati, che si sentono
in tutto e per tutto tedeschi, e per i quali ogni richiamo all’ebraismo
risulta quasi assente. Gli altri, invece, sono l’oggetto principale di
questo lavoro, in quanto rappresentanti di un filone sotterraneo di
rinascita spirituale in chiave secolare che attraversa l’ebraismo
tedesco fino agli anni trenta.
7
CAPITOLO PRIMO
L’emancipazione degli ebrei d’Europa
Nella sua accezione più ampia, per emancipazione si intende il
riconoscimento giuridico della capacità d’agire. Nel diritto romano,
e consequenzialmente anche in quello medievale – con le dovute
integrazioni del periodo longobardo
1
– si distinguono due forme di
emancipazione: la forma legale, o di diritto, data dal matrimonio, e
la forma giudiziale. In entrambi i casi un importante cambiamento è
avvenuto col passaggio dal diritto romano
2
a quello civile moderno,
con cui la facoltà di attestare l’emancipazione passa dall’ambito
familiare al pubblico
3
. Tale passaggio avviene con la
promulgazione del Codice Napoleonico, nel 1806, dove, però, allo
art. 476 si afferma ancora che l’emancipazione del minore dalla
famiglia è “ di pieno diritto del matrimonio”
4
. Ciò che è cambiato,
quindi, non è il dispositivo dell’emancipazione e le sue forme di
realizzazione, ma l’attuatore del dispositivo. Va inoltre segnalato
che l’emancipazione non modifica lo status del minore, come
sovente si ritiene, ma ne amplia le possibilità di azione, in ambiti
che prima gli venivano preclusi
5
. Spostando i termini del discorso
dal livello giuridico e dal suo riferimento al singolo, al problema
1
Ci si riferisce principalmente all’editto di Rotari del 643.
2
Il riferimento è primariamente all’ambito del diritto di famiglia e l’emancipazione “ è
l’istituto in forza del quale, per volontà del pater familias si realizza la liberazione del figlio
dalla patria potestà e la di lui esclusione dalla famiglia agnatizia”. Enciclopedia del diritto,
vol. XIV Dote – Ente, Milano, Giuffrè Editore, 1965, p. 807. Cfr anche il Digesto delle
Discipline Privatistiche sezione civile vol. VII Do – Esi, Torino, UTET, 1991.
3
Prima della promulgazione del Codice Napoleonico, sono i consigli di famiglia e di tutela
a sancire la potestà e quindi a riconoscere l’avvenuta emancipazione. Anche in età
medievale, però, sono attestati casi di ricorso ai messi imperiali o a magistrati comunali.
Cfr . Enciclopedia del diritto, vol. XIV Dote – Ente, cit.
4
Digesto delle Discipline Privatistiche sezione civile vol. VII Do – Esi, cit., cit. p. 417.
5
Cfr. Angelo Falzea Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, p. 85.
8
dell’emancipazione di fette più o meno ampie della popolazione e
nella fattispecie la popolazione ebraica, bisogna discostarsi dalla
relazione con la matrice dell’emancipazione legale – il matrimonio
– facendo riferimento alle conseguenze dell’emancipazione. Se
emancipazione è ampliamento della sfera giuridica d’azione,
l’estensione dei diritti, in primo luogo quello di cittadinanza, non è
che un passo da compiere necessariamente per poter permettere agli
ebrei di accedere a quegli ambiti professionali fino ad allora
preclusi, quali la pubblica amministrazione, l’insegnamento o
l’esercito, per citare tre settori in cui gli ebrei – in particolare in
Germania – saranno numerosi.
L’emancipazione, se nella pratica ha avuto come conseguenza
l’espansione della presenza ebraica nella società, a livello teorico è
stata resa possibile dalla combinazione di trasformazioni del
pensiero dell’elite dirigente nazionale, influenzata dalla diffusione
delle idee illuministe, diffuse dagli eventi della Rivoluzione
francese e le conquiste napoleoniche. La possibilità degli ebrei di
ottenere la cittadinanza, infatti, è conseguenza, anche, della
laicizzazione dello Stato, benchè proprio questa sia anche una delle
fondamenta dell’insorgere dell’antisemitismo. In continuità storica
rispetto all’antigiudaismo teologico, spesso gli ebrei, rappresentanti
di una religione non spirituale e mondana
6
, rappresentano un
6
La religione ebraica viene contrapposta a quella cristiana poiché non prevedeva, nella sua
forma ortodossa, la sopravvivenza dell’anima oltre la morte e, per questo motivo,
ammetteva come unica dimensione dell’esistenza quella immanente. Ciò, in aggiunta
all’essere gli ebrei per lo più attivi nel settore economico, ha fatto sorgere il topos
dell’ebraismo quale religione devota al dio denaro, priva di moralità e senza anima.
Quando, alla fine dell’ottocento, si svilupperà in Germania l’ideologia del Volk tedesco,
quest’accusa servirà a dimostrare la presunta distinzione fra tedeschi ed ebrei, i primi ebbri
di sentimentalità, i secondi privi di sentimento. Al contrario di quanto veniva affermato,
invece, la teologia ebraica si avvicina lentamente alla sensibilità pietista ( inizi XIX secolo),
gli stessi sermoni rabbinici inseriscono costanti riferimenti allo spirito romantico. Cfr
George Mosse Ebrei in Germania fra assimilazione e antisemitismo, Firenze, La Giuntina,
1991, pp. 27 - 43
9
pericolo per la sopravvivenza delle tradizioni cristiane, minate dal
presunto proselitismo ebraico
7
. Nonostante questa deriva propria
dei movimenti politici cattolici, la laicizzazione dello Stato è
comunque la base per l’emancipazione ebraica, poiché solo in uno
Stato che non si rispecchia in nessuna religione può essere possibile
riconoscere i diritti delle minoranze. Discriminare la religione
ebraica avrebbe significato inficiare la laicità dello Stato, che si
vuole presentare come entità super partes rispetto alla questione
religiosa
8
.
1. L’influenza dell’Illuminismo nella genesi della emancipazione
ebraica
Premessa per affrontare la questione ebraica come viene sviluppata
dai pensatori illuministi è l’analisi dell’eguaglianza, concetto da cui
dipende quello di educazione. Per l’Illuminismo gli uomini sono
universalmente uguali, poiché godono tutti della capacità di
vagliare la realtà tramite l’uso della ragione, che consente di
criticare le istituzioni politiche e religiose, talora fondate sul
7
In particolare nel corso del XIX secolo o comunque dopo che gli Stati avviano il processo
di industrializzazione, si assiste, talora, ad un attacco nei confronti della modernità che
porta, in taluni casi, all’acuirsi del sentimento antisemita (non ancora così chiamato), per
timore che l’allontanamento dalla pratica religiosa cristiana, insieme alla frequentazione di
esponenti di un altro monoteismo, possa intensificare e velocizzare il processo di
laicizzazione. La scristianizzazione della società tedesca è uno dei motivi che spinge il
pastore Stoecker, nell’ultimo trentennio del XIX secolo, a criticare l’ebraismo moderno, in
quanto lontano dalla tradizione religiosa. Il pericolo, in questo caso, sarebbe dato non solo
dalla presenza ebraica nei settori finanziari in un periodo di crisi economica, ma anche dalla
pericolosa influenza che, a detta del predicatore, potrebbero avere gli ebrei ormai laicizzati
sulla popolazione protestante. Cfr Massimo Ferrari Zumbini Le radici del male.
L’antisemitismo in Germania: da Bismarck a Hitler, Bologna, Il Mulino, 2001.
8
In questa prospettiva, è interessante anche l’analisi di Karl Marx sulla questione ebraica
tedesca, poiché la inserirà proprio nell’ambito della liberazione dello Stato dalla religione.
Di questo si scriverà maggiormente esponendo i problemi dell’emancipazione in Germania.
10
principio di autorità, che tradizionalmente non consente l’approccio
critico alla realtà che si analizza. Nel suo Discorso sulla
ineguaglianza del 1750, Rousseau tratta di due differenti specie di
disuguaglianza, quella fisica e quella morale e politica. La prima è
determinata dalla natura, riguarda le differenze di età, salute, stato
d’animo, e non è correggibile; le seconde, trattandosi di situazioni
create dagli uomini, sono modificabili, e, anzi, il loro mutamento è
auspicabile, dato che la disparità socio-politica
“dipende da una specie di convenzione, ed è stabilita o almeno permessa dal
consenso degli uomini”
9
.
Queste differenze si palesano nell’esistenza del privilegio del ricco
sul povero, o del potente su chi ha meno possibilità. In tal senso, è
il diritto che deve venire incontro agli individui, affinchè venga
preservata quella che i greci, distinguendo fra le differenti forme di
uguaglianza, definivano ίσονομία, cioè uguaglianza davanti alle
leggi, ma anche la stessa libertà, considerata come un diritto
inalienabile dell’uomo. Secondo questa prospettiva gli ebrei, che
erano limitati nell’accesso alle professioni ed anche nella libera
circolazione negli Stati nonché nella residenza, potrebbero essere
posti alla stregua di non uomini, schiavi direbbe Rousseau, in
quanto nati privi della libertà
10
, intendendola, in senso lato, come
libertà di scelta
11
. Benchè, teoricamente, venga riconosciuta
9
Jean-Jacques Rousseau Discorso sull’origine della disuguaglianza fra gli uomini, in Jean-
Jacques Rousseau Discorsi, Milano, BUR, 1997, cit. p. 84.
10
Cfr Jean-Jacques Rousseau , Discorsi,cit., p. 157.
11
Gli ebrei avevano scarse possibilità di scegliere la professione che intendevano praticare,
o le zone in cui vivere o gli ambienti da frequentare. In tal senso, essi erano privati di diritti
civili che erano, invece, alla portata di tutta la restante parte della popolazione. Il discorso
del riconoscimento dei diritti va applicato parzialmente per gli ebrei inglesi, che godevano
del diritto di cittadinanza già prima del settecento, ma che erano privi di diritti civili e
politici.
11
l’uguaglianza formale dei cittadini, è anche affermato, sempre da
Rousseau, che la divisione in classi e in ruoli all’interno della
società sia una prassi data dallo sviluppo umano, che ha
determinato l’articolazione del tessuto societario
12
. Conferma della
inevitabilità che l’uguaglianza sia possibile solo a livello giuridico è
dato da quanto si afferma nell’art. 2 della Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 29/5/1793, in cui si dice che
“l’uguaglianza consiste in ciò, che ciascuno possa godere degli stessi diritti”
13
,
e l’unica forma valida di difesa dei diritti è data dalle leggi scritte.
Spostando il discorso dalle disuguaglianze all’interno della società
a quelle fra i popoli, non mutano le cause delle disparità che, per
Rousseau, sarebbero determinate dalla disuguaglianza delle
condizioni e dei tempi dello sviluppo delle comunità. Nell’ Emile, il
filosofo francese afferma che l’educazione potrebbe avvicinare gli
uomini all’eguaglianza originaria. Essa è una facoltà propria di ogni
individui, perciò le distinzioni fra i singoli si determinerebbero
dall’utilizzo o meno delle proprie possibilità di crescita interiore.
Questo punto introduce direttamente ad un dato centrale nelle
12
Rousseau sembra affermare, in anticipo rispetto alle teorie antropologiche, che in una
società semplice, retta sull’economia di sussistenza, in cui si praticano l’agricoltura o la
caccia, e i cui membri sono per lo più membri di famiglie allargate, il potere politico sia
gestito direttamente dai membri della comunità, tramite assemblee pubbliche, mentre in
comunità complesse – quali quelle europee del XVIII secolo – in cui vi è suddivisione delle
mansioni e discrepanza economica, il potere politico sia gestito solo da una piccola fetta
della popolazione. In realtà, Rousseau non ha in mente la questione del potere politico
quando parla di eguaglianza fra gli uomini, sviluppando un discorso puramente teorico e
riferendosi a tutti i settori del vivere associato. La democratizzazione della vita politica e
l’ingresso del popolo nella gestione dello Stato sarà una richiesta della Rivoluzione
francese, che, ad ogni modo, viene considerata la manifestazione politica dei principi
egalitari illuministici.
13
Enciclopedia del diritto vol. XIV Dote – Ente, cit., p. 516.
12
teorizzazioni dell’emancipazione ebraica, l’educazione
14
. Essa
viene intesa come un percorso di autoformazione del singolo,
improntato sullo studio delle discipline classiche e lo sviluppo della
sensibilità per le arti. Questo processo, in virtù dell’uguaglianza
universale fra gli uomini, può essere portato a compimento da
chiunque, anche dagli ebrei; l’educazione e la crescita, però, sono
possibili solo per quegli individui che, volontariamente, scelgano di
intraprendere il percorso di formazione, e ciò può compiersi solo
individualmente. Altro dato da rilevare è che, in relazione alla
polemica anticlericale propria del secolo dei lumi, si può essere
educati anche affinchè ci si liberi dalle superstizioni – in primis la
religione – ed i pregiudizi che impediscono di sviluppare le proprie
facoltà di critica intellettiva.
Proprio la critica della religione come superstizione, cui bisogna
contrapporre l’indagine razionale, è la fonte per comprendere sia il
sentire settecentesco in merito all’emancipazione, sia l’ostilità nei
confronti del popolo ebraico. Per i filosofi del XVIII secolo, la
popolazione ebraica deve abbandonare il legame con il giudaismo,
in quanto rappresentante – al pari del cristianesimo – di una
tradizione autoritaria, nella sua componente rabbinica. In tal senso,
tutti quegli ebrei che non vogliono tentare di liberarsi dal legame
con la religione della tradizione, i suoi usi e le sue leggi, si
priverebbero di ogni possibilità di autoemanciparsi
15
. La secolare
credenza nel giudaismo sarebbe l’origine dei presunti mali
14
In tedesco Bildung, assume un ruolo decisivo in Germania dall’ultimo trentennio del XIX
secolo, allorquando il processo di emancipazione ed assimilazione sarà intrecciato con la
Bildung in quanto valore del ceto medio.
15
Il termine autoemancipazione non appartiene alla tradizione illuministica, quanto a quella
tedesca del tardo XIX secolo, ma viene qui adoperato in quanto serve per descrivere ciò cui
ambiscono i teorici del XVIII secolo, cioè la liberazione del pensiero individuale tramite la
ragione, grazie ad un processo di formazione e crescita personale. In tal senso, si
riscontrano diverse similitudini fra questo concetto e quanto viene teorizzato nella
Germania bismarckiana.
13
commessi dagli ebrei nel corso dei secoli. La polemica anticlericale
riabilita l’immagine dell’ebreo, duramente condizionata dal
secolare antigiudaismo cristiano, ed in tal senso si mostra
favorevole all’equiparazione dei diritti con i gentili. Allo stesso
tempo, però, la repulsione dei filosofi verso le religioni aizza il
sentimento antigiudaico; per questa ragione, spesso, si è parlato di
antisemitismo illuminista. Questo è stato possibile perché, fra i
filosofi francesi, solo Montesquieu aveva palesato la propria
tolleranza nei confronti degli ebrei, mentre Voltaire aveva
addirittura negato che lo stato di minorità cui avevano vissuto gli
ebrei fino a quel momento potesse essere correggibile
16
. Proprio il
dato dell’incorreggibilità determina lo slittamento
dall’antigiudaismo all’antisemitismo, benchè ancora nel XVIII
secolo si parli dell’impossibilità della correzione della propria
condizione riferendosi alla natura morale degli ebrei più che alla
loro presunta differenza razziale. Inoltre, ancora, l’assunto di
partenza di Voltaire è la religione quale male da debellare per il
miglioramento della comunità
17
. L’esistenza di correnti di
opposizione fra i filosofi ha sviluppato resistenze, durante la
Rivoluzione francese, all’estensione dei diritti alla comunità
ebraica. Sia Marat sia Desmoulins, nella fase del terrore giacobino,
fondono l’antisemitismo di Voltaire al populismo ed alla
repressione religiosa, che toccherà anche l’ebraismo.
Per gli illuministi, in un sistema in cui l’eguaglianza è teoricamente
possibile per tutti, e la finalità è la liberazione del pensiero
dell’uomo dai vincoli della religione, nella pratica essa è fattibile
16
Cfr Anna Foa Ebrei in Europa. Dalla peste nera all’emancipazione, Roma - Bari,
Laterza, 1997.
17
Quindi, si potrebbe affermare che, venuto meno il tratto religioso, l’ebreo sia
correggibile.
14
solo per coloro i quali si impegnano in un processo di crescita
individuale. Questo vuol dire che l’emancipazione non è una realtà
concretizzabile universalmente, ma esclude grandi strati della
popolazione; è avverabile non per la massa della popolazione,
quanto per singoli, capaci, con un processo di formazione e crescita
interiore, di staccarsi dalle tradizioni più oscure del giudaismo ed
integrarsi con la nuova cultura nazionale
18
. Nello sviluppo della
pratica emancipatoria tedesca, l’uguaglianza sociale degli ebrei non
si riconosce in quanto si è appartenenti allo stesso Stato - e quindi
cittadini – ma nella misura in cui si estirpano i caratteri precipui
giudaici, accogliendo le tradizioni culturali tedesche
19
, e
l’elevazione sociale ebraica si compie grazie alla conoscenza
personale di un ebreo da parte di un tedesco, poiché nel
riconoscimento delle differenze nella formazione e nel carattere, c’è
la premessa del superamento della disuguaglianza grazie all’auto-
educazione
20
.
Una simile concezione, che determina in potenza l’universale
uguaglianza degli uomini, nei fatti sancisce una differenza di
trattamento verso i singoli. Coloro i quali hanno le capacità – ma
anche le possibilità economiche
21
– di migliorare la propria cultura
vengono considerati ebrei validi, mentre tutti coloro i quali
18
Ciò sarà quanto si cercherà di fare in Germania dopo il 1871, quando si tenterà
l’assimilazione degli ebrei tedeschi alla cultura nazionale.
19
Ovviamente questo atteggiamento, proprio di parte della classe borghese tedesca, è
indipendente dall’effettiva parità giuridica ottenuta dagli ebrei alla metà del XIX secolo.
Indica solo come, in quelle sfere della popolazione più sensibili al richiamo illuminista,
vengano adottati dei sistemi di valore che guidano l’assimilazione degli ebrei emancipati.
20
È questo lo schema che pone nel sentimento dell’amicizia, intesa nella sua forma
borghese della Freundlichkeit, il reale riconoscimento sociale degli ebrei. Cfr. George
Mosse Il dialogo ebraico tedesco. Da Goethe a Hitler, Firenze, La Giuntina, 1988, pp. 21-
22.
21
Sono le classe agiate, che hanno del tempo libero da dedicare ai propri studi personali,
che possono intraprendere l’auto-educazione, mentre le classi meno abbienti, col costante
problema della sopravvivenza, sono ben lontane dal pensare alla propria crescita spirituale.
15
rappresentano la massa della popolazione sono, nei fatti, esclusi da
ogni forma di riconoscimento in società dei propri diritti.
Mentre fornisce la cornice culturale del’emancipazione,
l’Illuminismo è anche una delle matrici del razzismo moderno
22
.
L’adesione al canone della bellezza classica nel corso del settecento
determina l’utilizzo di modelli estetici come tramite per
l’interpretazione dell’interiorità dell’individuo. La bellezza greca,
che ha innalzato a standard estetico l’esattezza delle proporzioni,
diventa una categoria indicante la forma perfetta all’interno della
quale avrebbe dovuto trovare posto un’anima incorrotta e a sua
volta equilibrata, priva di passioni smodate; tutti coloro i quali non
rispondono al canone estetico classico sono tacciati di possedere
un’anima altrettanto al di fuori della norma. Il legame fra estetica e
pregiudizio morale sarà evidente soprattutto a partire dalla seconda
metà del XIX secolo, allorquando il diffondersi del nazionalismo
sarà accompagnato dallo sviluppo dell’immagine dell’idealtipo
nazionale, che deve rispondere non soltanto a dei requisiti di ordine
morale e spirituale (appartenenza religiosa, possesso della cultura
nazionale, amore di patria), ma anche fisici, non solo l’aspetto
piacevole ma anche la virilità
23
. Se l’Illuminismo non è
direttamente promotore di una visione “ razzista” della società, è
comunque vero che è nel corso del XVIII secolo che vengono poste
le premesse anche del razzismo moderno e, consequenzialmente,
dell’antisemitismo
24
. L’emancipazione ebraica risente, ovviamente,
dello sviluppo di tale esperienza, poiché l’ebreo, che è assimilabile
22
Cfr George Mosse Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, Roma- Bari,
Laterza, 1980.
23
La virilità, a sua volta, negli anni del nazionalismo di fine XIX secolo, sarà valore
connesso con la forza militare. Cfr. George Mosse Ebrei in Germania tra assimilazione e
antisemitismo, cit., pp. 85 – 120.
24
Cfr George Mosse Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, cit., pp. 5 – 21.
16
entro i canoni borghesi, diventa un membro totalmente estraneo alla
comunità con lo sviluppo dello stereotipo nazionale, in particolare
in Germania, dove la sua immagine tradizionale e stereotipata non
risponde a quella fisica e morale tracciata dal pensiero völkisch.
2. Le diverse forme dell’emancipazione: politica, sociale ed
economica
La particolarità del caso tedesco è data dal fatto che, in seguito al
1871, si realizza un doppio processo, di integrazione giuridica della
componente ebraica, ed esclusione dalla costruzione dello
stereotipo nazionale, che ha conseguenze sia nell’immediato, sia nei
primi decenni del secolo XX. Prima di passare all’analisi
dell’emancipazione tedesca, quindi, si fornisce un quadro di quanto
avvenga in relazione agli altri movimenti emancipatori europei.
L’attenzione si rivolge alla Francia, in quanto capostipite delle
emancipazioni e, soprattutto, scenario di un processo – quello ai
danni di Alfred Dreyfus – anticipatore dell’antisemitismo politico;
si cercherà di presentare anche le basi dell’emancipazione degli
ebrei dell’impero asburgico, poiché gran parte di essi rientrano
nella sfera d’influenza culturale germanofona e, in virtù di ciò,
alcuni intellettuali avranno tratti comuni con quelli teutonici.
Si tralascia, invece, ciò che avviene in Russia, poiché ancora
nell’ottocento gli ebrei si trovano in una situazione di schiavitù da
cui usciranno solo in seguito alla Rivoluzione d’ottobre, con delle
premesse, quindi, differenti rispetto a quanto è stato proprio del