VII VI
Premessa
Il presente lavoro di tesi prende spunto dai
temi proposti nel “XXV International Union
of Architects World Congress – architecture
OTHERWERE Durban 2014”, e nel relativo
concorso “UIA International student com-
petition 2014”. L’organizzazione internazio-
nale UIA, International Union of Architects,
da tempo propone, a intervalli di tempo re-
golare, congressi su temi ritenuti rilevanti
nella pratica architettonica contemporanea
a tutti i livelli, riunendo al suo interno orga-
nizzazioni professionali e oltre un milione di
Architetti, provenienti da più di cento Pae-
si. Per il 2014 si è scelta la città di Durban,
sede del congresso di cui sopra, portando
l’attenzione dei partecipanti sul Sud Africa,
ma con l’idea di trattare temi affi ni a realtà
varie ed eterogenee.
Il congresso si sviluppa infatti attorno al
tema centrale della nuova povertà urbana,
nelle sue declinazioni fi siche (l’abitare infor-
male), economiche (le economie informali)
e sociali (i risvolti delle prime due sui sistemi
sociali), e il modo in cui le pratiche architet-
toniche, in senso largo, possono concorrere
alla riduzione di essa.
Il concorso ha quindi rappresentato la tap-
pa iniziale del presente lavoro, come inizia-
zione allo studio della realtà territoriale ed
urbana di Durban, e come individuazione di
alcuni temi sviluppati e approfonditi succes-
sivamente. Il materiale prodotto per il con-
corso è stato in parte inserito nella presente
ricerca, in parte rivisto ed integrato, e rap-
presenta la base della stessa.
Nelle pagine successive si espone il reso-
conto degli studi portati avanti, in circa dieci
mesi di lavoro, sulla realtà urbana e territo-
riale di Durban.
Si parla di città, ed in particolare di città
informale, con tutti i signifi cati che questa
espressione ha assunto nel tempo, prima
in termini generali, riferendosi alle realtà ur-
bane del Sud del pianeta, e poi calandosi
nello specifi co della realtà Sudafricana e di
Durban.
Nel tentativo di defi nire un campo teorico,
e teoretico, di riferimento in cui collocare gli
ecosistemi urbani Slum, ci si è avvalsi dei
contributi più disparati, ed in particolare è ri-
sultata fondamentale la sintesi proposta dal
sociologo Mike Davis nel suo libro “Planet
of Sulm”
1
.
Si inizia quindi parlando di insediamenti in-
formali e si conclude mostrando un possibile
progetto di modello insediativo per Durban,
non tutta Durban, ma la sua componente
informale.
Tra la defi nizione teorica del campo di inda-
gine sulle nuove forme di città e il progetto,
trova posto un capitolo di studio morfologico
della città. La lettura delle forme, dalla scala
territoriale a quella dei singoli insediamenti,
in cui si concretizza la città informale ci por-
ta a rifl ettere su specifi che aree urbane in
cui non arriva la pianifi cazione uffi ciale: è la
Durban marginale.
Nelle aree pertinenti limiti naturali ed an-
tropici, primariamente fi umi e reti viarie, gli
insediamenti informali trovano un luogo ide-
ale, e fi sico, di nascita e sviluppo, ponendo
così un fondamentale problema progettuale
relativo alla riconfi gurazione delle stesse.
Lo slum come “problema che è contempo-
raneamente di progettazione e di ricerca”
2
porta allo sviluppo di un principio insedia-
tivo, come modello generale di intervento
che pone alla base del ripensamento degli
slum l’elemento infrastrutturale e l’acqua, e
ad una proposta progettuale concreta relati-
va ad una specifi ca area marginale.
Nello sviluppo di tale modello si è scelto di
procedere per archetipi, individuando nel
progetto di Álvaro Siza per il quartiere Mala-
gueira (Évora) l’archetipo dell’infrastruttura
(la conduta) come elemento di fondazione
e disegno urbano.
La struttura della tesi ripropone questo
cammino di approfondimento per gradi suc-
cessivi, dalla defi nizione teorica alla sinte-
si progettuale, organizzando il materiale in
quattro capitoli tematici. Data la vastità degli
argomenti toccati, tale lavoro non pretende
di dare una lettura esaustiva e defi nitiva de-
gli stessi, e va inteso invece come contribu-
to puntuale, e parziale, alla costruzione di
un quadro teorico più esaustivo per lo stu-
dio delle nuove dinamiche urbane relative
a specifi che aree del globo.
+
Brevi note introduttive
1-Mike Davis, “Il pianeta degli slum” Serie Bianca Feltrinelli, (2006);
2- Vyjayanthi Venuturupalli Rao, “Slum as a theory”; Editoriale Lotus 143
(2010);
3 2
Le nuove forme di sviluppo della città e la
nascita di geografie urbane e modi di abi-
tare prima sconosciuti, per i numeri e le
dimensioni del fenomeno, pongono fonda-
mentali interrogativi sul se e sul come il pro-
getto e l’Architettura possano ancora incide-
re su queste trasformazioni. Ci si riferisce
primariamente ad alcune realtà urbane del
Sud del Pianeta, particolarmente interessa-
te negli ultimi quarant’anni da una crescita
“informale” della città senza precedenti.
Se da un lato Berardo Secchi rileva la nasci-
ta di una nuova questione urbana a partire
dall’occidente per cui “Le regioni urbane,
in questa parte del pianeta, appaiono oggi
come il luogo ove le differenze tra ricchi e
poveri divengono drammaticamente più vi-
sibili.”
1
, dall’altro, studiosi quali Mike Davis,
ci mostrano come queste differenze assu-
mano forme e numeri più estremi nelle città
del Sud del Mondo.
Da questo punto di vista “Il fenomeno più
noto è la fioritura di nuove megalopoli con
popolazioni superiori agli otto milioni di abi-
tanti e , ancor più spettacolarmente, ipercit-
tà con più di venti milioni di abitanti. […] Se
è vero che le megalopoli sono gli astri più
brillanti nel firmamento urbano, è altrettanto
vero che tre quarti del peso della futura cre-
scita della popolazione mondiale graverà su
città di seconda fascia a malapena visibili e
sulle aree urbane minori: luoghi in cui, come
sottolineano i ricercatori dell’ONU, scarsa o
nulla è la pianificazione su come accogliere
queste persone o come fornirle di servizi.”
2
In quest’ottica emergono da subito alcune
questioni fondamentali. Primariamente la
città rappresenta il luogo della vita umana
presente e futura della maggioranza della
popolazione mondiale (nel 2009 la popola-
zione urbana mondiale ha superato quella
rurale
3
), e nonostante ciò molte delle città
che hanno assorbito e assorbiranno la con-
tinua crescita demografica non sono pronte,
e non lo saranno in futuro, ad accoglierla.
Se si aggiunge a ciò che “Almeno la metà
della imminente esplosione della popolazio-
ne urbana del Terzo mondo andrà messa
in conto alle comunità informali”
4
si ha un
primo quadro della situazione di emergenza
presente e futura a cui queste città dovran-
no far fronte.
A partire da queste considerazioni si potreb-
bero ricercare la cause passate e future di
una urbanizzazione di questo tipo, che ha
portato e porterà alla nascita e crescita di
intere regioni urbane in estrema povertà ed
in cui vivono già oggi, in tutto il mondo, oltre
un miliardo di persone. Molti studiosi, tra cui
lo stesso Davis, concordano nel riconosce-
re un ruolo fondamentale in tal senso ai pro-
grammi di aggiustamento strutturale (PAS)
imposti a ridosso degli anni ‘80 dal FMI
(Fondo Monetario Internazionale) ai pae-
si del Terzo Mondo per il risanamento del
debito estero, che unitamente a condizioni
economiche e sociali diverse per ogni Stato,
hanno incentivato questi fenomeni urbani e
la crescita della povertà. “Dappertutto il Fmi
e la banca mondiale hanno offerto ai pae-
si poveri lo stesso calice avvelenato della
svalutazione, della privatizzazione, della
rimozione dei controlli sulle importazioni e
dei sussidi alimentari, del forzato recupe-
ro dei costi della sanità e nell’istruzione, e
del forzato ridimensionamento del settore
pubblico. […] Al tempo stesso i Pas stava-
no mandando in rovina i piccoli proprietari
rurali eliminando i sussidi e ponendoli da-
vanti alla scelta del nuotare o affogare nei
mercati globali delle merci, dominati dagli
agribusiness pesantemente sovvenzionati
del Primo mondo”.
5
I Pas hanno quindi incentivato una migra-
zione rurale verso le città senza preceden-
ti non solo in termini numerici ma anche
come tipo di migrazione, contribuendo alla
distruzione produttiva e alla disgregazione
sociale nelle campagne e nel mondo rurale.
Se infatti molti studiosi rivedono nelle dina-
miche attuali di crescita urbana quelle che
portarono alla crisi delle abitazioni, in Euro-
pa e negli Stati Unititi, a cavallo tra il XIX
e il XX secolo, tutti concordano ugualmente
sul fatto che l’ urbanizzazione nei Paesi del
Terzo mondo sia stata radicalmente divisa
dalla industrializzazione e anche dal pro-
gresso propriamente detto. Manca in sin-
tesi l’elemento di forte crescita economica
e quindi la necessità di forza lavoro tale da
giustificare una così forte migrazione verso
la città, divenendo la città stessa una ideale
aspirazione per riuscire finalmente a cam-
biare vita, ma generando nella realtà nuove
immense conurbazioni di poveri ed emargi-
nati.
6
Ci interessa però capire quali nuove forme
fisiche assuma questa urbanizzazione sen-
za precedenti, e senza apparente control-
lo, e quali modificazioni abbiano portato, e
porteranno ancora, migrazioni di tal genere
sulla struttura fisica del territorio e della cit-
tà. Un aiuto sostanziale in questa direzione
ci viene dato da geografi, sociologi ed an-
tropologi che propongono modelli e teorie
differenti per provare a descrivere le nuove
tendenze in atto, partendo da studi di real-
tà specifiche per arrivare a cogliere aspetti
comuni alle aree più diverse. In quest’ottica
emerge come fondamentale un nuovo rap-
porto tra urbano e rurale, e tra ciò che prima
era riconoscibile come città da una parte e
come campagna dall’altra, e che ora invece
va confondendosi in nuovi modelli che rap-
presentano “il culmine fisico e demografico
di millenni di evoluzione urbana”.
7
Realtà
più disparate, dalla Cina all’India, al Sud
America e all’Africa Sub-sahariana, seppur
in forme differenti, mostrano tendenze simi-
li.
Riferendosi ai suoi studi sulla Cina meridio-
nale, l’antropologo Gregory Guldin, afferma
che “Il risultato di questa collisione tra rurale
e urbano […] è un paesaggio ermafrodito,
una campagna parzialmente urbanizzata
che potrebbe essere un nuovo significativo
percorso di insediamento e sviluppo uma-
no, una forma ne rurale ne urbana, ma una
miscela di due caratteri in cui una fitta rete
di transazioni lega grandi nuclei urbani alle
regioni circostanti”.
8
Nuove strutture urbane dunque dove la pre-
senza di grandi nuclei urbani genera urba-
nizzazioni non controllate su scale regionali
e territoriali, generando “regioni metropolita-
ne estese”
9
, come il geografo Davis Draka-
kis-Smith definisce quella di Delhi.
Il primo aspetto di questi nuovi tipi di urba-
nizzazione è quindi legato alla scala, che si
estende ad intere regioni, ponendo anche
un primo fondamentale problema in termini
di studio del fenomeno da parte di urbanisti
ed architetti, che si trovano a doversi con-
frontare con scale di analisi e progetto sem-
pre più vaste.
Il secondo aspetto fondamentale è quel-
lo legato al tipo di strutture urbane che ne
derivano, non più progettate e pianificate
secondo modelli e standard classici, e che
producono un ambiente abitativo ne urba-
no ne rurale. L’urbanista Thomas Sieverts
definisce queste nuove conurbazioni come
“una struttura di ambienti urbani completa-
mente differenti, che a prima vista appare
diffusa e disorganizzata, con singole isole
di pattern strutturati geometricamente, una
struttura priva di un centro chiaramente per-
cepibile, ma proprio per questo dotata di un
gran numero di aree, reti e nodi più o meno
nettamente specializzati dal punto di vista
funzionale”.
10
Spariscono dunque a prima
vista le gerarchie tra centro città e periferie e
gli standard di progettazione che prevedono
servizi e collegamenti in relazione a nume-
ro di abitanti insediati, lasciando spazio alla
diffusione della città che si auto-organizza
ed espande su intere regioni creando un
tipo di urbanizzazione che lo stesso Sievers
definisce Zwischenstadt (città intermedia)
11
.
La terza questione che emerge è legata al
modo ed alle forme in cui queste strutture
urbane si generano e costruiscono. La qua-
si totalità dei nuovi sviluppi urbani nelle città
de Sud del Mondo, per come descritti sino-
ra, è conseguenza della crescita informale
della città, intendendo con il termine infor-
male una crescita e sviluppo auto-prodotto
dagli abitanti e non pianificato e progettato
con gli strumenti classici dell’urbanistica e
dell’architettura.
Questo sviluppo si concretizza nelle forme
di insediamenti informali o, come chiamati
dalla letteratura scientifica, Slum. Dentro la
definizione di Slum entrano modelli urbani
e tipi abitativi molto differenti tra loro per cui
spesso è difficile capire e distinguere ciò
che è slum da ciò che non lo è. La definizio-
ne più utilizzata, fatta propria anche dall’a-
genzia UN-Habitat delle Nazioni Unite, rico-
nosce lo slum come ”luogo caratterizzato da
sovraffollamento, strutture abitative scaden-
ti o informali, accesso inadeguato all’acqua
sicura e ai servizi igienici, scarsa sicurezza
di possesso”.
12
Rientrano così sotto questa
definizione i casi più diversi di insediamenti
e abitazioni, dalle barriadas di Lima, ai thike
bustee di Kalkata, alle favelas di Rio de Ja-
neiro e alle township in Sud Africa, ed in-
Lo slum come paradigma della crescita
urbana nelle città del Sud del Mondo
“Nel teatro metropolitano le ingiustizie so-
ciali sempre più si rivelano nella forma di
ingiustizie spaziali.”
[Bernardo Secchi, La città dei ricchi e la città dei poveri]
1- Bernardo Secchi, ” La Città dei ricchi, la città dei poveri”; Laterza
(2013);
2-4-5-Mike Davis, “Il pianeta degli slum” Serie Bianca Feltrinelli, (2006);
3- Fonte: Treccani.it, alla voce “Sviluppo urbano e aumento della popola-
zione”, Atlante Geopolitico 2012;
Tabella 1: Maggiori megaslum (2005)*
Milioni
1 Neza/ Chalco/Izta (Città del Messico) 4
2 Libertador (Caracas) 2,2
3 El Sur/Ciudad Bolivar (Bogotà) 2
4 San Juan de Lurigancho (Lima) 1,5
5 Cono Sur (Lima) 1,5
6 Ajegunle (Lagos) 1,5
7 Sadr (Baghdad) 1,5
8 Soweto (Gauteng) 1,5
9 Gaza (Palestina) 1,3
10 Orangi (Karachi) 1,2
11 Cape Flats (Città del Capo) 1,2
12 Pikine (Dakar) 1,2
13 Imababa (Il Cairo) 1
14 Ezbet El- Haggana (Il Cairo) 1
15 Cazenga (Luanda) 0,8
16 Dharavi (Bombay) 0,8
17 Kiberi (Nairobi) 0,8
18 El Alto (La Paz) 0,8
19 Città dei Morti (El Cairo) 0,8
20 Sucre (Caracas) 0,6
21 Islamshabr (Teheran) 0,6
22 Tlalpan (Città del Messico) 0,6
23 Inanda Ink (Durban) 0,5
24 Maschiyet (El Cairo) 0,5
25 Altidang (Alkara) 0,5
26 Mathare (Nairobi) 0,5
27 Aguas blancas (Cali) 0,5
28 Agege (Lagos) 0,5
29 Cité-Soleil (Port-au-Prince) 0,5
30 Masina (Kinshasa) 0,5
Tabella 2: Tipologie di slum
Centro Metropoli
1.Formali
(a)Caseggiati
(I)”di seconda mano”
(II)costruiti per i poveri
(b)edilizia pubblica
(c)ostelli, dormitori etc
2.Informali
(a)occupanti
(I)autorizzati
(II)abusivi
(b)abitanti sui marciapiedi
Periferia
1.Formali
(a) affitto privato
(b)edilizia pubblica
2.Informali
(a)lottizzazioni pirata
(I)inquilino-proprietario
(II)affittuario
(b)occupanti
(I)autorizzati (inclusi
campi di sito-e-servizi)
(II)abusivi
3.Campi profughi
5 4
teressando il fenomeno la quasi totalità dei
Paesi in via di sviluppo.
La città informale si concretizza quindi in
ambienti abitativi eterogenei e in tipologie di
slum molto differenti tra loro. Un altro aspet-
to che si ritiene fondamentale per la com-
prensione fi sica di queste nuove geografi e
urbane, e che sarà oggetto di un’analisi
morfologica più approfondita nel capitolo 2,
è il dove la città informale tende a espander-
si e formarsi maggiormente. Si è infatti detto
che la crescita delle città in generale avvie-
ne spesso su scala regionale e territoriale e
da vita ad ambienti intermedi tra rurale e ur-
bano, ma si ritiene che la crescita informale
prediliga alcuni luoghi in particolare.
In primo luogo, come ci mostra ancora una
volta Mike Davis, “Sembra che una sorta di
infernale ordinanza di zonizzazione impon-
ga di circondare le attività industriali perico-
lose e le infrastrutture di trasporto con folte
aggregazioni di baracche ”.
13
Da Iztapapa-
la in Messico, a Cubatao a San Paolo, alla
frangia meridionale di Tunisi, quasi tutte le
città del Terzo mondo, con una certa base
industriale, hanno un distretto di slum rac-
chiuso nei pressi di grossi impianti industria-
li quali raffi nerie, oleodotti e impianti chimici.
Una prima tendenza dunque da parte della
città informale ad occupare aree attigue a
infrastrutture produttive e viarie normalmen-
te non consone allo sviluppo di insediamenti
abitativi, con condizioni disastrose per la sa-
lubrità dell’ambiente, legate ai rifi uti tossici
industriali e alle enormi masse di traffi co che
inondano le sottodimensionate reti viarie del
Terzo Mondo, e conseguente inquinamento
di terreni agricoli, acque e aria in generale.
Oltre a queste aree “Con l’aggravarsi della
crisi abitativa in tante città, gli slum stanno
invadendo direttamente riserve ecologi-
che fondamentali e bacini imbriferi protetti
”.
14
Come hanno da tempo riconosciuto i
teorici dell’urbanistica, a partire da Patrick
Geddes, “L’urbanesimo sostenibile presup-
pone la preservazione di un circondario di
ambienti paludosi e agricoli. Purtroppo le
città del Terzo Mondo – con poche ecce-
zioni - stanno sistematicamente inquinando
e distruggendo i loro fondamentali sistemi
ambientali di supporto”.
15
Conurbazioni di
tal genere stanno mettendo quindi in grave
pericolo l’equilibrio dell’ecosistema che le
ospita, e di conseguenza la vita stessa degli
abitanti degli slum.
Tutte queste defi nizioni ci rendono l’idea
di una città che ha mutato profondamente
la sua struttura, e che liberandosi dalle li-
mitazioni e imposizioni dei piani urbanistici,
quando presenti, si è sviluppata e si sta svi-
luppando secondo nuovi modelli spaziali e
in cui lo Slum rappresenta il modo di cresci-
ta delle città stesse. Ci interessa ora capire
da quale punto di vista l’Architettura possa
studiare la questione e in che modo possa
ancora operare attraverso il progetto per in-
cidere su queste nuove trasformazioni.
6
6- Maria Pia Collu, “LO SLUM UPGRADING, GLI OBIETTIVI DEL MIL-
LENNIO E LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA PARTECIPATA PER LO
SVILUPPO: IL CASO AFRICANO”,
7-8-9-10-11-13-14 -15-Mike Davis, “Il pianeta degli slum” Serie Bianca
Feltrinelli, (2006);
12- UN-Habitat, “The Challenge of Slums - Global Report on Human Sett-
lements”, 2003;
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A lato: forme di urbanizzazione a Dalhi (India);
In basso: Lagos (Nigeria);
6