2
Se si analizzano i singoli termini “rappresentare” e “politica”, si nota
come essi possano assumere vari significati.
Il verbo “rappresentare”, con riferimento al diritto pubblico, può
esprimere ben quattro funzioni: “riprodurre”, cioè mostrare alla vista aspetti
della realtà, attraverso riproduzioni con figure o segni sensibili o raffigurazioni
sceniche; “far presente”, manifestare; “simboleggiare” nel senso di raffigurare
un’idea astratta, o un’entità non visibile, con un segno o una figura
5
;
“sostituire”, cioè la funzione che svolge un organo per conto di un’altra
persona ed in questo caso colui che sostituisce, pur non essendo titolare
dell’azione, ne è comunque il responsabile
6
. Ad ognuna di queste funzioni
corrisponde un tipo di rappresentanza (descrittiva, degli interessi, simbolica e
ascrittiva) e, insieme, concorrono all’instaurazione di una relazione tra il
rappresentante ed il rappresento. L’assenza di uno dei due soggetti farebbe
venire meno l’azione del “rappresentare”: si parlerebbe di “identità” nel caso
non ci fosse il rappresentato perché il rappresentante si identificherebbe con il
popolo; l’assenza del rappresentante, invece, presupporrebbe, da un lato
un’organizzazione del potere in cui il popolo abbia gli strumenti per poter
assumere delle decisioni importanti per la collettività, dall’altro, non ci sarebbe
mai la necessità di adottare delle deliberazioni che, per la loro importanza
richiederebbero una maggioranza qualificata o l’unanimità.
A questo punto, passando all’interpretazione dell’aggettivo “politica”, la
“rappresentanza” può dirsi tale o perché non giudica, o perché la sostituzione
del rappresentato con il rappresentante si riferisce allo svolgimento di
un’attività politica. Il rappresentante, infatti, tra tutti gli interessi che fanno
capo al rappresentato, è chiamato a curare quelli politici.
5
La nozione di rappresentanza come raffigurazione di tipo simbolico è piuttosto frequente
nella sfera politica. Un esempio potrebbe essere quando si dice che «ogni membro del
Palmento rappresenta la Nazione» (art. 67 Cost.), cfr. COTTA M., Parlamenti e rappresentanza,
in PASQUINO G. (a cura di), Manuale di scienza della politica, Il Mulino, Bologna, 1986, 285.
6
Agire per conto e nell’interesse di un altro implica la necessità che al rappresentato venga
riconosciuto un ruolo attivo oltre che passivo nel rapporto di rappresentanza, nel senso che gli
deve essere data la possibilità di esprimere i propri interessi e di controllare che essi siano
rispettati dal rappresentante. Nello stesso tempo la sostituzione vuole che colui che sostituisce
agisca e risponda in nome proprio, nell’esercizio dei poteri conferiti per l’interesse non solo del
soggetto sostituito, ma di una sfera più ampia, mentre solo il risultato dell’attività posta in
essere dal sostituto sarebbe proprio, di questo, cfr. COTTA M., Parlamenti e rappresentanza,
cit., 284-385.
3
La rappresentanza implica, anche una situazione rappresentativa, dove il
rappresentante è chiamato a “stare al posto del rappresentato”, perché deve
“rendere presente” il soggetto assente.
Sono proprio questi, la presenza di due soggetti (rappresentante e
rappresentato) da una parte, e la situazione e il rapporto rappresentativi da
un’altra, gli elementi che compongono ogni tipo di rappresentanza e che
interagendo tra loro creano delle relazioni, ciascuna per ogni singola
organizzazione politica.
1.1 La situazione rappresentativa ed il rapporto rappresentativo
Considerare la rappresentanza solamente una “situazione” di potere che il
rappresentante ha nei confronti del rappresentato
7
presuppone che il popolo (il
rappresentato) sia portatore di interessi comuni, che trascendono quelli dei
cittadini o dei gruppi sociali. In questo modo si verrebbe a formare una volontà
popolare ipotetica volta a perseguire gli interessi comuni, in opposizione a
quella empirica che vuole affermare quelli particolari e che viene espressa dal
corpo elettorale al momento delle elezioni
8
.
Al rappresentante è affidata la cura di questi interessi e il compito di
esprimere la volontà popolare ipotetica, tanto che tutte le tesi che definiscono
la rappresentanza come mera situazione di potere del rappresentante, affidano a
quest’ultimo il pieno esercizio della sovranità
9
, restandone al rappresentato al
massimo l’astratta titolarità.
7
Inizialmente la funzione rappresentativa era considerata un elemento distinto dal mandato.
Poi, individuata la rappresentanza nel conferimento del potere di agire nel nome e per conto del
rappresentato, si legò tale fenomeno sia al contratto di mandato sia ad altre figure capaci di
creare rapporti di gestione riguardanti l’esercizio di atti presso terzi. Da qui si arriva a
concludere che «la rappresentanza, in sé, costituisce un quid autonomo rispetto ai vari rapporti
di gestione da cui trae origine, non essendo riconducibile in maniera esclusiva ad alcuno di
essi», cfr. NOCILLA D. – CIAURRO L., Rappresentanza politica, in Enc. del Dir., Giuffré,
Milano, 1987, 548.
8
Le assemblee elettive sarebbero lo strumento per portare all’interno della persona giuridica
statale la molteplicità degli interessi della società, così come essa si presenta nella realtà:
«frammentata e disarticolata», cfr. NOCILLA D. – CIAURRO L., Rappresentanza politica, cit.,
557.
9
Esistono tre filoni di pensiero che propongono questo modo di interpretare la rappresentanza
politica. Quello liberale sostiene la necessità di eleggere dei rappresentanti perché il popolo è
incapace di esercitare la sovranità, se non per delega. Così la volontà popolare è espressa dai
4
Una teoria del genere però, non è compatibile con il principio della
sovranità popolare, proprio perché la volontà popolare ipotetica e l’interesse
pubblico perseguiti, sarebbero rispettivamente la volontà dello stesso
rappresentante e l’interesse pubblico così come da quest’ultimo inteso. Inoltre,
identificare la rappresentanza come situazione di potere farebbe in modo che
ogni soggetto chiamato ad esercitare una pubblica funzione, possa essere
considerato un “rappresentante politico”.
L’altro elemento fondante il concetto di rappresentanza politica è il
rapporto che lega il rappresentante al rappresentato, in considerazione
dell’impossibilità, da parte di tutti gli aventi diritto, di gestire direttamente il
potere
10
. Siamo in presenza di un “rapporto rappresentativo”, senza il
presupposto di un mandato e senza alcun riferimento alla somiglianza del
rappresentante con il rappresentato
11
. L’affermazione dell’esistenza della
rappresentanza solo come rapporto, si basa sull’idea che esistano degli interessi
generali che si identificano con la semplice mediazione dei diversi interessi
particolari e i rappresentanti farebbero da tramite per l’espressione delle
opinioni, dei desideri e delle decisioni del popolo. Gli elettori possono porre
dei vincoli ai propri rappresentanti con i quali si instaura un legame che si
delegati che devono comunque avere una certa autorità ed essere liberi da qualsiasi
condizionamento o vincolo esterni all’esercizio del loro potere decisionale. In questo modo le
elezioni rappresenterebbero solo il mezzo migliore per scegliere “i più capaci” a ricoprire una
certa carica, cfr., ORLANDO V.E., Del fondamento giuridico della rappresentanza politica, in
Diritto pubblico generale. Scritti vari (1881-1940), Giuffré, Milano, 1940, 441-444. Vedi
anche DE VERGOTTINI G., Diritto costituzionale comparato, Cedam, Padova, 1987, 2
a
ed., 222-
224. Secondo il filone monarchico-conservatore, invece, tutti gli organi dello Stato sono
rappresentativi e costituzionali, legittimando, in questo modo, anche la posizione di un
monarca o di una Camera alta nei confronti di quella elettiva. Conseguenza di queste
impostazioni è il terzo filone che teorizza una totale indipendenza della rappresentanza politica
dalle elezioni e la considerazione che ogni tipo di organizzazione statale (dittatura, monarchia
assoluta, totalitarismo) dia luogo ad uno Stato rappresentativo, cfr. NOCILLA D. – CIAURRO L.,
Rappresentanza politica, cit., 556-561.
10
F. Lanchester sostiene l’impossibilità di prevedere che tutti coloro che hanno il diritto a poter
governare, possano in realtà farlo in quanto non tutti sarebbero in grado, cfr. LANCHESTER F.,
Rappresentanza politica e rappresentanza femminile, in ID., Rappresentanza, responsabilità e
tecniche di espressione del suffragio, Bulzoni, Roma, 1990, 94.
11
In questo caso si farebbe riferimento al concetto della “rappresentanza sociologica” che
sostiene la somiglianza esistenziale tra i soggetti del rapporto. Ciò che si richiede ai governanti
è di “riflettere” il più possibile l’età, il genere, l’etnia, le condizioni economiche e professionali
dei cittadini, consentendo una «riproduzione nel microcosmo rappresentativo del macrocosmo
sociale», cfr. FISICHELLA D., La rappresentanza politica, cit., 17. Una concezione di questo
tipo implica una dura selezione delle caratteristiche del corpo politico da riprodurre in quanto
sarebbe impossibile poter rappresentare tutti i caratteri di milioni di individui, cfr. COTTA M.,
Parlamenti e rappresentanza, cit., 286.
5
manifesta o nel fatto che i singoli deputati rappresentino la parte del popolo che
li ha eletti, o che tutti gli elettori pongano un mandato a tutti gli eletti.
Attraverso le elezioni si scelgono i governanti ma si permette al popolo anche
di manifestare le proprie aspirazioni, opinioni e volontà: il popolo affida agli
eventuali rappresentanti il mandato, in tal modo questi diventerebbero portatori
di tali interessi e quindi responsabili dell’uso del mandato conferito loro.
Le teorie, per cui la rappresentanza politica esprime un rapporto tra
elettori ed eletti, contraddicono il principio dell’unità e dell’indivisibilità della
sovranità
12
. Se, poi, si considera che non sempre l’elezione permette che
l’eletto abbia la qualità di rappresentante e che con gli elettori si instauri un
rapporto permanente, si incontrano delle difficoltà nell’individuare sia i
soggetti tra i quali si instaura il rapporto, sia i contenuti del rapporto stesso.
Bisogna innanzitutto affermare che il rapporto in considerazione, anche quando
riguarda un rappresentante, non riguarda mai un solo rappresentato: il rapporto
uno a uno è escluso a priori
13
. E’ difficile stabilire chi sia il rappresentato, se il
popolo, l’intero corpo elettorale o solo il collegio che ha eletto il parlamentare,
e se questo rappresenti solo chi lo ha votato o anche gli altri. Per ovviare a
questo tipo di problema si dovrebbe ritenere che sia l’intero organo elettivo a
svolgere la funzione rappresentativa, dato che in esso sono presenti tutte le
diverse opinioni della società. A rendere la questione più complessa c’è anche
la considerazione che gli elettori non esprimono sempre in modo chiaro le
“domande politiche”, né sono in continuo contatto con i rappresentanti in modo
12
Essendo la sovranità, affidata totalmente al popolo, la volontà che questo esprime
rappresenta solo una parte della volontà del sovrano. I mandatari del popolo sono i
parlamentari che, attraverso l’elezione, vedono conferirsi quella parte della sovranità popolare
di cui è titolare il singolo elettore. E’ questo il pensiero espresso dal giacobinismo francese. Per
la scuola pluralista, invece, le elezioni garantirebbero la rispondenza tra il popolo e i suoi
rappresentanti, rispettando i diversi gruppi presenti nella società proprio perché gli eletti si
conformano agli interessi degli elettori, in modo da attuare la loro volontà. Il terzo filone di
pensiero sostiene che la rappresentanza politica e l’elezione popolare siano legate tra loro tanto
che, un organo è rappresentativo perché è elettivo e perché ha il compito di interpretare,
esprimere ed attuare la volontà del popolo. Così solo in presenza di un’Assemblea legislativa
eletta dal popolo un governo potrebbe essere rappresentativo (teoria sostenuta anche da
ORLANDO V.E., Del fondamento giuridico, cit., 419-420), cfr. NOCILLA D. – CIAURRO L.,
Rappresentanza politica, cit., 562-567.
13
Per questo motivo la rappresentanza politica andrebbe vista essenzialmente come
“un’istituzione collettiva” con la conseguenza che diventa difficile che un elettore di un certo
collegio non trovi le sue istanze rappresentate, perché queste possono essere espresse anche da
eletti appartenenti ad un altro collegio, cfr. FISICHELLA D., La rappresentanza politica, cit., 25.
6
da permettere a questi ultimi di conoscere i loro orientamenti. Questo avviene
perché il rapporto tra le due parti, elettori ed eletti si interromperebbe, per
queste teorie, subito dopo il momento elettorale.
Il Parlamento, essendo l’organo rappresentativo con la funzione di far
entrare la volontà popolare nello Stato, è legato al titolare della sovranità
politica, da un rapporto “fiduciario”. Un rapporto che si sviluppa sia sul piano
della responsabilità politica sia su quello della rappresentatività-responsività.
Per quanto concerne il primo aspetto, si può affermare che non vi possa
essere un potere completamente privo della responsabilità di chi lo detiene, in
quanto è proprio il concetto di responsabilità che di per sé implica una certa
capacità di auto-determinazione.
Il principio della responsabilità politica, intesa come valutazione
periodica dei governanti da parte dei governati, è legato al concetto della
sovranità popolare. Si tratta di uno dei fondamenti dell’istituto rappresentativo
nella sua formulazione democratica, mediante il quale la rappresentanza
risulterebbe fondata non solo sulla situazione rappresentativa, ma anche su un
rapporto tra chi rappresenta e chi è rappresentato. Si tratta di una
rappresentanza caratterizzata da una certa “asimmetria” in quanto comporta
una differenza di status tra rappresentante e rappresentato
14
. E’ soprattutto il
primo a guidare e caratterizzare la relazione rappresentativa perché, il suo, è
uno status sovraordinato. Nello stesso tempo però, tale rapporto vede l’eletto
due volte responsabile, sia nei confronti degli elettori, che potrebbero non
rieleggerlo, sanzionando il suo comportamento, sia nei confronti
dell’organizzazione partitica che lo presenta nelle sue liste. Di conseguenza, il
rapporto, più che emergere quando si instaura o si esercita la rappresentanza
politica, si nota quando il rappresentante deve rispondere al rappresentato
presentandogli ciò che ha fatto, ed il meccanismo più capace ad assicurare tale
responsabilità non può che essere quello elettivo
15
.
14
FISICHELLA D., La rappresentanza politica, cit., 32.
15
Con riferimento all’ordinamento italiano, tra i metodi che permettono all’elettorato di
controllare l’organo elettivo sono previsti: la “mancata rielezione” come segno di sfiducia nei
confronti dei singoli e del partito; oppure il “referendum abrogativo” con il quale il popolo
esprime il dissenso nei confronti dell’attività legislativa, cfr. PAPA A., La rappresentanza
politica. Forme attuali di esercizio del potere, Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per
7
L’altro piano, su cui si sviluppa il rapporto tra rappresentanti e
rappresentati, è quello della rappresentatività-responsività. Con questi termini
si indica quello «stato di consonanza che si viene a stabilire tra governanti e
governati, in base al quale i primi sono in grado di recepire gli orientamenti
politici e le istanze economico-sociali dei secondi»
16
. In altre parole, alle
istituzioni rappresentative, oggi si chiede la capacità di rispondere
efficacemente alle molteplici domande poste dalla società civile, caratterizzata
da un elevato livello di eterogeneità. La responsività si riferisce al momento in
cui il Parlamento, una volta che percepisce le domande che la società gli pone,
le valuta liberamente, integrandole nell’ambito dell’interesse pubblico. Se non
ci fosse questa libertà, verrebbe meno anche l’autonomia del parlamentare che
lo rende responsabile delle sue azioni. La rappresentatività riguarda la libertà
che hanno i rappresentanti, di valutare gli orientamenti che il popolo ha
espresso alle elezioni, e gli elettori, di sfiduciare, alle elezioni successive, i
rappresentanti che non abbiano risposto alle proprie aspettative
17
.
Il rappresentante al fine di essere considerato tale, deve avere la qualità
della responsività, in quanto rispondente alle passioni, interessi, volontà del
popolo; e ciò può ottenersi solo quando è periodicamente chiamato a
rispondere agli elettori. L’elezione periodica non è l’unico modo di assicurare
l’omogeneità tra il corpo rappresentativo e il popolo; essa assicura che i
governi siano responsabili verso i governati, in quanto «il corpo elettorale è
giudice del modo con cui gli eletti hanno corrisposto o meno alla sua
fiducia»
18
. Se si distingue il momento elettorale da quello “inter-elettorale”, si
può dire che mentre il primo ha il suo corrispettivo nella responsabilità, il
secondo lo trova nella responsività.
Così come la rappresentatività di un sistema di governo è assicurata dalla
rappresentatività dei governanti, questa è resa effettiva solo se libere elezioni
consentono al popolo di giudicare l’opera degli eletti.
lo studio comparato sulle garanzie dei diritti fondamentali, Editoriale Scientifica, Napoli, 1998,
130.
16
PAPA A., La rappresentanza politica, cit., 126.
17
MARTINES T., Diritto costituzionale, Giuffré, Milano, 1994, 274.
18
LAVAGNA, La rappresentanza politica nel mondo moderno, in Amm. Civ., n. 10, 1958, 21.
8
In questo contesto vanno considerati alcuni fattori: i meccanismi che
permettono agli elettori il controllo dell’attività svolta dai rappresentanti, il
modo in cui il comportamento dei parlamentari è influenzato dalla
consapevolezza di doversi sottoporre alle elezioni successive per poter
mantenere la carica; se il fatto che un candidato si ritiri dalla campagna
elettorale non sia esso stesso un modo per esprimere una propria responsabilità
politica verso l’elettorato; le condizioni necessarie perché l’elezione possa
considerarsi un modo per affermare la responsabilità politica, di chi si candida.
Il carattere elettivo del Parlamento è molto importante e significativo in
questo contesto perché è l’unico momento nel quale rappresentatività e
responsabilità nei confronti del popolo si incontrano. Questo comporta che, le
Camere, proprio perché elette dal popolo, sono le uniche che rispondono
politicamente a quest’ultimo delle loro scelte, e il momento elettivo sancisce
una vera rappresentatività solo per loro. Il tutto deve naturalmente conciliarsi
col perseguimento di un interesse generale ma ciò non altera il rapporto
rappresentativo poiché, l’azione complessiva dei rappresentanti sarà controllata
dai rappresentati alle elezioni successive.
1.2 La rappresentanza di interessi
Rappresentare è un’azione politica complessa attraverso cui si evidenzia
una “differenza” tra rappresentanti ed elettori, ma questo dimostra una
contraddizione dello stesso concetto di rappresentanza politica che «riduce
individui differenti a cittadini indifferenziati»
19
. E’ un concetto che si fonda su
un interesse che, nello Stato liberale, si identificava con la nozione di “interesse
generale”
20
. Questo, al contrario degli interessi parziali, era l’unico che poteva
essere rappresentato dall’Assemblea nazionale, in quanto strettamente legato al
concetto della sovranità della Nazione, dello Stato e del popolo, cioè soggetti
giuridicamente “omogenei”. La determinazione degli interessi era il risultato
19
LANCHESTER F., Rappresentanza politica e rappresentanza femminile, cit., 95.
20
Era un interesse generale in quanto si immaginava uno Stato centripeto, senza corpi
intermedi, in cui tra il popolo sovrano, composto da tanti individui, ed i rappresentanti, non vi
erano “società particolari”, cfr. BOBBIO N., Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino, 1984,
10.
9
del confronto tra vari soggetti che agivano nell’ottica della rappresentanza
nazionale, con il presupposto politico che la rappresentanza sarebbe stata unica.
Questa unicità però è iniziata a venire meno a partire dall’avvento delle
masse sulla scena politica e delle grandi organizzazioni di interessi che
volevano essere coinvolti nelle decisioni pubbliche.
Oggi, il carattere politico attribuito al concetto di “interesse”, perseguito
dagli organi di rappresentanza, non esclude che esistano interessi “sezionali”
che cercano, anch’essi, forme di rappresentanza a livello istituzionale, in
conseguenza del principio partecipativo sancito dall’articolo 3 della
Costituzione italiana e dell’evoluzione delle società occidentali. Ci troviamo in
un contesto in cui è alla rappresentanza, e quindi alla politica, che viene
affidato il compito di unificare e rendere omogenei tutti gli interessi particolari
in uno generale, quello appunto della Nazione.
Per la sempre più marcata presenza di interessi settorialmente e
territorialmente diversi, quell’interesse generale è diventato difficile da
configurare. Se si comprende quanto sia centrale, per il moderno concetto di
rappresentanza, l’elemento dell’unità, si può capire quanto sia difficile
coniugare l’istituto rappresentativo nella sua formulazione ottocentesca
all’interno di una società pluralistica
21
. In questa, da un lato, diversi soggetti
politici, dotati di diversa forza ed efficacia, si muovono in uno spazio politico
non più monopolizzato da istituzioni politiche specializzate, dall’altro,
l’organizzazione degli interessi non può non tenere conto del principio
dell’uguaglianza dei cittadini.
Tra il sistema di rappresentanza degli interessi e il processo di policy
making si possono instaurare due tipi di relazioni. Una “liberalpluralista” in cui
i gruppi di interesse, in competizione tra loro, non hanno un elevato livello di
21
La presenza di molteplici interessi nella società preme sempre di più, soprattutto all’interno
dello Stato come persona giuridica. Si rischia così che tale pluralismo non si coniughi bene con
il principio di unità e che la rappresentanza politica si risolva in mera rappresentanza di
interessi particolari, cfr. COLAVITTI G., Rappresentanza e interessi organizzati. Contributo allo
studio dei rapporti tra rappresentanza politica e rappresentanza di interessi, Giuffré, Milano,
2005, 119. Un esempio di questa “degenerazione” del sistema sarebbero le cosiddette
«“leggine”, (…) effetto del prevalere di interessi particolari, di gruppo, di categoria, nel
peggior senso della parola, corporativi», cfr. BOBBIO N., Il futuro della democrazia, cit., 44.
Cfr. anche PIRZIO AMMASSARI G., La rappresentanza degli interessi e la costituzione
dell’Europa, in MONGARDINI C. – PIRZIO AMMASSARI G., Crisi e trasformazione della
rappresentanza nell’Europa moderna, La Goliardica, Roma, 1994, 69-70.
10
istituzionalizzazione. Il decisore politico deve accettare le articolazioni degli
interessi come date ed ha l’obiettivo di soddisfare il maggior numero possibile
delle richieste che gli vengono poste dai vari gruppi
22
. In questo senso,
l’interesse generale che l’Assemblea “incarna” non è altro che la sintesi degli
interessi parziali che proprio i deputati devono essere capaci di rappresentare in
Parlamento. E’ così che si realizzerebbe la cosiddetta “rappresentanza
generale”
23
.
L’altro tipo di relazione è quello “corporativo” secondo il quale si
devono mantenere costanti le decisioni politiche, incanalando le domande a
seconda delle risorse a disposizione. Secondo questa concezione, che ammette
la presenza, all’interno della società, di molteplici organizzazioni settoriali,
queste sarebbero in stretto legame con la rappresentanza, anzi si
identificherebbero con essa
24
. Ed è proprio qui che i due modelli si
differenziano, anche se nell’intento comune di stabilizzare le istanze politiche
nell’ambito delle risorse date. Mentre nel sistema liberalpluralista tale funzione
è affidata al sistema partitico, quindi esterno all’organizzazione statale e che
interviene dopo che le domande sono state formulate, in quello corporativo la
soluzione è ricercata appunto nell’ambito della rappresentanza degli interessi e
nel momento della formulazione della richiesta.
Le organizzazioni degli interessi potrebbero presentarsi secondo tre
prospettive. La prima le vede coinvolte nel momento elettorale della
rappresentanza limitatamente al versante dell’input, sarebbero mediatrici tra gli
individui e la classe politica rappresentativa (di solito organizzata in partiti) e
svolgerebbero un’attività di articolazione e selezione degli interessi della
popolazione.
L’altra possibilità prevede l’emergere di un vero circuito alternativo a
quello democratico-rappresentativo all’interno del quale le organizzazioni degli
interessi prenderebbero parte direttamente all’attività di governo vera e propria.
22
Questa è una concezione che si rifà al momento in cui si stava affermando l’egemonia del
Terzo Stato, cioè la borghesia, in contrapposizione alla classe aristocratica ritenuta un ostacolo
allo sviluppo economico, cfr. COLAVITTI G., Rappresentanza e interessi organizzati, cit., 56-
61.
23
Cfr. COLAVITTI G., Rappresentanza e interessi organizzati, cit., 65.
24
Cfr. COLAVITTI G., Rappresentanza e interessi organizzati, cit., 79-83.
11
Infine, la terza possibilità affiderebbe a tali organizzazioni un ruolo
esclusivo sia sul piano sostanziale che formale, mentre la rappresentanza
elettorale territoriale verrebbe lasciata da parte, tanto che non sarebbe più una
democrazia ma una forma di corporativismo di stato o autoritario
25
.
Il problema che oggi vede coinvolta la rappresentanza di interessi, è il
ruolo che deve assumere il Parlamento, l’unico organo nei confronti del quale
il corpo elettorale esprime il proprio consenso o dissenso, e l’unico ad avere il
diritto e il dovere di assumersi la responsabilità dell’approvazione di alcune
leggi.
A seguito della sempre più diffusa pratica della concertazione, per la
definizione di politiche di settore, è necessario che, il Parlamento non venga
chiamato solo a ratificare un accordo già assunto in sede definitiva dal
Governo, ma di farne il luogo del dibattito, in cui tutti possono “manifestare” le
proprie posizioni, coinvolgendo anche le minoranze parlamentari
26
. Questo, in
conseguenza del fatto che le moderne costituzioni non hanno attribuito a tali
interessi un ruolo decisionale nella funzione di decisione dell’interesse politico,
ma solo una funzione tecnico-consultiva
27
. Nonostante questo però, oggi, le
organizzazioni di interessi sono molto diffuse e stanno assumendo anche un
ruolo decisionale. Così il problema sta nel cercare un equilibrio tra le parti, nel
25
COTTA M., Parlamenti e rappresentanza, cit., 296-298.
26
Secondo i Costituenti italiani, erano gli interessi economici ad assumere importanza a livello
pubblico, e volevano farli emergere attraverso i partiti e i sindacati. Il ricorso ai primi
permetteva una duplice composizione degli interessi (in seno ai partiti e al Parlamento); ai
secondi, invece, fu attribuita la funzione contrattuale, lasciando gli organi della rappresentanza
politica al di fuori e al di sopra di questi accordi. I due momenti della rappresentanza degli
interessi, quella contrattuale e quella politico-economica, che esclude i sindacati dalle funzioni
pubbliche, hanno iniziato a non essere più facilmente distinguibili nel momento in cui le
organizzazioni sindacali si sono poste come interlocutori dello Stato nella fase di scelta
dell’indirizzo politico. Dagli anni Settanta le associazioni sindacali si sono fatte portatrici di
interessi non solo collettivi ma anche pubblici, svolgendo una funzione di supplenza del ruolo
dei partiti e divenendo parte negoziale nei confronti dello Stato, anche in campo legislativo,
soprattutto in materie economico-sociali, cfr. PAPA A., La rappresentanza politica, cit., 178.
27
La Costituzione italiana del 1948 ha attribuito un ruolo centrale alla rappresentanza politica
ma la rappresentanza degli interessi distinti non poteva avere lo stesso ruolo di quella degli
interessi formalmente indistinti, alla quale sembrava potersi attribuire solo un ruolo tecnico-
consultivo. Alla Costituente si vollero sottolineare tre punti: il ruolo centrale attribuito ai
partiti, ritenuti capaci di attrarre a sé i diversi interessi emergenti della società e di mediare tra
gli stessi al fine di una loro ricomposizione prima dell’accesso alla rappresentanza
parlamentare; l’attribuzione ai sindacati del ruolo di ricomposizione delle controversie
riguardanti la sfera economico-contrattuale dei rapporti di lavoro; il ruolo, appunto, consultivo
affidato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, cfr. PAPA A, La rappresentanza
politica, cit., 78-79. Vedi anche BOBBIO N, Il futuro della democrazia, cit. 44.
12
senso della determinazione, per ognuna di esse, dell’esercizio delle proprie
funzioni ma non in condizioni di separazione, bensì di interdipendenza tra gli
stessi. Fondamentale, a tal proposito, è la posizione delle Assemblee
rappresentative. Il loro ruolo sarà sempre meno decisionale e più incentrato sul
controllo politico dei nuovi soggetti titolari della funzione di indirizzo politico.
Sembra auspicabile che, le intese raggiunte nella fase di formazione
dell’iniziativa legislativa governativa, tra Governo e rappresentanti di soggetti
dello Stato comunità, possano trovare nel Parlamento la sede naturale, aperta
alla partecipazione di tutti gli interessati, di verifica ed eventuale ridefinizione
dell’intesa
28
.
I concetti di rappresentanza politica e rappresentanza di interessi
potrebbero risultare contrapposti l’uno all’altro anche in riferimento ai soggetti
che ne sono protagonisti: il rappresentante che opera le scelte pubbliche nel
primo caso e il rappresentato e i bisogni che esprime nel secondo. In realtà tra
le due nozioni c’è un rapporto che si articola su due piani: quello dei rapporti
tra rappresentanza politica ed alcune organizzazioni di interesse (sindacati,
associazioni imprenditoriali), prima portatrici di interessi parziali ma ora di una
visione più generale dell’interesse pubblico; e quello dei rapporti tra
rappresentanza politica e organizzazioni di interesse le quali cercano di rendere
politicamente visibili interessi sezionali di vario tipo. Questi gruppi hanno la
sede della loro attività nella società, per questo, accedere alla sfera politica non
è il loro scopo, al contrario dei partiti e dei movimenti politici. In realtà, le
organizzazioni di interesse hanno aumentato la propria influenza sul processo
di formazione della volontà politica, la loro tendenza alla “negoziazione” le ha
rese più coinvolte nella fase preparatoria delle decisioni in cui cercano di
negoziare con il Governo nelle materie che più le riguardano
29
.
28
In questo senso l’Assemblea sarebbe una sorta di “stanza di compensazione” per il
raggiungimento di decisioni di compromesso tra le parti, cfr. MORTATI C., Istituzioni di diritto
pubblico, Cedam, Padova, 1975, 477.
29
Ci sarebbe una distinzione tra gli interessi organizzati e i partiti politici in quanto sono solo i
secondi che partecipano alla determinazione dell’indirizzo politico e che dunque hanno
responsabilità politica perché devono riferirsi alle aspettative dell’elettorato. Tuttavia i due
soggetti interagiscono e si condizionano a vicenda, cfr. PIRZIO AMMASSARI G., La
rappresentazione degli interessi, cit., 71-74.