4
Introduzione
L’obiettivo di questo lavoro è condurre un’indagine del cinema documentario
cinese contemporaneo e individuarne alcune delle tendenze tematiche ed estetiche.
Si tratta di un compito naturalmente complesso: la produzione documentaria negli
ultimi anni è letteralmente esplosa in Cina, complici le nuove tecnologie di fruizione e
produzione di immagini. Rendere conto di tutte le tendenze e gli sviluppi, anche teorici,
di una messe così sterminata di opere sarebbe impossibile. Alla produzione
propriamente cinematografica si deve aggiungere il fatto che la maggior parte dei
documentari cinesi è prodotta per la televisione. Questi documentari televisivi, al di là
dell’inevitabile limitazione di una piattaforma di fruizione sempre più soggetta alle
leggi dello spettacolo e del mercato
1
, non sono meno interessanti dei più illustri
“colleghi” cinematografici. A complicare ulteriormente il quadro è l’inevitabile
globalizzazione produttiva: numerosi documentari sono il frutto di complesse
configurazioni di capitale e competenze internazionali. Chiunque abbia assistito a una
rassegna di documentari indipendenti cinesi non può non aver notato come un numero
consistente di questi sia il frutto di coproduzioni o di finanziamenti provenienti
dall’Europa o dagli Stati Uniti. Lo stesso concetto di ‘Cina’, o di documentario cinese, è
il prodotto di una negoziazione fra più fronti, i cui termini sono il capitale produttivo,
l’autore e i flussi culturali globali.
Del capitale si è già accennato; per quanto riguarda l’autore, egli può scegliere di
posizionarsi in diversi modi rispetto alle posizioni di potere rappresentate dal Partito
comunista cinese (PCC), a eventuali committenti e al proprio orientamento estetico ed
etico. Costruire una propria “nicchia ecologica”, facendo del dissenso o della
1
Berry 2009:74.75.
5
“artisticità” del proprio lavoro una marca di valore è una vera e propria tattica di
sopravvivenza (nel senso di Michel De Certeau)
2
. Parlando del mondo e rappresentando
un mondo, i documentaristi assumono una posizione politica – o post-politica
3
.
Circa i flussi culturali globali, il documentario è parte di un cinema che, nello
sforzo di mappare la complessa configurazione di ideascapes, mediascapes, etnoscapes
e financescapes (Arjun Appadurai
4
), è parte integrante di un discorso sulla modernità (o
postmodernità, o postsocialismo) cinese, e che dunque si interroga sulla possibile
identità di una cultura e di un popolo coinvolte in una trasformazione epocale e radicale.
Interrogandosi su temi quali la memoria individuale e collettiva e le contraddizioni
sociali scaturite dalla rapidissima urbanizzazione e trasformazione sociale, i
documentari sono una voce importante nell’elaborazione di una nuova identità da
società avanzata. Si tratta, evidentemente, di un processo ancora in fieri di cui è difficile
prevedere gli esiti nel medio e lungo termine.
Rendere conto in maniera esaustiva di un universo tanto vasto sarebbe inutile e
pretenzioso. Inoltre, alla difficoltà di sintesi si deve aggiungere una serie di
problematiche di tipo metodologico. Sembra superfluo ricordare che il concetto di
“documentario” è tutt’altro che definito. Come si vedrà, la teorizzazione classica sul
documentario non sempre si adatta al documentario cinese. Questo vale tanto per il
documentario di epoca maoista (per il quale Chu Yingchi
5
ha ritenuto opportuno
designare uno specifico modo di rappresentazione, la “modalità dogmatica”, a
complemento della classica categorizzazione di Bill Nichols
6
) quanto per la produzione
2
Berry 2007:117.
3
Per il concetto di post-politica (postpolitics), si rimanda a Chen 1997:124 e sgg..
4
Si rimanda a Appadurai 1996.
5
Chu 2005:52.
6
Si rimanda a Nichols 1991, Nichols 2001.
6
degli ultimi anni, per la quale parlare di “osservazione” o di “aderenza al reale” risulta
limitante e artificiale. In questo senso, l’apporto teorico di autori come Keith Beattie e
Stella Bruzzi – che con i loro tentativi di superamento di una concezione rigida e un
po’fondamentalista del documentario classico costituiscono una indispensabile
integrazione e superamento dell’imprescindibile landmark costituito dall’opera di Bill
Nichols – è stato fondamentale per venire a capo di nodi interpretativi di altrimenti
difficile soluzione.
Se l’utopia del realismo assoluto è definitivamente tramontata, il ruolo “etico” del
documentario nel cinema contemporaneo non è venuto meno: descrivere, raccontare o
mostrare il mondo in modo veritiero, o perlomeno in modo il più possibile autentico. Da
questo punto di vista, come si vedrà, i documentari cinesi indipendenti sono tutt’altro
che un corpus di testi filmici naïf che osservano la realtà in modo ingenuamente diretto
e immediato.
Il confine tra documentario e cinema di fiction è stato mantenuto per i fini di
questo lavoro, ma la premessa implicita dell’intero discorso è che finzione e
documentario sono territori largamente sovrapponibili nel contesto del cinema
contemporaneo, in Cina e non solo. Le opere di registi come Wang Xiaoshuai e Jia
Zhangke, nella loro radicale ambiguità, sono lì a ricordarcelo.
L’indagine è limitata a un numero ristretto di opere ritenute rappresentative del
documentario cinese contemporaneo. I criteri di scelta sono stati essenzialmente il
valore rappresentativo e la maturità artistica ed espressiva. Questo approccio
“qualitativo” viene integrato da una sintesi che mira a definire i documentari scelti come
luoghi diversi di un territorio in espansione, piuttosto che tappe di un unico possibile
7
percorso interpretativo.
Svolgere una ricerca sul cinema cinese implica avere a che fare con una serie di
temi e termini controversi. Il primo di questi problemi concerne la definizione stessa di
che cosa sia il cinema cinese. Come ricorda Zhang Yingjin, nonostante l'espressione
indichi l'insieme della produzione cinematografica della Repubblia Popolare Cinese,
Taiwan e Hong Kong, agli occhi degli occidentali queste sono concepite come nazioni
contrapposte e completamente separate tra loro
7
. Non è qui il caso di procedere ad
un'analisi del contesto geopolitico e dei flussi culturali tra queste tre entità territoriali,
politiche e culturali. Ai fini di questo elaborato, quando si è scritto di cinema cinese, o
documentario cinese, ci si è riferiti principalmente alla Repubblica Popolare Cinese. Si
tratta di una semplificazione, comunque integrata contestualmente nei momenti in cui è
necessario o pertinente effettuare un confronto tra il cinema della R.P.C. e quello di
Hong Kong o Taiwan.
Altri termini problematici sono quelli relativi alla suddivisione dei registi cinesi in
"generazioni"
8
. La cosiddetta Quinta generazione, ad esempio, raccoglierebbe tutti i
registi che hanno iniziato la propria carriera dopo la fine della Rivoluzione Culturale,
fino agli anni Ottanta. Questa suddivisione, semplicistica e inadeguata, è comunque
ampiamente adottata negli studi sul cinema cinese, e nel corso della ricerca se ne è fatto
uso in diverse occasioni. Per quanto riguarda gli ultimi anni, la crescente complessità ed
eterogeneità del panorama cinematografico impedisce di parlare con sufficiente
precisione di Sesta o Settima generazione. Nei fatti, queste etichette creano problemi
invece di risolverne. Nel caso del cinema più recente e del documentario
7
Zhang 2002:18.
8
Idem:22-23.
8
contemporaneo, si è preferito evitare generalizzazioni e di affrontare gli autori
definendoli a partire dalle caratteristiche della loro opera.
Un ultimo problema concerne la denominazione dei documentari oggetto di
questo studio. Queste opere sono "indipendenti", "alternative" o "di dissenso"? Si tratta
di una scuola, o comunque di un movimento coerente e coordinato? Per quanto riguarda
la prima domanda, si è scelto di parlare di documentario indipendente contemporaneo
per due ragioni: per la diffusione di questa denominazione nel discorso accademico e
per la rilevanza dell'aspetto produttivo di queste nel determinare l'etica e l'estetica. Per
alcuni documentari, nondimeno, la denominazione "alternativo" sarebbe più calzante:
ad esempio, nel caso di opere che propongono in modo esplicito e formalmente
consapevole (o "riflessivo") una versione della storia alternativa a quella ufficiale.
Il primo capitolo fornisce un inquadramento storico relativo alla storia del cinema
documentario in Cina. L’attenzione è naturalmente focalizzata sulla produzione
documentaria; tuttavia, sarebbe impossibile separare il cinema in compartimenti stagni.
Lo stesso confine tra film di finzione o a soggetto e opere, invece, di impostazione
“documentaria” è assai labile e problematica.
Il secondo capitolo fornisce coordinate più generali per contestualizzare la
produzione documentaria cinese. Si procede ad una definizione del documentario alla
luce di una rapida disamina del dibattito accademico sul termine, per poi ripercorrere le
tappe del rapporto tra finzione e documentario nel cinema cinese. In seguito, si effettua
una ricognizione del retroterra estetico sul quale il cinema cinese si fonda e sui problemi
interpretativi che lo scarto con la cultura occidentale può provocare. Infine, l’ultimo
paragrafo affronta le tematiche relative a produzione e fruizione nel contesto cinese.
9
I capitoli terzo, quarto, quinto e sesto analizzano quattro diversi documentari, di
altrettanti autori. Si è cercato di evitare approcci rigidi e schematici, espressione di uno
sguardo analitico e atomizzante sul cinema che tende a precludere la comprensione di
un testo “altro” più che a favorirne la lettura. L’approccio scelto si propone di
intrecciare una ricerca di impostazione storica (che mette a fuoco relazione tra il cinema
e il suo contesto storico e sociale, nonché la relazione tra il mondo e la sua
rappresentazione documentaria) ad un approccio estetico (che analizza stile e forma
della rappresentazione) e di analisi culturale (che traccia i contorni di questa
rappresentazione nel contesto della cultura cinese e internazionale).
L’ultimo capitolo analizza alcune problematiche fondamentali, affrontate o
suggerite dai documentari analizzati, e più in generale le tematiche cruciali per
comprendere il modo con cui il documentario entra in relazione con la modernità.
10
Parte 1. Documentario, Cina. I termini del discorso
Trattare di documentario cinese richiede innanzitutto la definizione di una serie di
strumenti o discorsi che permettano un confronto produttivo con opere che nascono da
un contesto storico, culturale e sociale diverso da quello a cui è avvezzo lo studioso di
cinema occidentale.
Una contestualizzazione storica è d’obbligo. Ai fini di questa ricerca, ritengo
dunque indispensabile fornire alcune coordinate storiche relative alla nascita ed allo
sviluppo del cinema cinese. Lo scopo è quello di far emergere una tradizione
documentaria che, per la sua diversità e per la posta in gioco politica ed estetica che vi
ruota attorno, getta una luce affatto peculiare sui documentari contemporanei
indipendenti. Dimenticare questo contesto significa ridurre il mondo del cinema cinese
– documentario o a soggetto – ad un territorio di conquista per la teoria occidentale
9
.
Le coordinate storiche, coadiuvate da una riflessione sul senso del documentario e
sulla teoria estetica soggiacenti, permettono di approcciare il documentario cinese
contemporaneo con la consapevolezza necessaria a rispettarne la complessità, evitando
al tempo spesso un’interpretazione superficiale nel nome di un edificante esotismo o di
una forzata interpretazione in nome del “dissenso” che trasuderebbe da queste opere.
Sono queste le due direzioni di un fraintendimento continuo del cinema cinese, che qui
si cercherà di evitare. La situazione è evidentemente più complessa.
Una breve analisi del contesto produttivo e delle modalità di distribuzione e
fruizione del documentario completa l’opera di inquadramento dell’oggetto di studio di
questo elaborato.
9
Zhang 2002:119 e sgg..
11
Capitolo 1. Linee generali della storia del cinema cinese
1.I Dal cinema delle origini agli anni Venti
Quanto verrà qui trattato non va in nessun modo inteso come un riassunto della
storia del cinema cinese, quanto come un percorso tematico che privilegerà alcuni
aspetti tra i tanti possibili, all'interno di una cinematografia immensa e complessa, la cui
trattazione non può essere evitata.
Si tratta di un percorso funzionale agli argomenti che verranno trattati in seguito,
di stampo tematico e “genealogico” prima che storico, che si concentrerà sullo sviluppo
del documentario piuttosto che sul cinema di finzione, il quale verrà comunque trattato
laddove sarà necessario.
Il cinema approdò presto in Cina: la prima proiezione pubblica avvenne a
Shanghai l’11 agosto del 1896
10
. Naturalmente, le condizioni storiche dell’ingresso del
cinema in Cina furono quelle della penetrazione occidentale nelle grandi città costiere:
Shanghai, per certi versi, nacque e prosperò proprio in funzione degli interessi
occidentali in Cina, e, se si esclude la colonia britannica di Hong Kong, fu certamente la
città più moderna e vicina alla cultura occidentale dalla metà dell’Ottocento agli anni
Quaranta
11
.
L'ingresso del cinema rappresentò, senza dubbio, un elemento dirompente nel
panorama ricchissimo dell'arte e della cultura cinesi. Tale novità non si inserì tuttavia in
un vuoto semantico: l’interpretazione di questa nuova forma di espressione fu praticata,
10
Hu J., Yingxi (shadow play): the initial Chinese conception about film,
http://www.latrobe.edu.au/screeningthepast/firstrelease/fr1100/jhfr11g.htm (25/11/2011).
11
Mitter 2008:74.
12
come spesso capita nella storia dell’arte, in rapporto ad altre forme artistiche già
esistenti nella cultura locale. La cultura estetica cinese fu dunque il territorio entro il
quale il nuovo medium cinematografico dovette iscriversi e trovare una propria
collocazione.
La cornice interpretativa più ovvia fu quella delle ombre cinesi: figure le cui
ombre, riflesse su uno schermo tramite una potente fonte di luce, davano un'impressione
visiva che ricordava, sotto alcuni aspetti, quella del film muto. Non è un caso che
quando, alla fine dell'Ottocento, il cinema fece il suo ingresso in Cina, questo fu
chiamato “gioco d'ombre occidentale” (西方影戏 xifang yingxi)
12
. Altre traduzioni
riscontrabili sono dianguang yingxi 电光影戏 (spettacolo di ombre da luce elettrica),
oppure, più semplicemente, dianying 电影 (ombre elettriche)
13
; quest'ultimo termine
diventerà poi quello di uso comune per definire il cinema in lingua cinese. Il termine
影 戏 yingxi merita attenzione: il primo carattere di cui è costituito il termine, 影 ying,
racchiude un insieme di significati quali ombra, illusione, ma anche riflesso o traccia; in
altre parole, il massimo dell'illusione ed il massimo del realismo si dispiegano in un
continuum semantico all'interno del medesimo carattere. Per quanto riguarda 戏 xi, il
carattere è strettamente legato al teatro, alla rappresentazione, nonché allo scherzo e al
gioco. Il termine dianguang yingxi compare già nella prima recensione cinematografica
cinese attualmente nota, datata 1897
14
.
Nel termine yingxi, l’enfasi semantica era certamente posta sulla
“rappresentazione” in senso teatrale che non sulle ombre
15
. Sottolineare il contenuto
piuttosto che la tecnologia, e dunque focalizzarsi su un elemento che poteva essere più
12
Hu 2003:30.
13
Xiao Zhiwei 2001:714.
14
Hu J., vedi nota 10.
15
Hu 2003:32.
13
facilmente assimilato alla cultura tradizionale del teatro e “riempito” con qualcosa di
percepito come “cinese”, rese più semplice l’appropriazione del cinema nel contesto
culturale della Cina
16
.
In effetti, dopo le ombre cinesi, la seconda e più importante cornice interpretativa
per il cinema fu quella del teatro e dell’opera tradizionale cinese. Non è un caso che le
prime “sale da proiezione” in Cina furono le case da tè, luogo tradizionalmente adibito
agli spettacoli teatrali e all’intrattenimento più esclusivo per l’èlite cinese
17
. I primi film
cinesi, non a caso, furono delle rappresentazioni di spettacoli teatrali. Questa cornice
interpretativa perse gradualmente importanza negli anni, ma rimase sempre una
componente importante del cinema a soggetto.
Il cinema cinese degli albori ha interpretato le immagini in movimento come una
forma tecnologicamente evoluta di “rappresentazione teatrale”, di drama, di gioco di
ombre. Come sostiene Chu Yingchi, in base a questo approccio «it is not surprising that
film did not, at least initially, draw the attention of any other professionals such as
doctors, scientists or teachers, but people in show business»
18
. Prima di tutto, dunque, il
cinema fu inteso come uno spettacolo. Ma si trattò fin dall’inizio di uno spettacolo dalla
collocazione ambigua, in quanto caratterizzato da un senso di realismo straordinario e
da una forma di mimesi fotografica del reale quasi totalmente estranea alla tradizione
estetica cinese
19
.
Nei primi anni successivi all'introduzione del cinema, nessuno, in Cina, aveva le
tecnologie o le competenze necessarie a produrre film. Il primo decennio del cinema
cinese fu segnato dalla penetrazione di film e documentari stranieri, in particolare
16
Idem:33.
17
Hu J., vedi nota 10.
18
Chu 2005:42.
19
Hu 2003:34.
14
francesi e americani
20
. Il primo film cinese, realizzato dallo Studio Fotografico Fengtai (
丰台照相馆 Fengtai zhaoxiangguan) nel 1905, fu “teatro filmato” nel senso letterale
del termine: una registrazione dell'opera teatrale定军山 Dingjun Shan (La conquista
del monte Ding Jun
21
). Non si può parlare, nel caso di Dingjun Shan, di cinema “di
finzione”, quanto di un momentaneo compromesso tra l’opera tradizionale cinese e il
realismo fotografico del cinema. Da Ding Jun Shan a 上海战争 Shanghai zhanzheng
(La battaglia di Shanghai, 1913), nelle prime pellicole cinesi la registrazione del reale
fu effettuata senza l'introduzione di elementi tipici del cinema di finzione, quali la
presenza di storie inventate o di personaggi. Si trattava di registrare un evento, o
un’opera teatrale; l’attenzione era comunque posta sulla registrazione di qualcosa che
avveniva nel mondo reale. Questo genere di film, che faceva leva sul teatro e
sull’espressione della cultura tradizionale cinese (l’opera tradizionale, e in seguito il
cosiddetto “dramma parlato”, un curioso ibrido tra teatro cinese e occidentale), era un
modo per difendere e perorare la cultura cinese attraverso il cinema, espressione di
quella che Jubin Hu chiama la consapevolezza culturale del cinema cinese degli anni
Dieci
22
: in questi anni è già possibile notare un’anima patriottica e nazionalistica nel
cinema cinese che, nelle sue diverse fasi, non lo abbandonerà mai.
Negli anni successivi, gli esperimenti di cinema in Cina furono legati alla sua
dimensione spettacolare, di attrazione, e dunque al suo valore commerciale prima che ad
una dimensione di ricerca del realismo o di documentazione del reale. Si configurò
anche in Cina ciò che Tom Gunning definisce come un «cinema delle attrazioni»,
20
Ibidem.
21
Ibidem.
22
Hu 2003:38 e sgg..
15
ovvero un cinema che incuriosisce e ostenta i propri trucchi per stupire lo spettatore,
«less as a way of telling stories than as a way of presenting a series of views to an
audience, fascinating because of their illusory power […] and exoticism»
23
.
A partire dagli anni Dieci, il cinema iniziò ad essere considerato come un
potenziale strumento educativo. Nel 1918 una delle maggiori case editrici cinesi, la
Casa editrice commerciale (商务印书馆 Shangwu yinshu guan) stabilì un'unità di
produzione cinematografica adibita alla realizzazione di film educativi e di attualità
(newsreel o 新闻片 xinwen pian)
24
. L'obiettivo della Casa editrice commerciale era
chiaro:
Against the background of the New Cultural Movement of anti-Confucianism in
1913-1919, Commercial Press aimed to use film medium to construct a modern Chinese
identity that countered French and American films that thrived on a colonial portrayal of
China
25
.
Tale iniziativa non deve stupire. Nel contesto del fermento sociale successivo alla
caduta della dinastia Qing e l'instaurazione della Repubblica Cinese, la ricerca di una
nuova identità cinese moderna fu un elemento estremamente importante della cultura
dell'epoca. Sorto in reazione alla traumatica relazione con l'Occidente che segnò
l'Ottocento cinese, questa forma di nazionalismo culturale emerse da un sentimento
diffuso di umiliazione, la cui origine viene tradizionalmente fatta coincidere con la
prima Guerra dell'Oppio del 1839 e con i cosiddetti Trattati Ineguali tra la Cina e le
potenze occidentali, a partire dal Trattato di Nanjing del 1842
26
. La simbologia dei
23
Gunning 1986: 63-70.
24
Chu 2005:42.
25
Ibidem.
26
Roberts 1996:327.