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INTRODUZIONE
Nel seguente lavoro si presenta il disturbo borderline di personalità in
tutte le sue più infime e tormentate sfaccettature. Questa patologia è un
disturbo complesso, studiato nel corso degli anni e ancora oggi oggetto
di ricerca per la sua natura e per come si esprime attraverso le persone
che ne sono succubi.
Il primo capitolo di questo lavoro è dedicato alla descrizione di questo
disturbo, partendo dalle più generali definizioni fino alle specifiche
antonomasie. La descrizione sarà composta dai modelli teorici dei primi
studi effettuati per delineare la natura di questo disturbo con le differenti
teorie annesse e l’evoluzione della sua eziologia. Si tratteranno le
diagnosi per “accendere” questo disturbo e gli strumenti diagnostici
utilizzati per confutare l’effettiva diagnosi, con riferimenti ai diversi
strumenti diagnostici, con particolare attenzione al Manuale Diagnostico
e Statistico dei Disturbi Mentali quinta edizione (DSM-V) e l’analisi dei
criteri per questo disturbo. Verrà espresso il dubbio di molti terapeuti che
negli anni si sono domandati se i nove criteri elencati all’interno del
Manuale per identificare il disturbo borderline di personalità fossero gli
unici utili strumenti per poter diagnosticare la patologia o come sosterrà
il dottor Cesare Maffei, si può ragionare in un altro modo?
Il secondo capitolo si prefissa di spostare e concentrare l’attenzione sulla
mente e le emozioni della persona con disturbo borderline di personalità,
considerando anche le famiglie di queste persone con le loro esperienze
e il loro vissuto emotivo. Le emozioni delle persone borderline sono
spesso devastanti, incontrollabili e si riversano violentemente sulla
persona e sui suoi comportamenti, non permettendole di vivere una vita
serena, quanto piuttosto un vero e proprio incubo. Per descrivere al
meglio queste sensazioni, nel lavoro saranno riportate delle
testimonianze di persone con questo disturbo, dove raccontano in prima
persona cosa hanno sperimentato e le emozioni che hanno provato sia
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prima di sapere di avere il disturbo che dopo. Queste testimonianze sono
state commentate da terapeuti come Marsha Linehan, l’ideatrice di una
delle terapie più studiate e con più evidenze scientifiche nella cura di
questi pazienti, ovvero la Terapia Dialettico-Comportamentale e altri
autori altrettanto rilevanti nello studio e nella cura di questa patologia
come per esempio: John G. Gunderson, Otto Kernberg, Wayne Fenton,
Valerie Porr.
Il lavoro prosegue con la descrizione della natura e della biologia delle
emozioni di Valerie Porr e la sua estrema attenzione rivolta al supporto
delle famiglie di queste persone, le quali oltre a soffrire terribilmente per
il senso di impotenza che sperimentano davanti alla persona borderline,
possono essere utili alleati terapeutici nella cura di questa patologia
attraverso i programmi formativi di psico educazione. Verranno poi
analizzate certe percezioni come il tempo, spiegato dal dottor Raffaele
Visintini e certe emozioni molto dolorose per le persone borderline, come
per esempio, la vergona e i metodi attraverso i quali fanno fronte a queste
sensazioni espressi attraverso i comportamenti. Il secondo capitolo si
chiude con lo stigma del disturbo borderline, in particolare quello di alcuni
terapeuti, i quali spesso rifiutano di trattare questi pazienti in quanto
vengono giudicati troppo difficili o senza nessuna speranza di remissione
e conseguente guarigione.
Il terzo e ultimo capitolo si propone di presentare, anche in risposta allo
stigma, tutti i modelli terapeutici funzionali con evidenze scientifiche per
il trattamento di questa patologia. Nel corso degli anni questi trattamenti
hanno subito delle modifiche e delle evoluzioni, a causa delle esperienze
e delle evidenze che si sono riscontrate, arrivando a delineare quelli che
oggi possono considerarsi i modelli di trattamento più funzionali mai
esistiti per il trattamento di questo disturbo. Verranno inoltre, specificati
per ogni trattamento i dati riferiti all’efficacia, grazie alla ricerca condotta
dal dottor Madeddu e colleghi.
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A questo proposito saranno anche riportate le realtà delle comunità
terapeutiche, in particolare le strutture del Centro per lo Studio e la
Terapia dei Disturbi della personalità (Crest), grazie al contributo del dott.
Fabio Rancati e alla dottoressa Manuela Carrillo che racconta le
esperienze di due pazienti all’interno di queste strutture con gli esiti della
terapia.
Il terzo capitolo si chiude con la presentazione di un metodo, sorto negli
ultimi anni per la cura dei pazienti borderline in Italia, il Metodo GET
(Gruppi esperienziali terapeutici) e la sua efficacia spiegata dai dottori
Raffaele Visintini e Nicolò Gaj che lavorano presso il San Raffaele a
Milano.
L’intento di questo lavoro vuole essere quello di prestare particolare
attenzione al significato emotivo del disturbo borderline provato
direttamente dai soggetti che ne soffrono, ma considerando anche le
esperienze delle famiglie e delle persone care che circondano queste
persone e alla rilevanza della figura del terapeuta per la cura di questo
complesso disturbo di personalità.
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CAPITOLO I
UNO SGUARDO INTRODUTTIVO AL DISTURBO BORDERLINE DI
PERSONALITÀ
Quando parliamo di disturbo di personalità, per “personalità”, intendiamo
l’insieme degli schemi di pensiero, affettivi e di comportamento che si
mettono in atto all’interno dei diversi contesti di vita in maniera
tendenzialmente ripetuta e abituale, quindi qualcosa che si generalizza a
tutti i contesti e che costituisce il nucleo della personalità. Parlare di
disturbi borderline di personalità, sembra essere un qualcosa, che
sebbene oggi sia comunemente accettato, non da tutti viene considerato
come un’entità nosografica valida, nel senso che taluni preferiscono
parlare di organizzazione borderline perché “un disturbo definisce un
qualcosa che prima non c’era e che poi a un certo punto della vita si è
manifestato” (Sottocorno 2019)
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, invece quando si parla della
personalità, si intende un qualcosa che si è andato a costruire nel corso
dello sviluppo e della vita dell’individuo e che pertanto in un certo senso,
è sempre esistita. Si è comunque riluttanti, ancora oggi, a identificare
come disturbo di personalità una costellazione sintomatologica che
possa manifestarsi nell’adolescenza o prima, proprio perché non si è
ancora costruita completamente la personalità e l’identità di un individuo
e a questo proposito, si cerca di apporre questo tipo di diagnosi con la
maggiore età.
In questo caso naturalmente si parla di disturbo perché è una condizione
che apporta un disagio clinicamente significativo all’interno della vita
dell’individuo, che è generalizzato a tutti i contesti e che consiste, in
termini generali, in un insieme di comportamenti, modalità affettive e di
pensiero tipiche di quello specifico individuo, il quale, produce una serie
di conseguenze dannose per sé e per gli altri incidendo soprattutto su
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Dott. Simone Sottocorno Saronno 3 Ott. 2019 conferenza
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quello che è il funzionamento relazionale della persona, ad esempio nel
contesto familiare, sociale e lavorativo. Spesso accade, che le persone
che hanno questo tipo di patologia, non abbiano consapevolezza rispetto
all’avere un disturbo clinico, ma anzi considerano questo loro modo di
“stare al mondo” come normale e funzionale, attribuendo spesso la causa
di eventuali disagi, che possono presentarsi nelle varie situazioni, a
eventi o persone esterne.
Per questo motivo, le persone con diagnosi borderline difficilmente si
presentano di loro spontanea volontà all’attenzione del clinico, sia in un
contesto ambulatoriale o un contesto sanitario pubblico, anche se,
accedono a questi tipi di trattamento più per trattare problematiche
collaterali, giungendo all’attenzione del terapeuta, perché riscontrano
problemi di ansia, dell’umore e regolazione della rabbia.
A questo proposito, è importante definire che cosa comunemente
contraddistingue un individuo che ha un disturbo borderline di
personalità. Uno dei fattori comuni che caratterizzano questo disturbo è
l’instabilità, come fosse una parola chiave di questo disturbo, la quale si
riflette in relazioni interpersonali problematiche e quindi, nei legami con
gli altri significativi o non significativi, che difficilmente sono duraturi e che
facilmente tendono a essere fonte di malessere e disagio. Tipicamente,
l’altro, viene dalla persona che ha questo tipo di funzionamento,
inizialmente idealizzato e a seguito completamente svalutato, quindi si
alternano spesso due rappresentazioni polarizzate, una in senso positivo
e l’altra in senso negativo, senza riuscire mai a integrare queste due
immagini in una completa.
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Questo tipo di funzionamento e meccanismo oltre a rendere di
conseguenza instabili le relazioni, viene anche applicato alla
rappresentazione che l’individuo ha di sé, che risulta anch’essa instabile
che può alternativamente, in seguito anche con cambiamenti repentini,
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Ivi, p. 1
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passare dall’essere eccessivamente idealizzata, quindi positiva a una
completamente negativa con sentimenti di inadeguatezza profondi e
radicali, diventa per questo motivo “un’alternarsi, un oscillare che non
raggiunge mai una vera e propria sintesi”. (Sottocorno 2019)
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Questa non integrazione, dovuta alla rappresentazione del sé opposta e
contrastante, contribuisce a un’instabilità personale, poiché il tono
dell’umore subisce queste oscillazioni, non è infatti infrequente che le
persone con disturbi borderline di personalità alternino in maniera molto
rapida degli stati d’animo particolarmente euforici ad altri completamente
di profonda depressione. Questa alternanza, pone dei problemi anche in
un’ottica differenziale, come la letteratura scientifica pone in una certa
evidenza, ci sono delle difficoltà a operare la suddetta diagnosi
differenziale, tra il disturbo borderline e ad esempio il disturbo bipolare,
a causa del fatto che queste entità diagnostiche sono state a lungo
discusse sulla loro entità e che potessero avere delle aree di
sovrapposizione, rendendo più complicata la diagnosi e il trattamento
adeguato all’uno o all’altro disturbo.
Il senso di vuoto radicale e l’abbandono, rappresentano altri due dei
fattori centrali di questo disturbo, di cui le persone con disturbo borderline
fanno esperienza, che si possono riflettere ad esempio in una “mancanza
di scoppi di vita o opacità degli stessi”
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portando sempre a una profonda
instabilità all’interno della propria vita quotidiana e sociale. A questo
senso di vuoto, le persone con il DBP talvolta rispondono con degli agiti,
soprattutto se c’è una forte impulsività anch’essa fortemente correlata al
disturbo per questioni temperamentali e genetiche, i quali, possono
essere, in certi casi autolesivi con il fine di trasferire la sofferenza sul
corpo trovando un sollievo dal senso di vuoto e dall’angoscia per
generare in loro un sollievo momentaneo. Questo trasferimento del
dolore rappresenta una strategia cosiddetta di coping, quindi di
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ibidem
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ibidem
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adattamento, che alla lunga diviene sempre più rischiosa sia per le lesioni
corporee inflitte fino a correlarsi con un sempre maggior rischio
suicidario.
Caratteristico del disturbo borderline è anche la tendenza all’impulsività,
una tendenza finalizzata più all’azione che al pensiero precedente,
creando una sorta di collegamento “emozione-azione”. Anche in questo
caso, questo tipo di impulsività si riflette in condotte dannose per
l’individuo come agiti autolesivi, l’abuso di sostanze, gioco d’azzardo,
promiscuità sessuale o qualsiasi tipo di comportamento a rischio come
andare troppo veloce alla guida mettendo in pericolo se stessi e gli altri.
In sintesi, questi sono gli aspetti lampanti e principali attorno ai quali si
organizza il disturbo borderline, diversificandosi in caratteristiche
peculiari da persona a persona a secondo del modo in cui si esprimerà il
disturbo. Queste possibili diversificazioni hanno fatto sì che nel tempo, la
comunità scientifica sia riuscita a identificare e descrivere anche dei
sottotipi di questo disturbo borderline, come per esempio alcuni di essi
vengono definiti “abbandonici” (Sottocorno 2019)
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rispetto ad altri,
perché il timore di essere abbandonati rappresenta, si potrebbe dire, una
delle loro paure peggiori e di conseguenza, mettono in atto dei
comportamenti e degli sforzi estremi e disperati per cercare di prevenire
questo abbandono e di ripararlo qualora sia già avvenuto. È importante
specificare che non sempre ci sono degli elementi oggettivi che
sostengono questo loro timore di essere abbandonati, può spesso
essere la conseguenza del loro persistente senso di vuoto e della loro di
sregolatezza che si riflettono nello stato d’animo e nei comportamenti
dell’individuo e che, come conseguenza innescano la paura.
Oggi, come ha anche rispiegato lo psicoterapeuta Roberto Ruga in una
recente videoconferenza, il disturbo borderline assume un nome diverso,
si definisce da molti “disturbo caratterizzato dal vissuto emozionale
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Ivi, p. 1