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Introduzione
Questo studio nasce con l’obiettivo di analizzare le tecniche comunicative utilizzate dalla Walt
Disney Company all’interno dei suoi parchi tematici in tutto il mondo, i Disney parks.
Nati sotto l’ala della potente multinazionale americana, leader mondiale nel settore dell’entertainment
e della comunicazione, i parchi Disney godono di uno spropositato successo, contando in totale più
di 150 milioni di visitatori all’anno.
Tentando di spiegare quali strategie di comunicazione e marketing si celino dietro a questa popolarità,
sono state prese in considerazione soprattutto le tecniche in grado di immergere il visitatore in
un’esperienza totalizzante all’interno di questi luoghi ricreativi senza precedenti.
Il tutto è stato reso possibile grazie ad un’analisi di diversi studi sull’argomento ed un’esperienza in
prima persona a Disneyland Paris.
In particolare, nel primo capitolo vengono evidenziate le caratteristiche che differenziano i parchi
Disney da qualsiasi altro parco di divertimento o esposizione universale, attraverso l’introduzione del
concetto di “parco tematico” e uno sguardo alla biografia di Walt Disney.
Il creatore della Walt Disney Company si è sempre dimostrato abile nel comprendere ed esaudire i
desideri del suo pubblico, sperimentando tecniche innovative e modalità di entertainment tutte nuove,
fino a realizzare il folle progetto della sua Disneyland, un luogo in cui bambini e adulti possano
trascorrere insieme del tempo di qualità, divertendosi allo stesso modo.
Infine, vengono presentati tutti i Disney Parks ad oggi esistenti in ogni angolo del mondo, con le loro
peculiarità, somiglianze e differenze rispetto al piano originale sviluppato da Walt Disney.
Nel secondo capitolo si approfondisce il concetto di “immersività”, qualità distintiva di Disneyland,
ovvero la capacità di coinvolgere interamente il visitatore in un’esperienza tutta nuova, trasportandolo
in un mondo fantastico, esterno alla realtà.
Grazie alla sua struttura geografica e a mille accorgimenti volti a garantire un’impeccabile coerenza
interna, ogni parco è in grado di catapultare i suoi ospiti nell’universo Disney, il mondo della “iper-
realtà”, dove tutto appare perfetto ed ogni influenza esterna è bandita.
Disneyland produce un forte impatto emotivo sul visitatore e si trasforma, così, nel luogo in cui i
sogni si avverano; questo aspetto si manifesta perfettamente nel commercial di Disneyland Paris
“The Little Duck”, analizzato al termine del capitolo.
Il terzo ed ultimo capitolo, invece, si focalizza sulle attività di consumo all’interno dei parchi e sulla
ricezione del brand Disney da parte del pubblico.
Introducendo il principio di “brand autopoietico”, vengono illustrate le principali modalità di
consumo presenti a Disneyland, dalla “vendita di esperienze” propria di una fabbrica dei sogni, ad
una continua proposta di prodotti o gadget esclusivi, che invadono ogni zona dei parchi.
Al fine di fornire un quadro completo del caso, viene esposto il fenomeno denominato
“Disneyzation”, processo attraverso cui Disneyland arriva ad influenzare diversi settori della società
attuale, esportando nel “mondo reale” quattro delle sue caratteristiche principali: tematizzazione,
de-differenziazione del consumo, merchandising e lavoro emozionale.
Per concludere, viene dimostrato come i parchi Disney riescono a vincere la concorrenza ergendosi
come colossi inimitabili in costante evoluzione. La continua ricerca di innovazioni e la fiducia nel
progresso umano, così come desiderava Walt Disney, rendono i Disney parks attrazioni sempre
nuove, al passo con i tempi e in grado di incantare grandi e piccini in ogni momento della loro vita.
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1 – Disney Parks, i primi parchi tematici al mondo
1.1 L’inizio di un grande sogno: benvenuti a Disneyland California
“A tutti voi: benvenuti. A Disneyland siete a casa vostra. Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi
del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli
ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia
e ispirazione.”
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È il 17 luglio 1955 ad Anaheim, California, a circa 30 km da Los Angeles e Walter Elias Disney,
davanti a 28 mila persone presenti e a 90 milioni di spettatori in diretta televisiva, pronuncia il celebre
discorso all’apertura del suo primo parco tematico: Disneyland.
Parole che dichiarano fin da subito la natura della sua nuova creazione: un luogo in cui i più piccoli
e gli adulti potranno trascorrere insieme momenti felici, con uno sguardo al passato ed uno al futuro.
Un progetto ambizioso, ritenuto folle addirittura dai suoi realizzatori, “un’altra delle spaventose idee
di Walt” a detta di suo fratello Roy.
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Costruire un parco in grado di catapultare i suoi “ospiti” (Walt Disney desidera che vengano chiamati
così i “visitatori”) in un regno di fantasia, completamente distaccato dal mondo reale, pare un’impresa
impossibile sotto ogni aspetto. A sole sei settimane dall’apertura al pubblico, la Main Street non è
ancora pavimentata, molte giostre sono incomplete, alcune aree sono ancora scarse di attrazioni e
l’emblema del parco, il castello della Bella Addormentata, non è terminato.
Walt non demorde. L’inaugurazione di Disneyland cade puntuale, ma verrà ricordata nella storia
come la disastrosa “Black Sunday”.
Durante le sue prime ore di vita, il parco presenta numerosi difetti: la vernice di molti edifici è ancora
fresca, così come l’asfalto della Main Street, le attrazioni riportano problemi di corrente o si allagano.
Il tutto accompagnato dal caldo infernale da sopportare senza fontane pubbliche, a causa di uno
sciopero degli idraulici che non hanno terminato i lavori.
Inoltre, i visitatori sono quasi il doppio rispetto agli invitati ufficiali poiché migliaia di persone
riescono ad entrare con biglietti falsi. Questa affluenza inaspettata porta alla creazione di continue
file all’interno del parco, dalle attrazioni ai servizi, e all’esaurimento del cibo e delle bevande prima
della fine della giornata.
Walt non si accorge immediatamente di tutto ciò: è impegnato a mostrare in televisione a migliaia di
americani il “regno più favoloso al mondo”, come lo definisce fin da subito la ABC.
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Il suo scopo è quello di affascinare ed incollare agli schermi i suoi telespettatori nel corso del grande
giorno, già coinvolti nei mesi precedenti grazie ad una serie TV dedicata interamente all’apertura del
nuovo parco.
Venuto a conoscenza dei problemi sorti durante la giornata e dell’insoddisfazione di molti ospiti,
Walt continua a non scoraggiarsi. Anzi, si sente ancora più motivato a migliorare il suo parco, a
dimostrare a tutti che il suo sogno è realizzabile, che non è “un’idea folle” come sosteneva tutta
Hollywood.
È per questo che, poco tempo dopo, decide di invitare nuovamente i presenti all’inaugurazione del
17 Luglio per mostrare un regno completamente rinnovato e perfettamente sistemato.
1
“Il Post” editors (2015) - Il giorno che aprì Disneyland, Il Post, https://www.ilpost.it/2015/07/17/disneyland-60-anni-primo-giorno/
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Baker J.I. (2018) – Walt’s “Screwy” Idea, LIFE Inside the Disney Parks: The Happiest Places on Earth.
3
“1955 Disneyland Opening Day [Complete ABC Broadcast]”, https://www.youtube.com/watch?v=JuzrZET-3Ew
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Se l’inizio dell’avventura di Disneyland è stato così catastrofico, come ha fatto il parco a contare da
subito numerosissimi ingressi, raggiungendo i 3 milioni e mezzo di visitatori entro la fine del primo
anno di vita?
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Che cosa ha catturato il cuore delle persone, convincendole a ritornare nel luogo che, a detta della
stampa, dal “sogno di Walt Disney” si era trasformato in un vero e proprio incubo?
Ondate di persone riempiono il parco già dalle prime settimane e la risposta a questo comportamento
sembra lampante: Walt Disney è riuscito a creare una nuova ideologia che ha colpito gli americani,
partendo dalla sua storia di vita e dalle sue creazioni animate. Un’ideologia che regala speranze, sogni
e ottimismo ad un’America stanca dopo il secondo conflitto mondiale, un’America che sente la
necessità di evadere dalla realtà e dagli orrori che si sono riscontrati negli anni precedenti.
L’esperienza che si vive varcando il cancello d’ingresso è unica, irripetibile in qualsiasi altro parco
al mondo. Genera un’immersione totale nei luoghi ricreati, così familiari e così sconosciuti da creare
un effetto rassicurante ed allo stesso tempo destabilizzante nel visitatore.
Tutto ciò contribuisce ad alimentare la curiosità e lo stupore davanti ad una realtà che è pura finzione,
ma che sembra così reale da far credere che Disneyland possa essere veramente il regno dei sogni
abitabile.
Walt ha raggiunto in questo modo il suo principale obiettivo.
Per capire meglio come sorge l’ideologia Disney e come si afferma la sua diffusione, è necessario
dare uno sguardo alla vita del suo creatore, fonte di ispirazione per milioni di persone in tutto il
mondo.
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MacDonald B. (2015) - “Disneyland got off to a nightmare start in 1955, but 'Walt's Folly' quickly won over fans”, Los Angeles
Times, https://www.latimes.com/travel/la-tr-d-Disneyland-opening-day-20150712-story.html
Figura 1 - Visitatori in fila per acquistare i biglietti per Disneyland, 18 Luglio 1955. | © AP Photo/Los Angeles Times
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1.2 Walt Disney: Una vita all’insegna della creatività
Walter Elias Disney nasce a Chicago il 5 dicembre 1901, dal padre Elias Disney e la madre Flora
Call.
L’infanzia che trascorre felice a partire dal trasferimento nel 1906 nella fattoria di Marceline, nel
Missouri, lascia un segno indelebile nella sua vita. Gli anni nella nuova casa di campagna, pieni di
colori, animali e profumi, si rivelano un’esperienza idilliaca che Walt non riuscirà mai a ripetere, ma
che ricorderà con così tanto affetto da renderla fondamentale per le sue creazioni.
È a Marceline che nasce una delle più grandi passioni di Walt, quella per i treni. Infatti, vicino alla
fattoria passa una ferrovia in direzione Santa Fè, che ogni giorno lo incanta con le sue nuvole di fumo
capaci di creare mille figure differenti.
Sempre qui, Walt viene a contatto con il circo e il teatro per la prima volta, rimanendone totalmente
affascinato. L’idillio, purtroppo, è destinato a durare ben poco.
A causa delle condizioni di salute di Elias, la famiglia Disney è costretta a trasferirsi nuovamente,
stavolta a Kansas City, dove Walt ed il fratello Roy danno una mano al padre con la sua attività
distribuendo giornali.
Per Elias, è un grande sacrificio dover lasciare la campagna per ritornare nella caotica città: il
trasferimento a Marceline, infatti, era stato pensato per permettere alla sua famiglia di vivere in
condizioni migliori e mai avrebbe creduto di dover chiedere aiuto ai figli nel suo lavoro, poiché troppo
povero per assumere dipendenti.
Walt non smette comunque di studiare e si iscrive ad un corso serale dell’istituto d’arte di Chicago,
spinto dalla passione per il disegno. Trova un nuovo lavoro come venditore di giornali, dolciumi e
bibite a bordo dei treni della Missouri Pacific Railroad, guadagnando qualche somma per aiutare
economicamente la propria famiglia. Grazie a questo nuovo impiego, viaggia moltissimo e dentro di
lui continua a crescere il grande amore per i treni, per quei paesaggi che vede sfrecciare veloci davanti
ai suoi occhi.
Nel 1917 ottiene un trasferimento e torna a Chicago, dove decide di rischiare dedicandosi
completamente agli studi: si iscrive al liceo McKinley, dove inizia a creare le sue prime vignette per
il giornalino scolastico.
Tuttavia, la Prima guerra mondiale scoppiata in Europa fa accendere in Walt il desiderio di aiutare i
suoi connazionali. Con una determinazione acquisita dalle numerose esperienze vissute in tenera età,
il giovane Disney riesce ad ottenere il permesso per entrare in guerra come autista volontario di
ambulanze, falsificando la data di nascita sul suo passaporto pur di essere reclutato.
Tra la disperazione, la morte, la fatica ed il dolore che accompagnano questa esperienza, Walt non
smette di dedicarsi al disegno, finché non abbandona la Francia devastata dalla guerra nel 1919.
Tornato in America, ottiene un primo impiego presso l’agenzia pubblicitaria “Pesman-Rubin
Commercial Art Studio”, dove conosce un talentuoso animatore che diventerà uno dei suoi più cari
collaboratori: Ub Iwerks. I due si intendono perfettamente e ben presto lanciano un’impresa in proprio
grazie alla quale sperimentano nuove idee, partendo semplicemente da oggetti semplici e quotidiani
come una vecchia cinepresa ed un garage abbandonato.
Per Walt, occuparsi di filmati pubblicitari piatti e banali non è abbastanza: il suo più grande desiderio
è da sempre quello di realizzare un film.
Iniziando con brevi filmati animati satirici della durata di 1 minuto (i suoi primi “Newman Laugh-O-
Grams”, venduti ad una compagnia di cinema), inizia a farsi conoscere ed amare dal pubblico,
fondando la “Newman Laugh-O-Grams Films”, insieme ad alcuni stretti collaboratori.
Su consiglio del fratello Roy, Walt compie una nuova follia, pronto ad ampliare il raggio delle sue
produzioni: approda a Hollywood, in California.
È esattamente qui che i due fratelli Disney fondano i Disney Brothers Studios nel 1923, richiamando
poi i vecchi collaboratori di Walt, tra cui Iwerks e Lillian Bounds, quella che due anni più tardi
diventerà sua moglie.
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Dopo i primi successi ottenuti grazie a cortometraggi con elementi animati ed al personaggio appena
nato di Oswald il coniglio, Walt deve ingoiare un boccone amaro.
Il produttore della Universal Pictures, Mintz, è interessato a sviluppare una serie animata con Oswald
protagonista, ma, all’insaputa di Walt, ha stipulato un contratto con gran parte degli animatori della
Disney, acquisendo anche i diritti d’autore del nuovo personaggio e dimostrandosi risoluto ad andare
avanti anche senza il suo ideatore.
Per Walt è un duro colpo perdere una delle sue creazioni e molti collaboratori, ma è proprio da questa
paura di perdere tutto che nasce il più grande successo Disney: Mickey Mouse.
Nato in collaborazione col fedele Iwerks, come risposta al “furto” di Oswald il coniglio, Mickey
Mouse (Topolino, all’italiana), diventa l’icona dell’impero Disney. Debutta con alcuni cortometraggi
nel 1928, dei quali il più famoso rimarrà “Steamboat Willie”, il primo corto animato con
sincronizzazione sonora.
Il pubblico accoglie a braccia aperte la nuova creazione Disney per un motivo tanto semplice quanto
geniale: non sono tanto gli aspetti formali a scatenare il successo dei film di Topolino e dei suoi amici,
quanto il fatto che il pubblico riconosca in essi la propria vita quotidiana.
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Nemmeno la crisi economica del 1929 riesce a far crollare il successo di Mickey Mouse, perché questo
si presenta come personaggio sognatore, lottatore e rivoluzionario, proprio come il suo ideatore.
Creando Topolino, Walt riesce a dar vita ad un personaggio nuovo: sè stesso. Si generano una
sovrapposizione e una coincidenza tra autore e personaggio. Topolino arriva a rappresentare Walt e
Walt arriva a rappresentare Topolino: essi condividono le stesse prospettive, gli stessi atteggiamenti,
gli stessi sogni.
Con un successo dopo l’altro (tra cui le famose “Silly Simphonies” che mescolano sonoro ed
immagini) e numerose innovazioni (come il “Technicolor”, che rende maggiormente realistiche le
animazioni dei personaggi), Walt decide di fare un salto di qualità: il suo sogno è quello di creare un
lungometraggio totalmente animato.
La sua tenacia, da tanti ritenuta pura follia, lo spinge a realizzare “Biancaneve e i sette nani”, che
debutta al Carthay Circle Theater di Hollywood il 21 dicembre 1937.
Nel 1938, il film viene distribuito in tutto il paese e diventa il titolo col maggiore incasso dell’anno,
più di 8 milioni di dollari. Nel 1939, esso permette a Walt Disney di vincere un Oscar e di inaugurare
una nuova sede per i suoi studi a Burbank.
Il successo del lungometraggio, inaspettato dalla critica, trova risposta nelle parole di Walt Disney
riguardo la sua concezione del cartone animato:
“Il primo dovere del cartone animato non è quello di immaginare o duplicare l’azione reale o le cose come
realmente accadono, ma di dare vita e azione a un personaggio; di raffigurare sullo schermo cose che sono
scorse attraverso l’immaginazione del pubblico e di portare alla vita sogni e fantasie a cui abbiamo pensato
tutti durante la vita o ci siamo raffigurati in varie forme durante la nostra vita”.
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Fantasia che diventa realtà, pensieri singoli che diventano pensiero comune, lo schermo inizia ad
incarnare sotto forma di personaggi animati ciò che pensano e provano personaggi reali.
Questa capacità di empatia dello spettatore, di immedesimazione in personaggi così vicini a lui, anche
se così diversi e così “finti”, apre la strada al lungo cammino del brand Disney e allo sviluppo del
genere d’animazione.
Dopo Biancaneve, arrivano nuovi titoli famosissimi, quali “Pinocchio”, “Fantasia” e “Bambi”.
La Seconda guerra mondiale agli esordi, però, influisce sul destino della Disney. I produttori sono
invitati dal governo americano a creare brevi filmati di propaganda contro l’ideologia nazista (come
il celebre “Der Fuehrer’s Face”, che vede protagonista Paperino).
5
Belfiore F.B. (2015) - Walt Disney: L’uomo che trasformò la sua fantasia in realtà, Area51 Publishing.
6
Ibidem, p. 55.