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l’incesto, gli abusi in genere sui bambini e sugli adolescenti perché la
trattazione pertinente di questi fenomeni richiede anche un livello
specifico di competenza medico-psichiatrico.
E’ evidente come sia in effetti impossibile, e in qualche modo
artificioso, operare una distinzione tra una condizione di ‘normalità’
ed una ‘problematica’. Nessun bambino e nessun adolescente, nel suo
percorso di crescita, é esente dal dover affrontare e superare gravi
difficoltà, dallo sperimentare le insufficienze del proprio nucleo
familiare o della società nel suo insieme.
Un adeguato iter evolutivo, necessario per tutti, può da un lato
aiutare a superare particolari difficoltà familiari o sociali esistenti;
dall’altro evitare che insorgano elementi che portano a situazioni di
così profondo disagio da provocare deviazioni, interruzioni nel
processo evolutivo.
Lo squallore, il senso di decadenza, l’aberrazione che suscitano le
notizie relative a fenomeni come il lavoro minorile, la pedofilia, la
prostituzione infantile, la pornografia non possono non allarmare e
rischiare di danneggiare psicologicamente i bambini e gli adolescenti.
Queste situazioni soggettive ed oggettive di pericolo, le quali
impongono un’attenzione del tutto particolare da parte della società,
mettono in luce il fatto che non si tratta solo di assicurare che il
fisiologico processo di sviluppo non sia turbato, anzi agevolato; ma
che é indispensabile riconoscere e contrastare gli ostacoli sociali,
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economici, di guadagno che compromettono una regolare
maturazione e possono portare a devastanti passività, ad
irresponsabili atti aggressivi.
Il tentativo d’analisi, il contributo che qui viene proposto cerca di
avvalersi di validi punti di vista (psicologico, psicoanalitico,
pedagogico, sociologico, ecc...) con i quali valutare in modo dinamico
le condizioni, tutt’altro che ideali o facilitate, del pianeta adolescenza.
Il presente percorso fa riferimento ad una bibliografia ragionata
inerente il tema proposto (costituita da testi ad indirizzo
prevalentemente psicologico; da fonti audiovisive; da atti di convegni
e di conferenze) attraverso la quale é stato possibile un approccio
critico del pensiero dei vari autori e dei vari interventi proposti.
Questa elaborazione del problema, queste riflessioni sul mondo dei
giovani possono essere rapportate agli interventi degli specialisti e
ritenute libera ed informata testimonianza di un punto di vista attuale
fra i tanti.
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INTRODUZIONE:
ATTUALITA’ DEL PROBLEMA
Affrontare il tema del disagio adolescenziale può sembrare abbastanza
scontato in una società, quale è la nostra, che offre ben pochi punti di
riferimento e nella quale si stenta a riconoscersi.
Può sembrare, altresì, fuorviante approfondire un tema così vasto ed allo
stesso tempo così denso d'ambiti analitici.
La realtà attuale, definita da alcuni come mass-mediologica da altri come
peculiarmente complessa, comprende numerose letture ed interpretazioni
dei suoi fenomeni, tra i quali in particolare l'adolescenza, e approfondite
indagini sui sistemi relazionali che la governano.
La relazionalità giovanile in continua evoluzione, assorbe e filtra le istanze
socio-culturali legate alla pluralità dei modelli di comportamento e degli
orientamenti di valore. Il difficile rapporto dell'adolescente con la realtà di
oggi, dovuto alla possibile disaffezione verso proposte di valori dissonanti,
mette in luce da un lato un disagio esistenziale che può assumere
connotazioni estreme e devianti, dall'altro uno sviluppo delle proprie
potenzialità che può sfociare nella semplice irregolarità o nella creatività.
Oltre a cercare di ricomporre parzialmente i contenuti, le problematiche, i
cambiamenti, le scelte, le funzioni proprie di ciò che ci circonda, il mio
modesto contributo è diretto a sondare parte di questa realtà e ad
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assumere possibili criteri interpretativi. Il momento storico attuale
s'inserisce in una realtà molto articolata, sia per la varietà di situazioni di
vita collegate alla proposta di modelli d’esperienza eterogenei, sia per la
diffusione dell'apprendimento globale attraverso le reti d'informazione. In
quest’ultimo periodo, cioè marzo-aprile 1998, si é verificata una tale
espansione del problema in sede televisiva che é necessario precisare e
cercare di analizzare il discorso del disagio, non solo a livello giovanile.
Come non mai nella storia recente, questo avvertibile e diffuso disagio ha
raggiunto una portata così vasta da interessare vivacemente l’opinione
pubblica e soprattutto i mass-media (cfr. indicazioni bibliografiche).
L’attualità scottante del problema induce a prendere coscienza della
drammaticità dei fatti, degli accadimenti umani e del modo con il quale i
mezzi di informazione se ne sono occupati.
In primo luogo, il colonialismo economico dominato dalla legge del profitto
(‘business is business’ è il motto che la regge) rappresenta uno dei fattori
principali dell’anomia, cioè della disgregazione sociale, del problema della
costruzione dell’identità soprattutto giovanile; dell’affanno, della sfiducia
che i ragazzi provano nei rapporti con gli adulti.
L’impatto con la realtà degli adulti investita principalmente di valori
consumistici e pragmatici può, in molti casi, procurare una reazione
involutiva di paura, di angoscia, di solitudine nell’adolescente che lungo il
suo percorso di emancipazione si trova a nutrire una sfiducia totale e
profonda verso il mondo degli adulti.
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Nei casi estremi, questo senso di inadeguatezza dell’adolescente che
minaccia l’attitudine basica di fiducia, può trasformarsi in reazioni di
rabbia, di violenza, di devianza nelle quali l’equilibrio psico-affettivo é
compromesso. Il mondo occidentale governato dalla legge dell’utile
permette sopprusi inaccettabili (per esempio, neonati che vengono
mercanteggiati; sacerdoti, insegnanti che molestano sessualmente i
bambini; ecc...); omicidi legittimati dalla vendita libera di armi (come nel
caso dei baby-killer americani); richiami consumistici al limite del ‘non-
bisogno’, che costituiscono una prigionia assoluta del ‘business’.
L’adolescente inserito in un contesto di libertà sia espressiva che
informativa, prende atto dei numerosi ed anche terribili fatti che vengono
divulgati dettagliatamente dai ‘media’ e con notevole smarrimento
consapevolizza la precarietà di punti di riferimento politici, religiosi, sociali,
pedagogici, ecc...
Il malessere, il disagio quali razionali elementi del ‘sentire’ giovanile
segnano la condizione esistenziale degli adolescenti di oggi, che si rendono
effettivamente conto della loro impotenza ed insufficienza d’azione verso
una realtà sensibile esclusivamente al denaro. In secondo luogo,
l’insicurezza, il disinteresse, la mancanza di strategie personali, il senso
d’inferiorità che rischiano di ledere la crescita, la struttura psico-emotiva
di un ragazzo possono ricondursi alla carenza di riconoscimento, di valore,
di rassicurazione che la famiglia spesso procura. E’ naturale che un
ambito familiare stabile contribuisca in maniera fondamentale
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all’autodeterminazione, alla costruzione di un effettivo senso di realtà, cioè
ad uno sviluppo positivo dell’identità soggettiva ed oggettiva del ragazzo.
Attualmente la cultura familistica associata alla predominanza di nuclei
familiari frammentati e parcellizzati (che vedono l’emergere, all’interno del
fenomeno delle famiglie ricomposte, la figura del terzo genitore, cioè il
genitore acquisito che vive accanto a quello naturale) non contribuiscono a
sviluppare nell’adolescente un accettabile senso d’autonomia e di
responsabilità.
Piuttosto caratterizzano una dinamica psico-affettiva imperniata sulla
dipendenza psicologica, la quale può perpetuarsi negli orientamenti e nelle
scelte future.
Durante la fase adolescenziale il ragazzo ha bisogno di mantenere un
referente, che nella maggioranza dei casi è rappresentato dal proprio
nucleo familiare, ma é contemporaneamente sollecitato a raggiungere una
maggiore autonomia. Spesso la famiglia non riesce a modificare il proprio
stile affettivo e relazionale, il quale dovrebbe necessariamente
sintonizzarsi rispetto alla crescita, ai cambiamenti evolutivi dei propri figli.
Fra i suoi compiti primari, la genitorialità include quello del mantenimento
del confine dello spazio di interferenza che, all’interno del delicato gioco
d’equilibrio tra le esigenze dei genitori e quelle dei figli, permette il
rispetto delle scelte dell’adolescente.
Nel caso di un amore paterno e materno illimitato, é possibile che si formi
un legame invasivo che rende impossibile al figlio l’attuazione di una
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relazione basata sulla sicurezza e sulla possibilità di esplorare la realtà
esterna. I genitori, che inconsapevolmente o meno, cercano di proiettare
sui figli le mete che loro stessi non hanno raggiunto, sono portavoci di un
investimento affettivo eccessivo ed anche deleterio.
Considerare ossessivamente il proprio figlio un’estensione di sé, incide
negativamente sul suo sviluppo in quanto la paura di deludere i genitori,
di non essere all’altezza delle loro aspettative può creargli un sovraccarico
emotivo frutto di un ricatto affettivo più o meno latente.
E’ anche in contesti come questo, cioè in famiglie dove il disagio non é
così evidente, visibile, che può nascere il malessere adolescenziale il quale
può portare il ragazzo all’autodistruttività (tossicodipendenza,
comportamenti reiterati di disagio, ecc...) non riuscendo ad esprimersi
altrimenti.
Questa strozzatura all’interno della famiglia non produce solo lo
smarrimento dell’identità, ma va ad inficiare i rapporti, le relazioni che
l’adolescente sperimenta sia con i coetanei che con gli adulti.
Quest’ultimi sono comunque responsabili del peso che rappresentano per
il giovane perché, oltre che essere promotori di messaggi non costruttivi,
non tengono conto della disparità di livello che esiste tra le due sfere d’età
(sempre più spesso i ‘grandi’ giocano a fare i ragazzi producendo
confusione e disorientamento di ruoli).
Quando l’identità non é stimabile, quando il sentimento di sé non é legato
ad un’appartenenza spontanea né libera, é possibile che il ragazzo rafforzi
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un costante livello di narcisismo che é funzionale alla ricerca di conferme
negli altri e negli oggetti i quali rappresentano un’artificiale estensione di
sé. Paradossalmente questa tendenza narcisistica, che non coinvolge solo
l’adolescente, invece che contraddistinguere positivamente la storia di
ogni persona, rafforza una certa omogeneità e uniformità sociale in quanto
alla società moderna non interessa valorizzare le proprie risorse umane
intese come insieme di esistenze uniche ed irripetibili.
L’affermazione di sé, della propria individualità assume una connotazione
quasi frenetica perché perseguita con accanimento, con senso di rivalità,
con spirito di competizione accentuato.
Il campo di confronto sul quale si misura l’agire umano non é certamente
sostenuto dalla solidarietà e dalla ricerca del ‘bene’ ma, oltre ad essere
molto condizionato dalla legge del guadagno, é intessuto di efficientismo,
di arrivismo, di potere promossi in nome del materialismo razionale.
La centralità della persona umana, la giustizia, il bene comune,
l’altruismo, la condivisione sono istanze quasi utopiche perché
l’espansione economica, il nuovo benessere, il clima di corsa allo status
individuale, il predominio di valori funzionali e utilitaristici producono una
certa banalizzazione della vita quotidiana.
La facilità con la quale si consumano immagini ed informazioni; la
confusione tra esperienze autentiche e superficiali può dare luogo a forme
di conoscenza, non certamente critiche né approfondite (Internet é un
esempio emblematico), ma contraddistinte dalla tendenza al ‘trash’
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(letteralmente spazzatura, residui, frammenti banali). La presa di
coscienza di un modello di vita diverso da quello al quale siamo abituati
dovrebbe essere l’inevitabile conseguenza dei fenomeni di deformazione,
di dissonanza, di violenza che sconvolgono la vita quotidiana.
Per esempio, la stessa violenza esibita e manifestata in ogni sua forma,
soprattutto dai mezzi di informazione, corre il pericolo di diventare un
fenomeno tra i tanti senza che venga neutralizzato il suo effetto nocivo.
Anzi, la tendenza all’anestetizzazione di ogni sensazione, di ogni emozione
produce uno stato di assuefazione, di abitudine ad accettare tutto così
com’è, proprio perché prevalentemente privo di senso.
L’epoca dell’informatica che ha prodotto e sta producendo un’immensa
quantità di memoria, di immagini, di messaggi che vengono archiviati e
poi cestinati concorre, in parte, a definire una società ‘trash’ la quale
rischia di dare troppo rilievo alla comunicazione, al caos di stimoli, alla
velocità consumistica.
Lo scambio vitale, la densità dell’esperienza, la partecipazione umana
sono fattori legati anche alla cultura del passato che nella nostra mutata
società é sostituita dalla legge dell’immediato.
Un immediato senza confini e senza regole nel quale il rischio é uno dei
fattori che creano nuove emozioni e sensazioni sempre più forti.
Emozioni, ricerca della sfida al limite del ‘non-senso’ (come nel caso
drammatico del lancio dei sassi dal cavalcavia a Tortona da parte di un
gruppo di ragazzi) che albergano nella noia esistenziale di un numero
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crescente di ragazzi, nel loro desiderio di evadere ad ogni costo, nella
voglia di apparire, di mettersi in evidenza per raggiungere il successo e
che sconfinano pericolosamente nel rischio della propria vita o di quella
degli altri.
Anche l’assenza di autocontrollo, che é un indice di elevata pregnanza nel
comportamento giovanile attuale in analogia alla cessione verso
l’immediato, può scalfire la conquista di un valido senso di autocoscienza e
di responsabilità. Il mancato contenimento della propria tensione emotiva
e dei propri impulsi distruttivi, può portare l’adolescente a non avere più
controllo né sulle proprie reazioni in generale né sulla tendenza a non
tenere mai conto degli ‘effetti collaterali’ e delle conseguenze.
Educare a consapevolizzare le emozioni, i sentimenti, processo che
dovrebbe risalire all’infanzia, include una chiara percezione del proprio
dolore ed un’altrettanta chiara idea della sofferenza che può procurare
all’altro un gesto, un atto aggressivo o violento.
In una società dove i bambini sono quasi esclusivamente considerati i
nuovi acquirenti; dove gli effetti negativi dell’abbandono, del silenzio, della
menzogna prodotti dagli adulti creano un vuoto d’affetto e d’emozioni é
necessario recuperare un certo livello di autorevolezza, di coerenza, di
gradualità educativa.
La scoperta moderna dell’infanzia non si é, purtroppo, tradotta in maggiori
cure ed attenzioni specifiche per i bambini e per gli adolescenti.
Come si é già accennato, da un lato si assiste alla chiusura entro l’ambito
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totalizzante della famiglia o dei vari sistemi educativi (non sempre
adeguatamente preparati); dall’altro all’iniqua presenza della legge
dell’utile (legittimazione dell’uso delle armi da parte dei minori; offerta
incessante di oggetti di consumo effimeri; declino del senso di
responsabilità da parte degli adulti) che simboleggia un ‘non-futuro’.
L’analisi della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nella cultura e
nella società contemporanea, é, quindi, premessa indispensabile per
tentare di intuire le prospettive di vita di bambini e ragazzi; di definire il
mondo giovanile, le sue esigenze ed individuare alcuni dei bisogni
costanti; per cercare di evidenziare le istanze psico-affettive relative alla
pluralità di modelli di comportamento e di orientamenti di valore, non solo
accettabili ma anche distruttivi e/o deformati.
Gli psichiatri, i politici, i giornalisti, i magistrati chiamati ad intervenire sui
‘media’ a proposito di questa complessa dialettica hanno messo in risalto
che, nella quasi totalità, il disagio giovanile non é condizionato dalla
povertà di mezzi e dalla miseria culturale o almeno non solo da questo.
I fatti che accadono attorno a noi appartengono ad un contesto sempre
più lacerante, sono inseriti in una realtà quotidiana faticosa la quale é
sprovvista di un sufficiente contenimento affettivo da parte degli adulti,
mentre é suggestionata in modo pesante da messaggi esterni, superficiali,
improvvisati e senza fondamento pedagogico.
L’adolescente intuisce di essere inserito in un certo contesto di vita e
realizza che esistono diversi livelli di contesti, interpretabili a seconda di
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innumerevoli punti di vista soggettivi.
Come sottolinea Marzari in “La costruzione della differenza” (1991), non
c’è una realtà oggettiva e di conseguenza una risposta oggettiva, ma è
l’osservatore-attore che attribuisce il proprio significato alle
rappresentazioni di eventi ed azioni alle quali partecipa.
“Il sistema é quindi sempre il prodotto di un processo di comunicazione, e
l’utilizzo della metafora sistemica si rende indispensabile nella misura in
cui l’osservatore veda se stesso come partecipante interno e costitutivo di
questo processo.” (1)
E’ ormai superata la vecchia concezione meccanicista, la quale prevedeva
una realtà organizzata sul principio di causa-effetto, ma certo è
fondamentale mantenere viva la consapevolezza di ‘punto di vista ed
osservazione’. Oggi la prospettiva costruttivista privilegia il punto di vista,
l’osservazione soggettiva e culturale che nella loro interconnessione
costruiscono, compongono i possibili significati e le possibili estensioni dei
processi mentali e sociali.
Nella maggioranza dei casi il ragazzo, pur essendo consapevole di potersi
attivare ed offrire una personale impronta, un originale punto di vista, si
trova inesorabilmente limitato.
L’adolescente di fronte al radicamento di principi che non vengono
apertamente esplicitati e che costituiscono il fondamento del mondo degli
adulti (legge dell’utile, individualismo, disonestà, ecc...) può disarmarsi e
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sentirsi annullare nel proprio percorso di cambiamento. L’incapacità, lo
smarrimento, la difficoltà nel tentare di affrontare e risolvere l’’escalation’
del suo disagio e di quello degli altri, può condurre il ragazzo a
trasformare il notevole egocentrismo in forte egoismo, ad una chiusura
risoluta, ad un rifiuto categorico di ciò che lo circonda oppure può indurlo
a lasciarsi andare a vissuti irresponsabili ed immediati. Uno dei rischi
evolutivi più insidiosi, relativi a questa dinamica relazionale che vede
coinvolti il mondo giovanile e quello adulto, é che la curiosità, la capacità
di entusiasmo, la vivacità espressiva, la freschezza ideativa, che sono
qualità adolescenziali precipue, non vengano salvaguardate e del disagio
giovanile resti traccia negativa in tutta la successiva esistenza.
1
) M. Marzari, “La costruzione della differenza”, Bologna, CLUEB, 1991, pag. 54.