Tra i fattori responsabili del manifestarsi del diabete mellito, oltre a quelli
ereditari, vengono citati una alimentazione ipercalorica ed una scarsa attività
motoria.
E’ necessario distinguere il diabete nelle sue due diverse tipologie:
• Il diabete di tipo 1 caratterizzato dalla incapacità di produrre insulina;
• Il diabete di tipo 2 caratterizzato da una ridotta funzione dell’insulina.
Definizione e storia del diabete mellito
Il diabete deriva dalla parola greca “diabaino”, “dia” attraverso, ”baino”
passare. Esso è rimasto una malattia relativamente rara finché lo zucchero
non è diventato un genere alimentare a basso costo (circa nella seconda
metà del presente secolo). Da almeno quattromila anni, però, la condizione
patologica del diabete è conosciuta in campo medico, e la prima evidenza
storica è riportata nel papiro egizio di Ebers, scritto intorno al 1550a.C.
Successivamente, testi indiani risalenti al 800-600a.C. riportano casi di
diabete, mentre la malattia era ben conosciuta nell' antichità classica greca e
romana.
La conoscenza del diabete nell'antichità classica fu sintetizzata nei lavori del
medico ellenistico Areteo di Cappadocia (120-200 Dopo Cristo), che scrisse
un trattatello "Sul diabete". Questo lavoro rimase un classico testo per
4
l'insegnamento e la pratica medica del diabete sino al milleottocento. Infatti,
l'illustre medico italiano Giovan Battista Morgagni (1682-1771) scrisse nel
1761 vari capitoli dedicati alla descrizione, diagnosi, terapia e persino le
cause (patogenesi) della malattia diabetica nelle sue varie manifestazioni. La
maggior parte delle informazioni riportate dal Morgagni risalgono
chiaramente ad Areteo e l'unico sostanziale innovamento riguardava cenni
alla restrizione dietetica dei pazienti, che non era descritta nei testi classici.
Inoltre, il Morgagni scrisse con grande intuito scientifico: “La causa (del
diabete) non può essere una”. Questa frase accuratamente descrive lo stato
attuale delle conoscenze sulla patogenesi del diabete, che è considerato
avere molteplici origini.
Cronologia
1500A.C. - Il Papiro di Erbers degli antichi egiziani fornisce un certo
numero di rimedi per combattere l'eccessivo bisogno di urinare (poliuria).
Gli Indù nell'Ayur Veda riportavano che gli insetti e le mosche erano attratti
dalle urine di alcune persone, che tali urine avevano un gusto dolce, e che
questo era associabile a certi disturbi.
1000A.C. - Il padre della medicina in India, Susruta, Indù, diagnosticò il
Diabete Mellito (DM). Gli antichi greci non sapevano come trattare il DM.
5
In seguito, Celsus e Galen descrissero la condizione patologica "diabete",
mentre Aretaeus definì la differenza tra DM e Diabete Insipido (DI), un raro
disturbo caratterizzato da poliuria e sete intensa.
276A.C. - Demetris di Apamea perfezionò la diagnosi di DM.
230A.C. - Caelius Aurelianus disse che Apollonio di Memphis coniò il
termine “diabete”. Apollonio pensava che fosse una forma di idropisia.
Paolo di Aegina rifinì ulteriormente la diagnosi di “dypsacus” (diabete),
associata con debolezza dei reni ed eccessiva sudorazione del corpo, che
portava alla disidratazione. Egli prescriveva un rimedio a base d'erbe
(indivia, lattuga, inula hellenium, succo di polygonum aviculare) e pesce di
scoglio in vino rosso e decotti di datteri e mirtilli da bere nella prima fase
della malattia, seguiti da cataplasmi all'ipocondrio sopra i reni consistenti di
aceto, olio di rose, ecc. Egli metteva in guardia contro l'uso di diuretici, ma
permetteva il taglio delle vene.
45-117D.C. - Aetius prescriveva una dieta rinfrescante, vino diluito e
applicazioni refrigeranti ai reni come cura per il DI. Negli stadi successivi
del diabete proponeva l'uso di oppiacei e mandragola.
865-925D.C. - Lo scrittore arabo Rhazea tradusse e divulgò gli scritti
indiani sul DM.
6
900-1037D.C. - Avicenna proponeva farmaci in grado di provocare il
vomito e di stimolare la produzione di sudore, consigliava di evitare cibi o
sostanze diuretiche e indicava ai suoi pazienti di praticare esercizio fisico (in
particolare equitazione) per "adoperare un leggero massaggio". Negli stadi
successivi del DM raccomandava bagni tiepidi e vino aromatico. Il
musulmano Hali Abbas credeva che il DM fosse causato da un eccesso di
calore nei fluidi corporei.
1257 D.C. - I medici prescrivevano l'uso di purganti per alleviare la tensione
sui reni e di farmaci astringenti e refrigeranti.
1501-1576 D.C. - Cardona misurò la quantità di fluidi assunti ed emessi e vi
trovò una grande discrepanza, concludendo che i pazienti diabetici
perdevano più acqua di quanta ne assumessero a causa di una qualche
ragione sconosciuta.
1622-1675 D.C. - Vi fu una riscoperta dei lavori del medico indù Susruta. Si
credeva che il DM fosse dovuto a cambiamenti degli umori del corpo e ad
eccessi nel bere. Si teorizzò che il DM fosse una malattia del sangue. Come
rimedio si prescrivevano astringenti.
1798 D.C. - John Rollo attestò la presenza di zucchero in eccesso nel
sangue.
7
1813-1878 D.C. - Claude Bernard ipotizzò che il DM fosse causato dalla
glicogenolisi (scissione) del glicogeno immagazzinato nel fegato.
1816-1876 D.C. - L. Traube si accorse che l'ingestione di carboidrati e la
loro digestione faceva aumentare la quantità di zucchero nelle urine. Se si
interrompeva l'assunzione di carboidrati scompariva la maggior parte di tale
zucchero.
1889 D.C. - Mehring e Minkowski indussero il DM in alcuni cani
asportando loro il pancreas.
1921 D.C. - Banting e Best scoprirono che l'insulina era prodotta da alcune
cellule del pancreas.
ll termine diabete mellito descrive un disordine metabolico ad eziologia
multipla, caratterizzato da iperglicemia cronica con alterazioni del
metabolismo di carboidrati, grassi e proteine, risultanti da difetti della
secrezione insulinica, della azione insulinica o di entrambe; clinicamente da
poliuria, polidipsia, chetonuria, perdita di peso e complicanze micro e
macrovascolari.
Nelle sue forme più severe, possono svilupparsi la chetoacidosi e uno stato
iperosmolare non chetosico che conducono all’obnubilamento del sensorio,
al coma e, in assenza di una terapia efficace, alla morte.
8
Spesso i sintomi non sono marcati o possono essere assenti e, di
conseguenza, l’iperglicemia può causare modificazioni patologiche e
funzionali, che possono essere presenti molto tempo prima che venga fatta
la diagnosi.
E’ una malattia che causa elevati livelli di glicemia, cioè un’alta
concentrazione di glucosio nel sangue, impedendo di metabolizzare i
carboidrati a causa dell’insufficiente produzione di insulina da parte del
pancreas. A livello anatomico il diabete è provocato dal malfunzionamento,
o da un difetto genetico, di una grossa ghiandola situata nella parte superiore
dell’addome, al di sotto del diaframma, in rapporto di contiguità con
duodeno, coledoco, ilo della milza e rene sinistro in prossimità della I e II
vertebra lombare: il pancreas.
Inoltre esso è innervato dal sistema nervoso autonomo che ne regola la
secrezione ormonale.
E’ suddiviso in 2 settori funzionali, costituiti da 2 tipi di cellule secernenti,
coinvolti entrambi nel metabolismo dei nutrienti. Il primo esocrino, è
responsabile della produzione di enzimi digestivi che confluiscono nei due
dotti pancreatici , di Wirsung e accessorio di Santorini, che si riversano nel
duodeno; il secondo, endocrino, è composto da zone isolate di parenchima
di forma sferoidale, conosciute con il termine di isolotti di Langerhans,
9
costituiti da diversi tipi cellulari: cellule α, β, δ, e PP, che producono
rispettivamente glucagone, insulina, somatostatina e polipeptide
pancreatico.
I carboidrati come lo zucchero e l’amido, rappresentano una delle principali
fonti di energia per l’organismo. Una volta ingeriti con il cibo, vengono
scomposti dagli enzimi dell’apparato digerente in zuccheri semplici; il loro
assorbimento produce un innalzamento di glicemia: ed è questo aumento a
stimolare l’organismo a produrre l’insulina, la quale abbassa il livello di
glucosio nel sangue, aumentando la velocità di assorbimento dello stesso da
parte delle cellule di tutto l’organismo utilizzandolo come “carburante”.
Nei malati di diabete, la mancanza di insulina rende impossibile
l’utilizzazione del glucosio e determina il suo accumulo nel sangue
(iperglicemia) e la sua eliminazione attraverso le urine (glicosuria).
Classificazione
Nel corso degli anni il diabete mellito ha avuto nomi diversi, basati su
concetti molto approssimativi, quali l'età di insorgenza più frequente
(diabete mellito giovanile e diabete mellito senile) e la responsività
all'insulina (Diabete mellito insulino dipendente e Diabete mellito non
insulino dipendente).
10
Essendoci frequentemente quadri, per esempio, di Diabete mellito senile a
insorgenza giovanile, o di Diabete mellito non insulino dipendente in terapia
con insulina, per migliorare la chiarezza espositiva nel 1999 l'OMS ha
definito i due Diabete mellito semplicemente come tipo 1 e di tipo 2.
Esistono anche altre forme di diabete, più rare, che sono espresse nella
figura.
Diabete Mellito di tipo 1
Ha patogenesi immunitaria. Sino ad alcuni anni fa si riteneva che si trattasse
di 2 forme cliniche di un’identica malattia, con eziopatogenesi unica, di cui
11
una fosse l’espressione completa e l’altra parziale di tutta una serie di
fattori, in prevalenza genetici. Oggi si pensa che questo non sia esatto ed
inoltre che, in ciascun caso, le differenze genetiche interagiscano con fattori
ambientali per produrre il quadro clinico finale. L’età di insorgenza della
malattia nel tipo 1 è generalmente il periodo della pubertà e comunque
sempre inferiore ai 20 anni. Non è tuttavia raro un esordio nell’infanzia,
anche nel primo anno di vita. Nel tipo 2 invece l’esordio è tardivo (dopo i
20 anni) e viene diagnosticato casualmente nel corso di esami di laboratorio
eseguiti per altri motivi. Nel diabete di tipo 1 è stato dimostrato che
determinati fattori genetici implicano una predisposizione all’azione di
qualche stimolo esogeno. La presenza di HLA B8 o B15 aumenta di circa
tre volte il rischio di sviluppare diabete I, gli antigeni DR3 e DR4
aumentano tale rischio di 4-5 volte e un'associazione di questi antigeni (per
esempio B6/B15) fino a dieci volte. È stata dimostrata l'importanza delle
posizioni 45 e 57 della catena DQb nella suscettibilità al diabete di tipo 1.
Alcuni studi anatomopatologici, eseguiti su soggetti venuti a morte poco
dopo lo sviluppo di diabete di tipo 1, hanno dimostrato una infiltrazione
linfocitaria nelle isole di Langerhans, con un quadro che è stato definito di
“insulite” , confermando l’ipotesi che nel diabete di tipo 1 le cellule nelle
isole di Langerhans sono distrutte da un processo infiammatorio. Altresì è
12