-2 -
ricombinazione, si determinerebbe una dose assorbita inferiore a quella realmente
impartita.
Data l’incertezza richiesta sulla misura di dose assorbita in acqua (<3%),
l’incertezza sulla misura di carica (una delle numerose fonti di errore presenti
nella misura) deve necessariamente essere inferiore a questo valore. E' quindi
importante valutare al meglio la correzione da apportare al valore di carica
misurato da una camera a ionizzazione per tenere conto del fenomeno della
ricombinazione.
Lo scopo specifico del lavoro svolto in questa tesi è stato di verificare la
validità delle correzioni da apportare alle misure di carica, per tener conto della
ricombinazione di carica in un fascio di radiazione pulsata con elevata dose per
impulso (maggiore di qualche mGy/p). Fasci con queste caratteristiche sono
infatti prodotti da alcuni acceleratori, di recente introduzione nell’uso clinico,
utilizzati per tecniche di radioterapia intraoperatoria (IORT).
Questa verifica è di particolare interesse per la dosimetria in radioterapia,
perché, in base ai più recenti modelli relativi all’efficienza di raccolta in camere a
ionizzazione ad aria, l’efficienza di raccolta dipende non solo dalla
ricombinazione ionica ma anche dalla presenza di elettroni (elettroni liberi) che
migrano direttamente verso l’elettrodo di raccolta della carica.
In questo lavoro è stata studiata l’adeguatezza dei metodi impiegati per
correggere gli effetti di ricombinazione, considerando gli sviluppi più recenti della
teoria (Boag, 1966, Boag et al, 1996) che è stata proposta per tener conto
dell’effetto degli elettroni liberi sull’efficienza di raccolta in camere a ionizzazione
con un gas elettronegativo. Questa teoria non ha avuto infatti a tutt’oggi evidenti
verifiche sperimentali, mediante misure in fasci ad elevata dose per impulso con
camere a ionizzazione ad aria.
Il lavoro sperimentale è consistito in misurazioni di dose assorbita in acqua
eseguite congiuntamente con camere a ionizzazione ad elettrodi piano-paralleli e
con il dosimetro chimico a solfato ferroso, che permette la misura della dose
-3 -
assorbita con un meccanismo che non coinvolge la ionizzazione prodotta in un
gas ed è indipendente dalla dose per impulso, fino a valori elevatissimi (2 Gy/p)
(ICRU, 1982). Il valore di dose assorbita fornito dal dosimetro chimico è stato
assunto come riferimento, rispetto al quale valutare la correttezza della
determinazione della dose assorbita in acqua mediante camere a ionizzazione.
La tesi è suddivisa in tre parti. La prima parte riguarda le generalità sulla
misura di dose assorbita. Nel capitolo 1 si espongono i fondamenti teorici per la
misura di dose assorbita in acqua mediante camere a ionizzazione. Nel capitolo 2
viene esposta la teoria della ricombinazione ionica e vengono descritti i vari
modelli su cui si basa la determinazione del fattore correttivo che tiene conto
delle perdite di carica per ricombinazione. Nel capitolo 3 si descrivono le
principali caratteristiche delle camere a ionizzazione per le misure in radioterapia.
La seconda parte del lavoro riguarda le procedure e gli apparati sperimentali
utilizzati nell’esperimento.
Nella terza parte vengono presentati i risultati e le conclusioni.
-4 -
PRIMA PARTE: Generalità sulla misura
della dose assorbita
-5 -
1. Fondamenti teorici per la misura della dose
assorbita in acqua mediante camere a ionizzazione
1.1. Generalità sulla dose assorbita
La dose assorbita in un mezzo m, D
m
, è una grandezza fisica definita come:
dm
d
m
D
m
m
εε
=
∆
∆
=
→0
lim (1.1)
dove ε è il valor medio dell’energia impartita nel volume finito V all’elemento di
massa m, ε, data da:
() ()
ƒ ƒ ƒ
+−=
ii i
i
i
ex
i
in
QRRε (1.2)
ƒin
R è l’energia radiante incidente nel volume considerato, data dalla somma
delle energie, escluse le energie a riposo, di tutte le particelle entranti nel volume;
ƒex
R è l’energia radiante emergente dal volume, data dalla somma delle energie,
escluse le energie a riposo, di tutte le particelle uscenti da V;
ƒ
Q è l’energia di
riposo delle particelle nelle reazioni che hanno luogo nel volume considerato.
Il processo di trasferimento di energia in un volume da parte di radiazioni
ionizzanti è un processo casuale, quindi soggetto a fluttuazioni statistiche,
pertanto l’energia impartita ε è una grandezza stocastica. Nella definizione della
dose assorbita D
m
, data dalla (1.1), compare l’energia media impartita al mezzo ε ,
cioè la grandezza non stocastica associata alla grandezza stocastica ε.
La dose assorbita è definita come una funzione di punto e, se il materiale
esposto alla radiazione è omogeneo, essa varia con continuità ed è ovunque
-6 -
differenziabile nelle coordinate spaziali e nel tempo; pertanto, per essa si possono
definire un gradiente ed un rateo.
L’unità di misura della dose assorbita nel Sistema Internazionale è il gray
(Gy):
1 Gy = 1 J/kg
In passato il valore della dose assorbita era espresso in rad:
1 rad = 10
-2
Gy
Si consideri un mezzo materiale m immerso in un campo di radiazioni
ionizzanti e si supponga di voler misurare la dose assorbita D
m
in un certo punto
del mezzo. Per effettuare questa misura si dovrebbe praticare una “cavità”
intorno al punto considerato ed introdurvi un rivelatore di radiazione costituito
da un materiale g. L’introduzione del rivelatore nella cavità perturba il campo
preesistente; la perturbazione è tanto minore quanto più piccola è la cavità. Se
sono soddisfatte determinate condizioni è possibile stabilire una relazione tra il
valore della dose assorbita nel materiale del rivelatore, D
g
, e quello della dose
nello stesso punto del mezzo imperturbato.
1.2. Teoria della cavità per la misura della dose assorbita
Quando un mezzo è irraggiato da un fascio di fotoni o di elettroni, la dose
assorbita in un suo punto P, può essere determinata in base alla teoria della cavità
di Spencer-Attix (Spencer e Attix, 1955). Se nel mezzo viene introdotta una cavità
riempita con un gas (in genere aria) la relazione di Spencer-Attix è espressa da:
()
m
ggm
LDD ρ/= (1.3)
D
m
è la dose assorbita nel mezzo m, D
g
è la dose assorbita nel gas g che riempie la
cavità e
m
g
L )/( ρ è il rapporto dei poteri frenanti massici medi ristretti relativi ad
m e g per gli elettroni secondari generati dalla radiazione primaria incidente in P.
-7 -
D
g
può essere espressa in termini della carica Q prodotta in g dalla radiazione:
g
g
e
W
M
Q
D
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.4)
dove M è la massa del gas, e W è l’energia media per produrre una coppia di ioni
nel gas g ( vedi § 2.1). Sostituendo la (1.4) nella (1.3) si ottiene la relazione di
Spencer-Attix in funzione della ionizzazione prodotta nella cavità:
()
m
g
g
g
L
e
W
M
Q
D ρ/
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.5)
La validità della (1.3) è legata all’esistenza delle seguenti condizioni:
1) la presenza della cavità nel mezzo non perturba la fluenza differenziale in
energia degli elettroni nel mezzo;
2) quando la radiazione primaria è costituita da fotoni, le perdite di energia di
queste particelle nella cavità sono trascurabili ( la dose assorbita nella cavità è
quindi sostanzialmente dovuta solo agli elettroni secondari generati nel
mezzo).
Le dimensioni della cavità sono molto importanti per il verificarsi di queste tre
ipotesi: quanto più piccola è la cavità tanto meglio tali condizioni vengono
approssimate, per una data energia della radiazione primaria. I valori di ()
m
g
L ρ/
sono calcolati in modo da poter applicare la (1.3) a cavità le cui dimensioni siano
sufficientemente vicine a quelle della maggior parte delle camere utilizzate nella
dosimetria in radioterapia.
Il non completo verificarsi delle condizioni 1) e 2) può essere tenuto in
conto mediante opportuni fattori correttivi k
i
discussi nel seguito. In generale si
ha quindi:
()
∏
=
i
i
m
ggm
kLDD ρ/ (1.6)
-8 -
1.3. La cavità approssimata da una camera a ionizzazione
Come si è accennato inizialmente, l’introduzione di una camera a
ionizzazione nel mezzo in cui si vuole determinare la dose assorbita consente di
utilizzare la (1.3), purché si tenga conto, mediante opportuni fattori correttivi,
della perturbazione che essa introduce nel mezzo. Infatti, a differenza della cavità
ideale ipotizzata nella teoria di Spencer-Attix, una camera a ionizzazione ha delle
pareti di materiale p, diverso sia dal mezzo m che dal gas g. Inoltre le dimensioni
della cavità della camera sono sempre tali da non consentire il verificarsi della
condizione 1).
I principali effetti di perturbazione saranno di seguito descritti, con
particolare riferimento ad una misura di dose assorbita in acqua D
w
, effettuata
introducendo nel mezzo acqua una camera a ionizzazione la cui cavità, riempita
di aria a, abbia un diametro non superiore a 10 mm.
1.3.1. Effetto delle pareti della camera
La presenza nel mezzo w di un mezzo p, costituito dalle pareti della camera,
non consente di applicare in modo diretto la (1.3), in cui i mezzi coinvolti sono
soltanto due: il mezzo esterno (acqua) e il gas della cavità (aria). La presenza delle
pareti della camera nell’acqua ha come effetto che la dose assorbita nella cavità
risulta dovuta in parte alla frazione di elettroni secondari prodotti nell’acqua ed in
parte alla frazione di elettroni prodotti nelle pareti (Nahum e Greening, 1976;
Almond e Svensson, 1977). Queste due frazioni sono tanto più diverse quanto
più dissimile dall’acqua è il materiale p. Inoltre anche i rapporti ()
w
a
L ρ/ ed
()
p
a
L ρ/ saranno tra di loro differenti.
Se lo spessore delle pareti della camera è tanto sottile da ritenere
trascurabile il numero di elettroni secondari in esso prodotti, è valida la (1.5), che
-9 -
può essere riscritta come:
() ()
w
a
a
aww
L
e
W
JD ρ/
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.7)
dove J
a
è la densità di ionizzazione prodotta nella cavità d’aria e
w
(D
w
) è la dose
assorbita in acqua misurata tramite la ionizzazione prodotta solo da elettroni
generati in acqua. Nel caso opposto lo spessore delle pareti è tale che tutti gli
elettroni che producono la ionizzazione in aria sono generati nelle pareti. In
questa circostanza si ha:
() ()
p
a
a
app
L
e
W
JD ρ/
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.8)
p
(D
p
) è la dose assorbita nelle pareti misurata tramite la ionizzazione prodotta
solo da elettroni generati nelle pareti. In questa seconda ipotesi il rapporto tra D
p
e D
w
può essere espresso come rapporto dei coefficienti di assorbimento in
energia massici tra le pareti e l’acqua, relativi alla radiazione primaria (fotoni). Si
ha pertanto:
()
w
p
enpw
DD ρµ /= (1.9)
dalle (1.8) e (1.9) si ricava:
() ()()
w
p
en
p
a
a
awp
L
e
W
JD ρµρ //
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.10)
I due casi considerati sono ideali; nella realtà si avrà che J
a
è dovuta per una
frazione α ad elettroni prodotti nelle pareti e per una frazione (1 - α) ad elettroni
prodotti in acqua. Il valore di α dipende dallo spessore delle pareti e dall’energia
della radiazione primaria. Pertanto nella realtà la (1.7) sarà ancora valida purché
alla ionizzazione totale venga sostituita (1-α)J
a
; analogamente la (1.10) sarà ancora
applicabile considerando αJ
a
al posto di J
a
. La dose assorbita in acqua D
w
,
misurata con una camera avente pareti diverse sia dall’acqua che dall’aria della
cavità, si può esprimere come la somma della (1.7) e della (1.10) con le
sostituzioni descritte in precedenza:
- 10 -
()() ()[]
w
a
w
p
en
p
a
a
aw
LL
e
W
JD ραρµρα /)1(// −+
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.11)
che può essere riscritta come:
()
X
w
aaw
PLDD ρ/= (1.12)
con
()() ()
()
w
a
w
a
w
p
en
p
a
X
L
LL
P
ρ
ραρµρα
/
/)1(// −+
= (1.12a)
La (1.12) è la relazione di Spencer-Attix nella quale è stato però introdotto il
fattore di perturbazione P
X
dovuto alla presenza delle pareti, diverse dall’acqua,
nella cavità. Nel caso che le pareti della camera siano perfettamente equivalenti
all’acqua risulta P
X
= 1.
Il fattore correttivo P
X
si applica solo in fasci di fotoni. Infatti in fasci di
elettroni e per camere a cavità con pareti non molto spesse, come quelle
comunemente utilizzate, la ionizzazione J
a
, e quindi il valore di D
w
, non dovrebbe
dipendere dalla natura delle pareti, come è tuttora confermato sperimentalmente.
1.3.2. Effetto della cavità d’aria sulla fluenza degli elettroni
La camera a ionizzazione posta in acqua introduce un’ulteriore
perturbazione dovuta al fatto che la sua cavità d’aria ha delle dimensioni che
danno luogo ad un’alterazione della fluenza degli elettroni presenti in acqua.
Questa perturbazione diventa maggiore all’aumentare delle dimensioni della
cavità. Il numero di elettroni che attraversano la cavità d’aria risulta superiore a
quello che si avrebbe in un identico volume del mezzo (acqua) poiché il numero
di elettroni diffusi dal mezzo adiacente verso l’interno della cavità è maggiore
della quantità di elettroni diffusi dalla cavità d’aria verso il mezzo adiacente. La
conseguenza di questo effetto è l’aumento della ionizzazione nella cavità, quindi
una sovrastima della dose assorbita in acqua determinata tramite la (1.12).
- 11 -
E’ pertanto necessario introdurre nella (1.12) un fattore correttivo minore di
1, tanto più diverso dall’unità quanto maggiore è il diametro della cavità. Per
camere ad elettrodi piani e paralleli, con spessore interno non superiore a 2 mm,
questo fattore correttivo può essere ragionevolmente approssimato a 1; ci sono
però camere per cui questo non è vero come, ad esempio, la cosiddetta camera
Markus, per la quale è stato trovato sperimentalmente il valore (IAEA, 1997; Van
der Plaetsen et al, 1994):
()
z
E
cav
eP
⋅−
−=
2816.0
039.01)Markus( (1.13)
Per le camere cilindriche il fattore correttivo varia con il loro raggio interno.
Alcuni valori sperimentali di tale fattore sono stati determinati da Johansson et al
(1978) in funzione del raggio della camera e dell’energia della radiazione.
L’effetto di perturbazione della fluenza di elettroni non interviene con fasci
di fotoni nei punti del mezzo dove è verificata la condizione di equilibrio
elettronico (vedi § 3.2.1) o equilibrio transiente (parte discendente della curva di
dose in profondità). In questo caso il teorema di Fano (Fano, 1954) dimostra
come l’introduzione di una cavità d’aria nel mezzo non alteri la fluenza degli
elettroni secondari. Si può pertanto denotare questo fattore correttivo con P
E
,
sottolineando così che va applicato solo in fasci di elettroni.
1.3.3. Effetto della cavità d’aria sul punto di misura
L’introduzione nell’acqua della cavità d’aria della camera da luogo ad un
altro tipo di perturbazione, derivante dal fatto che la dose ha un gradiente al
variare della profondità dove essa viene misurata (vedi figura 4.3).
Poiché sulla parte discendente della curva di dose in profondità la fluenza
degli elettroni decresce, la fluenza esistente nel punto prossimo alle pareti della
camera (quella che determina J
a
) sarà maggiore della fluenza esistente in acqua nel
punto di misura (corrispondente al centro della camera) quando la camera viene
rimossa dall’acqua. Quando il punto di misura si identifica con il centro della
- 12 -
camera si ottiene quindi una sovrastima della dose in quel punto. Tale effetto si
verifica in camere cilindriche ed è assente in camere a geometria piano-parallela,
per le quali il punto di misura si considera sulla superficie della finestra della
camera.
Una soluzione approssimata consiste nel porre uguale a 1 la correzione per
le camere cilindriche e considerare il punto effettivo di misura ad una distanza d
r
dal centro della camera nel verso della sorgente di radiazione. Un valore
rappresentativo di d
r
per fasci di elettroni è d
r
= 0.5 r (ICRU, 1984) e per fasci di
fotoni d
r
= 0.75 r (NACP, 1980), dove r è il raggio interno della camera. Sulla
base di questa impostazione non si inserisce nella (1.12) alcun fattore correttivo
per effetto del gradiente, ma il valore di D
w
deve essere espressamente riferito a
z (P
eff
).
La correzione per l’effetto del gradiente di dose non è evidentemente
necessaria, per qualsiasi tipo di camera, alle profondità dove c’è gradiente zero,
come ad esempio a d
max
.
1.4. Il fattore di taratura della camera N
D
L’equazione (1.12), completa di tutti i fattori correttivi descritti nel § 1.3,
diventa:
()
EX
w
aaeffw
PLDPD
,
/)( ρ= (1.14)
dove gli indici X ed E denotano i due distinti fattori correttivi da applicarsi
rispettivamente in fasci di fotoni (X) o di elettroni (E).
Noti i fattori correttivi, la determinazione di D
w
è legata alla conoscenza di
D
a
. Se si conoscesse esattamente il volume effettivo della camera a ionizzazione e
se si facesse inoltre una misura assoluta della carica prodotta nella cavità della
- 13 -
camera il valore di D
a
sarebbe dato da:
a
aa
e
W
JD
÷
÷
≠
•
♦
♦
♥
♣
= (1.15)
Questo tipo di misura, unitamente all’informazione sul volume effettivo
della camera è però tipica, per il grado di complessità, dei soli Campioni Primari
impiegati negli Istituti Metrologici Primari. Il valore di D
a
per una camera a cavità
“non assoluta” può essere comunque determinato in modo indiretto, mediante la
determinazione del fattore di taratura della camera N
D
, espresso in termini di
dose assorbita in aria e ottenuto da una taratura della camera in termini di
esposizione o di kerma in aria. N
D
è definito come:
MDN
aD
/= (1.16)
dove M è il segnale fornito dalla camera quando viene esposta ad un fascio di
radiazione. Il rapporto D
a
/M non dipende dal tipo di radiazione, né dalle
condizioni di irraggiamento, ma è legato unicamente al volume della cavità della
camera. N
D
può essere quindi determinato in opportune condizioni di
riferimento e inserito nella (1.14) fornisce:
()
EX
w
aDeffw
PLNMPD
,
/)( ρ⋅⋅= (1.17)
La (1.18) consente quindi di determinare D
w
dalla sola misura del segnale M
fornito dalla camera nelle condizioni d’uso, essendo gli altri parametri noti in
precedenza. Le condizioni di riferimento alle quali si determina N
D
sono
analoghe a quelle definite dall’Istituto Metrologico Primario (ENEA-INMRI) per
la taratura di camere a ionizzazione in termini di esposizione, o di kerma in aria,
alla radiazione γ del
60
Co.
- 14 -
1.5. Determinazione della dose assorbita in acqua D
w
in fasci di
fotoni con E
max
> 1 MeV e fasci di elettroni con
0
E >5 MeV
1.5.1. Espressione della dose assorbita
Le espressioni della dose assorbita in acqua, ottenute in precedenza, si
riferiscono alle profondità di riferimento nel fantoccio d’acqua (vedi § 1.5.2c).
Inoltre tali espressioni sono valide solo se la camera viene posizionata nel
fantoccio d’acqua con il suo punto di misura P
eff
(vedi § 1.5.2b) corrispondente
alla profondità di riferimento prefissata.
Per fasci di fotoni di qualità X
1
la dose assorbita in acqua è data da:
XDeffw
FNMPD ⋅⋅=)( (1.18)
con
()[ ]
X
X
w
aX
PLF ρ/= (1.18a)
Per fasci di elettroni di qualità E, ovvero con energia
0
E , la dose assorbita
in acqua è data da:
EDeffw
FNMPD ⋅⋅=)( (1.19)
dove
()[ ]
E
E
w
aX
PLF ρ/= (1.19a)
Le generalità sugli aspetti teorici in base ai quali la (1.18) e la (1.19) sono state
dedotte sono riportati nel § 1.4.
1
La qualità del fascio X può essere caratterizzata dal valore sperimentale di un unico parametro,
correlato al rapporto della ionizzazione misurata a due diverse profondità in fantoccio. Come
indicatore della qualità di un fascio di fotoni si raccomanda il parametro
20
10
TPR dato dal
rapporto tra la ionizzazione misurata in un fantoccio ad acqua ad una profondità di 20 cm e
quella misurata ad una profondità di 10 cm, con una distanza sorgente-rivelatore costante ed un
campo di dimensioni 10 cm x 10 cm alla stessa distanza (AIFB, 1988).
- 15 -
M è il valore del segnale (in termini di carica o di corrente) fornito dalla
camera irraggiata nel fantoccio d’acqua; il valore di M include i fattori correttivi
moltiplicativi descritti nel § 1.5.2a. N
D
è il fattore di taratura della camera
espresso in termini di dose assorbita in aria, determinato alla radiazione del
60
Co.
I fattori F
X
ed F
E
, riferiti, rispettivamente, a fasci di fotoni di qualità X e di
elettroni di qualità E, consentono di convertire il valore del segnale M in dose
assorbita in acqua alle varie profondità di riferimento.
1.5.2. Condizioni di riferimento per la determinazione della dose assorbita in acqua
Le condizioni di riferimento sono definite da determinati parametri e
procedure che vanno attentamente tenuti presenti per la determinazione della
dose assorbita in acqua.
Per la dosimetria in radioterapia le misure di riferimento devono essere
effettuate ponendo il rivelatore (camera a ionizzazione) in acqua (AIFB, 1988).
L’acqua è infatti il mezzo che simula meglio le proprietà di assorbimento e
diffusione del tessuto biologico. A tale scopo si utilizza un contenitore riempito
d’acqua, detto fantoccio, di dimensioni opportune.
Le dimensioni minime raccomandate per il fantoccio ad acqua di
riferimento sono 30 x 30 x 30 cm
3
, sia per fotoni che per elettroni. Per ridurre
possibili fonti di errore, e anche per una maggiore rapidità di impiego, le
caratteristiche costruttive del fantoccio ad acqua dovrebbero essere tali da
consentire di effettuare agevolmente misure a distanze sorgente-camera sia
variabili che costanti.
Le camere vanno inserite nel fantoccio senza il cappuccio d’equilibrio,
necessario solo per la taratura della camera in aria con la radiazione di
60
Co.