9
territorio locale, presentandosi come un modo innovativo di coniugare
esigenze di sviluppo ed esigenze di protezione nei piccoli centri.
Ci siamo chiesti se davvero il progetto dei Parchi Letterari® fosse in
grado di arrestare il processo di declino di una comunità, inducendo dei
cambiamenti nella vita dei suoi abitanti, da un punto di vista culturale,
attraverso il recupero dell’orgoglio di appartenenza al luogo e della
memoria storica, o addirittura da un punto di vista economico,
attraverso lo sviluppo di un’impresa a rete locale.
Non appena abbiamo appreso delle grandi potenzialità del progetto, ci
siamo dunque affrettati a saperne di più, incontrandone i diretti
promotori e cercando di documentarci sugli effetti locali.
Il disegno della ricerca è nato al fine di analizzare l’impatto delle
attività dell’organizzazione Parco Letterario sulla vita degli abitanti di
una comunità. L’impatto sarà esaminato da un punto di vista
socioeconomico, ma soprattutto culturale: tenteremo di capire quale
valore l’organizzazione ha assunto nel tempo nella coscienza collettiva
e, dunque, definire la percezione dei cambiamenti culturali stessi da
parte dei membri della comunità.
Se l’ambizioso obiettivo finale dell’organizzazione Parco Letterario,
infatti, è la creazione dell’impresa cittadina (ovvero una rete di sevizi
integrati su tutto il territorio locale), è pur vero che, soprattutto in un
primo momento, i cambiamenti più interessanti devono avvenire nel
profilo culturale della comunità, soprattutto qualora il contesto preso in
considerazione non sia assolutamente abituato a ragionare in termini di
economia globale e a rete, come in questo caso.
Proprio per questo motivo il progetto della Fondazione Nievo è stato
giudicato innovativo e ricco di potenzialità, diretto allo sviluppo delle
piccole realtà locali e dunque finanziato dalla Comunità Europea.
10
Inoltre la preminenza dell’aspetto culturale è ribadita non solo dal fatto
che l’organizzazione sia di tipo culturale (cioè svolga attività e servizi
volti al consumo di “cultura”, dunque storia, letteratura, tradizioni,
leggende e personaggi locali, prodotti tipici, ecc...), ma soprattutto dal
fatto che il progetto di un Parco Letterario nasce e vive della passione e
dell’impegno dei suoi promotori, e nelle sue attività coinvolge
inevitabilmente i membri della realtà sociale in cui viene istituito.
Infatti il Parco è il paese stesso, i suoi luoghi, le sue leggende, la sua
storia, le sue tradizioni, le sue musiche, i suoi personaggi, i suoi rumori,
i suoi sapori e dunque anche i suoi abitanti e le loro attività quotidiane.
Proprio per questo, nell’analizzare la realtà dei Parchi Letterari®, a
nostro avviso, è molto importante indagare l’aspetto del Parco come
“organizzazione percepita”, in altre parole come tale realtà sia vissuta
dalla popolazione, in che misura influisca nella loro sfera vitale, nelle
loro attività quotidiane, aspettative, valori, credenze, opinioni e
soprattutto sulla loro identità culturale.
Il concetto di identità culturale nasce dall’idea che un gruppo di persone
siano legate da un sentimento di appartenenza comune a delle norme
dei luoghi, dei valori, delle consuetudini o tradizioni.
Per tale motivo nei primi due capitoli della ricerca ci è sembrato
interessante approfondire soprattutto il concetto di comunità, intesa
come quel luogo in cui da sempre l’uomo ha trovato possibilità di
espletamento delle sue funzioni vitali, dei suoi bisogni di
socializzazione, cooperazione, come di espressione dei propri valori e
dunque soddisfazione dei bisogni di appartenenza, sicurezza,
contenimento, integrazione, affermazione, valorizzazione, tanto più
poiché il contesto di riferimento è una piccola cittadina agricola della
Basilicata, che fino a poco tempo fa si rivelava scollegata dal mondo e
dall’economia globale se non per eventualità casuali.
11
In che misura l’organizzazione ha contribuito a favorire dei
cambiamenti culturali nella comunità?
Quanto la sua istituzione ha inciso sull’organizzazione della vita e sul
sentimento d’appartenenza dei suoi membri?
Sull’eco della tradizione socio-antropologica degli Studi di Comunità,
abbiamo ritenuto opportuno utilizzare delle tecniche di ricerca di tipo
qualitativo, in modo da “vivere empaticamente” la realtà oggetto di
studio e far sì che sia essa stessa a raccontarsi da sé, attraverso le sue
storie, i suoi personaggi e le loro azioni, tutti elementi in grado di farci
desumere gli orientamenti culturali di base dei gruppi di riferimento,
dunque, le norme che guidano l’azione sociale degli individui.
La tecnica della biografia e del colloquio informale, infatti, racconta,
attraverso un procedimento narrativo, un’intersoggettività vissuta,
dunque delle realtà sociali comuni, consentendo con il massimo della
flessibilità la percezione della complessità sociale.
Ci scusiamo se nel tentativo di definire l’identità culturale della
comunità abbiamo fatto ricorso all’artificio della suddivisione analitica,
ma siamo dell’opinione che il concetto di “identità culturale” non possa
essere compreso realmente senza considerare le sue molteplici
frantumazioni interne, le sue “alterità”, e le sue spinte contraddittorie.
Dunque, seppure su piccola scala, questa ricerca intende presentarsi
come un tentativo “globale” d’analisi di una realtà socio-culturale di
piccole dimensioni e della sua evoluzione nel tempo.
E’ inevitabile che nell’affrontare uno studio tanto complesso e ampio
alcuni interrogativi rimarranno aperti: sarebbe stato impossibile in
questa sede esaurirli tutti. Per tanto ci auguriamo di poterli approfondire
in un’analisi futura.
12
1. IL CONCETTO DI COMUNITA’
1.1 Comunità:
Breve premessa sulle scarse capacità euristiche
del termine e precisazione metodologica.
Il termine comunità è una delle parole chiave del pensiero economico,
politico, sociale contemporaneo. Deriva dal latino communĭtas –tatis
(“comunanza”), a sua volta derivato di communis (“distribuito tra
tutti”,“bene comune”). 1
E’ un concetto nel quale confluiscono elementi del pensiero platonico,
della filosofia politica medievale, della teologia e della morale cristiana
(che contribuiscono ad accentuare il valore quasi “sacrale” della
comunità), un termine che appartiene al linguaggio corrente ma anche
al linguaggio di molte discipline con significati tecnici di non facile
definizione.
A livello specialistico è usato principalmente in antropologia ed in
sociologia ma anche per esempio in filosofia, nel diritto, nella scienza
politica.
In Sociologia il concetto ha raccolto nel tempo una vasta quantità di
significati, connotazioni, usi2, tanto che sembra quasi impossibile
rendere conto di una sua precisa definizione: comunità è un concetto
talmente impregnato di opzioni metafisiche e politiche che parrebbe del
tutto estraneo alla vocazione empirica della sociologia moderna.3
1
Definizione del Vocabolario della lingua italiana dell’Istituto della Enciclopedia Italiana
fondata da Giovanni Treccani, Milano, 1986.
2
Cfr. Bernardo Cattarinussi, Aldo Ellena, Fabrizio De Marchi (a cura di), Nuovo
Dizionario di Sociologia, edizioni Paoline, Milano, 1987,pag. 485-489.
3
Cfr. Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia, edizioni Utet, Torino, 1978, pag. 149-152.
13
L’uso del termine è problematico4 non solo per il fatto evidente che
nella stessa parola si sovrappongono significati diversi, ma più in
generale per le difficoltà di precisazione e la scarsa capacità euristica
che lo caratterizzano, al punto che alcuni autori non solo si sono
astenuti dall’utilizzarlo, ma hanno addirittura sostenuto la necessità di
bandirlo dal vocabolario delle scienze sociali5.
Secondo Achille Ardigò: “La molteplicità impressionante dei concetti e
delle sfumature di concetti per l’unico termine sarebbe tale da
costituire una controindicazione all’ulteriore diffondersi dell’uso del
termine”.6
Del termine infatti, esistono più di un centinaio di definizioni differenti,
a seconda dell’ottica, delle influenze accademiche, degli obiettivi delle
ricerche, delle correnti di pensiero, la sua polivalenza sembra comunque
riflettere una caratteristica fondamentale delle scienze sociali, e cioè
quella difficoltà di sistematizzare la complessità del reale in un solido e
condiviso impianto teorico, che sia in grado di assicurare dignità
epistemologica all’intero dibattito.
E’ caratteristica di ogni disciplina che i suoi membri non siano in grado
di trovarsi d’accordo sulla natura dei fenomeni che stanno studiando,
ma un elevato livello di eterogeneità influisce in maniera determinante
sul grado di consenso e quindi di attendibilità scientifica delle
argomentazioni.
4
Cfr. Istituto della Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Enciclopedia delle
Scienze Sociali, Roma, 1992, vol II , pag. 206 - 214.
5
Cfr. Theodor Geiger, Gemeinshaft in Handworterbuch der Sociologia, (A cura di A
Wierkandt), Stuttgart, 1931.
6
Achille Ardigò, Sociologia rurale, in A. Pagani (a cura di), Antologia di Scienze Sociali, il
Mulino, Bologna, 1963.
14
A questo proposito appare illuminante il tentativo di George A. Hillery
nel saggio “Definition of Community: Areas of Agreement”7 di trovare
un area di accordo tra le molte e differenti definizioni date del concetto
nel corso del tempo dagli scienziati sociali.
Hillery prende in considerazione 94 definizioni del termine, ed effettua
un’attenta analisi cercando di isolare le idee di base che sottostanno alle
definizioni: sono 16 le idee di fondo impiegate dai definitori, tale idee
sono combinate tra loro in maniera differente (Hillery trova 22
combinazioni).
Le diverse combinazioni vengono ordinate in maniera sistematica in
una tabella molto chiara (vedi tab. 1) e messe a confronto in modo da
giungere alle seguenti conclusioni:
la maggior parte delle definizioni includono tre elementi come
costitutivi del concetto di comunità, l’area Geografica, l’interazione
sociale e comunanza di interessi o scopi. Tali elementi non sono però
esclusivi, nel senso che, ad esempio, può esistere una comunità che
prescinde la spazialità (come nel caso della comunità di spirito), o
l’interazione sociale (come ad esempio per le teorie ecologiste), ma a
parte ciò area, scopi e relazioni comuni tra più persone sono i concetti
più frequentemente ritenuti costitutivi del termine.
Nel corso del primo capitolo verrà quindi illustrato il concetto di
comunità nel suo significato classico, poi seguendo l’impostazione di
Hillery verranno illustrati i tre tipi principali di definizioni sociologiche
di comunità, all’interno delle quali si enfatizza rispettivamente:
7
George A. Hillery, Definition of Community: Areas of Agreement, Rural Sociology,
vol.XX, Roberts Printing Company, Frankfort, Kentucky, 1955, pp. 111-123.
15
• il concetto di Comunità ecologica (relativo alle definizioni di
comunità che si rifanno agli elementi relativi all’area geografica);
• il concetto di Comunità come gruppo, sistema (nelle definizioni
sociologiche che si rifanno agli elementi dell’interazione-
organizzazione sociale);
• il concetto di comunità psicologica (nelle definizioni di
comunità che si rifanno a elementi culturali e valoriali).
Ci soffermeremo quindi su alcune problematiche insorte recentemente
soprattutto in relazione alla ridefinizione del concetto di spazialità alla
luce di fenomeni come la Globalizzazione e l’uso di nuove tecnologie e,
conseguentemente, sulle ripercussioni che tali fenomeni hanno riportato
sul concetto stesso di comunità, imponendone un’evoluzione e
riqualificazione in quello di Nuova Comunità Locale.
Infine dopo aver chiarificato al meglio l’oggetto di studio della
Sociologia delle Comunità locali ripercorreremo in un breve excursus le
dinamiche degli studi di Comunità fornendo il quadro dei riferimenti
teorici classici al quale la suddetta tesi intende rifarsi.
16
1.2 Il Significato classico del concetto: i precursori
Le origini: la riscoperta della comunità
Il concetto di comunità assume rilevanza nel dibattito filosofico nel
diciannovesimo secolo, come risposta alternativa all’individualismo ed
al razionalismo che avevano caratterizzato il pensiero illuminista.
Per comprenderne la portata non possiamo prescindere dall’inserirlo nel
discorso molto più ampio, osservarlo alla luce di eventi precedenti che
ne determinarono la riscoperta. 8
Nel diciottesimo secolo era il concetto di contratto ad avere un ruolo
predominante:
“Allora l’enfasi era posta sul concetto di contratto, i filosofi avevano
usato il fondamento logico del contratto per dare legittimità ai
rapporti sociali; il contratto rappresentava il modello di tutto ciò che
era buono e degno di esser difeso nella società. Nel diciannovesimo
secolo, tuttavia assistiamo alla decadenza del contratto di fronte alla
riscoperta del simbolismo della comunità: comunità come luogo di
identificazione e riferimento, soluzione all’anomia prodotta dalla
frammentazione analitica del razionalismo illuminista.” 9
Il razionalismo e l’individualismo alla base del pensiero illuminista
vedono le radici nelle tre rivoluzioni che avevano cambiato il corso
della storia: quella francese e quella americana sul versante culturale,
quella industriale sul versante economico.
Le due rivoluzioni culturali avevano favorito la diffusione di dottrine
individualiste, ispirate al giusnaturalismo, e l’affermazione dei principi
della democrazia, creando le condizioni per la nascita dello stato
moderno:
8
Nisbet Robert A., La tradizione Sociologica, La Nuova Italia editrice, Firenze, 1987, (The
Sociological Tradition, Basic Books, Inc., New York, 1966).
9
ibidem, pag. 67.
17
“Durante l’Illuminismo le dottrine dell’individualismo erano
predominanti. […] Tutta la teoria secolare del diritto naturale, dal
1500 al 1800, era praticamente impegnata ad elaborare una teoria
della società, anche se dietro alla sua immagine razionalistica c’era
sempre l’immagine di individui naturalmente liberi che avevano
accettato razionalmente uno specifico e limitato modo di
associazione: l’uomo è l’elemento primario, la relazione, l’elemento
secondario. […] La società razionale deve essere come la
conoscenza razionale, proprio l’opposto di quella tradizionale: deve
poggiare sull’uomo, non come membro di una corporazione, di un
ecclesiastico, o come un contadino, ma come uomo naturale, deve
essere concepita come un tessuto di rapporti specifici e voluti, in cui
gli uomini entrano liberamente e razionalmente in contatto tra loro.
”
10
Questo modello di ideologia elaborato dall’illuminismo francese si
accordò perfettamente alle esigenze espresse dall’industrializzazione:
l’estensione su vasta scala del diritto naturale rappresenta un’ottima
base culturale per lo sviluppo dell’economia di massa: affermare che
tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti significa dare al mercato la
possibilità di moltiplicare la propria utenza.
Ma proprio quando la certezza e la positività tipiche dell’illuminismo e
della prima industrializzazione vennero meno incominciò a svilupparsi
una certa nostalgia per la comunità nella sua accezione più primitiva:
come luogo di incontro di disparate esigenze sociali, morali,
psicologiche, metafisiche ed epistemologiche. La riscoperta della
comunità e il suo universo simbolico riemerge proprio quando si
impone l’esigenza di far fronte al crollo e alla disorganizzazione delle
tradizionali forme di associazione:
“Tale idea sembra affiorare con insistenza nel pensiero occidentale
proprio quando è avviato il suo smantellamento in un regime di
rapporti sociali che alle forme di solidarietà ispirate a reciprocità di
consenso e vicinanza emotiva, sostituisce con gradualità ed
inesorabilità l’equilibrio garantito da norme giuridiche razionali [...]
10
ibidem, pag. 69.
18
La comunità diviene oggetto di osservazione allorché da essa ci si è
allontanati.” 11
Nel pensiero romantico, dunque la comunità è sempre presentata come
un’entità sovraindividuale in cui l’individuo trova il superamento alle
limitazioni della condizione umana, la possibilità di realizzare scopi che
trascendono le sue forze e la durata stessa della sua esistenza.
L’operazione onde cui il concetto di comunità venne ridotto a categoria
del comportamento sociale fu compiuta, proprio da uno dei principali
rappresentanti del pensiero romantico, Friederich Daniel Ernst
Schleiermacher. Trattando delle forme della socialità (Geselligkeit) o
Sociabilità, egli non definì la Comunità come entità sovraindividuale,
bensì come un particolare legame tra individui -dunque un rapporto
sociale - determinato dal comune riferimento ad uno scopo esterno.
Siffatto legame costituisce un rapporto del tutto diverso da quello che
nasce meramente nella reciprocità degli scambi, dall’interazione diretta
a soddisfare l’interesse dei singoli, questa forma di “socialità senza
scopo” è la Società (Schleiermacher, 1799). 12
Un'altro studioso che può esser ritenuto a ragione precursore del
concetto di comunità, seppur non abbia parlato espressamente di essa
ma del concetto di “gruppo sociale” è Charles Fourier.13
Tutta la sua analisi sociologica ruota intorno al concetto di “gruppo
sociale”: sentimento che viene a instaurarsi tra tre o più individui come
frutto di un'attrazione “passionée”14 (appassionata), per il fatto che deve
poter far leva sulle passioni dell'individuo così come queste si
11
Ciucci Raffaello, La Comunità Possibile. Percorsi e contesti in Sociologia, Maria
Paccini Fazzi editore, Lucca, 1990, pag. 6.
12
Cfr. Luciano Gallino, op. cit., pag. 149.
13
Cfr. Charles Fourier, Oeuvres Complètes, Paris, 1966-1968.
14
Charles Fourier, Thèorie des quatres mouvements et des destinées gènèrales, Paris,1808,
ora in Oeuvres Complètes, Tome I, Paris, 1966-1968, pag.52.
19
manifestano, costituendo tra essi una sorta di legame psicologico-
emotivo:
“Nella teoria delle passioni si intende per “gruppo” un insieme
legato da una identità di gusti entro una funzione esercitata. Tre
uomini vogliono mangiare insieme, si serve loro una minestra che
piace a due e non al terzo: in questa circostanza essi non formano un
gruppo poiché sono discordi circa la funzione che li occupa. Non vi
è tra loro identità di gusto passionale per la minestra servita.”15
Per Fourier il gruppo sociale rappresenta la categoria fondamentale
entro cui effettuare qualsiasi forma di socializzazione, la sua
formazione è legata a una condivisione di passione ed è proprio questa
spontanea identità di predisposizioni verso una funzione a consentirci di
distinguere un gruppo di individui (comunione riflessa) da una massa
(insieme di individui che si conoscono in modo generico). 16
Un altro aspetto della teoria di Fourier che ci appare degno di nota è
l'aver sottolineato come i gruppi non funzionino solamente in base alle
loro tensioni interne ma anche e soprattutto grazie alle relazioni che si
stabiliscono con gli altri gruppi.
Questo significa che l'individuo di Fourier non si risolve nell'ambito di
un solo gruppo, ma si alterna in gruppi diversi, affermazione che
anticipa di molti anni il dibattito futuro circa la varietà e la complessità
delle relazioni che costituiscono una comunità, rendendola un sistema
di sistemi aperto, dinamico e dunque non facilmente isolabile o
sottoponibile a sperimentazione empirica.17
15
Charles Fourier, Le Nouveau Monde Industriel, Paris, 1829, ora in Oeuvres Complètes,
Tome VI, Paris, 1966-1968, pag.57.
16
ibidem, pag.53, La distinzione tra massa e gruppo più tardi sarà ribadita da Ludwig von
Wiese in System der allgemein Sociologie, Munchen-Leipzig, 1933, (tr. It. Sistema di
Sociologia Generale, Torino, 1968) ed ancor più recentemente da Max Horkheimer e
Theodor W. Adorno in Lezioni di Sociologia, piccola biblioteca Enaudi, Torino, 1966.
17
Cfr. Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, op. cit., pag.174, Nel capitolo sugli studi di
comunità i due studiosi ricordavano come in genere dalle indagini europee sembra
emergere “un elemento comune, e cioè che una città moderna non costituisce precisamente
una unità in se conchiusa ma sta in un contesto di rapporti funzionali con tutto un paese e,
20
1.3 L’introduzione del concetto nel dibattito
sociologico: Ferdinand Tönnies e la
comunità comunione
Riconoscendo esplicitamente di avvalersi di spunti e conoscenze tratte
dall’opera di Bachofen e Bücher, di Ferguson e Comte, di Marx, in
special modo di Maine (al quale si deve, infatti, un’altra classica
definizione del cambiamento sociale, basata sulla coppia status-
contratto)18 e di Stein, di Spencer e di Tylor ed altri ancora, rispettando
la tradizione sociologica i cui sforzi analitici erano per la maggior parte
basati su tali dicotomie19, Tönnies fu il primo ad introdurre in forma
definita la tipologia Comunità - Società come strumento fondamentale
per la comprensione del cambiamento sociale20.
Il tentativo di chiarimento concettuale e di costruzione tipologica di
Tönnies muove dal linguaggio corrente, in cui Comunità e Società sono
caratteristicamente distinte: “Si usa correntemente l’espressione
comunità domestica o comunità di vita per indicare il matrimonio”,
afferma l’autore, mentre “società di vita sarebbe una contraddizione in
termini”; il giovane “viene messo in guardia contro la cattiva società,
ma parlare di cattiva comunità è contrario al senso della lingua”. In
sostanza:
“ogni convivenza confidenziale, intima, esclusiva viene intesa come
vita in comunità; la società è invece il pubblico, è il mondo. In
comunità con i suoi uno si trova dalla nascita, legata ad essi nel bene
e nel male, mentre si va in società come in terra straniera”21.
in ultima analisi, con la società nel suo complesso”, tendenza peraltro confermata da
Franco Ferrarotti ed Elio Uccelli in La piccola città, Napoli, Liguori, 1959.
18
Cfr. H. J. S. Maine, Ancient Law: its connection with the early history of society, and its
relation with modern ideas, London, 1861.
19
Cfr. Luciano Gallino, op. cit., pag. (150)149 - 152.
20
Ferdinand Tönnies, Comunità e Società, ed. Comunità, Milano, 1963 (Gemeinshaft und
Gesellshaft, Leipzig, 1887).
21
ibidem., pag. 45 - 46.
21
Tali usi linguistici possono esser chiariti e meglio definiti in termini
sociologici: cuore della teoria è l’ipotesi che tutti i rapporti sociali messi
in atto dall’uomo siano volontari, cioè esistono perché gli uomini
vogliono che essi esistano. In talune occasioni gli uomini si uniscono
poiché annettono un significato intrinseco alla loro relazione, altre volte
ciò avviene al solo scopo di ottenere un risultato concreto. Secondo
Tönnies il primo di questi tipi di relazione ha la sua base nella volontà
essenziale (o naturale), le sue componenti chiave sono la comprensione,
il sentimento e l’unità. La relazione che sgorga da questa volontà è fine
a se stessa anziché mezzo per altri fini.
La comunità deve essere intesa come un organismo vivente.
Il concetto di Gemeinshaft si riferisce pertanto alla qualità dei rapporti
sociali: è quel gruppo sociale spontaneo nel quale prevale la volontà
collettiva sull’interesse dei singoli, l’armonia sulla competitività, la
cooperazione sul conflitto, la natura ed il sentimento sull’artificio e la
ragione, l’archetipo che ispira la sua descrizione è la famiglia o il
villaggio.
La Gesellshaft, che è vista come un aggregato, un prodotto meccanico,
comprende invece un insieme di relazioni sociali di segno contrario. Vi
domina la volontà individuale ed i membri sono fortemente
individualizzati. Gli interessi dei singoli prevalgono e l’azione di
ciascuno è orientata all’opinione pubblica, in essa la solidarietà si
realizza solamente in termini contrattuali e ruota intorno allo scambio di
merci e servizi, la proprietà privata predomina.
“La teoria della società muove dalla costruzione di una cerchia di
uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente
l’uno accanto all’altro, ma che sono non già essenzialmente legati,
bensì essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i
legami, mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni.
Di conseguenza, qui non si svolgono attività che possano derivare da
una unità a priori esistente necessariamente, e che quindi esprimano
22
anche la volontà e lo spirito di questa unità nell’individuo, in quanto
compiute per mezzo suo, realizzandosi tanto per gli associati con
l’individuo quanto per l’individuo stesso. Piuttosto in questo ambito
ognuno sta per conto proprio ed in uno stato di tensione contro tutti
gli altri.” 22
In questo passo notiamo i fondamenti della polarizzazione sui quali
Tönnies costruisce i due tipi opposti. L’opposizione è effettuata dal
punto di vista della società: nel testo la società, mostrata nei suoi aspetti
contraddittori, rappresenta il “qui” in cui l’autore scrive, l’effetto del
cambiamento sociale, l’emancipazione dell’uomo da qualsiasi forma di
aggregazione precedente, sebbene tale evoluzione porti con se divisioni,
tensioni e conflitti come conseguenze emotive, psicologiche e culturali.
E’ molto importante osservare che i concetti di Comunità e Società non
sono separabili dal momento che sono costruiti per opposizione come
elementi di un unico schema interpretativo23, inoltre la dicotomia non si
pone in termini territoriali, ma a livello istituzionale e culturale;
l’alternativa non è tra città e campagna ma nei modi di vita delle
comunità rurali e la società borghese razionalista, individualista,
competitiva, fluida, mobile, eterogenea, pluralistica.
Tönnies non passa dalla diagnosi all’indicazione di una terapia (a
differenza del socialismo che vede nell’eliminazione della proprietà
privata la condizione necessaria per il ritorno alla comunità
comunione): lo storicismo romantico non concede nulla all’utopismo. 24
22
Ferdinand Tönnies, trad. it. cit., pag. 83.
23
Cfr. Istituto della Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Enciclopedia delle
Scienze Sociali, Roma, 1992, vol. II ,pag. 207.
24
Cfr.Bernardo Cattarinussi, Aldo Ellena, Fabrizio De Marchi (a cura di), op. cit., pag. 485-
489.