proprietà acido-base del film. I risultati delle analisi di angolo di contatto sono stati
confrontati con quelli ottenuti da caratterizzazioni XPS (X-rays Photoelectron
Spectroscopy) e FT-IR (Fourier Transform Infra-Red spectroscopy) che hanno uno
spessore di campionamento maggiore. Con questi due metodi di analisi sono stati
identificati e quantificati i gruppi funzionali presenti sulla superficie del film così da
poter correlare le proprietà acido-base del film alla presenza o all’assenza di
determinate funzionalità superficiali.
Si pensa che questo approccio possa fornire un importante contributo nel definire
il tipo di interazioni all’interfaccia tra i coating depositati via plasma e il liquido in
determinate condizioni di pH, associandole alla presenza o meno di dati gruppi
funzionali superficiali. Si ricorda, infatti, che la superficie di un materiale gioca un
ruolo fondamentale nel modulare alcune risposte in vitro ed in vivo con i fluidi
biologici. Difatti, la realizzazione di una superficie che abbia opportune
caratteristiche chimico-fisiche è un aspetto di notevole importanza nello studio ed
ingegnerizzazione di materiali idonei per scopi biomedici. Impiego diretto di questi
studi poterebbe essere non solo nel campo dei biomateriali, cioè nel migliorare la
biocompatibilità, ma anche in campo farmaceutico nel rilascio controllato dei
farmaci, e nel campo dei biosensori.
5
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
1.1 IL RUOLO DELLE SUPERFICI E DELLE TECNICHE DI
MODIFICAZIONE SUPERFICIALE IN CAMPO BIOMEDICO
Il termine biomateriale definisce i materiali artificiali (polimeri, metalli, ceramici,
compositi, etc.) impiegati in biologia e medicina nella realizzazione di protesi,
dispositivi, sensori e articoli monouso in plastica (capsule di petri da laboratorio,
cateteri, tubazioni, etc.) destinati a svolgere una funzione pre-definita in contatto
con fluidi, tessuti e molecole di tipo biologico in vitro, ex vivo e in vivo [1]. Dato che
la risposta del sistema biologico al materiale è mediata da interazioni tra esso e la
superficie del materiale stesso, il ruolo svolto dalle superfici in campo biologico e
medico è fondamentale.
Impianti biomedici come valvole cardiache, protesi vascolari, impianti mammari e
lenti intraoculari entrano in contatto tramite la propria superficie con l’ambiente
biologico circostante, per cui la risposta di quest’ultimo è fortemente influenzata
dalla natura chimica e morfologica della superficie del corpo estraneo [2]. Le
superfici dei materiali in contatto con fluidi e tessuti biologici adsorbono e
desorbono dinamicamente, fino a pochi secondi dopo il contatto, uno strato di
proteine la cui distribuzione e conformazione dipende dall’interfaccia
materiale/fluido o materiale/tessuto, quindi, dalle proprietà superficiali
(composizione chimica, energia superficiale, carica elettrostatica, etc.) del
materiale. Lo strato proteico adsorbito media, successivamente e in maniera
dinamica, adesione ed eventualmente crescita e funzionamento delle cellule del
sistema biologico, e la loro integrazione con il materiale [3,4,5]. Il comportamento
delle cellule sui materiali artificiali è, inoltre, influenzato dalla morfologia delle
superfici (rugosità, domini a composizione chimica diversa, topografia), anche su
scala nanometrica [6,7]. Questa complessa problematica è alla base di tutti gli
6
approcci tecnologici volti a modificare le superfici dei materiali per guidarne le
interazioni con i sistemi biologici in vitro, ex vitro e in vivo. In molte applicazioni
biomediche (kit per diagnostica, coltura cellulare, bio-integrazione di protesi, etc.)
occorre stimolare adesione e crescita cellulare su materiali convenzionali che,
altrimenti, non la sosterrebbero in modo conveniente. Molti dei polimeri
comunemente applicati in campo biomedico, come le poliolefine, il polivinilcloruro,
il silicone, ecc., non sono idonei a supportare la crescita e l’adesione di cellule;
l’innesto di gruppi chimici polari sulla superficie di uno di questi polimeri, per
esempio, o la deposizione di film caratterizzati dalla presenza di gruppi polari,
permette di aumentarne il carattere idrofilo, quindi, la capacità, ad esso correlata,
di sostenere adesione e crescita di cellule. Di conseguenza, qualora si voglia
applicare tali polimeri nell’ambito della rigenerazione dei tessuti e nell’integrazione
dei materiali con gli stessi, è necessario modificare la superficie dei materiali con
processi mirati ad ottimizzare la loro interazione con i sistemi biologici,
migliorandone la biocompatibilità.
Nell’ambito della ingegnerizzazione di materiali biocompatibili è necessario
considerare che, per alcune applicazioni, occorre modificare solo le proprietà
superficiali dei materiali, lasciando inalterate quelle di bulk.
In questa ottica la modificazione della chimica superficiale dei materiali con metodi
chimici è considerata una delle strategie comunemente applicate per migliorare
l’interfaccia materiale/ambiente biologico.
Il PS, ad esempio, opportunamente modificato per trattamenti corona con gruppi
ossigenati o azotati, è comunemente utilizzato come supporto per l’adesione
cellulare e per questo motivo è denominato cell culture polystyrene, PScc [8].
Fino ad oggi, però, non si è capito fino in fondo quali funzionalità chimiche siano
realmente coinvolte nelle interazioni con i fluidi e tessuti biologici, responsabili del
miglioramento delle performance dei materiali; le risposte, infatti, variano al variare
del tipo di cellula investigata e dell’ambiente circostante il materiale stesso. In
generale, i risultati migliori sono stati ottenuti con gruppi solfato [9], carbossilici
[10,11], idrossilici [12] ed amminici [13]. La presenza di gruppi chimici polari sulla
superficie di un polimero idrofobo permette, comunque, di aumentare il carattere
idrofilo, quindi, la capacità, ad esso correlata, di sostenere l’adesione e la crescita
delle cellule [14, 15]. Nel funzionalizzare le superfici è anche possibile generare
film a densità di gruppi funzionali e a carattere idrofilo e acido/base controllati.
7
Le superfici funzionalizzate via plasma, o per altro metodo, possono essere
ulteriormente modificate per immobilizzazione covalente di biomolecole (peptidi
[16], carboidrati [17], molecole anti-trombogeniche [18], enzimi [19], molecole
antibatteriche [20], anticorpi,etc.), che offrono interazioni specifiche con le cellule e
i fluidi biologici.
E’, quindi, facile capire perché gli studiosi che si occupano di materiali biomedici
spesso focalizzino l’attenzione sulle modificazioni superficiali, in quanto da queste
dipendono la maggior parte delle risposte biologiche che si realizzano
all’interfaccia.
Le modificazioni superficiali possono essere applicate per la realizzazione di
materiali polimerici intelligenti (smart materials), capaci di rispondere con un
considerevole cambiamento delle proprie proprietà chimico-fisiche a stimoli
dell’ambiente circostante in cui sono posti: temperatura, pH, fattori chimici, luce,
etc. I materiali intelligenti, sensibili agli stimoli, possono essere impiegati per
risolvere problemi biologici come bio-separazione, rilascio controllato di farmaci,
progettazione di biosensori, ingegneria tissutale. Lo scopo di questi materiali è
mimare il più possibile la complessità dei sistemi biologici, in cui ogni risposta
nasce da uno stimolo [21]. Un esempio di smart material si ha nell’ambito del
rilascio controllato dei farmaci: sono stati studiati Hydrogel (gel colloidali in cui
l’acqua è il mezzo di dispersione) capaci di rispondere a variazioni di pH [22];
questi materiali contengono, in genere, alcuni gruppi ionizzabili come acidi
carbossilici o gruppi amminici. I polimeri ionici più comunemente studiati includono
poliacrilammide (PAAm), poliacidoacrilico (PAA), poliacidometacrilico (PMAA),
polidietilamminoetilmetacrilato (PDEAEMA) e polidimetilamminoetilmetacrilato
(PDMAEMA). Nei mezzi acquosi di appropriato pH e forza ionica, i gruppi
funzionali alla superficie del materiale possono ionizzarsi dando luogo a dei
processi estremamente utili in campo biomedico [22]. I polimeri sensibili al pH, a
causa della loro capacità di swelling (rigonfiamento) proporzionale alle variazioni di
pH, qualora “caricati” con un farmaco possono consentire un rilascio graduale
dello stesso in funzione del pH dell’ ambiente in cui si trovano. In questa maniera
si può fare in modo che il fermaco venga rilasciato, per esempio, o nello stomaco
(pH acido) o nell’intestino (pH basico) [23], a seconda delle caratteristiche acido-
base dell’hydrogel.
8
Per tutti i motivi sopra riportati, la funzionalizzazione chimica dei materiali in
superficie gioca un ruolo importante nelle interazioni all’interfaccia
materiale/ambiente biologico dato che può incrementare significativamente
l’adesione a superfici inorganiche, l’adsorbimento su fibre, la solubilità in liquidi
inorganici e il mescolamento con altri polimeri [24]. Nel caso in cui si abbia a che
fare con film acido/base, è importante determinare l’acidità o la basicità dei gruppi
funzionali presenti sulla superficie dei materiali per razionalizzare e controllare le
proprietà dei materiali, come bagnabilità, adesione ed energia libera superficiale, e
per definire le proprietà chimico-fisiche e il carattere dell’interfase [25].
Tra le tecnologie più evolute impiegate per modificare la superficie dei materiali, i
processi di modificazione superficiale via plasma (deposizione di film sottili, dry-
etching e trattamenti) hanno raggiunto oggi una grande diffusione in diversi settori
scientifici e tecnologici, incluso quello dei biomateriali. I processi plasmo-chimici
offrono numerosi vantaggi rispetto ad altre tecniche di modificazione superficiale ,
in quanto :
- non modificano il bulk del substrato, ma solo la superficie;
- permettono di ottenere film e superfici a composizione variabile programmata;
- sono facilmente controllabili, variando, ad esempio, il gas di alimentazione del
plasma o modificando opportunamente le condizioni sperimentali (potenza,
pressione, etc.);
- sono notevolmente riproducibili ;
- possono modificare substrati di varie forme in maniera sterile;
- sono a basso impatto ambientale, perché sono tecniche “a secco”, che non
usano solventi.
9
La Tabella 1.1, sotto riportata, elenca le principali applicazioni dei processi via
plasma in campo biomedico.
PE-CVD
- coating cell-adhesive
- coating cell-repulsive
- coating resistenti alla colonizzazione batterica
- coating fuzionalizzati per immobilizzazione di biomolecole o per
drug delivery
- coating idrofobi/idrofili
- coating protettivi
- micro-patterning di superfici
Plasma Treatments
- sperfici cell-adhesive
- superfici funzionalizzate per immobilizzazione di biomolecole
- superfici idrofobe/idrofile
- micro-patterning di superfici
Dry Etching
- sterilizzazione
- produzione di master in quarzo per soft-litography
- micro e nano-strutturizzazione di polimeri per dispositivi e
sensori
Tabella 1.1: processi plasmochimici per applicazioni biomediche.
Nel caso in cui le modificazioni superficiali prevedano la deposizione di film sottili,
è necessario garantire una buona adesione del film al substrato. In questo lavoro
di tesi è stata impiegata la tecnica PE-CVD al fine di ottenere film sottili di pochi
nanometri sulla superficie di PS, per modificare in maniera controllata la chimica e
le proprietà acido-base del substrato.
10
1.2 FUNZIONALIZZAZIONE DI SUPERFICI CON GRUPPI
OSSIGENATI ED AZOTATI
I processi plasmo-chimici garantiscono un attento controllo nella
funzionalizzazione delle superfici, non alterano le proprietà massive del materiale
e garantiscono un basso impatto ambientale essendo tecnologie “a secco” e
senza uso di solventi. Nei paragrafi seguenti sono descritti alcuni dei processi
generalmente utilizzati per l’innesto via plasma di gruppi funzionali alle superfici,
focalizzando maggiore attenzione alla trattazione di superfici contenenti gruppi
ossigenati ed azotati. In particolare, saranno descritti i processi di deposizione da
vapori di acido acrilico e/o allilammina per generare superfici a densità di gruppi
funzionali, carattere idrofilo e acido/base controllati.
1.2.1 PE-CVD DI GRUPPI OSSIGENATI: DEPOSIZIONE DI FILM DA VAPORI DI
AA
La deposizione via plasma di film contenenti gruppi ossigenati contribuisce a
rendere le superfici dei materiali adatte alla coltura cellulare, sebbene la relazione
tra la distribuzione e la densità delle funzioni ossigenate e l’affinità superficiale per
le cellule non è ancora molto chiara. Sperimentalmente si è visto che è possibile
funzionalizzare le superfici con gruppi ossigenati attraverso processi PE-CVD, tra
l’altro, da vapori di alcol allilico [26], acetone, metanolo, acido formico[5],
idrossimetacrilato(HEMA) [27] e di acido acrilico [28]. In questo lavoro di tesi si è
impiegato quest’ultimo monomero perché si è visto che la deposizione di film
pdAA (plasma deposited acrylic acid) consente di ottenere, in particolari condizioni
sperimentali, film stabili in ambiente acquoso, a densità controllata di gruppi
carbossilici, buoni per controllare direttamente la crescita cellulare, e anche come
substrato per l’immobilizzazione di biomolecole [29]. Recenti lavori sperimentali
mostrano che le funzionalità carbossiliche rivestono un ruolo fondamentale nel
promuovere l’adesione aspecifica di linee cellulari [30]. E’ stato, infatti, dimostrato
che i gruppi carichi negativamente, come -COO
-
, sono particolarmente indicati per
questa funzione [31]. Tra le linee cellulari testate in questo laboratorio vi sono i
11
fibroblasti [32] e cheratinociti [7], che mostrano una morfologia distesa su superfici
ricche di gruppi carbossilici. Inoltre, recenti ricerche hanno dimostrato che
potrebbe esistere una densità superficiale ottimale di gruppi carbossilici, al di
sopra e al di sotto del quale la proliferazione cellulare diminuisce.
Oltre a stimolare l’adesione cellulare in maniera aspecifica, si possono impiegare
superfici con funzionalità carbossiliche per l’immobilizzazione covalente di
molecole, tra cui peptidi, oligonucleotidi come l’RGD (costituita dalla sequenza
degli amminoacidi Arg-Gly-Asp), zuccheri, enzimi, etc. [16].
Recenti studi hanno mostrato che minore è il contenuto di gruppi carbossilici nel
coating maggiore è la stabilità del film in acqua, poiché esso risulta più reticolato,
più stabile e non soggetto a rilascio di frammenti polari [33]. Quest’ultimo aspetto è
particolarmente importante per realizzare superfici impiegate in colture cellulari
visto che in tali esperimenti il materiale è a contatto con fluidi biologici acquosi. Per
garantire una maggiore ritenzione della struttura del monomero, quindi, una
maggiore percentuale di funzionalità carbossiliche del film, quando questo serve, è
necessario lavorare in condizioni di bassa frammentazione delle molecole del
precursore nella fase plasma (es. AA) come: bassa potenza, basso flusso del
monomero, plasma modulato. Per ottenere film più stabili, anche se con una
densità minore di gruppi carbossilici, occorre lavorare in condizioni di maggiore
frammentazione.
Sperimentalmente è stato dimostrato che un aumento della potenza comporta
una maggiore frammentazione del monomero dato che c’è un maggiore campo
elettrico e, quindi, una maggior probabilità in fase plasma di urti di tipo anelastico;
come verificato con analisi di superficie (XPS) e della fase plasma (Mass
Spectroscopy/Optical Emission Spectroscopy) la densità dei gruppi –COOH
nei film diminuisce all’aumentare dei frammenti del monomero, come CO e CH, in
fase plasma, la cui presenza può essere considerata come indicatore della
frammentazione [2]. Lavori precedenti effettuati in questo laboratorio hanno però
dimostrato mediante AOES (Actinometric Optical Emission Spectroscopy) della
fase plasma che la specie CO presenta un massimo di concentrazione relativa a
bassa potenza, tendendo poi, a più alte potenze, ad una lenta diminuzione fino al
raggiungimento di un platau. La specie H, che deriva dalla frammentazione del
monomero, ma anche dei suoi frammenti, come le specie OH e CH, aumenta
nettamente fino ad alte potenze, restando quasi costante a potenze superiori.
12
Questi risultati, quindi, fanno supporre che a bassa potenza la specie CO può
considerarsi come indicatore della frammentazione del monomero AA [2]. La
specie H, che proviene anche da altri frammenti, non può essere considerata
un’indicatore sicuro della frammentazione.
Anche analisi FT-IR di film pdAA (plasma deposited Acrylic Acid) ottenuti a diverse
potenze hanno confermato la tesi della maggiore reticolazione del film ad elevate
potenze: all’aumentare della potenza applicata il segnale di stretching del gruppo
–C=O, indice della presenza dei gruppi –COOH, tende a diminuire d’intensità
rispetto ai segnali di stretching e bending dei gruppi –C-H [2]. Inoltre, come misura
della ritenzione della struttura del monomero è stato definito il rapporto dell’area
relativa al segnale del gruppo –C=O rispetto a quella relativa del segnale di
stretching dei gruppi alifatici –C-H ( tra 2980-2870 cm
-1
). Questo rapporto è
elevato a basse potenze, indicando, quindi, un’ elevata quantità di gruppi –COOH
in questa condizione. All’ aumentare della potenza applicata, invece, il rapporto
diminuisce fino a diventare costante, ad indicare che alla condizione di elevata
frammentazione del monomero in fase plasma corrisponde una diminuzione dei
gruppi carbossilici sulla superficie del coating, e una maggiore reticolazione del
film [29, 34].
Sulla superficie, misure di angolo di contatto hanno mostrato che il carattere
idrofilo dei film decresce all’aumentare della potenza, a conseguenza, tra l’altro,
della perdita di gruppi -COOH nella struttura. I differenti approcci di Owens e
Wendt, Fowkes e Mostafa e van Oss et al. sono stati considerati nel determinare
la tensione superficiale totale valutando i diversi contributi polare, dispersivo,
legame idrogeno e interazioni acido-base: si è dedotto che il legame idrogeno e il
carattere acido-base diminuiscono all’aumentare della potenza, mentre il
contributo dispersivo dell’energia libera superficiale rimane pressoché costante. Si
dimostra, così, che sono le interazioni polari tra la superficie e la soluzione,
dovute, in funzione della potenza impiegata, alla presenza o assenza di
determinate funzionalità, che influenzano il lavoro di adesione totale all’interfaccia
superficie/soluzione [29, 35 ].
Sono stati inoltre effettuati esperimenti per correlare l’acidità superficiale del film
con la densità di gruppi acidi introdotti; a riguardo vi sono gli studi di T. B. Lloyd e
J. A. Coleman che hanno testato l’acidità superficiale del substrato, rappresentato
dal copolimero ottenuto via plasma da etilene (EAC) a percentuali variabili di AA,
13
fino al 20%. Essi hanno effettuato una titolazione mediante angolo di contatto:
all’aumentare della percentuale di AA introdotta nella scarica il salto al punto di
flesso della curva di titolazione diminuisce in altezza, indicando una diminuzione
del grado di ionizzabilità dei gruppi carbossilici presenti sul film; il tutto è dovuto,
probabilmente, ad un aumento di legami idrogeno intramolecolari sulla superficie
per l’aumento della concentrazione delle funzionalità carbossiliche [36].
1.2.2 PE-CVD DI GRUPPI AZOTATI : DEPOSIZIONE DI FILM DA VAPORI DI
AAm
La funzionalizzazione via plasma con gruppi amminici di diverse superfici
polimeriche, oltre che mediante grafting di gruppi funzionali, può essere realizzata
mediante la deposizione via plasma di monomeri organici contenti tali gruppi.
L’uso di monomeri insaturi come l’allilammina è vantaggioso a confronto con quelli
saturi, come la propargilammina, poiché è necessaria una minore quantità di
energia per attivare le molecole, quindi la deposizione, e, come conseguenza, si
può avere ritenzione di funzionalità amminiche in alta densità [37]. Gancarz et al.
[38] hanno paragonato la deposizione di film da vapori di allilammina con quelli
della n-butilammina; i risultati XPS hanno mostrato come il rapporto N/C sia
nettamente superiore con l’allilammina (0.27), contro 0.07, a parità di condizioni
sperimentali. Inoltre, usando l’allilammina, dalla deconvoluzione del picco C1s, la
percentuale della componente amminica (-CH
2
-NH
2
) risulta fino a tre volte
superiore rispetto all’ n-butilammina.
Analisi FT-IR di coating di AAm ottenuti a diverse potenze hanno mostrato,
all’aumentare della potenza, l’aumento dello stretching del -C≡N, indice di elevata
frammentazione del monomero in fase plasma e di una conseguente elevata
reticolazione del film. E’ stata, quindi, ipotizzata a potenze elevate la conversione
delle ammine primarie (-NH
2
) presenti nel monomero ad immine (-CH=NH) e
nitrili (C≡N); inoltre, l’aumento della potenza nel plasma sembra far aumentare nel
coating la densità del gruppo nitrile (C≡N) in relazione a quello imminico (-
CH=NH) [39,40, 41].
14