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palinsesti, dei fruitori) mentre sono quasi assenti libri su
contenuti, programmazione e palinsesti del mezzo radio, a
vantaggio di testi più recenti interessati o alla sinergia radio-
internet o alla nascita ed evoluzione delle radio private in radio
commerciali. Sviste che la radio non merita, considerando
soprattutto l’ apporto che ha dato allo sviluppo di formule e
generi, poi ripresi da altri media.
Obbiettivo di questa ricerca è proprio offrire una panoramica,
sintetica e parziale, di quei generi, formule, programmi,
personaggi che hanno debuttato alla radio e che oltre a costituirne
la storia, hanno soprattutto offerto stimoli ed input per ulteriori
sviluppi in altri contesti. In effetti la radio è proprio questo: una
grande palestra, un laboratorio in cui attraverso prove, tentativi e
molti insuccessi, sono nati o sono stati anticipati, spesso per puro
caso, tecniche e generi che oggi vivono piena affermazione come
la forma pubblicitaria del Product Placement che vediamo nel
secondo capitolo in relazione alla rivista-fiction I Quattro
Moschettieri, o come il genere del talk show presentato nel sesto
capitolo in relazione a Buon pomeriggio con Maurizio Costanzo e
Dina luce, e al longevo Chiamate Roma 3131.
Una ricerca in cui l’ uso della prospettiva storica è quindi soltanto
un punto fermo, un criterio usato come orientamento nel mare
magnum dei palinsesti e dell’ offerta radiofonica e che si è
rivelato utile nel comprendere appieno le stesse
9
formule/programmi che, come qualsiasi prodotto audiovisivo,
traggono ispirazione e sono influenzate dallo stesso contesto
storico-politico-sociale cui appartengono.
Una ricerca entusiasmante ma che rischiava di sfociare in
un’opera enciclopedica e mastodontica, che non sarei stata in
grado di sostenere data la mia inesperienza di saggista. Da qui la
scelta di seguire alcuni punti fermi, tra cui il fare riferimento alla
sola radio pubblica, nei suoi diversi periodi URI, EIAR e RAI
(dunque tralasciando il contributo di singole stazioni, radio locali
e di quelle radio commerciali che negli ultimi anni si sono
orientate verso un palinsesto di programmi), e la preferenza nei
confronti di formule e programmi riconducibili al genere dell’
intrattenimento, senza tuttavia escludere un’ attenzione anche nei
confronti della diretta, nel momento in cui questa permette di alla
radio di ribadire un proprio primato nella copertura mediale, come
nel caso della terremoto dell’ Irpinia nel settimo capitolo.
Un quadro ampio e complesso che sicuramente non è privo di
mancanze, rese tuttavia necessarie dalla volontà di sintesi
organizzativa con cui ci si è avvicinati a tale ricerca. D’ altronde
riassumere e organizzare significa fare dei salti, lasciare vuoti
inevitabili ma caratterizzati dal desiderio di approfondire magari
in altra sede discorsi appena accennati, spunti per future linee di
ricerca, come potrebbe essere un’ analisi sulla vitalità di Radio
Firenze negli anni bellici e post bellici, stazione caratterizzata da
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contenuti di alto livello poi travasati su Radio RAI come Botta e
risposta di Silvio Gigli o il documentario radiofonico dei giorni
della Liberazione di Amerigo Gomez e Victor De Santis. O come
potrebbe essere una ricerca che si ponga come obbiettivo l’ analisi
del rapporto radio-cinema: il cinema ha infatti spesso usato la
radio come serbatoio, dedicando film a quei programmi entrati
nell’ immaginario collettivo e impostosi come fenomeno di
costume, sarebbe dunque interessante soffermarsi sulla resa
filmica del programma, la metamorfosi di un prodotto audio in
prodotto video. Il bello di questa ricerca sta forse anche in questo,
nel fatto di aver trattato un argomento da cui sono pervenuti
stimoli per futuri approfondimenti.
Una ricerca che ho realizzato attraverso materiale reperibile
presso le due biblioteche della RAI di Roma, la Biblioteca
Comunicazioni di Massa di via Teulada e la Biblioteca Centrale
di viale Mazzini, particolarmente importante quest’ ultima per l’
accesso ai numeri del Radio Orario e del Radio Corriere, nonché
per l’ utilizzo del Catalogo Multimediale Teche RAI dal quale ho
tratto trascrivendoli piccoli ma significativi spezzoni dei
programmi. Non meno importanti sono le interviste degli “addetti
ai lavori”: nonostante per questioni pratiche siano infatti collocate
in appendice, sono a mio avviso lungimiranti, esplicative più di
qualsiasi libro nel descrivere programmi, storie, atmosfere, generi,
nonché l’ evoluzione e il quadro attuale di Radio RAI.
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Per questo mi sembra dunque opportuno partire proprio da loro
nei miei ringraziamenti. Un grazie a Daniele Ottavi, a Stefano
Pogelli e a Paolo Restuccia per la loro preziosa disponibilità per il
tempo e per i chiarimenti forniti, ogni loro intervento è stato per
me stimolante e chiarificatore. Un grazie alla Dottoressa
Giovanna Lipari guida preziosa e piacevole nella ricerca delle
fonti bibliografiche. Un grazie sincero al Professor Michele
Sorice, scrupoloso e attento nel lasciare piena libertà nella scelta
degli argomenti da sviluppare, senza il quale questo lavoro non
avrebbe mai preso forma, in quanto in parte stimolato dalle sue
stesse lezioni. Un grazie a tutte le persone che a vario titolo,
attraverso discorsi leggeri, piccoli confronti, semplici battute e in
modo spesso casuale, hanno saputo fornirmi stimoli, idee, piccoli
ma significativi contributi che sarebbe troppo lungo mettere per
iscritto. Un grazie infine a Fabio, persona speciale, unica, che mi
ha tenuto la mano in questi anni e senza il quale nulla appare bello
e vivo.
12
Capitolo I
Dall’ URI all’ EIAR. I primi anni della
Scatola Parlante e la programmazione per i
più piccoli
13
Nella terra patria di Guglielmo Marconi, la radio ha avuto un
curioso precursore grazie all’ iniziativa di alcuni pionieri, che
tempo prima dell’ ascesa del Fascismo, intuirono le potenzialità
artistiche, spettacolari e soprattutto informative di un nuovo
mezzo: l’ Araldo Telefonico di Luigi Ranieri, che rappresenta la
prima forma di broadcasting in Italia.
Non si tratta di una vera e propria radio: con l’ Araldo le
trasmissioni corrono su una rete aerea di fili per trecento
chilometri e arrivano via telefono nelle case degli abbonati.
Quando la trasmissione sta per incominciare, nelle case suona un
cicalino, l’interessato si mette in cuffia e ascolta da un minuscolo
studio nel centro di Roma, un notiziario letto da un anonimo
araldo, Maria Luisa Boncompagni o lo stesso Luigi Ranieri, e
confezionato sulle notizie dell’ Agenzia Stefani. Siamo negli anni
precedenti la prima guerra mondiale e forse proprio l’ esigenza di
saperne di più, fa sì che l’ iniziativa di Ranieri riscuota successo:
cinquecento abbonati che pagano cinque lire a trimestre per
ascoltare un notiziario e nel giro di poco, anche un po’ di musica
e il primo bollettino meteorologico, con tanto di
sponsorizzazione, della ditta Salmoiraghi. Grazie a una
convenzione con la compagnia teatrale diretta da Vittorio
Podrecca, l’ Araldo comincia a trasmettere anche spettacoli di
“teatro telefonico”, brevi scene comiche e drammatiche, che
portano gli abbonati a quota milletrecentoquindici. Il suo exploit
14
prosegue anche dopo il conflitto: basti pensare alla cronaca,
minuto per minuto, della marcia interventista su Roma guidata da
Gabriele D’ Annunzio e alla nascita di una serie di nuovi araldi, la
Fonogiornale a Milano e il Radioaraldo a Bologna.
Tuttavia ben presto le cose in Italia cambiano. Con la scalata al
potere del Fascismo, le iniziative private devono infatti lasciare il
posto a interessi più grandi: nel febbraio del 1923 un regio
decreto stabilisce che solo lo Stato può gestire, direttamente o
tramite concessionari, la messa in opera e l’ esercizio di stazioni
radiotelegrafiche e radiotelefoniche. Di fatto si chiude la breve
stagione dei pionieri.
Il motivo di questa piccola introduzione sta nel dimostrare come
in questo mezzo, già si trovano tratti che diventeranno poi pilastri
della Radio Fascista, come se si potesse ipotizzare una sorta di
continuum. Tralasciando la curiosa presenza di Maria Luisa
Boncompagni, da “aralda” ad annunciatrice ufficiale dei
programmi dell’ Unione Radiofonica Italiana (URI), abbiamo con
l’ Araldo una programmazione, in cui informazione e cronaca
hanno sì l’ esclusiva, ma senza snobbare musica e
intrattenimento, dando vita a un primo e rudimentale palinsesto.
Ebbene se si guarda alla prima stagione della radiofonia italiana,
troviamo la stessa esigenza di fornire una programmazione il più
possibile varia, così da accontentare un po’ tutte le orecchie.
Come afferma Barbara Scaramucci:
15
“In quella programmazione di sole 4 ore al giorno, insomma, c’era già, in qualche
modo, l’architrave del “ palinsesto ” che si replicherà per anni non soltanto alla radio
ma anche alla televisione”
1
.
L’ Araldo anticipa usi e costumi della radio anche attraverso il
fenomeno della sponsorizzazione dei programmi. Senza entrare in
un discorso che affronteremo nel II capitolo, poiché è un
fenomeno che caratterizza la radio più nel suo periodo di
maturazione piuttosto che agli albori, anticipiamo che la maggiore
forma di finanziamento dello spettacolo radiofonico, non sarà
dato dagli abbonamenti, ma dalla pubblicità, nella sua doppia
formula di sponsorizzazione di trasmissioni di maggior successo e
soprattutto rèclames: brevi annunci commerciali inseriti nelle ore
o nei programmi di maggiore ascolto, la cui invadenza però porrà
non pochi problemi, in un’ alternanza di forti proteste da parte
degli ascoltatori e appassionate difese dei dirigenti radiofonici, nel
campo neutro del Radio Corriere.
Come anticipato nell’ introduzione, nelle pagine che seguono si
cercherà di fornire per ogni contesto un parziale e sintetico
panorama della programmazione radiofonica, e un caso specifico
di genere o programma. A tale scopo è inevitabile far riferimento
a specifici mutamenti storici e culturali, poiché solo così si può
comprendere a pieno i passaggi fondamentali dell’ oggetto radio e
la sua evoluzione.
1
L. Parola, E poi venne la radio Radio Orario 1925-1929, Rai Eri, Roma,1999, cit. p. 98.
16
1.1. Uno sguardo storico
Da una soluzione di compromesso fra il gruppo Marconi e la
Western Electric, nasce a Roma nell’ agosto 1924 l’ URI, prima
società di broadcasting italiana. La presenza del potente gruppo
americano non sorprende, i primi anni del fascismo sono infatti
contrassegnati da un notevole interesse per gli Stati Uniti: il
modernismo americano rappresenta per il produttivismo fascista
un modello da imitare
2
.
Il 6 ottobre dalla Stazione di Roma hanno ufficialmente inizio le
trasmissioni radiofoniche: due ore giornaliere, la sera dalle 20:30
alle 22:30. Un po’ poco se si pensa che il canone di abbonamento
costa settantacinque lire, e infatti non solo le stime di fine anno
dimostrano che gli utenti paganti non superano le quindicimila
unità, ma tutto il periodo di attività dell’ URI sarà caratterizzato
da un uditorio ristretto, e da una programmazione di tipo borghese
nazionale che la riflette.
Il 27 novembre, attraverso una convenzione tra l’ URI e il
Ministero delle Comunicazioni capeggiato da Costanzo Ciano,
viene definitamene istituita la figura giuridica della società
concessionaria. Lo stato concede a questa l’ esclusiva del servizio
di radioaudizioni circolari su tutto il territorio nazionale per la
durata di sei anni. In cambio la neonata società si impegna a
fornire un certo numero di trasmissioni al giorno e ad ampliare la
2
F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia Un secolo di suoni e immagini,
Marsilio, Venezia, 1995, p. 19.
17
propria rete di stazioni trasmittenti. Un compito arduo assolto
brillantemente, come dimostrano i dati sintetizzati nello schema
fino al gennaio 1928
3
, quando passa le redini all’ Ente Italiano
Audizioni Radiofoniche (EIAR)
Tab. 1 – Ore di trasmissione 1924-1928 (Stazioni e reti
nazionali radiofoniche)
Anno Stazioni e Reti Nazionali Totale ore
1924 Roma 348
1925 Roma/Milano 1639
1926 Roma/Milano/Napoli 3374
1927 Roma/Milano/Napoli 5110
1928 Roma/Milano/Napoli/Bolzano/Genova 6196
In realtà più che di un vero e proprio passaggio di consegne è più
opportuno parlare di una ristrutturazione della stessa società
concessionaria, apparentemente giustificata dalla crescita degli
abbonati e dello sviluppo tecnico e organizzativo delle
trasmissioni, ma in realtà in funzione di una nuova massiccia
politica radiofonica del regime.
Va detto che fin dall’ inizio il contesto radiofonico italiano e
soprattutto la stessa fisionomia dell’ URI, appaiono alquanto
singolari, se paragonato al panorama europeo: senza entrare nel
gap del numero degli abbonati, poche decine di migliaia rispetto
3
RAI Coordinamento palinsesti TV Analisi Studi e Ricerche, I giorni della radio Cronistoria dalle
origini 1924-1996, Rai, Roma, 1997, p. 377.
18
alle vere e proprie masse radiofoniche europee, l’ identità della
società concessionaria è ibrida, confusa, così lontana dalle
industrie radiofoniche d’ oltralpe:
“Così sembra di poter collocare nella seconda metà del 1927 il raggiungimento da
parte dell’ Uri di un tale punto di schieramento culturale e politico, che da un lato la
distingueva dalle altre emittenti straniere per il suo evidente condizionamento
fascista, e dall’ altro la faceva apparire inadeguata ai compiti di regime che sempre
più le venivano richiesti”
4
.
Oltre a ciò nel biennio 1925-1926 si assiste a quel passaggio da
un’ Italia governata dal Fascismo a un’ Italia che si identifica a
pieno nel suo regime, attraverso provvedimenti quali la fine della
libertà di stampa, le leggi di regime e lo scioglimento dei partiti.
In particolare la fascistizzazione della stampa, prediletta dal
regime, risulta molto dura tanto da imporre per ogni intervento
nel settore giornalistico, una forma di intesa più o meno esplicita
con il governo. A differenza del mondo giornalistico, per la radio
il passaggio alla nuova gestione non rappresenta un trauma non
solo perché la classe dirigenziale è la stessa che ha gestito la
società URI, ma soprattutto perché fin dalla sua nascita il
Fascismo aveva avuto nei confronti del nuovo mezzo una
atteggiamento ambiguo, che alternava la sottovalutazione della
sua capacità di egemonizzazione culturale del paese, al rigoroso
controllo della sua struttura e programmazione.
4
A. Monticone, Il Fascismo al microfono radio e politica in Italia (1924 -1945), Studium, Roma,
1978, cit. pp. 20-21.
19
Gli anni di vita dell’ URI che ora vedremo nel dettaglio vanno
dunque considerati, certamente come periodo sperimentale
caratterizzato dalla ricerca di una struttura portante e da iniziative
brillanti e sinergie con la stampa, ma soprattutto come periodo di
fondazione in cui sono già visibili tratti che diventeranno
dominanti nell’ EIAR.
1.2. Cercasi pubblico disperatamente
“Abbiamo a disposizione il mezzo più potente di cultura, moralizzazione, diletto che
esista. Occorre utilizzarlo nel modo migliore, occorre creare una coscienza
radiofonica in Italia, occorre che tutti sappiano valutare l’ importanza della cosa,
occorre fare una grande propaganda”
5
.
E ancora:
“Insomma bisogna che ovunque e in ogni occasione si parli della Radiofonia:
bisogna che essa non sia ignorata da nessuno, mentre attualmente in Italia vi sono
milioni e milioni di persone che non conoscono l’ esistenza o non sanno che cosa
sia”
6
.
Come dire…abbiamo la radio, restano da fare gli ascoltatori.
Ogni volta che un qualunque mezzo di comunicazione di massa si
vuole imporre in un dato contesto deve prima superare una prova
impegnativa: deve afferrare quell’ oggetto tanto misterioso che è
il pubblico, con le sue abitudini, i suoi mutamenti, i suoi
gradimenti e i suoi malumori. Oggetto indecifrabile, ma allo
stesso tempo, punto di riferimento determinante.
5
Eiar, Annuario 1929, Torino, 1930, cit. p. 35.
6
Ivi, p. 37.
20
La radio italiana degli inizi, si comporta nel modo tipico di tutti i
media nuovi in cerca di credibilità: vuole dimostrare la sua
capacità e versatilità nel riprodurre voci e suoni, e quindi prima di
cercare una forma culturale propria, cerca di stupire, dedicandosi
ad amplificare a distanza eventi politico-sociali pubblici o
semipubblici. Come sottolineato da Franco Monteleone:
“ […] la radio, per ora, è solo una sorprendente scatola sonora, una boìte à musique
che interessa più per le sua caratteristiche tecnologiche che per i contenuti dei suoi
programmi, peraltro assai semplici ed eterogenei: musica classica, bollettini, qualche
rara conversazione”
7
.
I contenuti che la radio dei primi passi propone, si riassumono in
poche formule: arti uditive (musica e canto), arti audiovisive
adattate al solo suono (teatro), trascrizione orale della scrittura
(letture di testi saggistici), informazione in tempo quasi reale
(radiocronache di eventi politici, giornale radio) e soprattutto
commenti politici e comunicazioni istituzionali
8
.
Altri formati, programmi veri e propri pensati specificatamente
per la radio, appariranno solo più tardi, in seguito al superamento
del clima di curiosità dilettantistica da parte del pubblico, ma
soprattutto quando la dirigenza radiofonica comincia a leggere le
sue preferenze, cercando di conoscerlo, conquistarlo e quindi
guidarlo.
7
F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia Un secolo di suoni e immagini, cit. p.
29.
8
P. Ortoleva, B. Scaramucci (a cura di ), Radio, Garzanti, Milano, 2003, p. 645.