2
sé il crescere del numero di situazioni in cui potenzialmente
possono essere lesi, anche involontariamente, i diritti e gli interessi
degli stessi.
Anche per questi motivi, è stata sempre avvertita, in tutte le
civiltà, l’esigenza di comporre gli interessi pubblici e privati in
gioco, prestando tutela a quelli che, col mutare dei tempi e dei
luoghi, sono stati via via considerati preminenti.
In questa sede si tratterà la tematica del danno, derivante dalla
responsabilità del fatto umano, come fenomeno in grado di ledere i
diritti e gli interessi di cui sopra, cercando di enucleare i principi
ispiratrici dell’ordinamento italiano che ne hanno delineato la
disciplina nonchè i mezzi di tutela posti a favore dei soggetti lesi.
L’analisi avrà un occhio di riguardo alle più recenti fonti
normative e giurisprudenziali, che ne hanno influenzato
l’orientamento ed hanno dato vita a nuove tendenze; essa verterà
dapprima sul concetto generale di danno, classificandone le
tipologie, le fonti ed i beni che ne sono oggetto, per poi spostare
l’attenzione sul tema del danno biologico, figura originariamente
non prevista nel codice civile del ’42, entrata prepotentemente a far
parte, alle soglie degli anni ’90, del sistema risarcitorio italiano,
grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale coronante un
lungo travaglio giurisprudenziale.
3
Successivamente si analizzeranno gli effetti dell’ingresso del
danno biologico nel sistema, fra cui la nascita di una miriade di
danni non patrimoniali risarcibili, teorizzati in seno ad esso, fra i
quali il danno estetico, il danno alla vita di relazione, il danno
psichico, il danno da perdita di chanches lavorative e tanti altri
ancora.
Infine, l’attenzione verrà spostata sulla recentissima nascita di
una nuova figura di danno, il danno esistenziale, in grado di
rivoluzionare del tutto la ratio del sistema risarcitorio, attribuendo
ai singoli un livello di tutela degli interessi ingiustamente
sacrificati senza precedenti.
4
CAPITOLO PRIMO
I PRINCIPI NORMATIVI
DEL DANNO BIOLOGICO
SOMMARIO: 1.Il concetto di danno: considerazioni generali – 2.La ratio
della disciplina – 3.Il danno biologico nel quadro dei principi normativi -
4.La natura del danno biologico - 5.Gli elementi strutturali del danno
biologico
1. Il concetto di danno: considerazioni generali
Per la determinazione del concetto di danno ci si deve riferire
ad esigenze e problemi esistenti nell’ambito di ogni ordinamento
giuridico, e che in ogni ordinamento trovano una valutazione idonea
a costituire una relativa disciplina normativa.
Il problema giuridico del danno è quello di individuare i beni, i
diritti, gli interessi che ne possono essere oggetto, i soggetti che lo
hanno cagionato e che sono chiamati a risponderne, nonché le fonti
del diritto che hanno inteso tutelare da qualunque illecito le vittime
del pregiudizio; la finalità è quella di enucleare una disciplina che
5
garantisca il rispetto della convivenza sociale, mediante la
prevenzione/repressione degli stessi illeciti ed il ripristino delle
situazioni alterate da fatti nocivi.
Danno significa nocumento o pregiudizio, alterazione di una
situazione favorevole; le forze naturali o l’opera dell’uomo, così
come possono creare od incrementare un bene od una utilità, allo
stesso modo possono distruggerli o menomarli.
Il concetto di danno ricomprende due accezioni: da un lato,
esso designa la perdita che un soggetto subisce, dall’altro viene
inteso come “oggetto dell’obbligazione risarcitoria”
1
.
Esso, oltre ad avere una rilevanza ed un’accezione puramente
fisica, ha pure una valenza come fenomeno giuridico.
Due elementi concorrono a definire, da questo punto di vista,
la sua struttura:
1) l’elemento materiale consistente nel mero fatto fisico;
2) l’elemento formale che lo rende suscettibile di produrre effetti
giuridici.
L’effetto giuridico prodotto dall’evento lesivo consiste in una
reazione che il sistema appresta al fine della sua
repressione/riparazione; la distinzione del danno come semplice
fenomeno fisico dal danno come fenomeno giuridico si basa sul
1
MONATERI–BELLERO, Il quantum del danno alla persona, in Resp. Civ. prev., 1989,
Milano, 3.
6
criterio dell’antigiuridicità
2
. L’antigiuridicità è una qualità
essenziale affinché un fatto umano sia sanzionato, scoraggiato,
represso: essa attiene alla violazione di interessi e di situazioni che
in una data comunità sono stati ritenuti meritevoli di protezione
giuridica, ed è naturalmente ricollegabile al concetto di
responsabilità.
La responsabilità può essere definita come la soggezione
necessaria e inderogabile delle persone alle conseguenze del proprio
comportamento contrario al dovere giuridico, sia esso
espressamente previsto da una precisa norma di legge, ovvero
imposto dai principi generali della comune diligenza e prudenza, a
cui sempre devono improntarsi le azioni umane
3
.
Numerose sono le occasioni in cui l’uomo può provocare un
pregiudizio agli interessi ed ai beni pubblici e privati protetti,
provocando una reazione da parte dell’ordinamento.
Fra queste viene anzitutto in considerazione l’inadempimento
di un’obbligazione: il danno che ne deriva assume la qualifica di
contrattuale.
Il danno contrattuale è un danno antigiuridico, che colpisce
l’interesse, giuridicamente prevalente, del creditore: il fatto da cui è
2
DE CUPIS, Danno (dir.vig.), in Enciclopedia del diritto, XI, 1988, GIUFFRE’, Varese, 629
ss.
3
GIANNINI–POGLIANI, La responsabilità da illecito civile –assicuratore, magistrato,
produttore, professionista-, 1996, GIUFFRE’, Milano, 4.
7
prodotto (inadempimento) viola la norma da cui il vincolo
obbligatorio attinge la propria forza giuridica, nonché il diritto
soggettivo relativo (diritto di credito) che ne discende
4
.
Se invece il danno deriva da un fatto umano diverso
dall’inadempimento di un’obbligazione, assume la qualifica di
extracontrattuale.
La responsabilità extracontrattuale, non sorge da un precedente
rapporto fra soggetti, bensì da una condotta, commissiva od
omissiva, di un soggetto, e produttiva di danno nei confronti
dell’altro; responsabilità detta anche aquilana, in ossequio all’antica
legge romana, la Lex Aquilia, tradizionalmente datata intorno
all’anno 286 a.C., che per la prima volta introdusse l’obbligo del
risarcimento dei danni causati a terzi, indipendentemente
dall’esistenza di un rapporto contrattuale fra danneggiante e
danneggiato
5
.
Il danno extracontrattuale, diversamente da quello contrattuale,
è una lesione antigiuridica che presuppone una violazione di un
dovere incombente sulla generalità dei soggetti, e non solo su uno
4
La denominazione “contrattuale”, per quanto consacrata ormai da lungo uso, non cessa per
questo di essere imprecisa: il contratto, invero non è che una delle fonti di obbligazione, e non
è corretto assegnare l’attributo “contrattuale” al pregiudizio che può derivare
dall’inadempimento di qualsiasi obbligazione, nascente da contratto o altra fonte.
5
GIANNINI–POGLIANI, La responsabilità da illecito civile– assicuratore, magistrato,
produttore, professionista-, cit., 6.
8
specifico obbligato
6
. Il fatto che lo produce è, per lo più, lesivo
anch’esso di una norma, se da tale norma discende un diritto
soggettivo od un interesse tutelato in via assoluta.
Un fatto è antigiuridico quando è contrario alle norme poste a
difesa di un interesse e l’antigiuridicità non è altro che una qualità,
un modo di essere, del pregiudizio e dell’atto che lo cagiona; di essa
non può che parlarsene nell’ambito dei fatti umani, e di
conseguenza un danno è qualificabile come antigiuridico solo in
quanto prodotto da un fatto umano antigiuridico, anche se posto in
essere nell’ambito di un’attività lecita
7
.
Un fatto pregiudizievole può incidere negativamente sul valore
di un bene menomandone il valore, colpendo quindi l’interesse del
soggetto cui il bene spetta.
Tale interesse si può distinguere a seconda che riguardi beni
patrimoniali o non patrimoniali, per cui si suole distinguere, come
prima approssimazione teorica, due categorie di danno,
patrimoniale e non patrimoniale.
Il primo è quello che mortifica o svilisce il valore di un bene
suscettibile di immediata valutazione economica, in grado di fornire
utilità economica al titolare: s’intende come tale quella che si
6
Sul tema della responsabilità contrattuale in rapporto con quella aquilana, vedi anche ALPA-
BESSONE, La responsabilità civile, I, II, 2001, GIUFFRE’, Milano.
7
V. infra, cap.I, par.5.
9
concretizza attraverso il semplice possesso l’utilizzo, lo scambio o
la percezione dei frutti del bene.
Il secondo, contrapposto al primo, è quello che si riferisce a
tutti gli altri beni non patrimoniali, finendo per essere quasi una
categoria residuale, ma sufficiente a coprire l’intero ambito del
danno privato: tali beni possono definirsi come quelli non
suscettibili d’immediato apprezzamento economico come la salute,
l’onore, la sfera emotiva, l’immagine, la psiche, la serenità ecc., e
non di rado il pregiudizio a tali beni riserva conseguenze (anche
gravi) sulla sfera patrimoniale del soggetto colpito.
Conviene ad ogni modo tenere separati gli aspetti afferenti
all’evento danno in sé e per sé considerato, dagli aspetti
consequenziali, al fine di inquadrarne la natura (patrimoniale o non
patrimoniale).
In dottrina e in giurisprudenza l’aspetto statico del danno è
stato indicato spesso con la locuzione di danno-evento,
contrapposto a quello che può definirsi danno-conseguenza, che
attiene all’aspetto dinamico o consequenziale
8
.
Ciò che rileva, ai fini della determinazione della natura di un
danno, è l’aspetto statico, per cui quando a subire una lesione sono
beni come un fabbricato o un’autovettura, si ricade nell’ambito del
8
Vedi per tutti Corte Cost., 14 luglio 1986, n.184, in Foro it., 1986, I, 2053.
10
danno-evento patrimoniale, quando invece oggetto del pregiudizio
sono beni come la salute, l’aspetto estetico, la reputazione ecc., si
ricade nell’ambito del danno-evento non patrimoniale.
La qualifica di un pregiudizio come danno non patrimoniale,
prescinde dagli effetti che esso può produrre, come ad esempio forti
disutilità economiche, perdite patrimoniali, o verosimilmente anche
patemi d’animo, turbamenti, sofferenze fisiche e morali, svilimento
del tenore di vita relazionale e sociale.
Sarebbe illogico tuttavia far dipendere da tali negative
manifestazioni interiori l’esistenza di un diritto a vedersi
riconosciuto un pregiudizio, e quindi il diritto a pretendere un
risarcimento: se così fosse ne deriverebbe che il soggetto passivo di
danno non patrimoniale possa essere esclusivamente una persona
fisica.
Ma l’essenza del danno non patrimoniale, nell’accezione più
ampia del termine, prescinde dalle sofferenze e dai patemi del
soggetto colpito, per cui è giocoforza far rientrare fra i soggetti
passivi anche le persone giuridiche: una società commerciale che
subisce una campagna diffamatoria può a ragione sostenere di aver
subito un danno alla reputazione benché quest’ultimo, sul piano
sostanziale, si riverberi integralmente sulla sfera economica
della società (essendo di riflesso riservati agli amministratori ed ai
11
soci gli eventuali patemi d’animo), sotto forma di perdita di quote
di mercato o di svalutazioni in borsa.
Le due categorie di danno (patrimoniale e non patrimoniale),
sia pur contrapposte, possono derivare da un unico evento dannoso,
possono coesistere ed essere l’uno conseguenza dell’altro.
Questo scaturisce dalla considerazione che da un bene
patrimoniale potrebbe derivare la possibilità di conseguire un bene
non patrimoniale, e viceversa un bene non patrimoniale potrebbe
essere fonte di arricchimento: un fondo, un gioiello, i risparmi
accumulati, pur essendo in primo luogo e per loro natura destinati a
soddisfare bisogni economici e materiali, giocano un ruolo anche
psicologico, per il fatto che il proprietario consegue grazie ad essi
tranquillità finanziaria, gioia dell’animo, sentimento di decoro
familiare e personale.
Una perdita, anche solo parziale di questi beni quindi, avrebbe
come conseguenza la mortificazione di tali componenti positivi
psicologici, restando la perdita patrimoniale già immanente nel fatto
lesivo stesso.
D’altra parte, l’integrità fisica, la salute, l’onore, la reputazione
sono beni immateriali ripugnanti alla stima pecuniaria, ma
attraverso essi possono anche eventualmente essere conseguiti altri
beni, di carattere patrimoniale; è agevole immaginare la capacità di
12
produrre reddito di un individuo che gode di perfetta salute, o la
facilità di reperire un prestito e di attirare la clientela per un
imprenditore stimato e ben visto nella comunità.
In ossequio alla distinzione operata fra danno-evento e danno-
conseguenza, ci sembra di poter affermare che le conseguenze non
patrimoniali di una lesione ad un bene materiale possano essere di
gran lunga più gravi e deleterie della lesione stessa; e viceversa, che
le perdite patrimoniali possano essere talmente ingenti da far
passare in secondo piano il danno subito da un bene non
patrimoniale.
Non si può neanche negare, portando il discorso all’estremo,
che il danno-evento (danno in sé e per sé) sia quasi totalmente
assorbito dal danno-conseguenza: pensiamo per esempio al
pregiudizio cagionato ad un oggetto di trascurabile valore
economico, ma di inestimabile valore affettivo, o nel caso opposto,
al piccolo danno estetico provocato ad una modella professionista.
In entrambi i casi l’entità del danno-evento è irrisoria rispetto
alle conseguenze: il danno al cimelio di famiglia, pur essendo
formalmente di carattere patrimoniale, finisce di fatto per spiegare i
suoi effetti più deleteri su una sfera immateriale, se si pensa al forte
rammarico che proverà il proprietario per aver perduto l’oggetto; la
superficiale imperfezione del viso riportata a seguito di un sinistro
13
stradale nulla comporterà sul piano della salute né su quello estetico
mentre potrebbe compromettere la possibilità per la modella di
ambire ad una carriera importante, con le immaginabili
conseguenze economiche.
Volendo esaminare la problematica del danno sotto un profilo
soggettivo, vale a dire della responsabilità del soggetto che l’ha
cagionato, è utile richiamare un elemento degno di qualche
riflessione, vale a dire il fatto umano
9
.
Il pregiudizio, per essere produttivo di reazione giuridica, oltre
a colpire un interesse umano, deve altresì derivare da un fatto
umano; l’incendio fortuito di un capannone, ad esempio, se
provocato da un fulmine, può produrre effetti giuridici di altra
natura, non vi è nessuna responsabilità, e nessuna obbligazione
risarcitoria, salvo l’eventuale l’obbligo di indennizzo per la
compagnia di assicurazione, ove sia stata stipulata una polizza che
copra il rischio di incendio per quel bene
10
.
9
Il termine Responsabilità deriva dal tardo latino respondére; il termine antico respondere è il
movimento inverso di spondere, il cui radicale porta in sé l’idea di rito, di solennità e, con ciò,
quello della formazione di un dato equilibrio, di un dato ordine, avente un carattere di
solennità. Respondere presuppone la rottura di tale equilibrio, di tale ordine, ed esprime con ciò
l’idea della risposta riparatrice della rottura. Se si considera l’uomo nel contesto della vita di
comunità, l’ordine e l’equilibrio della comunità stessa sono dei valori, la cui violazione può
essere, al contrario, considerato un disvalore, prodotto dal fatto umano: MAIORCA,
Responsabilità (teoria generale), in Enciclopedia del diritto, XXXIX, 1988, GIUFFRE’,
Varese, 1004.
10
Vi è infatti una duplice accezione di danno: quella di danno “in genere” e quella di “danno
come torto”, risarcibile o antigiuridico. “Non vi è torto senza danno, ma può esservi danno
senza torto”, come osserva CARNELUTTI citato da CRIFO’, Danno: premessa storica, in
Enciclopedia del diritto, XI, 1988, GIUFFRE’, Varese, 615 ss.
14
È opportuno precisare, a scanso di equivoci, che indennizzo
non è sinonimo di risarcimento, benché a volte i due termini
vengano adoperati indistintamente.
L’indennizzo, nell’accezione adoperata diffusamente in campo
assicurativo, ha la funzione di “tenere indenne” l’assicurato, in caso
di sinistro, di una somma di denaro dedotta in polizza, per effetto
del trasferimento del rischio patrimoniale operato dal contratto di
assicurazione; la somma dedotta in polizza può essere anche di gran
lunga inferiore della perdita patrimoniale subita dal contraente in
occasione del sinistro, per cui l’indennizzo potrebbe semplicemente
assumere la funzione di “tampone” della ferita.
Fuori dall’ambito assicurativo, il codice civile lo ricollega
spesso ad eventi estranei alle parti od a situazioni giuridiche
potestative, come quello da corrispondersi al coniuge in buona fede
nell’annullamento del matrimonio (art.129 bis c.c.), per lo
scioglimento del contratto di agenzia (art.1751 c.c.), da
corrispondersi all’appaltatore per il recesso unilaterale del
committente (art.1665 c.c.), ecc.
11
.
Il risarcimento invece si identifica con l’effettiva perdita subita
dalla vittima e attiene alla responsabilità di un soggetto che l’ha
cagionata, attraverso la sua condotta colposa o dolosa; il valore
11
IZZO, Codice Civile, 1997, SIMONE, Napoli.
15
della lesione è determinata necessariamente secondo criteri di
“equivalenza” o “equità”, o in certi casi in modo forfetario.
L’istituto del risarcimento è quindi, naturalmente collegato a
quello della responsabilità di un soggetto, mentre l’indennizzo è
collegato per lo più ad un evento futuro ed incerto, di carattere
casuale o potestativo; ciò che li accomuna è comunque la necessità
di riequilibrare i rapporti e gli interessi in gioco.
Il risarcimento ha dunque funzione riparatoria di un danno
antigiuridico, che può essere tale solo se prodotto da un fatto umano
antigiuridico, intendendo il fatto umano in senso lato, includendovi
anche un’omissione o un fatto indirettamente lesivo.
A tal proposito si suole distinguere la responsabilità in diretta
e indiretta, distinguendo quest’ultima a seconda che si risponda del
danno derivante dal fatto di cose, animali o persone
12
: l’aver
trascurato la manutenzione dell’edificio andato in rovina, il non
aver sorvegliato l’animale aggressivo che si aveva in custodia o non
aver messo un’arma fuori dalla portata dei propri figli minori sono
esempi di responsabilità indiretta: ciò che rileva, è la partecipazione
(in questo caso l’omissione, la trascuratezza) dell’essere umano allo
svolgimento del processo dannoso, che assume la qualifica di
12
Sulla responsabilità indiretta del custode della cosa, dell’animale, del veicolo, dell’edificio,
v. per tutti GIANNINI–POGLIANI, La responsabilità da illecito civile – assicuratore,
magistrato, produttore, professionista, cit.