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modernismo. Provare a dare una definizione di questa ‘nuovo clima’
appare opera ardua e spinosa, la postmodernità è la dialettica degli
opposti.
L’anno zero del suo insorgere va collocato nella rinuncia alle teorie
cartesiane della supremazia dell’intelletto e della logica e nella
parallela ascesa del primato dell’Io soggettivo, del subconscio.
L’uomo moderno si smarrisce. L’apologia della macchina pone un
ulteriore tassello al decentramento dell’io post-moderno. A trarne
beneficio sono le emozioni, i dubbi, i turbamenti, i sospetti, il vissuto
irrazionale e istintivo.
Il nuovo clima si manifesta in tutta la sua natura innovativa in
quello che può essere considerato ‘il’ comportamento dell’era post-
moderna della globalizzazione: il consumo. Il consumo diviene
simbolo e al tempo stesso "liquido amniotico" del passaggio da
modernità a postmodernità1.
Nella logica della modernità il consumatore era un individuo
fortemente razionale, in grado di operare delle scelte fruttuose in base
a dei criteri univoci di necessità ed economicità. A questo individuo
gli autori di diverse teorie economiche attribuiscono l’etichetta di
Homo Aeconomicus, l’atto dell’acquisto è il tripudio della razionalità
economica. Nella post-modernità all’opposto, il consumo si complica,
si ricodifica, deflagra in una pluralità di fattori e variabili coinvolte,
dai parametri cognitivi a quelli comportamentali e valoriali; i concetti
di profitto o di massimizzazione della rendita non sono più sufficienti
a venirne a capo. Salgono in cattedra criteri sfuggenti e specifici quali
il desiderio, la fiducia, la felicità, il senso di appartenenza ad un
gruppo e persino l’ideologia. Dalla sfera materiale dei bisogni
terrestri, il terreno di elezione di un bene e i motivi del suo acquisto
slittano verso la sfera dei valori immateriali e dell’immaginario che il
prodotto evoca.
Non solo. Il consumatore post-moderno acquisisce altresì la piena
1
G. FABRIS, V. CODELUPPI, Consumi e organizzazioni. Franco Angeli, 2001
10
consapevolezza della centralità del proprio ruolo all’interno della
transazione commerciale, un potere tale da influenzare non solo le sue
scelte ma anche quelle di chi produce e chi vende. Egli prende
soprattutto atto dell’unico asso della manica che egli può giocare al
tavolo della contrattazione commerciale: l’atto d’acquisto. Il
consumatore comincia ora a condurre il gioco: da cliente passivo si
trasforma in consumatore critico. Diventa più astuto, smaliziato,
rigoroso, esigente, pratico, competente e proattivo. Dopo una vita
trascorsa nel completo anonimato e nel’omologazione coatta del
conformismo di massa, il consumatore attuale si prende la sua
rivincita e manifesta il suo riscatto esprimendo tutta la propria
singolarità. L’ennesimo paradosso della post-modernità: proprio
perché più globale il consumatore rivendica i caratteri distintivi della
sua unicità.
Le aziende abiurano il modello economico classico del pressing
psicologico e della produzione top-down per sposare un nuovo
standard nel quale il consumatore è posto all’interno di una
comunicazione bottom-up. Nel nuovo disegno egli ricopre il doppio-
ruolo tanto di destinatario di messaggi persuasivi quanto di sorgente di
informazioni basilari: da semplice bersaglio di messaggi univoci e
volti ad orientare le sue scelte si trasforma in interlocutore
privilegiato, da target a partner.
Il consumo, da semplice momento univoco, si tramuta in un
processo articolato e progressivo. Una performance che chiama in
causa un insieme composito di componenti complesse, filtrate dalle
profondità sub-consce e rinvenibili in particolare nella sfera del
sociale e dell’etica. Per la prima volta prende corpo il concetto di
soddisfazione etica, si traduce nel tentativo di appagamento dei
bisogni morali ed emozionali del soggetto. Il centro nevralgico da cui
si propaga il nuovo orizzonte è costituito da una semplice riflessione:
la considerazione che ognuna delle fasi del ciclo di vita di un prodotto
(dalla produzione alla distribuzione, dall’utilizzo all’eliminazione)
11
può arrecare danni a se stessi o agli altri. Esistono dei risvolti e delle
implicazioni etiche nei comportamenti di consumo.
In questo sede si considererà l’agire di consumo quale catalizzatore
e sintomo degli orientamenti nei confronti dell’etica propri della
società globalizzata e dell’età post-moderna. E’ proprio la
globalizzazione a suscitare un rinnovato interesse nei confronti dello
sviluppo economico mondiale e la concomitante affermazione di
pratiche sociali condivise all’insegna di una rinnovata responsabilità.
Tra i tanti fattori interagenti in sede di valutazione dell’acquisto, il
concetto di soddisfazione etica prende man mano il sopravvento. La
rinascita dell’opinione pubblica punta ora l’indice sui principi e sulle
modalità che regolano lo sviluppo economico mondiale ponendo
l’accento sulla necessità di rimettere in discussione tutti i valori e le
regole sui quali tale esperienza si fonda. Si fa strada nella società
civile il desiderio idealistico di riconvertire il quadro dell’economia
globale al ripristino di un equilibrio commerciale tra Nord e Sud del
pianeta. La società civile esce dal letargo, la società dei consumi si
tramuta nella nuova agorà dell’era post-moderna.
Secondo l’opinione diffusa nel diciottesimo secolo, il mercato era
l’unico dispositivo coerente in grado di produrre il benessere della
società tramite la massimizzazione di tutti i profitti e il conseguente
incremento della ricchezza di tutti i cittadini.
Dal momento in cui l’economia si fa post-moderna, ossia post-
industriale, immateriale e informatizzata, il principio di
autoregolamentazione subisce un pesante ridimensionamento, la teoria
economica viene letteralmente istituzionalizzata, il mercato è
collocato all’interno di un ambiente istituzionalizzato, a ridosso di un
sistema di regole specifico. L’antico retaggio per il quale economia e
società erano viste come due sfere d’azione separate e autonome viene
oggi superata. Solo ciò che è vantaggioso per l’individuo è nel
contempo positivo per la società, e che solo azionando questo sistema
di vasi comunicanti è possibile perseguire obiettivi di benessere
12
collettivo, su vasta scala e di lungo respiro.
Certo una cosa è ormai ben chiara a tutti: l’economia mondiale non
può rinunciare al mercato. Ma la mano invisibile non è più così
autosufficiente. Occorre fare due considerazioni: la prima è che la rete
dei commerci internazionali deve essere sottoposta a delle rettifiche
strutturali, la seconda è che queste correzioni devono essere favorite
dalla comparsa di nuove forze finanziarie, paesi in via di sviluppo,
organismi di controllo istituzionale, organizzazioni non profit ecc.. Le
imprese, soggiogate altresì dalla forte pressione competitiva, sono
obbligate a rispondere per le rime e a contribuire attivamente
all’evoluzione sociale e finanziaria.
Al di là di tutto è il consumatore il nuovo grimaldello che permette
di abbattere il muro dello sfruttamento e della disparità, il
consumatore segnala quali componenti devono essere corrette
all’interno delle imprese e dunque del mercato finanziario. Da uno
scenario costituito sulla base degli interessi di chi essenzialmente
comanda, ossia di chi produce e chi vende, ci si sposta verso un nuovo
quadro generale in cui al centro del disegno è posto colui che nella
norma subiva, passivamente, gli orientamenti inoltrati: il cliente. Un
cambio di prospettiva decisivo e all’avanguardia: il riscatto della
domanda sull’offerta.
Le imprese devono rispondere in modo sempre più soddisfacente
alla domanda del nuovo consumatore critico. È necessario attivare un
feedback, dei canali di comunicazione diretta e trasparente, per
instaurare con i consumatori un rapporto di reciproca fiducia
incentrato sui principi di fedeltà e coscienza civica. Parimenti, c’è
bisogno di nuove coordinate gestionali e operative, che affondino le
radici in una duplice dimensione spaziale: da una parte le imprese
sono ancora materialmente radicate in un contesto, che può essere un
territorio oppure un target, dall’altra le imprese si inseriscono un
nuovo terreno di elezione, composto in questo caso da un sistema
consolidato di valori universali, la responsabilità, l’equità, la tutela
13
della sfera ambientale. Le imprese non offrono più prodotti ma
appagano valori identitari.
Da una filosofia di soddisfacimento delle richieste del consumatore
in quanto cliente (la customer satisfaction), si evolve ad un’azione
gestionale focalizzata sull’appagamento del consumatore in quanto
uomo, la human satisfaction. Il consumatore da cliente passivo si
converte in consumatore carismatico. La novità di quest’approccio è
rappresentata dai vantaggiosi scenari che si prospettano al
management dell’impresa: solo quelle ditte che si riveleranno capaci
di appropriarsi dei temi appartenenti alla sfera dei valori immateriali
saranno in grado di capitalizzare al meglio la risorsa-fiducia.
L’impresa si fa sistema, unità organizzativa aperta, funzionale e
metabolica. Un apparato in cui incorporare gli input, le prerogative dei
clienti, con lo scopo di elaborare nuove forme di output,
corrispondenti non solo all’insieme di prodotti e servizi ma altresì alla
creazione di valore complessivo fruibile da tutti gli attori interagenti
nell’ambiente di riferimento: consumatori, dipendenti, fornitori,
partner, distributori e istituzioni.
A nuovo protagonista assurge la conduzione delle strategie di
marketing, cui compete la funzione strategica di costruire a monte un
segmento di utenti auspicabili. Il marketing da semplice strumento di
vendita diventa principio organizzativo centrale dell’intera impresa.
L’addetto di marketing deve prendere nota tanto delle preferenze
dell’individuo, le tendenze comportamentali, quanto del suo sistema di
valori fondamentali, i principi morali che ispirarono le sue azioni. Il
mondo interiore del citizen consumer, un diaframma interposto tra i
messaggi recitati e i significati recepiti, diventa il bacino cui attingere.
Il consumo come stato mentale, come fenomeno collocato all’interno
di uno spazio interiore, un rifugio fatto di idee, pensieri, ricordi ed
emozioni.
Negli anni ’90, la filosofia ispiratrice delle organizzazioni
commerciali si ridisegna alla luce dei mutati rapporti tra economia ed
14
etica. I tempi sono ormai maturi per il definitivo superamento
dell’annoso pregiudizio che vede il profitto e l’etica come due oggetti
cognitivi separati. Occorre una prospettiva univoca che coniughi le
finalità del profitto con i nuovi imperativi dell’orizzonte culturale
della post-modernità: lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale.
Mentre prime la responsabilità sociale era vista come un lusso ora
le cose cambiano. A contare adesso, e parimenti, non sono più i soli
aspetti legato al cosa si produce, ma altresì gli elementi correlati al
come si produce. La responsabilità sociale diventa tanto il principio
ispiratore di ogni singola decisione operativa di un’impresa (la sua
bussola), quanto la leva strategica (il timone). Alle imprese, specie
quelli più imponenti, viene ora espressamente richiesto il dovere di
rendere conto del proprio impatto sul territorio e sull’ordine sociale
nel quale operano. Prende corpo il bisogno di controllare in seno ad
ogni azienda il rapporto tra i fattori impiegati per la fabbricazione e le
prestazioni risultanti dalle pratiche. L’impatto dell’impresa sulla
società deve irrimediabilmente tradursi in un’azione sostenibile,
trasparente e a beneficio di tutti, occorre creare un utile, un sovrappiù,
un valore che non sia meramente monetario ma espressamente sociale,
leggibile in termini di progresso, crescita e benessere condivisi. Le
imprese ripartono dalla centralità delle persone, puntando
all’integrazione della sostenibilità nei processi aziendali ed alla
creazione di valore insieme economico, ambientale e sociale. Dai
consumatori si comincia a parlare di stakeholder; il consumer-citizen
non è altro che il cittadino post-moderno che riacquista la
consapevolezza del suo contributo alla costruzione della società civile.
La responsabilità sociale si trasforma ben presto in vera e propria
patente di qualità.
15
1. LA GLOBALIZZAZIONE.
Lo scenario socio-istituzionale.
Il fenomeno della globalizzazione può essere considerato il
principale fattore di trasformazione dello scenario economico
mondiale in tempi recenti, conseguenza diretta delle innovazioni che
investono le istituzioni, le tecnologie e la società civile in quegli anni
e nel contempo premessa imprescindibile dei processi di mutamento
conseguenti. Fin dalla sua affermazione la globalizzazione si
configura come una realtà controversa e impopolare in ragione di una
doppia chiave di lettura che da sempre la accompagna: fonte di
sviluppo inarrestabile per le popolazioni mondiali ma anche grande
moloch uniformante e divoratore dei localismi culturali e delle entità
socio-economiche più deboli.
In linea di principio si può suddividere la genesi della
globalizzazione in 3 lunghi step evolutivi. Vediamoli in sintesi.
Nella prima fase del suo insorgere, circoscrivibile in sostanza agli
anni di transizione tra il XIX e il XX secolo si assiste ad una drastico
restringimento dei tempi di spostamento dei soggetti e di trasferimento
delle merci da un paese all‟altro accompagnata ad una marcata
riduzione dei costi di trasporto e all‟abbattimento delle barriere
doganali. La possibilità di penetrare in luoghi prima inaccessibili
spiana la strada a quel fenomeno di internazionalizzazione che
culminerà nella formazione del villaggio globale.
Il secondo step inquadrabile tra gli anni successivi alla seconda
guerra mondiale e l‟avvento degli anni ‟90 si caratterizza per un
doppio movimento. Nel corso della prima ondata i vari stati nazionali
ricorrono all‟impiego di misure protezionistiche e padronali a seguito
della deflagrazione della crisi economica del „29 e delle 2 guerre
mondiali che coinvolgono in particolare gli stati ricchi e benestanti
ascrivibili al capitalismo liberista occidentale: tra queste limitazioni si
ricordano vincoli all‟espatrio di capitali all‟estero, al ricorso a
16
manodopera straniera eccetera . In un secondo momento gli stessi
organi governativi nazionali invertono la rotta cominciando a porre le
basi di un mercato economico e finanziario che si fa sempre più
internazionale e indipendente dalle manovre normative e politiche di
matrice nazionale.
Altri aspetti di questo impianto che prefigurano al sopravvento della
filosofia del tutto è lecito, conta solo il profitto sono: la ripresa dei
flussi migratori, di merci e di capitali, che raggiunge livelli di crescita
esponenziale per volume e rilevanza; il coinvolgimento nel processo
evolutivo di nuove realtà economiche in via di sviluppo: il Centro
America, l‟India , la Cina, le quali, per la prima volta ottengono libero
accesso alla compravendita mondiale e allo scambio di prodotti e
servizi; il consolidamento di soggetti commerciali ed economici
sempre più vasti, smisurati, incontrollabili, le corporation, capaci
tanto di contribuire in maniera decisiva al sostegno del sistema
economico mondiale quanto di aggirare o disconoscere i controlli e la
sovranità degli stati nazionali. A tal proposito risulta illuminante una
recente indagine condotta dall‟Insititute for Social and Policy Studies
di Washington che testimonia di questo crescente fenomeno
segnalando che tra le prime 100 entità economiche al mondo 51 sono
aziende e aggiungendo che pressappoco un quarto del complesso delle
attività economiche globali è alimentato dalle 200 imprese preminenti.
Da ultimo, si assiste a un parossistico potenziamento delle tecniche
produttive e delle tecnologie, in particolare limitatamente alle pratiche
dell‟informazione e della comunicazione1.
E‟ questo forse il principale fattore di cambiamento che accelera la
trasformazione delle realtà sociali, lo sviluppo di una crescente perizia
nella gestione e nel monitoraggio delle attività economiche su vasta
scala, l‟affermazione di un nuovo organo mediatico e consultivo di
stampo popolare battezzato opinione pubblica il quale,
1
Contenuto in M. MOLTENI, M. LUCCHINI,(2004), I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane,
Franco Angeli, Milano
17
progressivamente, assurgerà a grande protagonista di questa
congiuntura storica ponendo le basi di un grande contropotere
mondiale che come dicevamo all‟inizio si opporrà ai processi interni
alla globalizzazione accusati di creare sì ricchezza e progresso ma il
tutto a spese delle realtà sociali e ed economiche indifese.
Nella fattispecie fa sicuramente sensazione la data del 1999, anno in
cui Seattle ospita l‟annuale meeting del WTO, l‟Organizzazione
mondiale del commercio, nei confronti della quale un numero
cospicuo di individui manifestano tutto il disaccordo e le perplessità
per le ricadute negative della globalizzazione economica. E‟ proprio
nel corso di queste manifestazioni che si realizza la convergenza di un
complesso eterogeneo di spinte militanti, pacifiste, ambientaliste,
umanitarie, politiche e sindacali, che a lungo andare finiranno per
confluire nel cosiddetto Popolo di Seattle, territorio d‟elezione dei No
Global e cassa di risonanza di tutte le aspirazioni sociali finalizzate ad
un sistema più equo e orizzontale.
Durante il WTO, l‟operato dei potenti della terra è aspramente
contestato dai dimostranti ivi riuniti per mezzo di manifestazioni
simboliche e pacifiche ma anche attraverso rabbiose contestazioni di
piazza che si trasformarono in vera e propria guerriglia urbana,
un‟estetica della violenza che a più riprese verrà inscenata nel corso
del decennio successivo a partire dal caso estremo degli incidenti in
occasione del G8 tenutosi a Genova nel 2001 e culminato nel decesso
di un giovane dimostrante, l‟allora ventiduenne Carlo Giuliani.
Ciò nonostante e a fronte della comparsa di queste forme estreme di
contestazione a prendere il sopravvento all‟interno del popolo dei No
Global è un costruttivo dibattito tra tendenze intellettuali e
pacifistiche, libere da ogni influenza partitica e fermamente protese
all‟affermazione di un ordine economico mondiale che rispetti
l‟identità delle singole realtà nazionali e che cessi di fondare la propria
principale ragione di essere sul famelico sfruttamento delle risorse
naturali e umanitarie dei paesi in via di sviluppo. Quello che i No
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Global chiedono è in sostanza il sopravvento di una globalizzazione
diversa, riveduta nei modi e corretta nelle ripartizioni, una
globalizzazione che non agisca solo a beneficio dei profitti ma anche a
vantaggio degli individui, un sistema incentrato sì sul libero scambio
di prodotti e servizi ma anche su un‟equa ridistribuzione delle
ricchezze e sul rispetto degli equilibri ambientali, una realtà a
sostegno dell‟economia di mercato e della libertà concorrenziale ma
capace di fermarsi un attimo prima che questa si trasformi da giusta
massimizzazione del benessere a miope tirannia del capitale.
Una globalizzazione insomma, all‟insegna dell‟etica e non solo del
profitto.
A partire da Seattle si fa largo nell‟opinione pubblica
internazionale quella ripartizione tra blocchi contrapposti che
caratterizzerà il dibattito e segnerà l‟approccio nei confronti dei valori
e dei principi ascrivibili alla visione del libero commercio. Da una
parte si schierano i sostenitori del processo, i globofili, convinti che il
processo di integrazione porterà solo cooperazione e benefici per tutti
i popoli specie per i più indifesi, dall‟altro viceversa prendono posto i
globofobi, costoro, viceversa, riconoscono la rilevanza del fenomeno
ma nello stesso tempo escludono che tale sistema possa naturalmente
generare ricchezza e benessere diffusi a meno che non venga
sottoposto a rigidi vincoli normativi esercitati dai governi dei singoli
paesi2.
Ciò che conta, al di là di inevitabili valutazioni di merito, è che,
come sostiene, Ignacio Ramonet, è proprio il vertice di Seattle e tutto
quello che comporta a porre le basi di una nuova Società Civile
Internazionale formata da singoli cittadini, associazioni disparate e
organizzazioni non governative.3 Tale nuovo referente si pone quale
2
OXFARM Report, Rigged rules and double standard: trade, globalization, and the fight against poverty, 2002.
Oxfam International è una confederazione di 13 organizzazioni non governative che lavorano con 3.000 partners
in più di 100 paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia. Oxfam lavora con le comunità
locali, a fianco delle reti e delle organizzazioni, per uno sviluppo sostenibile, anche in condizioni di emergenza, e
per promuovere campagne di sensibilizzazione in tutto il mondo (Fonte: Wikipedia).
3
Cit. in V. GIACOBINI, No-global, tra rivolta e retorica, Eleuthera, Milano, 2002.
19
organo di riflessione collettiva, megafono dell‟interesse pubblico e
interlocutore imprescindibile per le decisioni che riguardano il destino
del mondo, dall‟economia alle istituzioni, dall‟ambiente alle politiche
del lavoro. E‟ proprio questo grande contropotere alternativo a
spianare la strada per una profonda riflessione sulla riforma delle
scelte economiche tanto in prospettiva mondiale che in relazioni ai
singoli soggetti commerciali. In questo modo l‟etica, la caratura
morale di principi e comportamenti smette di essere considerata un
fattore superfluo dell‟operare economico per diventare il valore
aggiunto delle azioni e delle pratiche dei più disparati referenti
istituzionali e commerciali.
A partire da Seattle, in ultima analisi, la globalizzazione smette di
essere un affaire per pochi intimi diventando un argomento sotto gli
occhi di tutti.
20
2. IL POST-MODERNISMO.
L’orizzonte culturale e comportamentale.
Tema ricorrente della trama della globalizzazione è una intrinseca
ma evidente contraddittorietà, una dialettica di attriti irrisolti, la
coincidenza degli opposti: i globofili e i globofobi, l‟allineamento e la
ribellione, le minoranze e i blocchi di potere, il profitto personale e la
morale collettiva, il calcolo degli affaristi e l‟impeto dei dimostranti, il
sostentamento delle masse e l‟arricchimento dei potenti. Tutto questo
viene come sintetizzato, centrifugato all‟interno della figura della
globalizzazione e in seno alle singole percezioni che ogni individuo
matura del fenomeno. La globalizzazione attrae, respinge, invita a
riflettere e agire, ma non lascia mai indifferenti. Essa mobilita le
masse, smuove le coscienze, innesca l‟elaborazione dei singoli e delle
comunità che per stare al passo e sviscerarne la fondatezza devono
sviluppare un nuova forma di sensibilità, nuovi codici, nuove
attitudini mentali e modelli di condotta: l‟uomo del 900 alza bandiera
bianca e da il via libera all‟uomo del ventunesimo secolo, la modernità
cede il passo al post-modernismo.
Provare a dare una definizione di questa „nuovo clima‟ appare opera
ardua e spinosa in quanto esso si caratterizza proprio per il fatto di
compendiare al proprio interno una serie di dicotomie, di antitesi che
confliggono ma più sovente coesistono. Tali attriti si esplicano per
esempio nell‟avvento di un nuovo orizzonte tecnologico, frutto dei
macroscopici passi in avanti compiuti in tempi recenti nel campo
dell‟elettronica, della fisica, dell‟informatica e del digitale. Una
tecnologia che fa irruzione tanto nelle pratiche delle poderose filiere
produttive quanto nella quotidianità dei singoli individui, eppure non
riuscendo a creare un indiscusso e universale entusiasmo ma viceversa
provocando una reazione che si manifesta nel rifiuto del „buono
perché nuovo‟ e nell‟adesione a forme di condotta che riscoprono il
21
passato, vecchie usanze che affondano le radici in un percorso corale,
affidabile e consolidato nel tempo.
Maffessoli distingue la postmodernità dalla società postmoderna e
definisce la prima come ''la sinergia tra l'arcaismo e lo sviluppo
tecnologico” mentre la seconda “come una rete di micro-gruppi
societari nei quali gli individui interagiscono e intrattengono tra di
loro forti legami emotivi, passioni condivise ed esperienze simili''4.
(puoi collegare con discorso BONAZZI: “competizione è su
immaginario evocato…”)
La postmodernità è la dialettica degli opposti, la convivenza degli
eccessi, il tripudio dell‟informe e dell‟ossimoro. L‟anno zero del suo
insorgere va collocato nella rinuncia alle teorie Cartesiane della
supremazia dell‟intelletto e della logica, teorie consolidate nel corso
della modernità che vedevano la ragione come la chiave della
conoscenza e della comprensione della verità. Nello scenario post-
moderno trovano credito concetti bistrattati quali il relativismo e la
frammentarietà; la Legge universale della ragione, con tutto il suo
bagaglio totalizzante e prescrittivo che si porta dietro rinuncia ai
propri dogmi, alle proprie certezze e cede il passo al‟avvento naturale
del mutagenico, dell‟alienazione, del “pensiero debole” di Vattimo5.
Come sottolinea Calabrese "la società postmoderna, proprio come il
barocco - da intendersi come genere che accomuna eventi e periodi
storici spazialmente separati - segna il primato della superficie e
dell'apparenza, che fa aggio sull'essenza, del sinuoso e
dell'ombreggiatura, dell'illusione, ma anche del dinamismo vitale,
della passione, del sentimento, dello slancio"6.
Quali sono state le premesse che hanno segnato l‟avvento di questo
nuovo momento storico?
Anzitutto il principale responsabile del declino dei fondamenti del
pensiero razionale modernista ha un nome e un cognome: Sigmund
4
M. MAFFESOLI, Note sulla post-modernità, Lupetti, 2005
5 G. VATTIMO, Il pensiero debole , Pier Aldo Rovatti, 1998
6 O. CALABRESE, L' età neobarocca, Laterza, 1992
22
Freud. Fu proprio lo psichiatra austriaco, fondatore delle teorie
psicologiche sull‟inquietudine dell‟uomo contemporaneo, a spianare
la strada all‟abdicazione delle teorie cartesiane incentrate sulla
supremazia dell‟autocoscienza per cedere il passo al primato dell‟Io
soggettivo, del subconscio. Il passaggio di consegne fu brutale,
traumatico, inatteso. L‟uomo moderno, da sempre paragonabile ad una
macchina efficiente nonché saldamente convinto della perfettibilità
delle sue azioni compiute all‟insegna della logica universale, vede
sgretolasi le basi delle propria concezione di sé e dell‟altro. La
comparsa della psiche, la proliferazione febbrile di nozioni quali
l‟irrazionale, gli istinti, le pulsioni minano le basi delle Teoria
cartesiana e ci riconsegnano un soggetto decentrato, frammentato, e la
cui definizione non è più così univoca ed ortodossa. L‟affermazione
della psicanalisi nel quadro della riflessione teorica umanistica
confisca la teoria cartesiana di un certezza ben precisa: i principi della
coscienza non sono interamente ascrivibili all‟Autoconsapevolezza del
sé ma sono altresì subordinati a numerosi fattori-altri perché esterni e
incontrollabili. L‟uomo della post-modernità è un uomo rapsodico e
bipolare, in bilico costante tra l‟individuale e il collettivo, il
particolare e l‟universale, l‟identità e l‟alterità.
In questa continua transazione tra personale e sociale l‟uomo post-
moderno getta le basi per la costruzione della propria struttura
sottraendola all‟entropia della frammentarietà.
Una seconda componente che contribuisce al degradamento della
modernità può essere indicata nel tripudio della Technè. A seguito
delle vorticose innovazioni che accompagnano il mondo della tecnica
si afferma uno scenario in cui la macchina da semplice appendice
della forza fisica dell‟essere o periferica della sua immagine proiettata
nel tempo e nello spazio si trasforma in organismo autoctono, vivente,
egemonico. L‟apologia di cui è oggetto consente alla macchina di
svincolarsi dalla concatenazione lineare della categoria mezzi-fini per
assurgere a puro emblema del potere, del controllo e del piacere