Introduzione
Quasi un anno fa si concludeva la mia esperienza Erasmus presso l’Università di
Warwick, in Inghilterra. A distanza di tutti questi mesi, le immagini di quei giorni
bellissimi e tutte le esperienze meravigliose vissute, sono ancora vive e impresse nella
mia mente. Il soggiorno Erasmus è una delle esperienze più straordinarie che uno
studente, in particolar modo uno studente di lingue, possa vivere durante la sua
carriera universitaria. L’Erasmus mi ha resa libera culturalmente, mi ha aperto
orizzonti infiniti e prima nemmeno lontanamente immaginabili, mi ha dato
l’opportunità unica di vivere e studiare in un contesto internazionale, mi ha resa
internazionale. Ricordo che quando chiedevo alle persone che incontravo ogni giorno,
agli studenti provenienti da ogni parte del mondo, cosa li avesse spinti a scegliere di
vivere quest’esperienza, il perché di tanti mesi (in alcuni casi diventati poi anni) di
studio lontano da cosa, la loro risposta era sempre la stessa “To be international”.
L’Erasmus mi ha insegnato a camminare con le mie gambe, a lottare per dimostrare
quanto valgo, mi ha insegnato a sognare, a volare libera sui cieli d’Europa e non, e non
solo fisicamente. Mi ha resa una persona migliore, mi ha regalato rapporti che saranno
per la vita, e soprattutto la voglia di continuare a crescere, vivere e studiare, in contesti
multiculturali. Anche il fatto di essere partita ormai alla fine del mio percorso
accademico ha contribuito molto, avendo una maturità linguistica e personale
decisamente differenti. Ed è proprio durante quest’esperienza all’estero che ho
maturato l’idea di questa tesi. Ricordo che passavo tante ore in library, spulciando
un’infinità di testi, alla ricerca di un argomento che mi appassionasse e che allo stesso
tempo potesse anche avere un legame con quest’esperienza. E poi un giorno, durante
una classe di traduzione, rigorosamente anglo-italiana, lo spunto per questo lavoro. Si
parlava di traduzione, di dialetti, e davanti a noi avevamo un testo in siciliano da
tradurre. I nostri colleghi inglesi ci guardavano perplessi, inconsapevoli del fatto che
una traduzione di questo tipo fosse una bella sfida anche per noi. In seguito
partecipammo a un’altra lezione, durante la quale noi italiani dovevamo parlare nel
nostro dialetto e gli inglesi dovevano capire di quale dialetto si trattasse e individuare
la nostra provenienza. Ricordo che da quelle lezioni vennero fuori considerazioni
linguistiche di un certo peso, ma soprattutto, avendo visto l’interesse che gli studenti
inglesi mostravano per la traduzione di alcuni tipi di testo in dialetto, il mio desiderio
di iniziare questo lavoro: la traduzione del teatro dialettale del mio paese. Non è stato
semplice, soprattutto perché la prima cosa che ho riscontrato, è stata la mancanza di
materiale bibliografico recente. Inoltre nella maggior parte dei testi consultati, si
utilizzavano esempi quasi esclusivamente sul teatro del Nord Europa, e sul teatro
italiano i testi erano davvero molto pochi, e soprattutto tutti ad opera di autori italiani.
Questo come ulteriore testimonianza del fatto che l’atteggiamento generale verso la
traduzione teatrale è davvero superficiale, e ancor di più nei confronti del teatro
dialettale di una certa parte d’Europa. Nel primo capitolo ho analizzato la traduzione
teatrale e dialettale da un punto di vista teorico, tracciandone le origini e cercando di
dare un’immagine precisa di quella che è la sua situazione attuale, nell’epoca del
doppiaggio, dei sottotitoli e addirittura da un po’ di anni a questa parte dei surtitles.
Nel secondo capitolo mi sono concentrata sulla traduzione del teatro napoletano in
Inghilterra e in America, con precisione sulla traduzione dei testi di Eduardo De
Filippo, studiandone non soltanto la traduzione from page to page ma soprattutto
quella from page to stage. Come vedremo in seguito è questo secondo tipo di
traduzione per il teatro che deve maggiormente interessare un traduttore. Infine io
stessa mi sono impegnata in un lavoro di traduzione di un testo di Eduardo. Ho scelto
di concentrarmi sulla traduzione di alcuni estratti di Napoli Milionaria! e in seguito ho
confrontato le mie traduzioni con un adattamento del testo di Peter Tinniswood, autore
per tv, radio e teatro, di origine inglese. Avendo visto quanti pregiudizi ci sono sul
teatro napoletano, quanti cliché e preconcetti, ho provato nel mio piccolo a tradurre
Napoli per un ipotetico pubblico inglese, cercando di cancellare quell’immagine
stereotipata che di questo teatro, è emersa dalla lettura dei testi consultati. Ed è per
questo che la traduzione per il teatro, da tutti trascurata, è per me un valido strumento
di riduzione delle barriere culturali. È assurdo, ma soprattutto doloroso pensare che,
ancora oggi, esista ‘il discorso del sud’, un concetto di cui parleremo in seguito, che ci
dimostra quanta e quanta strada ancora ci sia da fare prima di raggiungere l’obiettivo
precedentemente citato: “to be international”!
1
Capitolo uno
Teatro e Traduzione
1. Teatro e Traduzione: introduzione
“Here lies the responsibility of the theatre: what a book cannot convey, what no
philosopher can truly explain, can be brought into our understanding by the theatre.
Translating the untranslatable is one of its roles”.
1
La traduzione, come il teatro, è un‟arte. Un‟arte meravigliosa, sconosciuta ai più e
fonte di piacere puro per pochi, il cui significato, ancora oggi, a distanza di anni
dall‟apparizione della definizione di Translation Studies di André Lefevere
2
, e dopo
che la pratica della traduzione è stata riconosciuta attorno al 1990 come disciplina
indipendente e non più considerata quindi solo come una branca della linguistica, non
è ancora chiaro o universalmente definibile. Passando in rassegna i numerosi testi in
materia dei più importanti studiosi, potremmo trovare una serie di definizioni, alcune
più o meno simili, altre assolutamente divergenti, ma alla fine dovremmo sempre
riconoscere che “quella cosa che ha titolo ad essere chiamata traduzione è in fondo
1
Brook, P., The Shifting Point, Perennial Library, 1987, pag. 164 (citato da Taviano, S., Italians on the twentieth
century stage: theatrical representations of Italianness in the English-speaking world, Thesis (Ph-d), University
of Warwick, 2001, pag. 23).
2
Lefevere, A., in Translation Studies: The Goal of the Discipline in James S. Holmes, José Lambert and
Raymond van den Broeck (Eds), Literature and Translation, ACCO, 1978, pp. 234-235 (citato da Bassnett, S.,
Translation Studies, Routledge, 2002, pag. 11)
2
imprendibile in una formula”.
3
Quando poi l‟attenzione si sposta su branche e settori
d‟applicazione molto specifici della disciplina, quali la traduzione teatrale e ancor di
più la traduzione teatrale dialettale, la situazione si complica ulteriormente e le
prospettive di studio si arricchiscono di una molteplicità di varianti e possibilità, al
punto di rendere questo tipo di traduzione, uno dei più difficili, ma allo stesso tempo
uno dei più stimolanti e avvincenti anche per i traduttori più esperti.
Il patrimonio teatrale di una nazione è una ricchezza inestimabile, fonte di cultura e
crescita perenni, orgoglio nazionalistico ma allo stesso tempo strumento indispensabile
per il confronto e il contatto tra più culture. “Translation is like a living interacting
organ by which the intellects of differing cultures communicate with one another”.
4
Compito del traduttore è mediare questo contatto, agevolando l‟accesso al patrimonio
culturale straniero e favorendone l‟integrazione nella comunità d‟arrivo. Il traduttore,
con la consapevolezza che molti ritengono la traduzione dei testi teatrali un‟attività
presuntuosa e impossibile, cercherà di far rivivere nella target language il connubio di
emozioni, idee, gesti e sentimenti, che l‟autore ha voluto e portato sulla scena nella sua
lingua di appartenenza, avendo cura di prestare molta attenzione ad ogni singola
possibile sfumatura, sia linguistica sia culturale (“I am suggesting that some kind of
accuracy must be the only criterion of a good translation in the future (…) ”
5
). In
fondo, l‟obiettivo di entrambe le discipline è lo stesso: translating the untranslatable.
3
Fazi, M.C., Aspetti linguistici dell‟italiano e dell‟inglese nella teoria della traduzione,Guerra edizioni, 1990,
pag. 3
4
Schadewaltd,1960, (citato da Zuber – Skerritt, O., in Translation science and drama translation, in Zuber –
Skerritt, O., (Ed), Page to stage: theatre as translation, Rodopi, 1984, pag. 3).
5
Newmark, P., A textbook of translation, Prentice-Hall International, 1988, pag.173.
3
2. Drama Translation Science
Il testo teatrale è un testo particolarmente anomalo rispetto ad altre tipologie testuali,
sia in prosa sia in versi. La sua particolarità sta soprattutto nel fatto che il testo nasce
per essere recitato, è un testo quindi costruito in funzione della scena e degli attori. È
infatti fondamentale che sia actable e speakable e quindi nella traduzione, ma non
solo, “non-verbal and cultural aspects as well as staging problems have to be taken
into consideration”.
6
Zuber – Skerritt ha infatti dimostrato che
“the meaning of a play can be distorted and misinterpreted if the translator fails to
appropriately transpose the whole network of symbolic signs into the target culture:
visual and acoustic as well as linguistic signs”.
7
L‟attenzione deve essere concentrata più sulla produzione e messa in scena finale, che
non sul testo in sé. Questa considerazione porta alla distinzione tra il testo teatrale
pubblicato e il testo utilizzato invece per la rappresentazione, ciò che è comunemente
definita la performance finale. La performance è la fonte dei problemi, a causa della
sua
“ephemity and its being subject to changes according to audience reaction, acting
performance, physical environment, and other factors. Whereas the published drama
text remains irrevocable and permanent, each theatre performance based on this text
is different and unique”.
8
6
Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 1.
7
Zuber – Skerritt, 1980, (citato da Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 8).
8
Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag.1.
4
Nell‟avvicinarsi ad un testo teatrale, il traduttore deve considerare i seguenti aspetti:
“the nature of theatre dialogue as an artificial language characterized by special
forms of cohesion, semantic density, rapid changes of theme and special deictic
interaction; the multiple perspectives introduced by elements such as paradox, irony,
allusion, anachronism and wordplay; the particular role played by rhythm and tempo;
the identification of language with actors, of whom it becomes a sort of „mask‟; and,
finally, the role of spectators, who are likely to be emotionally involved in the
performance”.
9
La nozione di traduzione teatrale risulta a questo punto ancora più complicata di
quella della traduzione stessa, poiché si tratta di un‟attività strettamente collegata
all‟ambiente del teatro e a tutto ciò ad esso inerente, ma soprattutto è un qualcosa di
molto soggettivo e di continuamente mutabile, imprescindibile quindi dall‟idea di
traduzione di attori, autori, produttori, registi, drammaturghi, adattatori, sceneggiatori,
linguisti e traduttori. La traduzione per il teatro è infatti un‟attività particolarmente
complessa e soprattutto di carattere interdisciplinare. Link
10
è stato il primo che si è
impegnato per dimostrare il legame esistente tra traduzione, adattamento e
interpretazione, e soprattutto la necessità della collaborazione tra queste figure. Il
prodotto finale risente infatti, positivamente e negativamente, della partecipazione
attiva, a volte intrusiva e limitativa per il traduttore, di tutte queste persone. Come
vedremo in seguito, il ruolo del traduttore per il teatro è molto sottovalutato, al punto
che in alcuni casi il suo nome non è nemmeno menzionato.
9
Snell-Hornby, 1996, (citato da Palumbo, G., Key terms in translation studies, Continuum,2009, pag.116).
10
Link, 1980, (citato da Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag.9).
5
Zuber – Skerritt afferma che
“yet according to our definition of drama translation as the transposition of the
original, translated, or adapted text on to the stage (of the target language and
culture), Drama Translation Science must be concerned both with the text as the basis
for the stage production and the individual theatrical performances”.
11
Il traduttore deve quindi avere ben chiari i suoi obiettivi. Il suo scopo è una doppia
traduzione: la prima è la traduzione dalla source alla target language, la seconda
invece è la traduzione per la performance.
La traduzione per il teatro è una disciplina molto giovane e ancora in fase di
assestamento. I primi scritti importanti risalgono infatti agli anni ‟80
12
, e comunque si
è scritto pochissimo, soprattutto per la paura di avvicinarsi a un argomento così
complesso. Molti traduttori, pur di superare l‟ostacolo, arrivano ad affermare che la
metodologia da utilizzare sia la stessa usata per la traduzione di testi in prosa, negando
quindi l‟innegabile, e cioè il fatto che il testo teatrale sia un testo completamente
differente. A questo proposito, Susan Bassnett afferma
“to begin with, a theatre text is read differently. It is read as something incomplete,
rather than as a fully rounded unit, since it is only in performance that the full
potential of the text is realized. And this presents the translator with a central
11
Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag.1.
12
Zuber-Skerritt, O., (1980), Zuber-Skerritt, O., (1984), Scolnicov, H., Holland, P., (Eds), (1989), Brisset,
A.,(1989-1990), Pavis, P., (1992), Aaltonen, S., (2000), Upton, C.A., (2000), (citati in Espasa, E., in Theatre and
Translation-Unequal exchanges in a supermarket of cultures in Branchadell, A., West, L.M., (Eds), Less
Translated Languages, John Benjamins, 2005, pp.137-141).
6
problem: whether to translate the text as a purely literary text, or to try to translate it
in its function as one element in another, more complex system”.
13
Anne Ubersfeld
14
concorda sull‟impossibilità di separare il testo dalla performance,
evidenziando come purtroppo la maggior parte degli studiosi tenda ancora a
considerare il testo scritto superiore al prodotto finale e degno quindi di maggiore
attenzione. In questo modo, l‟idea sbagliata che leggere e mettere in scena un testo
siano la stessa cosa, fa si che il traduttore per il teatro sia ancora più limitato di quello
per la poesia. La questione merita di essere ulteriormente approfondita e infatti André
Lefevere suggerisce che gli studi debbano concentrarsi principalmente su due punti:
a) the pragmatics of production, in which the way a play is produced can also be
seen as a type of text processing and
b) the way in which certain productions influence the target dramatic literature.
15
Sulla base di quanto affermato da Lefevere, risulta quindi evidente che la fase della
produzione finale, il suo studio e la sua schematizzazione, sono fondamentali
nell‟ambito della ricerca sulla traduzione per il teatro.
3. Translation Process
Facendo nuovamente riferimento alle difficoltà intrinseche all‟atto traduttivo,
Schleiermacher
16
afferma che il problema principale della traduzione stia nella sua
13
Bassnett, S., ibidem, 2002, pp. 119-120.
14
Ubersfeld, A., (citata da Bassnett, S., ibidem, 2002, pag. 120).
15
Lefevere , 1980, (citato da Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag.10).
7
“irrazionalità”. Ritiene infatti impossibile trovare sempre l‟equivalente perfetto nella
lingua di arrivo, e quindi di conseguenza impossibile garantire l‟autenticità di un‟opera
d‟arte in traduzione, poiché tale originalità dipende strettamente dall‟autore del testo
originale, dalla sua lingua e dalla sua cultura, tutte cose che il traduttore non potrà mai
riuscire a portare nel proprio testo. Propone quindi, pur riconoscendone
l‟inadeguatezza, due metodi risolutori: la parafrasi e l‟adattamento. Secondo lui il
primo risolverebbe il problema dell‟irrazionalità, il secondo garantirebbe invece la
conservazione del contenuto e del significato originali. Egli stesso riconosce
l‟inadeguatezza di questi metodi, giacché renderebbero il target text una mera forma di
imitazione del testo originale. La sua conclusione è che per il traduttore non esistono
compromessi, e che deve scegliere se essere “fedele” all‟autore o al lettore/pubblico.
Queste due possibilità sono note con i nomi di verfremdung e entfremdung.
“Verfremdung means distancing, estrangement or alienation of one‟s own language
by understanding, following and adapting the language of the original. Entfremdung is
dealienation of the foreign language by translating it into a language which the author
would have used if he had lived in the time and place of the target language”.
17
Rose
18
propone una serie di steps per il processo traduttivo definito “fase 1”, che
rappresentano i passi da compiere per la prima delle due traduzioni (“from page to
page”) di cui abbiamo parlato. La “fase 2” fa invece riferimento alla traduzione “from
page to stage”.
16
Schleiermacher, 1838, (citato da Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 3).
17
Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 4.
18
Rose, 1981, (citato da Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 4).
8
Fase 1:
Preliminary analysis;
Exhaustive style and content analysis;
Acclimation of the text;
Reformulation of the text;
Analysis of the translation;
Review and comparison.
La seconda fase è importante quanto la prima nella traduzione teatrale
“For drama does not only exist as a literary work of art expressed in written
language and to be appreciated through reading, thinking and discussing; but drama
lives in its theatre performance, the total experience expressed in oral and non-verbal
language and appreciated by all physical senses as well as the intellect and
emotions”.
19
Fase 2:
Analysis of suitability for the stage;
Decision on the basis for the translation from page to stage.
Quando il traduttore conosce la lingua da cui sta traducendo, esistono tre tipi di
traduzione. La prima è la traduzione letterale. Si tratta di un tipo di traduzione poco
19
Zuber – Skerritt, O., (Ed), ibidem, pag. 5.