I
INTRODUZIONE
Le conseguenze di un disastro naturale possono essere innumerevoli e, in base alla gravità
e all’intensità dell’avvenimento, possono avere effetti devastanti che si propagano nel
tempo. Chiunque non abbia vissuto una tale esperienza in prima persona non può
immaginare le cicatrici che tale evento può provocare, cicatrici che possono essere di
natura fisica, economica, psicologica, sociologica. Le catastrofi naturali colpiscono il
territorio e le persone senza avvertire, di conseguenza spesso il loro grado di incidenza
dipende innanzitutto da quanto il territorio e la popolazione siano preparati ad “assorbire”
il colpo, le conseguenze, dalla loro cioè resilienza e vulnerabilità, e da quanto, in un
secondo momento, siano disposti a reagire, con quale e quanta forza, e con quale
disponibilità di mezzi, economici e non.
Grazie alla collaborazione con un network internazionale di volontariato fotografico,
Shoot4Change, ho avuto la possibilità di andare più volte in Emilia Romagna dopo il
terremoto del 20 maggio 2012
1
, con l’obiettivo di scrivere alcuni articoli per un reportage
fotografico che contribuiva al progetto ideato dalla suddetta associazione, progetto
nominato Shoot4Emilia
2
. Il nostro obiettivo, come volontari, era quello di far conoscere
alle persone la vera situazione della popolazione emiliana, attraverso la narrazione
semplice e diretta di storie reali, concrete e che avessero un risvolto positivo, escludendo il
taglio giornalistico, ma puntando di più sulla narrazione enfatica ed empatica degli eventi,
delle situazioni e delle persone che conoscevamo in prima persona, durante i nostri
pernottamenti nelle zone terremotate. Ancor di più, volevamo che i riflettori non si
1
Il terremoto dell'Emilia, Lombardia e Veneto del 2012 è un evento sismico costituito da una serie di scosse
localizzate nel distretto sismico dell pianura padano-emiliana, prevalentemente nelle province
di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Bologna e Rovigo, ma avvertiti anche in un'area molto vasta
comprendente tutta l'Italia Centro-Settentrionale e parte della Svizzera, della Slovenia, della Croazia,
dell'Austria, della Francia sud-orientale e della Germania meridionale. Già tra il 25 e il 27 gennaio si ebbero
in zona fenomeni significativi, ma le 2 scosse più forti (alla fine riunite in una sola), rispettivamente
di magnitudo M 5,9 e M 5,86 sono state registrate nello stesso istante il 20 maggio 2012 alle ore 04:03:52 ora
italiana, con epicentro nel territorio comunale di Finale Emilia (MO), con ipocentro a una profondità
di 6,3 km. Il 29 maggio alle 09:00 una nuova scossa molto forte di magnitudo M 5,8 e M 5,66 è avvertita in
tutta l'Italia Settentrionale, creando panico in molte città come Ferrara, Modena, Reggio,
Emilia, Bologna, Mantova e Rovigo, Brescia, Piacenza, Parma, Verona, Padova,
Vicenza, Venezia, Milano e Firenze; l'epicentro è situato nella zona compresa fra Mirandola, Medolla e San
Felice sul Panaro. [FONTE: http://it.wikipedia.org/wiki/Terremoto_dell'Emilia_del_2012]
2
http://www.shoot4change.net/s4emilia/
II
spegnessero sull’accaduto, ma che l’opinione pubblica continuasse ad essere sensibile
rispetto tali temi, consci (anche dopo l’esperienza del terremoto dell’Aquila) che molto
spesso, dopo un iniziale picco di interesse da parte dei media e dell’opinione pubblica, la
soglia di attenzione cala drasticamente e tali eventi finiscono nel dimenticatoio, e con loro
persone, luoghi, problemi, necessità e tanto altro. Parlando della mia esperienza, il comune
assegnatomi era Concordia sulla Secchia, un piccolo paese in provincia di Modena. Non è
questa la sede per raccontare nei minimi dettagli quei lunghi giorni, tutte le persone
conosciute, il caldo afoso tipico della Bassa, i disagi, le storie, gli accampamenti, i bambini,
che meriterebbero un capitolo a parte. Ma vorrei mettere l’accento su una cosa: entrare in
una zona rossa ti segna per tutta la vita. La zona rossa di Concordia si espandeva per tutto
il centro storico, con al suo interno il palazzo del Comune e quasi tutte le attività
commerciali. Era il centro vitale del paese, con la piazza, i lunghi portici, il luogo dove si
svolgeva la vita sociale, dove si creava aggregazione. Ricordo ancora adesso il silenzio
assordante, opprimente, le macerie, la sensazione che la vita si fosse fermata al momento
della scossa, sospesa, con le case distrutte e abbandonate ma con i panni ancora appesi,
passeggini e auto schiacciate, case bellissime ormai irrecuperabili.
Voglio usare questa piccola parentesi per spiegare che, quando un disastro (naturale e
non) colpisce una regione, un comune, una popolazione, le ferite che si creano sono tante,
profonde e di diversa natura. I danni si ripercuotono a più livelli, e i costi possono essere
altissimi e svariati, diretti (come la perdita di vite umane, le case e le fabbriche distrutte, le
infrastrutture danneggiate e inutilizzabili) e indiretti, che a volte causano un secondo
impatto ancora più devastante e catastrofico (come l’improvvisa mancanza di
investimenti, l’economia stagnante, il calo della produzione e dell’erogazione dei servizi
etc.). Immediatamente dopo, il desiderio più forte e impellente è il voler tornare alla
normalità, a quello che si era e che si aveva prima, alle proprie abitudini sociali e alla
propria routine, alla vita prima della catastrofe, e non sempre ciò è possibile,
considerando che per la ricostruzione si possono impiegare anni, a volte decenni, e in
Italia, purtroppo, abbiamo molti tristi esempi di questo tipo. La fase di recovery è
incredibilmente importante e fondamentale dopo un disastro naturale, perché si decidono
e si mettono in atto quelle azioni che andranno a influenzare e decidere il futuro della
zona interessata, sia economico sia sociale.
III
Recovery may be thought of as an attempt to bring a postdisaster situation to a level of
acceptability through the rectification of damage and disruption that has been inflicted
upon an urban system’s built environment, people and institutions. Such perturbations
may be caused to an urban system by either natural or man-made disaster events, such as
flooding, tsunamis, earthquakes or explosions.
3
La fase di recovery può durare anche più di 10 anni, ed è un processo dinamico ed
estremamente complesso che vede coinvolte più entità, a partire dai cittadini stessi, che
con la propria opera e con la propria voglia di reagire, possono influenzare positivamente
le decisioni che si effettueranno. Fondamentale per un ritorno alla normalità è senza
dubbio il recupero delle attività economiche, il vero motore che può dare una spinta per
ripartire e quello che segna più profondamente le vite dei cittadini, che sfortunatamente si
ritrovano non solo con perdite personali importanti, ma anche sottratti dei mezzi per
ricominciare e per sopravvivere, costretti così a chiedere aiuto e sostegno, con gravi
conseguenze anche sul piano psicologico. In uno studio effettuato per misurare gli impatti
economici dell’uragano Ike, abbattutosi il 13 settembre 2008 nell’isola di Galveston, si
parla essenzialmente di tre tipologie di sfide che le amministrazioni devono affrontare
nella fase di economic recovery:
[…] economic vulnerability of municipalities, businesses, workers and residents; designing
and implementing small-business disaster recovery loan funds; and the paradox of
integrated community recovery (i.e., sequencing of repairing infrastructure, housing,
businesses, and schools).
4
Perché si parla di paradosso? La risposta è molto semplice: le scuole, ad esempio, non
riapriranno finché i residenti non ritorneranno nelle loro case; le attività industriali e
3
6th International Workshop on Remote Sensing for Disaster Applications, Indicators for Measuring,
Monitoring and
Evaluating Post-Disaster Recovery (a c. di) Daniel Brown, Keiko Saito, Robin Spence, Torwong Chenvidyakarn,
Beverley Adams, Anneley Mcmillan, Steve Platt.
4
PERI Symposium: Community Recovery from Disaster, Challenges of Economic Recovery Following Natural
Disasters - Insights Gleaned from Hurricane Ike, Chuck Wemple, Economic Development Program Manager,
Houston-Galveston Area Council of Governments
IV
commerciali non riprenderanno i loro ritmi finché la comunità non si sarà ricostituita;
residenti (e lavoratori) non ritorneranno finché non ci saranno le scuole aperte per i propri
figli e un accesso garantito ai più fondamentali servizi come supermercati, ospedali,
farmacie etc. Un circolo vizioso che rischia di rimanere immobile e perenne se la
“macchina” degli aiuti non verrà attivata al più presto. Appare quindi evidente che senza
un tessuto economico forte, senza un tessuto sociale forte, e senza l’impegno costante e la
collaborazione tra entità politiche e stakeholder, la ripresa della vita normale può risultare
addirittura impossibile.
A lack of finance is one of the most significant factors preventing reconstruction. This
may arise due to a shortage of capital, a lack of government support or a complex
application process for funding. The method used to allocate aid and resources to the
affected communities may also affect the recovery trajectory.
5
Per questo è importante avviare e impiegare strategie (politiche, economiche, di
marketing, comunicative etc.) che possano aiutare la vita sociale ed economica a ripartire,
sfruttando la “fase zero” che la catastrofe ha temporaneamente creato, cercando di
trovare il lato positivo e portando la situazione a proprio favore. Tale processo risulta
spesso molto delicato, perché coinvolge innanzitutto le persone in quanto attori presenti e
attivi, rappresentanti le fondamenta del tessuto sociale ed economico, e di conseguenza il
loro background emotivo, psicologico, percettivo, che non è assolutamente da sottovalutare
in una fase di post-catastrofe.
[…] It is now considered critical that citizens are involved in decision making throughout
the recovery process. Social capital and community organisations with strong leadership
are crucial to ensure a fast recovery and to provide maximum satisfaction to the
community. National recovery programs must therefore be flexible and incorporate local
opinion. It is also important that communities are provided with adequate guidance and
technical support. After the Chi-Chi Earthquake, residents complained due to a lack of
technical information by engineers, which led to construction that did not comply with
local building codes.
6
5
ibidem
6
Ibidem
V
Ovviamente, il passaggio da una fase di recovery organizzata a livello nazionale a una fase a
livello regionale o addirittura comunale presenta le sue importanti differenze, soprattutto
in termini quantitativi di mezzi e di forze coinvolte e impegnate, ma si può affermare che
nelle strategie di base, nell’importanza dell’azione e della presenza politica, di un network
efficace che collabori affinché la situazione ritorni alla normalità, nella necessità di un
tessuto sociale forte e compatto, non ci sia alcuna differenza. Dal punto di vista della
comunicazione e del marketing le azioni sono innumerevoli, e noi ci concentreremo su
quelle che riguardano la sfera del turismo e i suoi flussi, e le strategie per affrontare
un’eventuale crisi del settore. Andiamo ora ad esplicare i contenuti di tale lavoro capitolo
per capitolo. Non è possibile vedere e constatare se il legame tra l’industria turistica e la
ricostruzione post disastro sia efficace, se prima non si conoscono a fondo i meccanismi
di tale industria, i suoi funzionamenti, gli strumenti impiegati, la situazione attuale del
mercato. Per far ciò, nel primo capitolo abbiamo creato un percorso attraverso il mondo
del turismo, il cui mercato rappresenta un’enorme business globale, dove le sue
dimensioni reali e percettive contribuiscono alla creazione del turismo come un’esperienza
ludica, che colpisce e parla innanzitutto all’immaginario del consumatore. Fornendo poi
numerose definizioni, come quella di Turismo propriamente detto, ma anche di Regione
Turistica e di Turista (di cui se ne parlò per la prima volta nel 1833 grazie a Stendhal), si
andrà successivamente ad affrontare l’analisi dei meccanismi del comportamento turistico,
che troverà molte somiglianze nel comportamento di consumo, seguendo e subendo
numerose variabili, quali quelle economiche in primis, ma anche quelle psicologiche e
sociali. Questo poiché la pratica del turismo si è ormai caricata di un plusvalore
emozionale, mentale e psicologico, che la fa diventare nella nostra epoca un simbolo di
status e di prestigio, facilmente accessibile ai più. Nei paragrafi successivi, inoltre, verrà
ripercorsa brevemente la storia del turismo, partendo dal Grand Tour praticato dalle élite
europee, per passare al fenomeno della villeggiatura negli anni ’50, fino ad arrivare alla
massificazione del turismo negli anni ’80 e al cambiamento di paradigma poi dei giorni
nostri, dove al fenomeno di massa viene preferito un turismo che si preoccupi della
sostenibilità ambientale, culturale ed economica, con un forte riguardo e interesse agli
aspetti più identitari e folkloristici dei territori. Visto tale cambiamento, verrà poi naturale
analizzare il cambiamento dei consumatori dell’industria turistica, i quali attualmente
vengono attratti maggiormente dai viaggi vissuti come esperienza estetizzante,
dall’intellettualizzazione e cosmopolitismo degli incontri personali, da un’offerta
VI
personalizzabile dove essi si sentano i protagonisti. Analizzeremo il comportamento
turistico, nelle sue componenti logico-razionali e emotivo-irrazionali, fino ad arrivare al
processo decisionale, dove la ricerca di informazioni, la percezione della qualità e del
rischio, una probabile fedeltà alla marca, le aspettative e la soddisfazione finale avranno un
incredibile importanza nelle scelte future, e nella nascita di un passaparola positivo, o
negativo. Successivamente, presenteremo alcuni dati sull’industria turistica in Italia, le
entrate, la domanda e il cambiamento delle tendenze, sottovalutando l’incredibile rilevanza
del turismo per le economie mondiali, poiché capace di muovere grandi quantità di
persone, risorse e denaro. Per questo non potremo non parlare della forte e sempre
crescente concorrenza che le località turistiche stanno affrontando, dovuta alla
globalizzazione del mercato e ad altri fattori come la mobilità, e della valenza sempre più
fondamentale che stanno ricevendo strumenti come l’advertising, il marketing e il visual
branding. Infatti, a tale proposito, spiegheremo anche le differenze tra il Marketing
Turistico, ponendo un accento sulla sua natura intermedia tra marketing dei servizi e del
prodotto, e il suo ormai necessario impiego da parte degli enti pubblici e privati, i quali lo
impiegano nella pianificazione e nella divulgazione delle componenti del servizio, creando
un approccio sinergico alle risorse e alle attività, per aumentare il valore aggiunto della
località interessata. Insieme al Marketing Turistico parleremo del Marketing territoriale, il
quale si interessa del territorio a 360°, curandone le reti e i servizi, cercando di attirare e
coinvolgere i vari stakeholder, favorendo con tutti i mezzi lo sviluppo delle attività
economiche e l’attrazione di nuovi capitali. Il Marketing Territoriale si prende cura, infatti,
delle dimensione ambientale, economica e dell’appartenenza ad un territorio, le quali
costituiscono un serio vantaggio competitivo. Se unite alle azioni del Marketing Turistico,
il territorio potrà impiegare il turismo come volano per l’economia, attraendo investimenti
e creando occupazione, promuovendo la crescita economica, usandolo come alleato in
situazioni di crisi. Visto il crescente interesse della domanda turistica verso le città,
prenderemo in esame le pratiche di City Marketing e di City Branding, utilizzati per
modificare in maniera positiva le percezioni esterne di una città, incoraggiando il turismo
(culturale e attendo all’heritage del luogo), l’immigrazione di residenti e la delocalizzazione
verso di sé delle risorse. La città viene quindi trattata come un prodotto commerciale, che
necessita di un brand per l’identificazione (e anche di flagship e landmarks, cioè punti di
riferimento spesso creati ad hoc per la publicizzazione) e di strategie che curino l’azione di
comunicazione, il suo posizionamento, e la creazione di fiducia e di legittimazione. Dopo
VII
queste premesse verrà naturale parlare dell’importanza dell’immagine territoriale e
dell’immaginario del turista, cioè delle rappresentazioni mentali che egli possiede nel
processo di scelta, la sua percezione e le varie distorsioni che un’immagine può subire.
Analizzeremo a fondo l’immagine come costrutto psicologico, definendola, accostandola
al suo impiego nella pubblicità, nella gestione del brand e nella visual identity, ponendo un
accento sull’importanza delle azioni come veicoli comunicativi e identitari per la
costruzione positiva dell’immagine stessa del territorio; tale tema sarà poi affrontato nel
suo ruolo all’interno dell’industria turistica, tenendo a mente la valenza polisemica
dell’immagine. L’immagine territoriale appare infatti formata da opinioni, idee e
impressioni, a cui gli attori per la sua gestione e formazione (enti pubblici e privati, enti di
promozione turistica e mass media), dovranno portare estrema attenzione per ottenere
quella visibilità e riconoscibilità che funzioneranno da garante per l’unicità, oggi
fortemente ricercata dalla domanda, in tutte le sue declinazioni. Per questo, con
un’operazione che vedremo viene definita space packaging, occorrerà sfruttare le immagini
territoriali in maniera appropriata per concorrere alla formazione e alla suggestione
dell’immaginario del turista, dei suoi fattori oggettivi e soggettivi, impostando
un’immagine territoriale fortemente customer-oriented. Affronteremo infine le varie tipologie
di immagine territoriale nell’industria turistica, sottolineando la sua potenza “creatrice”
capace di dare vita a numerose rappresentazione della località, per le quali è importante un
intervento pianificato e strategico. Per rendere sempre più efficace tale approccio
strategico e arginare sempre più le influenze esterne, le amministrazioni hanno a
disposizione anche numerosi strumenti di comunicazione, che divideremo in strumenti di
massa, di percezione e atti all’informazione di scenario, i quali contribuiscono tutti alla
creazione di un’immagine turistica unitaria e coerente. Partendo dalla valenza strategica del
posizionamento, di cui ne analizzeremo le componenti immateriali, di differenziazione del
prodotto e così via discorrendo, approfondiremo poi le caratteristiche dei vari strumenti
comunicazione, passando dalle Pubbliche Relazioni agli strumenti a carta stampata
(quotidiani, pubblicazioni periodiche etc.), continuando con gli strumenti parlati (come la
radio, le conferenze, i seminari etc.) per poi arrivare agli strumenti ad immagine (cinema,
televisione etc.) e soprattutto all’impiego del Web e dei Social Network, di cui
affronteremo il rivoluzionario cambiamento apportato ai mercati aiutandoci con le tesi del
Cluetrain Manifesto. Non si può assolutamente negare, infatti, che l’impiego del Web 2.0 e
dei Social Media abbia cambiato profondamente sia l’approccio da parte dei consumatori
VIII
sia le modalità e i contenuti dell’offerta, grazie ai siti internet, ai travel blog e ai destination
blog, soddisfacendo quelle richieste di informazioni dettagliate, vive, e di turismo
esperienziale e protagonista. Il Web è diventato il primo marketplace dell’industria turistica,
dove i media (i quali possono, come vedremo in seguito, essere posseduti, acquistati o
guadagnati), garantiscono, se usati con saggezza e capacità, il controllo delle modalità del
flusso comunicativo in rete, ma anche, e soprattutto, lo sviluppo della fiducia e della
reputazione online e offline.
Con il secondo capitolo entreremo nel vivo del lavoro, poiché, dopo l’excursus attraverso
il mondo complesso ed estremamente interessante dell’industria turistica, e dei suoi
fruitori, i veri e assoluti protagonisti di tale realtà, andremo ad analizzare a fondo
l’universo delle calamità naturali. Inizieremo ovviamente fornendone una definizione
accurata, sottolineando il rapporto molto stretto che intercorre tra tali eventi disastrosi e
l’intervento dell’uomo sul territorio, per percorrere poi un’analisi sulla situazione in Italia:
forniremo così dati sulla frequenza di tali eventi sul suolo nazionale, sulle vittime e sui
costi che essi ci causano. Alla definizione di “calamità naturale” aggiungeremo
successivamente quella di “rischio”, termine complesso nella sua polisemia e difficile da
definire, poiché muta a seconda dei vari campi di applicazione, ma che in generale
possiede come caratteristica principale la potenzialità, e si coniuga totalmente con le
caratteristiche del territorio fisico e le caratteristiche sociali e psicologiche. Verrà poi
affrontata la questione delle correlazioni tra rischio, percezione del rischio e il fenomeno
del turismo, che dipendono da come tali situazioni rischiose vengono gestite, comunicate,
dall’impatto dei disastri sul territorio e dai danni da essi causati. Spesso le conseguenze
possono essere tremende e lunghe nel tempo, per questo le figure manageriali capaci di
gestire tali straordinarie situazioni di crisi sono sempre più indispensabili. In questi
momenti, come vedremo, riacquisteranno incredibile importanza le azioni sistemiche e gli
approcci integrati, che coinvolgeranno tutti i settori del territorio, con forte accento alla
collaborazione. Verrà infatti affrontato il tema importantissimo di sfruttare le potenzialità
del network, il quale, in situazioni post catastrofe, aiuta innanzitutto a coinvolgere la
comunità intera, le persone, le associazioni, gli stakeholder e gli enti privati, che potranno
collaborare tutti assieme ad esempio all’elaborazione, progettazione e marketing di
prodotti turistici congiunti, analisi e gestione dei flussi turistici, gestione delle risorse e
dell’accoglienza, promozione e tanto altro ancora, funzioni ancora più utili e fondamentali
dopo l’avvento di un evento catastrofico. Successivamente, analizzeremo a fondo i
IX
meccanismi che si innescano nella mente del turista quando una catastrofe naturale
colpisce una località, le modifiche che tale evento può causare nella sua percezione,
nell’immaginario da egli posseduto, a seconda della sua condizione psicologica, fisiologica,
soggettiva. Poiché l’obiettivo primario del turista è l’appagamento di un desiderio, la
percezione dell’ambiente e delle immagini è fondamentale nel meccanismo di relazione del
turista con la località prescelta, e i disastri naturali hanno la capacità di alterare tale
equilibrio, creando delle “stigme”: attraverso la definizione data da Goffman, vedremo
come l’impression management potrà controllare tali processi. Nonostante ciò, come vedremo
più avanti, non sempre un disastro naturale nuocerà alla località colpita, soprattutto se essa
sarà capace di cogliere la temporanea notorietà mondiale che tali eventi portano con sé. Di
conseguenza, sarà utile vedere come, per attivare una fase di recovery efficace ed efficiente,
innanzitutto economica, l’impiego del Destination Management, grazie ad un’attività di
networking e al coinvolgimento degli stakeholder, faciliterà notevolmente il processo di
creazione di valore indispensabile anche al fine di reagire più tempestivamente. Se le
amministrazioni e gli enti privati si preoccuperanno di salvaguardare l’immagine della
località colpita, si impegneranno innanzitutto con le azioni concrete che aiuteranno l’avvio
delle attività, e la sua immagine, cioè la sua reputazione, inizierà a godere di tali azioni, con
un’efficace strategia di branding. A nostro avviso, avrà un ruolo fondamentale nella
ricostruzione fisica e morale del luogo colpito la cultura, con tutto il bagaglio di
innovazione e creatività che porta con sé. Dopo un piccolo percorso attraverso la storia e
lo sviluppo del ruolo della cultura, arriveremo ai giorni nostri, ponendo l’accento sulle
nuove teorie dei distretti e delle industrie culturali, fino ad arrivare all’importanza delle
città creative, di cui abbiamo numerosi esempi sparsi in tutta Europa. La vera forza del
settore culturale, che necessita di un’approfondita conoscenza, risiede nel riuscire a
generare impatti (economici e non) che non si esauriscono nel breve periodo, ma che,
grazie alle trasformazioni che inducono, creano cambiamenti di tipo qualitativo, più che
quantitativo. A beneficiarne saranno tutti i settori, da quello ambientale a quello sociale,
senza ovviamente tralasciare quello economico, anche se purtroppo ancora oggi mancano
meccanismi adeguati di misurazione e valutazione. Presenteremo poi la definizione di
Cultura in tutte le sue sfaccettature, per comprendere al meglio il fenomeno, fornendo
anche dati della situazione della cultura e delle sue industrie in Italia, cercando di capire
quanto le imprese culturali apportano al Paese, grazie alla loro capacity building e al loro
orientamento alla soft economy. Porremo poi l’accento sul rapporto tra l’impiego della