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economica ha decretato un calo dei consumi generalizzato.
Il se�ore della moda e in particolare la moda made in
Italy, ha visto contrarre gradualmente i suoi fa�urati,
colpiti anche dalla massiccia competitività internazionale.
Congiuntamente alla sfavorevole congiuntura economica,
è in a�o una profonda trasformazione culturale del
sistema dei consumi. Se il consumo diviene specchio, nel
quale scorgere riflessa la turbolenza dei fenomeni sociali;
il consumo di moda è ciò che meglio può esprimere del
tu�o, la polisemia della realtà contemporanea.
Il clima di new austerity che aleggia nella società
contemporanea, ha costre�o la colle�ività, a me�ere in
discussione e ripensare le proprie già aleatorie certezze.
La confusione sistemica che governa la quotidianità,
esplicitata dalle molteplici e instabili identità individuali,
estremizza, confrontandosi con un periodo congiunturale
negativo, l’incertezza e la labilità dei processi cognitivi ed
emotivi degli individui.
II consumo è il nuovo termometro, con il quale misurare
la propria condizione esistenziale; acquistare, diviene,
paradossalmente, modalità effimera, grazie alla quale
relazionarsi con i propri bisogni e desideri. Lo stile di
consumo, dunque, si soprappone allo stile di vita, perché
ne rappresenta il fenomeno più evidente. Il debole potere
d’acquisto a�uale, non è per il consumatore, soltanto
una concreta difficoltà materiale ma anche una difficile
empasse emotiva, da affrontare e gestire. Il consumatore,
scisso tra ciò che desidera e ciò che può perme�ersi, investe
il consumo di moda, di una funzione terapeutica, in un
certo senso, salvifica, mediante la quale, salvaguardare la
propria auto-gratificazione e nutrire la propria sensibilità
edonistica. Il consumo di moda è traccia inequivocabile del
tormentato percorso, che il corpo sociale ha intrapreso alla
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disperata ricerca di un benessere materiale ed emotivo.
Esso assume un’importanza cruciale per comprendere
le logiche sociali e culturali che delineano i percorsi
ondivaghi, che gli individui- consumatori intraprendono
alla ricerca di un’utopica dimensione, grazie alla quale
rappresentare sé stessi e la propria storia personale.
Anche se il prezzo diviene il parametro, su cui i
consumatori modellano, necessariamente, le proprie
scelte d’acquisto, la propensione al consumo rimane alta e
ben radicata. Continuare a soddisfare le proprie esigenze,
convivendo, con una realtà economica alquanto depressa,
rappresenta una missione esistenziale per i depauperati
a�uali consumatori che, divenuti autonomamente creativi
nel costruirsi i propri proge�i di consumo, avvertono
però, la necessità di confrontarsi economicamente e
simbolicamente, con un’offerta, il più possibile vicina alle
proprie contingenti sensibilità consumeristiche.
Il sistema moda, quindi, me�e in discussione e rielabora
le proprie tradizionali logiche strategiche, divenute
gradualmente insufficiente, per rispondere ad una
domanda di consumo, dal deficitario potere contra�uale
ma allo stesso tempo, sempre più esigente. In tale scenario,
la distribuzione acquisisce una posizione di grande
rilievo, poiché è negli spazi fisici, nei quali si svolgono le
dinamiche d’acquisto, che avviene il conta�o dire�o tra
domanda e offerta e si esplicita il confli�uale rapporto
tra queste differenti e complementari realtà. I luoghi di
consumo si trasformano in palcoscenici, sui quali si dipana
lo schizofrenico rapporto comunicazionale tra brand e
consumatori. Le dinamiche d’acquisto dei prodo�i moda,
dunque, si ascrivono a categoria significante dei modelli
culturali, che guidano le nuove tendenze di consumo.
Il primo capitolo racconta, il cammino storico ed evolutivo
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del sistema moda, dall’Haute Couture al Prèt à Porter,
sino all’a�uale situazione di crisi stru�urale e finanziaria.
Il sistema riconosce i limiti dei propri tradizionali e
anacronistici modelli imprenditoriali e comprende
l’urgenza di riorganizzarsi strategicamente, per far fronte
alla crescente competitività internazionale. La creatività
non basta ad arginare la complessità, rendendo necessario
un approccio manageriale di cui, in altri tempi, si era potuto
fare a meno o quanto meno trascurare. I cambiamenti
incalzano e le logiche tradizionali sono destinate a lasciar
il posto a visioni innovative, in grado di risollevare le
sorti del se�ore, da qualche anno, dichiaratamente in
difficoltà.
Il secondo capitolo, partendo dal nuovo significato
assunto dal consumo, delinea le nuove sensibilità che
guidano i proge�i di consumo dei nuovi consumatori. Il
tradizionale conce�o di consumo, stre�amente connesso
e dipendente dal mondo della produzione, acquisisce
autonomia, scopre nuove potenzialità inespresse e assume
un’inedita importanza e centralità. Esso si sgancia dalla
sua originaria valenza materiale e funzionale per divenire
comunicazione. I prodo�i si dematerializzano e divengono
maieutici, contenitori dell’immaginario simbolico dei
consumatori. Successivamente, si analizza l’ambivalente
rapporto tra brand e consumatore, in cui cresce e si
potenzia l’a�eggiamento nomadico, tra le molteplici
marche in circolazione da parte di un consumatore,
dall’a�eggiamento sempre più autorevole e proa�ivo.
Inoltre, si definisce il potere socializzante del consumo,
a�orno al quale prendono forma nuovi legami tribali,
studiati e analizzati da una nuova branchia del marketing;
il marketing tribale, appunto; si analizza, infine, il nuovo
conce�o di lusso accessibile, nuova opportunità di
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consumo e di business, per consumatori e aziende.
Il terzo capitolo, traccia la progressiva trasformazione dei
luoghi di consumo, dalla bo�ega ai centri commerciali,
passando per i passages e le esposizioni universali. In
seguito, si puntualizza sull’importanza nel consumo,
delle emozioni e sul ruolo assunto dal punto vendita
come spazio, nel quale si dipana l’esperienza di consumo.
Il marketing tradizionale lascia il posto ad una nuova
prospe�iva: il marketing esperenziale. La distribuzione
diviene lo strumento più efficace per comunicare il valore
immateriale della marca e luogo di conta�o e di relazione
tra consumatore e l’universo di senso veicolato dal brand.
Il quarto e ultimo capitolo, definisce lo speciale formato
distributivo del Factory Oulet Centre, come l’alternativa
consumeristica più ada�a a contenere la problematicità
economica e cognitiva dei contemporanei proge�i di
consumo, esplorando, in particolare, le peculiarità della
realtà distributiva di Castel Romano Outlet. Il Factory
Outlet Centre, canale distributivo, nato, in tempi non
sospe�i, in base a necessità logistiche imprenditoriali,
rappresenta oggi, non solo una valido strumento per
contenere, per domanda e offerta, le conseguenze di
un periodo economicamente sfavorevole, ma strategia
a�raverso la quale, contenere, se pur occasionalmente, il
confli�o relazionale tra consumatore e sistema dei brand.
Proporre la propria offerta, secondo la logica outlet, infa�i,
non solo si traduce, per i fashion brand, in occasione
per risollevare le sorti dei propri fa�urati, colpiti dalla
contrazione dei consumi e da proposte commerciali a
buon mercato; ma rappresenta un’ efficace modalità,
grazie alla quale instaurare con i propri clienti una nuovo
e costru�ivo rapporto. Scegliere un centro outlet come
location, nella quale effe�uare i propri acquisti, per il
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consumatore, vuol dire, garantirsi degli speciali benefici,
introvabili altrove. La possibilità di comunque, regalarsi,
nonostante la crisi, un capo firmato ad un prezzo scontato,
soddisfacendo al contempo, la propria richiesta emotiva
di consumo esperenziale, in grado di allontanarlo dalle
pressanti preoccupazioni quotidiane, significa, alleggerire
il proprio fardello esistenziale e inoltre, percepire come
più vicina alla propria realtà, l’offerta griffata. La moda,
coerentemente, alla propria lungimirante capacità di
osservare e interiorizzare nel suo sistema, le trasformazioni
sistemiche del sociale è il se�ore che ha, prima di ogni
altro, saputo cogliere le potenzialità dell’universo di
senso esplicitato dalle dinamiche di consumo, possibili
all’interno del centro Outlet.
Concludendo, il Factory Outlet Centre corrisponde ad
un microcosmo spaziale, nel quale brand e consumatore,
si incontrano, si relazionano e raggiungono una sorta di
tregua cognitiva. Le frammentate identità dei consumatori
e i contraddi�ori messaggi emessi dal sistema dei brand,
nel contesto ambientale e insieme simbolico del centro
Outlet, si cristallizzano, dissolvendo la propria natura
confli�uale. La dimensione distributiva del Factory Outlet
Centre, realizzando, dunque, la rappresentazione ideale
della realtà consumeristica odierna, ne esalta la specificità
e nello stesso tempo, ne riduce la problematicità. Una
sorta di terra di mezzo nella quale, domanda e offerta,
possono me�ere in scena, liberamente, la propria
vulnerabilità strategica. Se la crisi economica ha di certo
esasperato e complicato ulteriormente a�eggiamenti di
consumo e logiche imprenditoriali, già sulla via di una
profonda trasformazione, la logica Outlet ne è la più
dire�a e ed esplicita raffigurazione. Il successo di tale
canale distributivo, in particolar modo, in Italia, è la chiara
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dimostrazione della necessità di implementare modalità
di consumo, che possano essere il più possibile, costante
specchio delle metamorfosi culturali ed economiche della
società. Lo sviluppo futuro di tale innovativa formula
commerciale, non può che non essere deciso, se non dall’iter
evolutivo del consumo e dalle dinamiche performative dei
suoi stessi protagonisti.