Capitolo I
LE RADICI CRACKING
I. 1. Futurismo
Risalendo nei decenni precedenti per cercare le correnti e i movimenti che
hanno influenzato i Cracking Artist, bisogna arrivare al Futurismo,
movimento con cui la Cracking Art condivide diversi punti, non solo per il
fatto di aver stilato un manifesto programmatico, ma anche per la visione
radicale del futuro e dello stesso passato. Il Futurismo nasce all’inizio del
Novecento con obiettivi precisi in particolare fondando la sua poetica su
temi nuovi, come la velocità, la meccanica che si sta rapidamente
4
evolvendo, l’uomo padrone di se stesso. Il Futurismo propone uno stacco
dal passato e incita al rilancio dell’uomo attraverso la meccanica; viene
“venerata” la macchina come strumento di rilancio della condizione
dell’uomo. Un merito di Marinetti, trasmesso poi agli artisti futuristi, è il
saper ragionare in termini globali, totalizzanti, superando il discorso delle
singole arti, arrivando ad impostare un discorso “estetico”, in grado di
sollecitare la nostra rete sensoriale; i futuristi si schierano contro i limiti
teoretici dei cubisti, verso cui contrappongono l’impegno verso una sintesi:
5
conoscere e agire. L’arte visiva quindi non deve limitarsi a dar conto dei
fenomeni, come li definisce Barilli, “fisico-percettivi”, ma dovrebbe essere
6
in grado di inserire anche gli stati d’animo. Tra gli obiettivi dei futuristi c’è
anche il rovesciamento, di museo e natura; è quindi interessante notare le
similitudini con il movimento di Cracking. Nel manifesto del 1915 viene
4
Cfr Ada Masoero, Prima del futurismo Milano tra Otto e Novecento, in Futurismo 1909-
2009, velocità+arte+azione, a cura di A.Masoero e G.Lista, Milano, Skira, 2009, p.25.
5
Cfr Renato Barilli, L’arte contemporanea. Da Cézanne alle ultime tendenze, Milano,
Feltrinelli Editore, 2005, p. 125.
6
Ibid.
9
7
enunciata la svolta da una fase “analitica” ad una fase “sintetica”,
l’obiettivo di Balla e Depero, redattori del manifesto del ’15 è trovare
un’equivalenza tra una analogia plastica che si configura con la possibilità
di un rapporto con la natura, non più analizzata come costruttrice di
simultaneità emotive, ma “ricostruita” analogicamente, cioè in termini di
una valenza di “natura artificiale” perché appunto ricostruita in due
8
equivalenze plastiche. Parte da qui il tentativo di ricostruire la natura da
parte dei futuristi, più specificamente, la ricostruzione della flora. Balla
propone una “flora futurista”, nel 1924 insieme ad Azari pubblica il
manifesto La flora futurista ed equivalenti plastici di odori artificiali, mentre
9
sei anni dopo BOT pubblica il volumetto di esempi La flora futurista. Con
questi scritti, confermati soprattutto da Azari i futuristi dichiarano che i fiori
forniti dalla natura non interessano, verrà creata invece una flora plastica
che secondo i futuristi sarà capace di rallegrare, vivificare, decorare i loro
10
quadri. Questa scelta viene fatta perché i fiori plastici sono in grado di
dare una inesauribile fonte di idee e di modelli, come scrive Azari nel
1924. I Crackers fondano molto del loro lavoro sulla ricerca dei fiori di
plastica, Carlo Rizzetti li usa per realizzare i Garden negli anni ’90, in cui i
fiori sembrano veri, pronti a decomporsi, invece sono li immobili e
11
immutabili, raccolti sotto una teca di vetro, ma immortali. Certo l’obiettivo
della Cracking Art è molto diverso da quello futurista, l’idea ecologica non
era contemplata dai futuristi, che avevano comunque un rapporto di per se
ambiguo con la natura, non considerandola necessaria ai fini utilistici
dell’uomo; eppure questa idea di immortalità della plastica è sicuramente
una discendenza diretta da Balla, Depero e Azari. Negli anni Venti inoltre
si apre un era di segno spiccatamente meccanico, il culto della “macchina”
è nel suo pieno sviluppo. Macchina non intesa solamente come
automobile, ma in senso ampio, ovvero mezzo meccanico anche e
7
Cfr Enrico Crispolti, Futurismo. I grandi temi 1909-1944, Milano, Mazzotta, 1997, p.20.
8
Ivi p.22.
9
Cfr Osvaldo Barbieri Terribile (BOT), La flora futurista, Piacenza, Ed. Casarola, 1930.
10
Cfr Enrico Crispolti, Futurismo. I grandi temi 1909-1944, Milano, Mazzotta, 1997, p.21.
11
Cfr Luca Beatrice, Ditelo con i fiori, in Cracking Art, a cura di T. Trini, Verona, Parise
Adriano Stampatore, 1993.
10
soprattutto industriale che permette di effettuare i movimenti, le
operazioni, i lavori in maniera rapida e precisa, è quindi un simbolo della
modernità e causa prima del moto accelerato che caratterizzerà la vita del
12
XX secolo. L’uomo di inizio Novecento convive con una grandissima
novità che sconvolge il suo modo di pensare e il suo modo di agire, non
dovrà più necessariamente spostarsi lentamente, ma avrà a disposizione
mezzi di trasporto rapidi e funzionanti senza la forza umana; le fabbriche
diventano più “meccanicizzate” e permettono ai lavoratori sforzi meno
sovraumani, le produzioni aumentano e migliorano; è quindi normale che
la macchina nella sua accezione più completa venga decantata dai
futuristi che ne fanno il loro cavallo di battaglia. Ma se l’inizio del
Novecento è stato sconvolto dalla macchina, l’inizio del nuovo Millennio è
stato sconvolto dalla genetica e dalla robotica: naturale quindi che
nascesse un movimento che ne decantasse i pregi e che lo utilizzasse
nelle sue opere, questi sono i Crackers. Il comune denominatore tra
Futurismo e Cracking Art è utilizzare i materiali, i mezzi, gli oggetti della
contemporaneità. Come l’intero manifesto di fondazione del movimento
futurista celebra la macchina in ogni sua forma, Marinetti infatti cita
l’automobile, certo, ma anche i fuochisti che alimentano i forni delle navi,
le locomotive, i tram, gli altiforni e le industrie; così il manifesto del
movimento di Cracking celebra la plastica e le tecnologie genetiche
puntando soprattutto sulla combinazione naturale/artificiale del binomio
13
plastica e petrolio. Sul versante dei contenuti l’arte futurista appare come
“arte meccanica”, Balla, circa nel 1915, inizia a sperimentare vernici
industriali, che conferiscono all’opera un aspetto più neutro, quindi più
meccanico; pochi anni dopo, precisamente nel 1923, sulla rivista “Noi”
14
diretta da Prampolini, viene pubblicato il manifesto: L’arte meccanica.
Manifesto futurista. Il manifesto viene firmato da tre futuristi, Prampolini
12
Cfr Ada Masoero, Gli anni venti: l’arte meccanica, in Futurismo 1909-2009,
velocità+arte+azione, a cura di A.Masoero e G.Lista, Milano, Skira, 2009, p. 193.
13
Cfr Luca Beatrice, Cracking Art, a cura di T. Trini, Verona, Parise Adriano Stampatore,
1993, Manifesto Cracking Art.
14
Cfr Ada Masoero, Gli anni venti: l’arte meccanica, in Futurismo 1909-2009,
velocità+arte+azione, a cura di A.Masoero e G.Lista, Milano, Skira, 2009, p. 195.
11
stesso con Ivo Pannaggi e Vinicio Paladini. Prampolini può essere
15
considerato uno dei maggiori teorici del futurismo, dopo Balla e Boccioni,
Pannaggi è architetto e pittore, che una volta allontanatosi dal futurismo
abbraccerà un’altra avanguardia storica come il costruttivismo russo di
16
Malevic ed El Lissitzky; Paladini inizialmente architetto, si avvicina alla
pittura da autodidatta, si laurea in architettura e si preoccupa di diffondere
17
l’architettura razionale in Italia. Nel manifesto i firmatari elencano
scrupolosamente gli idoli di questa nuova “religione”, vengono celebrate le
pulegge, i volani, le ciminiere e l’acciaio lucido, il profumo di ozono delle
centrali elettriche; queste novità vengono definite “aristocratiche”, termine
interessante visto che in questi anni l’Italia basava ancora la sua
economia sull’agricoltura, quindi la meccanica intesa come un’ élite
18
urbana. Da parte del futurismo c’è una precisa volontà di stacco con
tutto quello che può rappresentare un rallentamento e un freno alla
conquista del mondo da parte delle macchine, quindi anche il mondo
rurale italiano è da superare tramite la città e le meraviglie metalliche che
sono in essa, come il treno e la stazione ferroviaria. La ricerca meccanica
e tecnologica non è solo del movimento futurista, ma di tutte le
avanguardie storiche europee, interessante in tal senso uno scritto di
Charles Edouard Jeanneret (che più tardi prenderà il nome di Le
Corbusier) “La leçon de la machine”, apparso sulla rivista Esprit Nouveau
19
nel 1925, in cui spiega i motivi del perché la macchina venga idolatrata
in questo modo, soprattutto alla luce di quanto avvenuto pochi anni prima
in Europa, ovvero la Grande Guerra; Le Corbusier dice che ovunque nei
paesi europei, seppur martoriati dalla guerra, si respirava un’atmosfera di
fiducia nelle potenzialità illimitate della scienza, e soprattutto, delle sue
applicazioni tecnologiche, che avevano nella macchina la loro più efficace
15
Ibid.
16
Cfr Enrico Crispolti, Pannaggi e l’arte meccanica futurista, a cura di E. Crispolti, Milano,
Mazzotta, 1995.
17
Cfr Giovanni Lista, Dal futurismo all’ Immaginismo:Vinicio Paladini, Roma, Il cavaliere
azzurro, 1988.
18
Cfr Ada Masoero, Gli anni venti: l’arte meccanica, in Futurismo 1909-2009,
velocità+arte+azione, a cura di A.Masoero e G.Lista, Milano, Skira, 2009, p. 196.
19
Cfr A.Ozenfant e C.-E. Jeanneret, Les idées de l’Esprit Nouveau in l’Esprit Nouveau,
Parigi, 1925, riedizione 1974.
12
incarnazione. La ricerca scientifica è andata avanti e quelle potenzialità si
sono sviluppate maggiormente e lo scritto di Le Corbusier è applicabile
anche oggi e i Crackers possono essere individuati come i portatori di
questa idea, che fanno della ricerca scientifica uno dei loro punti focali su
cui basarsi per realizzare un opera. Malgrado un periodo difficile come
quello che oggi vive la popolazione mondiale, il gruppo di Cracking cerca
di portare un’idea positiva e presentare un’arte che incarna gli aspetti
“buoni” della tecnologia e della ricerca. Una scienza quindi che possa
servire ad un rilancio anche economico di un paese; i Crackers si sono
specializzati nella plastica e nello studio degli impatti del petrolio
sull’ambiente che di per se, essendo prodotto naturale non ha una
accezione negativa, che gli viene conferita successivamente essendo
l’origine della benzina; ma la raffinazione di petrolio può essere intesa in
maniera positva, ad esempio quando si utilizza per la ricerca medica.
Quello che accomuna Cracking Art e Futurismo, anche se in questo caso
sarebbe più corretto dire le Avanguardie Storiche, è cercare di far passare
un messaggio sullo “spirito”, da un parte della macchina, dall’altra della
plastica, ovvero fra capire che questi materiali caratterizzano il nostro
tempo e sono parte integrante, quindi è meglio usarli anche in maniera
artistica, presentando plastica e meccanica sotto un occhio diverso, quasi
a voler esorcizzare i punti di pericolo che caratterizzano questi elementi.
Ma le creazioni artistiche dei futuristi e dei Crackers collimano su di un
altro punto; nel 1917 sul giornale francese “Mercure de France”, Gino
Severini scrive:« Ho proclamato e difeso la bellezza delle locomotive, degli
aeroplani, ecc… tuttavia questo non implica affatto, come non pochi artisti
sembrano crederlo, che per fare un’opera moderna sia necessario
20
rappresentare esclusivamente questi corpi e oggetti nuovi». Credo che
questo passaggio scritto da Severini quasi cento anni fa, possa essere
ripreso e utilizzato per capire in maniera più profonda quanto i Crackers
siano legati al futurismo. Renzo Nucara:« un artista è un testimone
dell’animo umano e di riflesso del proprio tempo, è inevitabile ma non
20
Cfr Ada Masoero, Gli anni venti: l’arte meccanica, in Futurismo 1909-2009,
velocità+arte+azione, a cura di A.Masoero e G.Lista, Milano, Skira, 2009, p. 197.
13
necessario che l’attualità con i simboli e oggetti che la compongono
appaiano nelle opere». Nucara fa poi un esempio che è molto esplicativo:
se oggi facessimo un monumento al computer sarebbe come creare un
mausoleo e non sarebbe certo un’opera in grado di trasmettere una
tensione come invece potrebbe essere Guernica. Marco Veronese invece
focalizza il pensiero sulla spiritualità dell’opera che “non ha bisogno di
occhi”, alla vista appartiene solo la mera rappresentazione e il realismo
oggettivo già ci contorna ampiamente. Kicco precisa che le loro opere più
conosciute, ovvero le rappresentazioni pubbliche, sono sempre animali
che furono il primo linguaggio artistico raffigurato nei graffiti preistorici.
Puntualizza inoltre sul concetto di contemporaneo e moderno, che non è
di per se possibile una rappresentazione di un oggetto contemporaneo,
infatti la rapidità di cui oggi il mondo è prigioniero porterebbe questa
rappresentazione ad essere rapidamente desueta. Quindi dal Futurismo
alla Cracking Art si crea una sorta di filo conduttore anche sulla
concezione del contemporaneo, di cui l’artista non può essere prigioniero,
e secondo la filosofia Cracking l’arte è il modo di riscatto perche l’uomo
non sia più “vittima di questo tempo”, ma “protagonista positivo o
21
negativo”. C’è quindi questa ferma volontà di essere parte del proprio
tempo, quasi a voler essere un punto di riferimento per quel preciso
periodo, con ovviamente l’intenzione di lasciare una traccia indelebile nella
storia dell’arte.
L’altro punto focale, su cui si trovano similitudini, tra la Cracking e il
Futurismo, è il museo. Dagli artisti di Cracking non viene demonizzato
come fecero i futuristi, eppure possiamo notare assonanze soprattutto
quando Marco Veronese dice che il museo, soprattutto oggi è come una
cattedrale, un luogo in cui viene conservata la spiritualità artistica, quando
invece la spiritualità è anche in strada. Questo concetto ritorna già nelle
teorie futuriste che propugnavano un’arte libera dai vincoli museali,
considerati addirittura cimiteri da abbattere. Certo i Cracking artist non
vogliono distruggere i musei, ma ribadiscono l’importanza di un’arte non
21
Cfr Gianni Pozzi, Cracking Art: cinque anni per cambiare tutto, in Cracking Art
NATURALE/ARTIFICIALE, a cura di G.Pozzi, Milano, Mazzotta, 1999, p. 9.
14
legata ai circuiti “economici” dell’arte. Nei concetti e nei pensieri di
Marinetti c’era una “verve”, che doveva essere interpretata come idea del
cambiamento, se i futuristi volevano cambiare il mondo con forme nuove,
attraverso la tecnologia e le industrie, creando addirittura forme nuove;
allo stesso modo i Crackers vogliono cambiare il mondo con le forme
22
nuove di oggi. Utilizzando, come dice Alex Angi, le tre rivoluzioni del
nuovo Millennio, ovvero la nanotecnologia, la genetica e la robotica.
Questa “rivoluzione” parte dalle parole di Raymond Kurzweil “tecnologo”
che si occupa di sviluppo delle nuove tecnologie e di evoluzione della
23
specie robotica unita all’uomo. Il movimento di Cracking e il Futurismo
hanno, come abbiamo visto, molti punti in comune e per comprendere a
pieno la poetica del gruppo biellese è imprescindibile passare dall’arte di
Balla, Boccioni.
I. 2. Dadaismo
Ovviamente non è il solo movimento artistico a cui possiamo e dobbiamo
far riferimento per capire i Crackers; infatti per comprendere ancora
meglio la concezione che anima la Cracking Art, in questa idea di rottura e
rinnovamento non si può non analizzare il dadaismo ( anche Dada
pubblica un manifesto programmatico, redatto da Tristan Tzara, nel 1918),
in particolare Marcel Duchamp, che capisce perfettamente che l’arte ha
bisogno di un cambiamento profondo, soprattutto legato al momento, in
cui l’uomo sta andando velocemente verso l’autodistruzione, ovvero la
Prima Guerra Mondiale. C’è però in questo momento una tecnica artistica
che accomuna Futurismo, Dadaismo e Cracking Art: il polimaterismo.
Tecnica, sperimentata soprattutto dai futuristi, che consiste nella
realizzazione di opere d’arte a partire dall’accostamento o della
sovrapposizione di materiali diversi ed eterogenei. Boccioni teorizza
questa tecnica nel Manifesto della scultura futurista del 1913, inserendo
22
Conversazione con gli artisti di Cracking Art del 21 gennaio 2010.
23
Cfr Raymond Kurzweil, The singularity is near, Viking Press, 2005, trad. Ita Virginio B.
Sala, La singolarità è vicina, Milano, Apogeo, 2010.
15
poi nelle sculture di gesso elementi di materiali differenti, per esempio di
porcellana e di legno, oppure di vetro. Il massimo interprete di questa
tecnica è Prampolini, ma anche gli artisti dadaisti sono esperti
nell’utilizzazione dei materiali insuali: Arp, Schwitters, Janco realizzano
composizioni estremamente suggestive e allo stesso tempo incisive
24
accostando elementi diversi e stridenti. I Crackers adottano questa
tecnica, ma nei lavori individuali; quando Nucara realizza i Resinfilm
oppure gli Stratofilm utlizza e combina materiali diversi, nei primi unisce
resine, pigmenti e oggetti che possono essere naturali (ad esempio foglie),
oppure artificiali come tessere magnetiche, frammenti di pellicola
fotografica. Negli Stratofilm adopera plexiglass, resine e materiali naturali;
Veronese unisce nelle sue opere Contaminazioni e Fossili contemporanei
fotografie e silicone; mentre nei Fossili sintetici di inizio anni ’90 univa le
fotografie, con policarbonato e granuli in polietilene. Ecco che anche
singolarmente gli artisti di Cracking hanno creato un filo che li lega alle
avanguardie storiche; certo le ricerche individuali sia di Veronese che di
Nucara si sviluppano anche in altri ambiti, ma è significativo che due artisti
del gruppo biellese interpretino ancora la tecnica del polimaterismo. Altro
dato importante è interessante è il discorso legato alla contemporaneità,
se infatti i futuristi e i dadaisti utilizzavano i materiali “contemporanei” del
loro tempo, oggi i Crackers utilizzano i materiali della loro
contemporaneità. Ritornando al dadaismo e alle convergenze con il
movimento di Cracking, Marcel Duchamp realizza nel 1913 la Ruota di
25
bicicletta, dichiarandola opera d’arte; in quel momento crea una rottura
che ha una conseguenza enorme: in questo modo Duchamp crea l’arte
26
del riciclaggio, inoltre cambiando il punto di vista, cambia il significato. Il
movimento dada intende disincantare il pubblico, senza esaltare la
meraviglia del moderno, ma condannare l’inganno e dissacrare gli
24
Cfr Marta Ragozzino, Due o tre modi per distruggere l’arte, in Art Dossier: Dada,
Firenze, Giunti, 1994, p. 34.
25
Cfr Philippe Daverio, Arte Stupefacente, da Dada alla Cracking Art, Milano, Mazzotta,
2004, p.9.
26
Cfr Roberta d’Adda, La vita e l’arte. Marcel Duchamp, in I classici dell’arte. Il
Novecento, Milano, Rizzoli-Skira, 2004, p.36.
16
stereotipi della società benpensante deridendo tutti i simboli più vieti;
l’obiettivo diventa offendere il pubblico perbenista attaccando il rigore,
27
l’ordine, la pulizia e il moralismo bigotto. Condannare la guerra che
impazza e allo stesso tempo dire con forza che l’arte può sanare la pazzia
umana ristabilendo “ un equilibrio tra cielo e inferno” come scrive Hans
Arp. Ecco che il filo con la Cracking Art è creato, infatti i Crackers scrivono
nel loro manifesto che solo l’arte e la cultura sono la salvezza del mondo,
che anche oggi sta correndo velocemente verso una nuova
autodistruzione. Inoltre le attività Dada includevano manifestazioni
pubbliche , dimostrazioni e discussioni di arte e politica, discussioni che
venivano incluse nella creazione artistica. Dada nacque come protesta
contro il barbarismo della Prima Guerra Mondiale, in seguito il movimento
venne improntato su una sorta di nichilismo artistico, che escludeva e
condannava la rigidità e il manierismo in vari campi dell’arte. Come Dada
anche la Cracking realizza manifestazioni pubbliche e performance e gli
argomenti che trattano gli artisti sono altrettanto sensibili di quelli trattati
dai dadaisti e anche la nascita del movimento di Cracking è legato ad una
protesta, o meglio ad un grido di allarme legato all’ambiente e all’ecologia
del pianeta che è sempre più minacciato dall’uomo e dagli agenti
inquinanti. Duchamp lavora sull’idea del ready-made, ogni oggetto è di per
se pronto per diventare opera d’arte, il movimento di cracking invece,
realizza le sue opere partendo da un materiale che spesso è granuloso
oppure in polvere, presentandosi così infatti il polietilene con cui vengono
realizzati gli animali. Cracking art lavora sull’idea della mutazione, della
sostituzione e del paradosso. Non è un caso che i sei artisti abbiano scelto
come rifugio creativo, come caverna artistica, la LAP (Lavorazione Articoli
Plastici) vero e proprio deposito di doppi, ma soprattutto laboratorio di
realizzazione dei sogni del gruppo. Presso la LAP si può trovare di ogni
oggetto reale, la sua rappresentazione plastificata; è un ulteriore
spostamento rispetto al prelievo duchampiano: non rappresentazione, né
presentazione del reale, ma presentazione di una rappresentazione.
27
Cfr Marta Ragozzino, L’arte della provocazione, in Art Dossier: Dada, Firenze, Giunti,
1994, p.20.
17
L’obiettivo dei Crackers diventa quindi quello di alterare un ordine
28
precostituito, di determinare una rottura, sperimentando il disordine.
Quando Tristan Tzara presenta il dadaismo cerca di far capire quali sono i
punti fondanti dell’avanguardia zurighese. L’idea di Dada non era quella di
distruggere l’arte, ma siccome l’arte con la A maiuscola tendeva a
prendere una posizione privilegiata o tirannica su una scala di valori,
portava il dadaismo a dichiararsi antiartistico, antiletterario e antipoetico.
La volontà di distruzione era piuttosto una aspirazione verso la purezza e
la sincerità, rispondere a quelle ricerche dell’eterna bellezza, situate fuori
dal tempo, che pretendevano di raggiungere la perfezione. I codici scelti
dai dadaisti, così irriverenti e soprattutto così arbitrari, hanno come scopo
non la negazione dell’arte in sé, che come sappiamo è intimamente
connessa alla vita dell’uomo, ma la negazione dell’istituzione arte (l’arte
con la A maiuscola) e la romantica ricongiunzione tra arte e vita, il rifluire
29
del fare artistico nella totalità dell’esperienza dell’uomo. La poetica del
movimento di Cracking, ha molti punti in comune con questa visione
dadaista, soprattutto legata alla concezione dell’istituzione arte, gli artisti di
Cracking si pongono infatti contro un’arte legata solo ai circuiti istituzionali
e cercano e scoprono nuovi canali per la proposizione della loro arte, che
è per il pubblico in senso lato e non per una ristretta cerchia di eletti. La
concezione artistica di Dada era quindi rinunciare alle tecniche
specificamente artistiche, per quelle moderne della produzione industriale,
utilizzate anch’esse in maniera non convenzionale e creativa; risalgono a
questo periodo le rayografie di Man Ray. Le rayografie sono immagini
nate in camera oscura, senza l’ausilio della macchina fotografica, grazie al
processo chimico che la luce innesca sui materiali fotosensibili: il risultato
è quello di un negativo degli oggetti opachi o traslucidi che sono stati
appoggiati sulla carta. Prima si è accennato al Costruttivismo sovietico,
avviene anche nell’avanguardia sovietica l’impiego di materie plastiche, in
28
Cfr Gianni Pozzi, Cracking Art: cinque anni per cambiare tutto, in Cracking Art
NATURALE/ARTIFICIALE, a cura di G.Pozzi, Milano, Mazzotta, 1999, p. 11.
29
Cfr Marta Ragozzino, L’arte della provocazione, in Art Dossier: Dada, Firenze, Giunti,
1994, p.8.
18
modo particolare da parte di Naum Gabo che, insieme a Pevsner, approda
a forme geometriche astratte in plexiglass unendo spesso anche filo di
30
nylon. L’adozione delle materie plastiche da parte di Gabo avviene
sistematicamente dopo il 1920, questo dovuto al fatto che in Unione
Sovietica queste nuove materie erano di difficile reperimento.
I. 3. Lucio Fontana e lo Spazialismo
Analizzando poi gli altri movimenti artistici che possono aver influenzato la
Cracking Art c’è sicuramente Lucio Fontana e lo Spazialismo, altra
corrente che stila un Manifesto programmatico in cui vengono enunciati i
punti fondanti del movimento. Il programma viene redatto nel 1946 ad
opera di Lucio Fontana con il nome di Manifesto Bianco. Lo Spazialismo è
quindi un altro movimento che ha come tratto distintivo l’iniziale redazione
di un manifesto programmatico, ma i punti di similitudine tra il movimento
spazialista, in particolare Fontana: analizzando i punti del Manifesto
Bianco, scritto da Fontana, quando ancora era in Argentina, ma pubblicato
in Italia, si nota che uno dei problemi che l’artista si propone di risolvere è
il rapporto tra materia, spazio e artista, sulla base delle precedenti
esperienze artistiche. “La materia per Fontana è relativa al creatore, il cui
strumento è la forma; deriva da ciò una ridefinizione della materia
31
attraverso lo strumento del creatore, la forma”. Scrive così Jole de
Sanna, trasportando le parole di Lucio Fontana, per spiegare il Manifesto
Bianco. Viene ribaltata la concezione artistica su cui si basava l’arte in
quel momento, ovvero che il legame materico era formulato rispetto allo
spazio e al tempo; l’artista secondo Fontana, essendo colui che crea, si
pone all’apice della triangolazione materia – artista – forma, nasce da qui
il titolo unico dei quadri successivi al 1947: Concetto Spaziale. L’artista
torna a creare, essendosi liberato di due ceppi modernisti, il meccanicismo
30
Cfr Francesca Gallo, Nuovi Materiali, trasparenza, leggerezza, metamorfosi: la scultura
e le materie plastiche in Arte contemporanea e tecniche a cura di S. Bordini, Roma,
Carocci, 2007, p. 61.
31
Cfr Jole de Sanna, Materia esistenza natura Concetto Spaziale, in Burri e Fontana
1949-1968 a cura di B. Corà, Milano, Skira, 1997, p. 33.
19
32
dello spazio tempo e il formalismo che impone il linguaggio al contenuto.
Questi due termini “linguaggio” e “contenuto”, molto importanti per i
Crackers che li utilizzano per le opere collettive, realizzate sempre con
l’intenzione di inviare un messaggio, sono riconducibili alla Poesia visiva,
che nasce dalle sperimentazioni artistiche e letterarie compiute negli anni
Sessanta e Settanta. L’obiettivo è spiegare che tra la parola che “designa”
l’oggetto e la traccia che lo “disegna” c’è un forte legame e già gli
aborigeni consideravano impossibile potersi rapportare con il mondo
senza possedere un’immagine mentale di ciò che ci circonda e senza
33
formularla con un linguaggio grafico o pittorico. Emmanuel Anati,
etnologo scopritore delle pitture rupestri in val Camonica, ha chiesto agli
aborigeni australiani, che ancora dipingono alla “maniera” preistorica,
come mai raffigurassero il soggetto prima della caccia; il cacciatore
rispose che non era possibile cacciare se prima non si dipingeva l’animale
34
in questione. Il rapporto quindi tra parola e immagine è molto antico, e
nell’arte novecentesca è stata utilizzata da due grandi maestri come
Marcel Duchamp e Renè Magritte. Utilizzata in maniera ironica da parte
35
del primo, quando scrive L.H.O.O.Q. sotto il poster raffigurante la
leonardesca Gioconda, molto più profondo invece il discorso di Magritte,
ossessionato dai nomi e dalle cose, ha sempre giocato con le forme e la
loro definizione. Ceci n’est pas une pipe, è il titolo del quadro, ovvero
“Questa non è una pipa”, quando invece la raffigurazione è effettivamente
una pipa; l’opera diventa a questo punto un trattato filosofico e il perché
l’artista belga scelga di raffigurare una pipa e contemporaneamente
negarne l’esistenza, viene postulato dal filosofo francese Michel Foucault,
che nel saggio omonimo, spiega il quadro, dicendo che l’obiettivo
dell’artista, rimane semplice: attenzione, rappresentazione non significa
realtà, l’immagine di un oggetto non è l’oggetto stesso! La pipa del quadro
32
Ibid
33
Cfr Emmanuel Anati, I segni della storia, Roma, Di Renzo Editore, 1997, p. 67.
34
Cfr Emmanuel Anati, Il mondo immaginario della preistoria: l’arte rupestre nel mondo,
Milano, Jaca Book, 1995.
35
Gioco di parole francese, che Duchamp applica alla Monna Lisa cercando di spiegare il
motivo dell’enigmatico sorriso.
20
non si può fumare così come le mele delle nature morte non si possono
36
addentare. Con Fontana si crea un dualismo dentro/fuori, in cui si
riconosce la realtà; diveniamo quindi pronti per registrare la funzione dello
spazio nel processo: la coscienza ha bisogno di spazio e realtà, che viene
ricercata da una comunità che ha avuto il senso della realtà segnato in
negativo dagli eventi bellici del XX secolo, manifestando quindi
un’esigenza immediata di realtà facendo appello allo spazio. Quindi un
reale da rifare, la reazione di Fontana alla cultura che ha deformato la
realtà è deliberata, nel testo Perchè sono spaziale stronca il Cubismo, reo
di aver deformato la realtà: «Cubismo deformazione, deturpazione se si
37
vuole intelligente delle forme umane, bruttezza, decandenza». Gli artisti
biellesi condividono molto con Lucio Fontana, interpretando nel miglior
modo le sue enunciazioni. La realtà nei Crackers viene coniugata allo
spazio, che si fa pubblico e per la comunità, una realtà che non è
oggettiva ma simbolica, raccontando la realtà in modo inconscio, facendo
si che si radichi in profondità. Spiegare attraverso la realizzazione di un
Suricata, di un Delfino, o di una Tartaruga, collocando l’animale in luogo
pubblico, quindi occupando fisicamente lo spazio, che il mondo ecologico
è in pericolo è fortemente riconducibile al rapporto di parola/immagine
della Poesia visiva; le Tartarughe installate davanti ai padiglioni nazionali
della 49ª Biennale d’Arte di Venezia, nel 2001 “lanciavano” un SOS al
mondo dell’arte ( appariva la scritta SOS WORLD), l’unico in grado,
secondo i Crackers, di poter salvare il mondo, essendo arte e cultura i due
soli modi che possono permettere all’uomo di evitare guerre e distruzioni.
Il rapporto parola/immagine è pero emblematico nell’installazione di
Roma, presso la galleria di Gian Enzo Sperone, in cui i pesci,
rigorosamente di plastica, si muovevano in banchi creando la scritta SOS.
Un modo per denunciare i pericoli che correvano le diverse specie marine
del Mediterraneo. Per la realizzazione delle opere collettive del gruppo di
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Cfr Michel Foucault, Ceci n’est pas une pipe, trad. Ita. Roberto Rossi, Milano, SE
editore, 1988.
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Cfr Lucio Fontana, Perché sono spazialista, 1952.
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