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Introduzione
Cos’è il fenomeno Cosplay? Come si diventa Cosplayer? Cosa spinge
una persona da semplice consumatore di prodotti culturali a travestirsi e
girare mascherata interpretando un personaggio? Come si rappresenta un
Cosplayer?
Lo scopo di questa analisi è quello di esaminare l’emergere di un
fenomeno globale, quale quello del Cosplay, nelle sue rappresentazioni come
espressione di un prodotto dell’immaginario. Il metodo di approccio
utilizzato affronta il quesito servendosi del metodo autocritico nella sua
totalità (Morin, 1962), quest’analisi del fenomeno prevede la partecipazione
attiva dell’osservatore nei confronti del suo oggetto di studio integrando
l’analisi oggettiva all’osservazione effettuata. L’attenzione verso questo
soggetto d’osservazione è stato guidato da una passione personale per il
Cosplay e la cultura pop nelle sue varie forme, che nel corso degli anni ha
iniziato ad interessare da un punto di vista sociologico gli studi su questa
forma di travestimento (Kane, 2017; Flatt, 2015; Nesic, 2013; Lamerichs,
2013; Lotecki, 2013; Rahman, 2012; Vanzella, 2005;).
Possiamo innanzitutto chiarire che un Cosplayer è una persona molto
appassionata di anime e manga, in questo caso ne parleremo come di un fan,
collezionista di dvd, gadget e Tankōbon
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, che realizza con i propri mezzi
costumi ispirati ai personaggi di queste opere con la finalità di essere
indossati durante i raduni dedicati alla cultura pop. L’attività del
travestimento è tuttavia trasversale alla passione per anime e manga, in
quanto è possibile indossare i panni di qualunque personaggio di fantasia, sia
esso appartenente al mondo dei fumetti americani, telefilm, film o
videogiochi.
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Particolare formato cartaceo, (13x18 cm) utilizzato nell’industria manga.
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Il mondo dell’immaginario ha il merito di generare oggetti di
rappresentazione che diventano per i Cosplayer soggetti interessanti di
identificazione e trasformazione. Nel corso di questo nostro studio in seguito
ad un approccio teorico, analizzeremo come tecnicamente avviene questo
processo e quali siano le tattiche messe in atto dagli individui all’interno
degli spazi online e offline per la loro rappresentazione.
Un importante contributo a questo studio è stato dato grazie ai lavori di
Marco Pellitteri Il drago e la saetta: modelli, strategie e identità
dell’immaginario giapponese (2006) che ha il merito di esprimere una
riflessione esaustiva riguardo l’arrivo della cultura pop nel panorama
europeo nonché italiano. Il suo lavoro di approfondimento su anime e manga
servirà come punto di partenza per gli autori successivi per tentare di
spiegare l’esplosione del Cosplay. Autori italiani fra cui Luca Vanzella,
Rebecca Adami, ed autori stranieri Henrik Bonnichsen, Laura Kane, Shelby
Flatt, importante citare il lavoro di Ashley Lotecki (2013) Cosplay Culture:
The Development of Interactive and Living Art through Play, esplorano i
processi creativi, emotivi, sociali e comportamentali del Cosplayer durante la
costruzione e l’interpretazione del personaggio, inclusa la negoziazione tra
finzione e realtà, e il luogo dell’identità temporanea (ibidem).
Il fenomeno del Cosplay può essere inteso come lo step finale di un
viaggio di scoperta, di riconferma, di sperimentazione identitaria, un
percorso che inizia con i primi contatti con anime e manga che fungono da
nuovi modelli di riferimento, sino alla riproduzione in carne ed ossa dei
propri personaggi preferiti. Un cammino che accompagna i pre-adolescenti
nel mondo della piena adolescenza e si ripropone di aiutarli a districare
conflitti tipici vissuti in quell’età, dove i modelli di riferimento cambiano
costantemente in base alla mutevole idea del tipo di persona che si vuole, o
deve, diventare da adulti (Della Valle, Rossetti, Cantone, 2015).
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Il lavoro è suddiviso in due parti, nella prima parte illustreremo i
fondamenti dell’immaginario e delle dinamiche che hanno portato l’industria
culturale ad attingere dai suoi modelli per standardizzare contenuti dalla
parvenza originale. Grazie all’importazione dell’intrattenimento giapponese
nel panorama italiano sin dagli anni ’70-’80, vedremo come con l’arrivo di
questi prodotti l’opinione su tutto il settore sia stata influenzata in maniera
negativa, connotando questi nuovi contenuti come pericolosi e dannosi per lo
sviluppo psicologico dei bambini, riconducendo ad anime, manga e
videogiochi del settore, un mero tentativo di condizionare le giovani menti
ad un inneggiamento dei valori nipponici (Vanzella, 2005). Parleremo inoltre
di come il Cosplay possa essere considerato come una nuova sottocultura
emergente e non solo una moda passeggera destinata ad essere dimenticata
(ibidem). Sin dai tempi più antichi il travestimento e la maschera hanno fatto
parte della vita dell’individuo, nelle società arcaiche l’utilizzo di questi
elementi accompagnava un processo deformativo del soggetto che avveniva
sia sul piano corporeo che inconscio, nella società moderna di oggi, la
maschera è uno strumento che protegge un’identità spogliata del suo valore
magico di metamorfosi che diventa un oggetto di ludico divertimento
(Fimiani, 1984).
Attraverso questa attività partecipativa i Cosplayer possono
momentaneamente distaccarsi dalla realtà del mondo a cui appartengono, per
entrare in un mondo immaginario fatto di gioco e sperimentazione libera. Il
tema del gioco sarà affrontato citando i lavori di Roger Caillois (1958) e
Johan Huizinga (1938) rapportando il turismo psicologico dell’io e lo stato
di moratoria alla fase di socializzazione primaria come step necessario per la
crescita e la formazione dell’identità dell’individuo.
Nella seconda parte analizzeremo le due componenti fondamentali del
Cosplay, la parte legata all’importanza del Costume, in base alla quale ne
derivano diverse categorie e generi che saranno approfondite (Lotecki,
2013), e la sezione dedicata al play ovvero alla dimensione del gioco e alle
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sue rappresentazioni online e offline. Come vedremo, l’importanza che
assume il costume per il Cosplayer, ne determina delle categorie gerarchiche
che differenziano il Cosplayer amatoriale da quello professionale,
l’investimento di tempo, risorse e denaro può incidere sulla resa finale del
lavoro e far acquisire notorietà e prestigio ai Cosplayer con più dedizione.
L’elemento del costume fa parte della dimensione più ampia del gioco del
Cosplay che si costruisce egualmente sia nel mondo online che in quello
offline (Kane, 2017). La partecipazione alle fiere Cosplay e ai principali
raduni dove la presenza fisica viene notata, contribuisce a generare scambi
relazionali fra altri Cosplayer e il pubblico, e a produrre materiale originale
per essere postato e condiviso con la propria fanbase ricalcando il modello di
micro-celebrity proposto da Alice Marwick, (2015).
Come più volte verrà sottolineato nel corso della trattazione, il Cosplay è un
gioco la cui attività è libera e circoscritta in un tempo e spazio preciso
(Caillois, 1958), quando ciò non avviene e il Cosplay oltrepassa i limiti del
mondo reale, si vengono a creare dei fenomeni che hanno origine dal
Cosplay ma non possono più essere definiti tali secondo le linee guida a cui
esso si rifà.
La Gothic Lolita o il Kawaii sono fenomeni che attingono dal Cosplay
estrapolando costumi o un particolare stile d’abbigliamento e tratti
comportamentali (come ad esempio quello bambinesco) applicandoli nella
vita di tutti i giorni (Molle, 2008; Nesic, 2013). Questa estremizzazione della
rappresentazione, dove non vi è più scissione fra la dimensione reale e quella
immaginaria, è particolarmente evidente per quanto riguarda il panorama
orientale ma non è escluso che possa presto entrare a far parte della nostra
vita quotidiana così come hanno già fatto i Cosplay.
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1. IMMAGINARIO, GIOCO E COSPLAY: INTRODUZIONE AL
FENOMENO POP
L’universo del Cosplayer è un mondo tutto da scoprire. Il fenomeno del
Cosplay così come lo conosciamo oggi può essere attribuito ad una
trasformazione della già conosciuta pratica del travestimento, in questa sede
accenneremo alle due principali festività, Halloween e Carnevale, conosciute
per l’utilizzo della mascherata sin dai tempi antichi e a come il Cosplay
abbia attinto da alcune delle loro pratiche per creare qualcosa di nuovo ma
tuttavia già noto. In questa prima parte vedremo perché essa è stata definita
nel corso degli anni come subcultura o sottocultura, per la presenza di
dinamiche e modelli ben precisi cui i membri si devono attenere, e di come
pareri discordanti riconoscano o meno, il gruppo dei Cosplayer come una
comunità (Vanzella, 2005, Adami, 2009). Sebbene nel corso degli anni il
Cosplay abbia abbracciato un po’ tutti i settori di intrattenimento,
nell’immaginario comune parlare di Cosplayer equivale a riferirsi in
automatico agli appassionati della cultura del Sol levante. Requisito
fondamentale è la passione per l’universo giapponese nelle sue varie forme
che siano musica, manga, anime o altri prodotti culturali, cui l’individuo
entra in contatto prima ancora di diventare Cosplayer. È opportuno quindi un
accenno all’industria culturale che ha favorito l’ingresso di tutta una serie di
prodotti legati all’universo di anime e manga, che a partire dagli anni ’80 ha
inondato il mercato dell’intrattenimento italiano. Accenneremo a come
questi stessi prodotti attingano da una fonte più grande quale l’immaginario
collettivo per la creazione di prodotti seriali che riattivano nuovi meccanismi
d’identificazione e proiezione (Gemini, 2018).
Tenteremo quindi di dare una definizione a questo fenomeno
ricostruendone l’evoluzione, dall’introduzione di prodotti dell’industria
culturale giapponese, così diversa da quella americana cui l’Italia era stata
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abituata a consumare, a oggetti di rappresentazione del Cosplayer.
Accenneremo a come il Cosplayer possa utilizzare l’attività del
travestimento come un gioco di sviluppo e sperimentazione nel processo di
formazione della propria identità che avviene in particolar modo durante la
fase adolescenziale.
1. Industria culturale e immaginario collettivo
Prima di parlare di come il Cosplay utilizzi manga e anime giapponesi
come soggetti delle loro rappresentazioni, è bene accennare come queste due
forme di intrattenimento siano entrate a pieno nell’industria culturale e di
come i loro modelli attingano dall’immaginario collettivo, concetto che ci
aiuterà a connettere l’immaginario performativo con le logiche performative
del Cosplayer.
L’industria culturale è formata da due parole che di per sé rappresentano
un ossimoro: l’industria legata alla produzione in serie, distribuzione e
standardizzazione, e la cultura, creativa, libera e individualizzante. Questo
connubio è stato reso possibile grazie alle moderne invenzioni come il
cinematografo e il telefono senza fili, che hanno attirato il capitalismo in un
settore fino all’epoca poco esplorato. Il sistema privato e il sistema di Stato
condividevano la stessa preoccupazione di raggiungere il grande pubblico,
sebbene con scopi diversi, per farlo bisognava abbracciare un consenso
comune imbrigliando la creatività con l’omologazione (Morin, 1962).
Secondo la scuola di Francoforte e in particolare secondo il pensiero di
due dei suoi massimi esponenti come Theodor W. Adorno e Max
Horkheimer in Dialettica dell’Illuminismo (1947), esposero la loro idea
secondo cui l’industria culturale riduceva la produzione della cultura alla
stregua di una merce di consumo, questi prodotti creativi riproducibili in
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serie erano subito fruibili affinché l’esperienza di consumo avvenisse con il
minimo sforzo.
Edgar Morin nel suo Spirito del tempo (1962) parla di questa dualità
dell’industria culturale, che da un lato ricerca un equilibrio fra l’originalità
del prodotto e l’incisività nella mente del pubblico, dall’altro alla necessità di
essere standardizzabile e distribuibile. Questo conflitto viene risolto grazie
alla struttura dell’immaginario collettivo e alle sue immagini archetipiche.
Con immaginario intendiamo il contenuto dell’immaginazione simbolica
nelle sue varie forme che comprende simboli, immagini, miti e
rappresentazioni (Durand, 1983). L’immaginario collettivo è un ambiente
mentale infinito dove risiede tutto ciò che è stato immaginato dal genere
umano sin dal principio, l’individuo attinge alle immagini che danno forma
ai pensieri proiettandole nel mondo circostante per utilizzarle come mezzo di
comunicazione e relazione. Le immagini da cui attingiamo sono immagini
archetipiche che sono percepibili e attualizzate in forma di simbolo grazie
alla quale è possibile dare ordine ed espressione a concetti astratti.
(Bartoletti, 2012).
Per parlare di archetipi dobbiamo citare la struttura dell’inconscio, il
concetto originario elaborato da Carl G. Carus (1789-1869) ed Eduard von
Hartmann (1842-1906) è stato perfezionato da Freud, limitandosi ad indicare
questo luogo come punto convergente per impulsi e contenuti dimenticati o
rimossi, di natura prettamente personale nonostante ne riconoscesse delle
origini arcaico-mitologiche. Jung ha approfondito questo concetto
suddividendo l’inconscio in due strati, uno personale più superficiale dove
risiedevano le memorie individuali, ed uno più profondo dove vi era una
parte che non derivava da esperienze o acquisizioni personali bensì era
innata e definirà inconscio collettivo. All’interno dell’inconscio collettivo
risiedono gli archetipi, immagini primordiali ereditarie, presenti in ogni
individuo in maniera universale a prescindere dall’epoca storica o della