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INTRODUZIONE
Il ruolo delle emozioni nei contesti professionali è stato un argomento di
ricerca a lungo trascurato. Tale noncuranza potrebbe essere attribuita alla tradizione
dei modelli razionalistici delle organizzazioni che hanno sottostimato o considerato
come un elemento di disturbo il ruolo delle emozioni nell’attività organizzativa. Un
esempio è offerto dalle concezioni weberiana e tayloristica, entrambe promotrici di
una visione delle organizzazioni come strumenti razionali per raggiungere scopi
specifici, senza nessuno spazio per l’iniziativa dei soggetti, attenti solo al rispetto
delle regole (Bonazzi, 2006).
Solamente nella seconda metà degli anni ottanta e novanta si registra un
crescente interesse nei confronti delle emozioni nei contesti sociali ed organizzativi a
causa della loro valenza in relazione alla motivazione lavorativa, all’efficacia dei
team e ai risultati organizzativi (Kelly e Barsade, 2001). I ricercatori focalizzano la
loro attenzione sul rapporto tra individuo ed organizzazione non più come entità a se
stanti, ma come sistemi di interazione.
In particolar modo, uno dei nuclei di approfondimento di questo lavoro di tesi
è il costrutto di contagio emotivo (emotional contagion, Hatfield, Cacioppo e
Rapson, 1994), ovvero la tendenza delle persone ad imitare sincronicamente
l’espressione facciale, le vocalizzazioni, la postura e i movimenti di un’altra persona
con cui si entra in relazione e conseguentemente convergere emotivamente. Tale
fenomeno è bidirezionale poiché le persone, oltre ad assorbire le emozioni altrui
(prospettiva del ricevente, Petitta, 2001) sono anche in grado di infettarli con le
proprie emozioni (prospettiva dell’emittente, Petitta, 2001). In tale elaborato si
effettua, quindi, uno studio del contagio emotivo bi-direzionale, considerando
simultaneamente sia la prospettiva del ricevente che quella dell’emittente.
Studi precedenti sul contagio emotivo si sono focalizzati essenzialmente su
diadi di ruoli (es. capo-collaboratore, impiegato-cliente e tra colleghi), non
considerando lo studio del contagio emotivo in relazione a tutti quelli che sono i ruoli
presenti nel contesto organizzativo contemporaneamente. Tale elaborato, supera la
prospettiva classica diadica, proponendo una concettualizzazione olistica del
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contagio emotivo, ricevuto ed emesso, che consente di rilevare tale costrutto in
relazione ai diversi ruoli organizzativi considerati contemporaneamente.
Da studi precedenti sulla mappatura del contagio emotivo in relazione a capi,
collaboratori e clienti (Petitta, 2011) è emerso che i colleghi sono sempre le
principali fonti e i destinatari degli scambi affettivi sul luogo di lavoro. Ancora più
interessante è il risultato che i capi abbiano un ruolo “emozionalmente” marginale.
Tali dati hanno ispirato due caratteristiche principali del presente lavoro di tesi: a)
una mappatura differenziata in base al ruolo ricoperto dal rispondente, ovvero non
gestore oppure gestore; e b) lo studio dei nessi tra tale concettualizzazione del
contagio (ovvero, bidirezionale ed olistico) con lo stile di leadership Leader Member
Exchange.
Il primo elemento di novità introdotto per mappare l’associazione del contagio
emotivo con i differenti ruoli elencati è la differenziazione della del questionario
“Emotional Contagion at work Scale - ECWS (Petitta, 2010) in due differenti
versioni: una per i non gestori di risorse umane che consente di mappare
l’associazione del contagio emotivo ai ruoli di capi, colleghi e clienti, l’altra per i
gestori di risorse umane che permette di mappare l’associazione del contagio
emotivo ai ruoli di capi, colleghi, collaboratori e clienti.
Il secondo elemento di novità è lo studio della relazione tra il contagio emotivo
e il modello di leadership Leader Member Exchange, ritenuto particolarmente
interessante in quanto centrato sulla relazione interpersonale tra leader e follower, e
quindi affine alla natura interpersonale del costrutto di contagio emotivo. A tal fine, è
stata tradotta e adattata la scala a 7 item di Graen e Uhl-Bien (1995). In particolare,
rispetto alla versione originale, le affermazioni sono state formulate secondo la
prospettiva del collaboratore che valuta il proprio capo, mentre non è stata tradotta ed
utilizzata la versione degli item che forniscono una valutazione secondo la
prospettiva del capo. Nello specifico, la versione italiana, mantiene comunque i
contenuti originari degli item e misura sempre i 3 fondamentali nuclei tematici che
compongono questo stile di leadership: obbligo, rispetto e fiducia.
L’elaborato, nello specifico, si compone di due capitoli.
Il primo capitolo fornisce una panoramica sulle emozioni con particolare
riferimento alla definizione e alla differenza con i concetti affini, specificandone
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componenti, funzioni e classificazione. In particolare viene analizzato il fenomeno
emotivo nei contesti organizzativi. Successivamente si esamina il costrutto di
contagio emotivo, i processi, gli antecedenti e la sua applicazione in ambito
organizzativo attraverso l’esplorazione dei tipi di interazione in cui si verificare il
contagio emotivo: tra capo e collaboratore; tra colleghi e tra impiegati e clienti.
Inoltre, si introduce una panoramica sulla definizione di leadership e sui principali
modelli, focalizzandosi essenzialmente sullo stile di Leader Member Exchange che
descrive la leadership come un processo che si concentra sul rapporto di un leader
con il proprio follower, differente dai rapporti che il leader ha con gli altri followers
(Graen e Uhl-Bien, 1995; Liden et al., 1997). Infine, tale modello viene analizzato in
relazione al processo di contagio emotivo.
Il secondo capitolo presenta una ricerca svolta in un Call Center che si occupa
di vendita di prodotti e servizi commerciali attraverso contatto telefonico diretto
svolto da operatori outbound. La parte empirica della ricerca ha inteso validare la
versione italiana della scala di Leader Member Exchange, esaminare le correlazioni
esistenti tra le variabili di contagio, ricevuto ed emesso, ed il modello Leader
Member Exchange ed individuare le percentuali di associazione di ogni emozione di
contagio, ricevuto ed emesso, con i differenti ruoli, nella versione non gestori e
gestori, ponendo, in seguito, ciascuna di esse in correlazione con il modello di
Leader Member Exchange.
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CAPITOLO I
IL CONTAGIO EMOTIVO E LA LEADERSHIP
1. LE EMOZIONI
1.1 Definizione, componenti emotive e concetti affini
Definizione. Partendo dall’etimologia del termine “Emozione” troviamo una
radice latina nel verbo “movère” (muovere) che, con l’aggiunta del prefisso “e” (da),
indica un’implicita tendenza ad agire. Questi elementi vengono individuati anche da
Atkinson e Hilgard (2006, pag.408) che definiscono l’emozione come un “episodio
complesso, a più componenti, che induce ad una prontezza ad agire”.
Con il termine emozione intendiamo una intensa reazione affettiva che
solitamente viene associata ad un evento specifico e che si compone di aspetti di
attivazione fisiologica, espressioni comportamentali e mimiche e di sperimentazione
consapevole e di pensiero relativa alla sensazione provata (Izard, 2010).
Tale sensazione “con insorgenza acuta e di breve durata” (Galimberti, 1999,
pag.358) provoca, quindi, nel soggetto mutamenti a più livelli rispetto alle condizioni
dello stato di pre - evento emotivo. Nello specifico, secondo una sistematizzazione di
Izard (2010), l’esperienza emozionale presenta diversi livelli e componenti:
Componente di attivazione fisiologica: essa è riferita all’attivazione del sistema
immunitario, endocrino e nervoso autonomo. E’ il cervello che attiva e regola gli
aspetti fisiologici dell’esperienza emotiva: il sistema limbico ed i lobi frontali sono il
substrato neurologico dell’emozione (si veda Figura 1). Dal punto di vista
funzionale, viene evidenziato l’intervento della corteccia cerebrale nelle emozioni,
nella loro espressione e nei processi di riconoscimento delle espressioni emotive. Da
un punto di vista evoluzionistico, le emozioni si accompagnano anche ad attivazioni
della corteccia posteriore sensoriale, specialmente in situazioni di stress emozionale.
Le zone dei lobi frontali, destro e sinistro, svolgono funzioni diverse, in relazione
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alle emozioni provate: il lobo frontale sinistra svolge un ruolo rilevante per quanto
concerne le emozioni positive, mentre il lobo frontale destro ha un ruolo analogo per
le emozioni negative (Plutchik, 1994). I lobi frontali hanno la capacità di regolare le
emozioni, ma non hanno una funzione statica nel tempo, bensì si modificano con
l’implementazione delle esperienze emotigene. Infine, fondamentali sono due
componenti del sistema limbico: l’ipotalamo, che riceve direttamente dal talamo i
segnali sensoriali riguardanti gli stimoli emotivi, controlla le reazioni fisiche durante
l’emozione e regola l’esperienza emotiva lungo le fibre risalenti verso la corteccia
cerebrale, e l’amigdala, che interviene nel mediare le associazioni tra eventi
emotivamente rilevanti. A tale livello vengono prodotte reazioni fisiologiche come
alterazioni nella frequenza respiratoria e cardiaca o nella pressione sanguigna.
L’amigdala è stata definita da definita da Joseph LeDoux (1992), come una sorta di
computer dell’emozionalità e la porta d’ingresso sensoriale delle emozioni
(Aggleton e Mishkin, 1986) in quanto registra ed innesca reazioni emotive rapide ed
istintive.
Fig. 1 – Sistema Limbico
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- Componente motoria ed espressiva: le componenti motorie riguardano la
prontezza della persona all’azione che può essere di fuga oppure di contrattacco,
mentre quelle espressive evidenziano gli aspetti fisici di espressione come la mimica
facciale, la vocalizzazione e i gesti. Infatti, il tono e le espressioni vocali forniscono
informazioni sullo stato emotivo delle persone e possono anche riflettere i processi
cognitivi connessi alle emozioni (Laukka e Elfenbein, 2012);
- Componente comportamentale: espressa dal comportamento che l’emozione
spinge a mettere in atti;
- Componente cognitiva: associata ai pensieri che accompagnano l’emozione,
al suo ricordo e alla sua interpretazione. Infatti, la valutazione cognitiva dà origine ad
una particolare emozione, con maggiore o minore intensità, a seconda di come la
relazione, tra persona e ambiente, è valutata rispetto al benessere personale.
Importanti sono i contributi che provengono dalle neuroscienze (Butler e Hodos,
2005; Critcherly e Nagai, 2012; Johansen et al., 2011; LeDoux, 2012; Motta et al.,
2009; Panksepp, 2005) per chiarire la relazione tra emozione e cognizione.
Concetti affini. Nel linguaggio quotidiano si utilizzano, in modo improprio, una
grande varietà di termini per il lessico affettivo. Molto spesso i termini affetti,
emozioni, sentimento, umore e tratti del carattere vengono usati come sinonimi
appiattendo le differenze che tra loro esistono. Essendo il confine tra di esse molto
labile ne consegue la difficoltà nel riconoscere, nominare e gestire il proprio vissuto
affettivo. Infatti, è fondamentale provare a tenere distinti i concetti, poiché,
all’interno della vita organizzativa, essi consentono di comprendere meglio i segnali
che rappresentano per la persona e per coloro con cui si interagisce, di interpretare
cosa sta accadendo in una specifica situazione (Carli e Paniccia, 2003), di intuire
come la persona, o il gruppo, si stanno dirigendo verso un obiettivo comune
(Lazarus, 1991), oltre che di acquisire consapevolezza in merito alla propria capacità
di gestire e potenziare le emozioni.
L’umore fa riferimento a stati emotivi abbastanza costanti anche se non di
altissima intensità (Scherer, 2005), non necessariamente connessi a momenti o
situazioni specifiche, ma associati soprattutto a cambiamenti interni della persona
(Dalai Lama e Ekman, 2008). Essi vengono percepiti come positivi o negativi ed,
infatti, quotidianamente si parla “di sentirsi di buon umore” o “di sentirsi di cattivo
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umore”. Per emozione intendiamo uno stato affettivo determinato da una precisa
causa scatenante, di natura sia interna che esterna, che può portare ad un mutamento
soggettivo. Dell’emozione è possibile definire una fase di inizio, di durata ed di fine.
I sentimenti, invece, sono sensazioni più durevoli nel tempo rispetto alle emozioni,
anche se di intensità relativamente moderata (Scherer, 2005). Infine, consideriamo i
tratti di personalità, come la stabilità emotiva e l’estroversione, indicate
rispettivamente come negative affectivity e positive affectivity (Watson, Clark e
Tellegen, 1988). I tratti di personalità sono modalità stabili della persona, attuate dal
soggetto che le considera più appartenenti a sé, al proprio stile di risposta alla
situazione che si è creata, poiché tendono a manifestarsi in modo ripetitivo ed
invariato davanti a situazioni anche molto diverse tra loro, non adattivo come le
emozioni.
1.2 Classificazione e funzioni delle emozioni
Classificazione delle emozioni. Ripercorrendo storicamente la classificazione
delle emozioni nell’antichità gli Stoici sono stati i primi ad individuare quattro
emozioni principali: il desiderio, per indicare un evento atteso e buono, la paura, per
un evento cattivo e atteso, la gioia, per un evento buono e presente ed infine il
dispiace, per un evento cattivo e presente. Questa prima forma di classificazione
viene successivamente integrata nel periodo medievale quando si prende in
considerazione oltre alla categoria dell’evento e alla sua presenza, anche
l’intenzionalità, ampliando così il numero delle emozioni di base da quattro a sei,
aggiungendo: la speranza e la disperazione. Successivamente Cartesio in Le passioni
dell’anima (1649), ipotizza, seguendo la concezione dualistica mente-corpo,
l’esistenza di un numero discreto di emozioni fondamentali quali: Odio, Amore,
Infelicità, Desiderio, Gioia, Meraviglia. Secondo l’autore queste emozioni di base
miscelate consentirebbero la percezione di emozioni più complesse, utili ad
informarci su cambiamenti rilevanti per la nostra anima. Un tentativo più ampio di
costruire un sistema delle emozioni è quello di Spinosa (1632-1677) che definì le
emozioni come una forma di conoscenza o giudizi differenti dalla conoscenza
razionale per un loro carattere di minore precisione che le rende inattendibili, e
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descrisse soltanto tre affetti primari: gioia, dispiacere e desiderio e riteneva che tutti
gli altri derivassero da questi.
È con la Teoria Evoluzionista di Darwin (1872) che le emozioni iniziano ad
essere studiate da un punto di vista scientifico, e non più filosofico, e da cui si
sviluppano i principali orientamenti teorici da fine ‘800 ad oggi. Le idee di Darwin si
basano esclusivamente sulle espressioni facciali che rendono percepibile il nostro
stato emotivo ad altri esseri umani. Esse sono generate da un sistema muscolare
molto complesso, non presente in altri animali, quindi acquisito durante l'evoluzione,
ed hanno valore sia adattivo che comunicativo.
Dalle scoperte di Darwin derivano importanti classificazioni delle emozioni del
XX secolo suddivise principalmente in emozioni di base (basic emotion), più
primitive, ed emozioni più complesse legate all’interazione sociale (Ekman e
Cordaro, 2011). Plutchik (1962) ed Ekman (1992) sono i maggiori esponenti di una
classificazione basata sull’evoluzionismo darwiniano che implica l’accettazione della
visione innata delle espressioni facciali delle emozioni (Anolli, 2002).
Plutchik (1962) ritiene l’emozione una complessa catena di eventi che
comincia con la percezione di uno stimolo e finisce con un’interazione tra
l’organismo e lo stimolo che ha dato l’avvio alla catena di eventi. Le maggiori
componenti della catena di eventi sono una valutazione cognitiva dello stimolo,
un’esperienza soggettiva o “sentimento”, un’eccitazione fisiologica, un impulso
all’azione e un comportamento. Tutta la sequenza tende, attraverso un meccanismo
di feed-back, a riportare l’individuo ad uno stato di quiete (o omeostasi).
Secondo lo psicologo le emozioni primarie sono biologicamente primitive,
identificabili a tutti i livelli filogenetici ed hanno un significato adattivo nella lotta
per la sopravvivenza individuale.
L’autore identifica otto emozioni primarie, definite a coppie (si veda Figura 2).
Ogni colore rappresenta un’emozione nelle sue varie intensità. Al diminuire
dell’intensità le emozioni si possono facilmente confondere. Nel cerchio centrale
abbiamo le manifestazioni di maggiore intensità di ognuna delle emozioni primarie
(rispettivamente: estasi, ammirazione, terrore, stupore, angoscia. schifo, collera,
vigilanza). Il secondo cerchio contiene le emozioni primarie (in senso orario
dall’alto: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia, anticipazione).