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INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi 23 anni, dall’entrata in vigore della legge 142/1990,
l’attenzione del legislatore nei confronti della comunicazione degli Enti pubblici
verso i cittadini è stata costante. Un percorso importante, basato sui principi di
trasparenza, sussidiarietà, efficacia, efficienza e partecipazione che ruotano
principalmente intorno all’attività dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico,
dell’Ufficio stampa e del Portavoce. Ruoli e compiti di queste tre figure vengono
tratteggiati nella legge 150/2000, nodo significativo per l’attività di
comunicazione in ogni ente pubblico.
L’obiettivo di questa tesi è soffermarsi su un settore specifico della
comunicazione pubblica (quello delle forze dell’ordine) e sulle modalità scelte
da una istituzione pubblica in particolare (la Questura di Roma). In sostanza lo
scopo è arrivare a mettere a punto una sorta di ‘guida ragionata’, seppur molto
essenziale, nel campo della comunicazione effettuata dalle forze dell’ordine sia
verso i media che verso i cittadini. Una guida (o vademecum) che vuole
soffermarsi soprattutto su un passo che, prima o poi, tutte le forze dell’ordine
saranno costrette a compiere: lo ‘sbarco’ sui social network, occasione
imperdibile per diffondere non solo le notizie sull’attività di controllo del territorio
ma tutte le iniziative (sociali, culturali, educative) promosse da questa
particolare tipologia di ente pubblico in un’ottica di comunicazione bidirezionale.
Ma le regole della cittadinanza digitale e dell’educazione ‘social’ sono
profondamente diverse da quelle di ambienti lavorativi profondamente
gerarchizzati e strutturati (e in alcuni casi dall’impronta militare) di caserme,
questure, commissariati, etc. Ecco allora che l’esperienza dei pionieri - in
questo caso la Questura di Roma - diventa fondamentale per gli altri enti che,
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seguendo la stessa strada, saranno costretti ad entrare nel ‘villaggio globale’
secondo le regole del web 2.0: una strada quasi obbligata, che deve essere
percorsa conoscendo le regole del gioco.
L’esperimento ‘social’ implica nuove sfide per un ufficio stampa, quello della
Questura ma in generale di tutte le forze dell’ordine (Carabinieri, Guardia di
Finanza, Vigili del fuoco, etc.) che ogni giorno lavora sul pericoloso e sottile
crinale che divide il diritto di cronaca dalla garanzia della privacy dei cittadini, un
crinale che con l’avvento dei social network è diventato più sottile e scivoloso.
Come reagire, ad esempio, alle offese della sorella di un rapinatore che
protesta contro la pubblicazione, su Facebook, della foto del fratello arrestato
dalla Polizia? Il responsabile della pagina ufficiale della Questura deve
intervenire per bannare i commenti contrari? Deve rispondere direttamente
oppure sperare nella reazione degli altri utenti che seguono la Questura di
Roma su internet? Altro obiettivo di questa tesi sarà, infatti, analizzare le sfide
che l’avvento di una comunicazione bidirezionale, che prevede e anzi stimola il
feedback dei cittadini, impone all’ufficio stampa moderno, cercando di suggerire
metodi e conoscenze da aggiungere alle competenze minime già in possesso
degli addetti stampa delle forze dell’ordine. Il lavoro, basato su ricognizioni
teoriche, interviste dirette e raccolta varia di materiali da quotidiani, riviste e siti
internet di interesse, è diviso in quattro capitoli.
La prima parte rivolge l’attenzione alla comunicazione pubblica italiana e ai
mezzi di comunicazione utilizzati tradizionalmente dal Dipartimento di pubblica
sicurezza, dal quale dipende la Questura di Roma per proseguire con
approfondimenti sull’attività della Questura stessa e del suo ufficio stampa.
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La seconda parte illustra le motivazioni che hanno portato l’ente oggetto
dello studio sui social network, quali sono le aspettative, gli approcci utilizzati e i
risultati conseguiti ad un anno dall’attivazione degli account. L’esperienza della
Questura di Roma viene confrontata con quella di altre pubbliche
amministrazioni che hanno compiuto una scelta simile.
La terza parte analizza la tipologia di contenuti veicolati dalla Questura
attraverso i social network secondo categorie individuate per materiale e
obiettivi. Nel capitolo vengono approfonditi i concetti di comunicazione interna,
promozione dell’immagine e sicurezza partecipata pesando e analizzando il
contributo che i social network possono offrire al raggiungimento degli obiettivi
dell’ente.
La quarta parte ruota intorno all’utilizzo dei social network da parte della
Questura durante la manifestazione per il diritto alla casa che si è tenuta il 19
ottobre a Roma. L’approccio informativo scelto dall’ente viene confrontato con
quello di otto quotidiani nazionali che hanno raccontato gli eventi con i propri
inviati e attraverso un complesso lavoro di redazione.
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ELEMENTI DI SCENARIO
1.1 LA COMUNICAZIONE PUBBLICA IN ITALIA
La storia della comunicazione pubblica italiana inizia nel 1990 con due leggi,
la 142 e la 241, che sanciscono il diritto di accesso agli atti pubblici e i principi di
trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa. Una serie di provvedimenti
giunti a margine dello scandalo Tangentopoli, che segna la crisi di legittimità
delle istituzioni, queste ultime quasi costrette a puntare sulla trasparenza per
recuperare credibilità di fronte a una popolazione disillusa ma nello stesso
tempo più attiva sul fronte dei diritti di cittadinanza. Economicità, efficienza,
pubblicità e partecipazione diventano i cardini di un’amministrazione pubblica
che mostra segni di cambiamento e guarda ai principi costituzionali di buon
andamento e imparzialità (Faccioli, 2000). Questi principi non restano su carta
ma vengono resi operativi attraverso leggi riguardanti il settore dell’editoria (n.
67/1987 e n. 223/1990, nota come legge Mammì) che fissano percentuali di
budget pubblicitari nei bilanci delle pubbliche amministrazioni: si tratta di
somme per acquistare spazi su quotidiani ed emittenti locali allo scopo di
promuovere iniziative e rendere pubblici i consuntivi finanziari. Il messaggio è
chiaro: addio agli enti pubblici autoreferenziali e via libera ai processi di
modernizzazione basati principalmente sulla comunicazione come mezzo per
garantire trasparenza e pubblicità. Non a caso il decreto legislativo 29 del 1993,
dedicato alla razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni
pubbliche, stabilisce il dovere della comunicazione interna ed esterna e
l’interconnessione tra gli uffici mediante sistemi informatici e statistici pubblici.
Lo stesso decreto istituisce la struttura che ancora oggi rappresenta l’interfaccia
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tra pubblica amministrazione e cittadino: l’ufficio relazioni con il pubblico (URP),
già articolato nelle aree ‘analisi e ricerche sull’utenza’ e ‘comunicazione’. Nel
decreto 39 del 1993
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si individua per la prima volta l’informatizzazione delle
amministrazioni come supporto al processo di modernizzazione e promozione
delle strutture di comunicazione istituzionali. Il fermento di questi anni è
testimoniato dalla pubblicazione del ‘Codice di stile delle comunicazioni scritte
ad uso delle amministrazioni pubbliche’, del ‘Codice di comportamento dei
dipendenti pubblici’, dei ‘Cento progetti al servizio dei cittadini’ e di numerose
Carte dei servizi rivolte esplicitamente ai cittadini-utenti degli uffici pubblici. Si
arriva così nel 1997 alle leggi 59 e 127, dette Bassanini, dal nome dell’allora
Ministro della Funzione pubblica, pensate con l’obiettivo di perfezionare i
processi di semplificazione e razionalizzazione del funzionamento della cosa
pubblica. Oltre a rendere operativa la legge sull’autocertificazione
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(chiusa in un
cassetto dal 1968), le leggi Bassanini rafforzano le autonomie territoriali e
introducono modalità di misurazione dell’efficienza, dell’efficacia,
dell’economicità e della valutazione dei risultati.
Al termine dei primi dieci anni di sperimentazione e crescita della
comunicazione pubblica in Italia, arriva l’approvazione della ‘legge quadro’ sulle
attività di informazione e comunicazione delle amministrazioni pubbliche: la
numero 150 del 2000. Con grande chiarezza la ‘legge quadro’, che riconosce la
figura del ‘comunicatore pubblico’, individua proprio nella comunicazione il
motore del processo di valorizzazione della cosa pubblica, avendo come
riferimenti imprescindibili trasparenza e pubblicità delle istituzioni. Tra gli
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Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma
dell’art.2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n.241
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Cfr. Legge 4 gennaio 1968 n.15 Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e
autenticazione di firme
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obiettivi principali fissati dal legislatore si annoverano la promozione
dell’accesso ai servizi pubblici, l’illustrazione dell’attività delle istituzioni e il loro
funzionamento, lo stimolo ai processi interni di semplificazione e
modernizzazione nonché la promozione dell’immagine delle amministrazioni e
del Paese. La legge 150 del 2000 riconosce l’informazione e la comunicazione
come costanti dell’azione di governo nella pubblica amministrazione e per la
prima volta, nel rispetto della trasparenza comunicativa, individua tre strutture
diverse per compiti e obiettivi: l’ufficio stampa, l’ufficio relazioni con il pubblico
(URP) e il portavoce (Arena, 2001). Se i primi due si occupano principalmente
di informazione e comunicazione di servizio, il portavoce è strettamente legato
al vertice dell’amministrazione; il suo compito è tenere rapporti di carattere
politico-istituzionale con gli organi di informazione. L’attenzione rivolta alla
comunicazione interna, come leva per favorire anche il senso di appartenenza,
è uno degli aspetti più importanti della legge 150; per la prima volta, sul modello
delle grandi aziende private, la comunicazione pubblica diventa parte integrante
dell’azione delle pubbliche amministrazioni. Il fulcro della legge 150/2000 è
rappresentato dall’ufficio relazioni con il pubblico, delineato come un nucleo
organizzativo in grado di svolgere e coordinare attività di comunicazione
interna, esterna e interistituzionale per la realizzazione di una vera e propria
comunicazione integrata (Grandi, 2007). Tuttavia, gli stimoli e le possibilità
offerte dalla legge quadro vengono raccolte soltanto da quella parte degli enti
pubblici più propensi all’innovazione. Infatti la 150/2000, pur definendo
l’obbligatorietà delle strutture e delle attività di comunicazione, non prevede
sanzioni per le amministrazioni che non attuano quanto previsto dalla legge. Ciò
ha generato la nascita di esperienze all’avanguardia in alcune zone d’Italia,