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paese. La democrazia di un paese, infatti, si misura dalla
possibilità di partecipazione dei cittadini alla vita culturale,
sociale e politica, partecipazione che è possibile nella misura
in cui questi sono messi nella condizione di conoscere e
comprendere i contenuti dell’azione dello Stato, le ragioni che
la muovono e le modalità con le quali viene attuata (Faccioli,
1999). Attraverso la comunicazione, l’agire amministrativo,
cerca di favorire la realizzazione di un nuovo rapporto tra
amministratori e amministrati, di realizzare una maggiore
partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica,
di garantire il diritto-dovere ad essere informati e ad
informare (Rovinetti, 2006). La comunicazione diventa,
dunque, per le amministrazioni garante della partecipazione e
della trasparenza, ciò si esprime attraverso relazioni con i
cittadini sul piano dell’ascolto, dell’informazione, dell’accesso,
della valutazione della qualità dei servizi; assume valore come
vero e proprio strumento di governo per elaborare e attuare
politiche pubbliche sempre più articolate e complesse.
Di questi temi, il presente lavoro tratterà nel primo capitolo,
attraverso il quale si cercherà di fornire un quadro teorico
complessivo della comunicazione pubblica, facendo costante
riferimento ai maggiori contributi bibliografici di questa
disciplina. In seguito, si descriverà il cammino legislativo che
ha portato la comunicazione pubblica all’effettiva
legittimazione, che culmina con l’approvazione della legge
quadro. Sarà, infatti, la legge 150 del 2000 a trasformare in
disposizioni normative le considerazioni fatte da più parti sulla
comunicazione pubblica, sancendo l’obbligo di informare e
comunicare per l’intera pubblica amministrazione e ridefinendo
i ruoli e le funzioni di ciascun operatore della comunicazione
pubblica: dall’URP, agli uffici stampa fino al portavoce.
In questo contesto si profila la necessità di elaborare
strategie di comunicazione unitarie e coordinate per
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ottemperare a quanto previsto dalla legge e mettere in piedi una
comunicazione efficace e fruttuosa.
Il piano di comunicazione si pone, in questo scenario, come
uno strumento fondamentale, attraverso il quale le
organizzazioni pubbliche possono definire un quadro chiaro di
strategie, ruoli, regole e procedure. La comunicazione è
chiamata a supportare le amministrazioni verso il cambiamento
imprimendo nuovi valori e una nuova identità che rispondano a
determinati principi guida. Tutto ciò trova concretizzazione
nella semplificazione delle procedure, nella risposta più
efficace dei servizi alle esigenze dell’utenza, nella tendenza a
rendere i linguaggi più comprensibili. Quanto descritto non può
prescindere dal valore strategico dato da una pianificazione ben
ponderata e studiata.
Integrazione, programmazione e visione strategica della
comunicazione sono allo stesso tempo presupposti ed effetti di
un piano di comunicazione ben congeniato.
Dell’analisi e della descrizione del piano di comunicazione
ci si occuperà nel secondo capitolo, dove saranno trattati, nello
specifico, i singoli passaggi e le azioni da considerare per
redigere un piano di comunicazione.
Nel terzo e quarto capitolo verranno applicate le
considerazioni fatte sulla pianificazione della comunicazione
pubblica ad un caso concreto.
Oggetto di questo studio è il comune calabrese di San
Giovanni in Fiore, rispetto al quale, dopo aver eseguito
l’analisi di contesto, evidenziando le peculiarità territoriali,
economiche e sociali, si avanzerà un’ipotesi progettuale di
servizio informativo. Obiettivo di tale progetto è quello di
contribuire allo sviluppo locale, creando un punto d’incontro
stabile tra le risorse territoriali e culturali del comune e il suo
capitale umano; nella convinzione che l’informazione e la
comunicazione, se correttamente gestite, possono diventare
straordinarie leve di crescita.
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Capitolo I
È tempo di Comunicazione Pubblica.
La Comunicazione Pubblica ha ormai trovato da tempo la
sua affermazione, resta però una disciplina in continua e
costante evoluzione. Probabilmente, non potrebbe essere
altrimenti considerato il radicamento che tale disciplina ha
nella cosiddetta società dell’informazione, che nel continuo
cambiamento trova una propria fondamentale peculiarità.
In questo capitolo si cercherà dunque di definire tale
disciplina e analizzarne lo stato attuale, se ne descriveranno le
caratteristiche e le funzioni. Imprescindibile è, a tale proposito,
la necessità di un inquadramento normativo, che vede il suo
apice nella legge 150 del 2000, attraverso cui la comunicazione
pubblica viene legittimata e trova la spinta a concretizzarsi.
1. 1. Comunicazione pubblica, cercando una
definizione
Trovare una definizione esaustiva di comunicazione
pubblica non è certo un compito semplice, poiché questa è una
disciplina di confine tra saperi diversi, come afferma Faccioli
(2000). Il suo stretto legame con la pubblica amministrazione
necessita di un raffronto con il diritto pubblico e
amministrativo, con la scienza dell’amministrazione, con la
sociologia dell’organizzazione, con l’economia aziendale e il
marketing; e d’altronde, dovendo prendere in esame i processi
comunicativi dei soggetti pubblici, tale disciplina tiene conto
anche delle analisi della sociologia della comunicazione, della
comunicazione politica e d’impresa, ma anche della linguistica
e dell’informatica. È in questo contesto che si sono sviluppati
tentativi di definizione da parte di autori di provenienza
disciplinare e culturale diversa.
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In prima battuta, alla ricerca di una propria autonomia, la
comunicazione pubblica ha dovuto rimarcare la propria
distanza dalla comunicazione commerciale. Quest’ultima è
utilizzata per fini propriamente economici, mira ad orientare il
comportamento del cittadino affinché acquisti i prodotti
dell’azienda (cfr. Fiorentini, 1990).
Mentre, l’ente pubblico si deve far portatore di un tipo di
comunicazione che Arena (1995) definisce d’interesse
generale e che, in quanto tale, deve essere caratterizzata da
obiettività e imparzialità. Rolando (1992) parla in proposito di
neutralità possibile, in contrapposizione alla concorrenza e alla
lotta che caratterizza la comunicazione commerciale. Ancora
Gregorio Arena (1995) indica nella comunicazione un
fondamentale strumento per l’efficace funzionamento
dell’amministrazione di prestazione, ovvero l’amministrazione
che si occupa dell’erogazione dei servizi al cittadino e alla
collettività. È in quest’ottica che il servizio pubblico è visto
come un processo, continuamente modificato e migliorato dai
flussi comunicativi tra chi eroga le prestazioni e chi ne
usufruisce. L’autore, nelle sue affermazioni sulla
comunicazione d’interesse generale, mette in luce il ruolo dei
soggetti privati oltre a quelli pubblici, partendo dalla
considerazione che l’essere pubblico è un dato oggettivo,
quindi anche le associazioni civiche si possono servire della
comunicazione per venire incontro alle necessità dei cittadini.
Nel suo lavoro la macchina amministrativa non può non tener
conto di questi soggetti che, singoli o collettivi, sono portatori
di diritti e interessi, e devono essere chiamati a prendere parte
al processo decisionale; questi, a loro volta, devono svolgere
una funzione di comunicazione per garantire la circolazione
delle informazioni e guidare l’attenzione del cittadino verso
temi d’interesse sociale.
È sicuramente interessante l’analisi di Arena che pone,
dunque, l’attenzione sul ruolo dell’associazionismo civico nel
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processo di comunicazione pubblica, ma è necessario fare un
distinguo: per le associazioni attivare o meno processi di
comunicazione verso i cittadini è una scelta, che può risultare
funzionale alla visibilità e alla legittimità dell’organizzazione,
mentre per gli enti pubblici comunicare è un dovere dichiarato
dalla Costituzione e dalle leggi, come si avrà modo di spiegare
meglio in seguito (cfr. Faccioli, 2000).
Diversi altri autori, attraverso le loro definizioni,
dimostrano il proprio accordo con quanto finora detto. Mancini
(2002) definisce la comunicazione pubblica attraverso due
termini inglesi pubblic affair, intendendo gli affari che
riguardano l’intera comunità, e publicness, ovvero l’essere
pubblico, una sorta d’appartenenza alle istituzioni e ai suoi
temi. Maria Piemontese (1999), anche se da un punto di vista
linguistico, parla anch’essa di una comunicazione che ha per
oggetto affari d’interesse generale che, nello specifico del
linguista, diventa un lavoro sui testi d’interesse generale e di
rilievo pubblico. Marsocci (2002), nella sua analisi giuridica
dei temi della comunicazione pubblica, afferma che essa
affronta temi d’interesse generale e deve essere ispirata a
principi quali imparzialità e obiettività. Anche Grandi (2007)
indica la comunicazione pubblica come l’insieme dei processi
di comunicazione caratterizzati dai loro oggetti di pubblico
interesse. In sintesi, diversi possono essere i soggetti che fanno
comunicazione pubblica, purché non venga meno la
caratteristica d’interesse pubblico dell’oggetto della
comunicazione. La gran parte degli studiosi condivide anche la
classica articolazione in tre ambiti che, ancora meglio, permette
di cogliere la caratterizzazione della comunicazione pubblica.
1. 1. 1. Comunicazione sociale
Oggetto di questo tipo di comunicazione sono i grandi temi
sociali rispetto ai quali diventa necessario sensibilizzare
l’opinione pubblica. L’aggettivo sociale fa riferimento alla
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dimensione potenzialmente universale e largamente condivisa
dei valori contenuti nei messaggi trasmessi in questi flussi
comunicativi e, allo stesso tempo, dovrebbe indicare l’assenza
d’interessi di parte (cfr. Godotti, 1995). La comunicazione
sociale ha una funzione più specificatamente educativa, il suo
obiettivo è cercare di convincere i cittadini e la collettività a
modificare comportamenti dannosi. Lo Stato si occupa di
comunicazione sociale attraverso le “campagne”
1
, come ad
esempio quelle riguardanti la prevenzione dell’Aids e delle
tossicodipendenze, oggi molto diffuse sono le campagne di
sensibilizzazione ambientale, ma l’elenco è assai lungo. Per
l’amministrazione pubblica è duplice l’utilità di queste
iniziative: da un lato portano all’attenzione dei cittadini la
pericolosità che certi comportamenti possono avere sulla vita
propria e degli altri; dall’altro lato educano a comportamenti
corretti che permettono di governare meglio e di risparmiare
soldi pubblici.
In questo stesso ambito si pone la comunicazione di
solidarietà sociale attuata dai soggetti privati e da enti non
profit. La diffusione in Italia di questi attori sociali ha prodotto
un aumento di questo tipo di comunicazione. A volte
amministrazione pubblica e soggetti privati collaborano
insieme alla produzione di campagne di comunicazione sociale,
ma in linea generale esse ricoprono ruoli diversi e attuano
modalità di comunicazione differenti. Come già detto, quello
dell’ente pubblico, anche rispetto alla comunicazione sociale, è
un dovere, mentre l’associazione privata sceglie cosa fare in
base alle sue finalità. Inoltre, spesso i soggetti privati
gestiscono la comunicazione ricorrendo anche a toni forti e
1
Ben note sono le campagne promosse da Pubblicità Progresso,
l’associazione fondata nel 1970 da organismi del settore radiotelevisivo e
del marketing commerciale. Quest’associazione promuove l’utilità anche
sociale delle tecniche pubblicitarie e in più occasioni e stata partner
dell’amministrazione pubblica (cfr. Gadotti, 1999).
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provocatori, mentre l’istituzione pubblica dovendo interpretare
una funzione educativa, sceglie, di volta in volta in base al
tema e alla sua gravità, se porre maggior enfasi.
La gestione della comunicazione sociale presenta diverse
criticità, Gadotti (1993) sottolinea come un primo ostacolo sia
riscontrabile nella diffidenza dei cittadini, poiché il messaggio
che le campagne si propongono di diffondere si riferisce ad un
determinato universo etico e valoriale che potrebbe non essere
condiviso, a ciò si aggiungono le critiche rispetto alla scelta dei
temi e al modo in cui vengono affrontati. Inoltre particolare
attenzione va posta rispetto al ruolo che la comunicazione
sociale può ricoprire attivando conflitti tra soggetti e gruppi
portatori d’interessi contrapposti.
1. 1. 2. Comunicazione politica
La comunicazione politica ha per oggetto temi d’interesse
generale che, però, hanno carattere particolarmente
controverso. Sono artefici di questa forma di comunicazione
soggetti sia pubblici che privati, tra questi spiccano,
ovviamente i partiti politici. Il cittadino è destinatario della
comunicazione politica principalmente nel suo ruolo di elettore
(cfr. Grandi, 2007).
Mazzoleni (1998) attribuisce un particolare status alla
comunicazione politica, la definisce come lo scambio e il
confronto dei contenuti d’interesse pubblico e politico prodotti
dal sistema politico, dal sistema dei media e dal cittadino-
elettore, e considera la comunicazione pubblica solo come
un’articolazione di essa. Al di là delle possibili definizioni,
sostanziale accordo tra gli studiosi c’è rispetto alla centralità
che i media rivestono in questo tipo di comunicazione. Dalla
campagna elettorale del 1994, il ruolo dei media è stato sempre
più pervasivo, accompagnato dal cosiddetto fenomeno della
personalizzazione della politica. Livolsi (1995) sottolinea come
lo stile televisivo, fondato sulla spettacolarizzazione e il
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protagonismo del leader, abbia profondamente cambiato il
dibattito politico prediligendo le rappresentazioni più che i
contenuti. Anche Morcellini (1995) evidenzia il massiccio
intervento dei mass-media, e in particolare del medium
principe la TV. Il sistema dei media non si limita più ad offrire
spazi e modalità comunicative in risposta alle richieste
provenienti dal sistema politico ma fornisce modelli
comunicativi cui gli attori politici si conformano (cfr.
Bentivegna, 1996). I media tendono inoltre ad enfatizzare il
carattere di gioco tra parti contrapposte del sistema politico,
che, se rispetto alle campagne elettorali risulta più che normale,
appare meno utile nei racconti delle politiche di governo, dove
a prevalere dovrebbe essere l’informazione imparziale ed
obiettiva.
La comunicazione politica ha, come quella commerciale, il
fine di convincere l’elettore e di orientare le sue scelte, è
sempre più dettata dalle regole delle imprese, ed il programma
di un partito è di fatto un prodotto aziendale, come un’auto o
un profumo (Caligiuri, 2003).
In base a ciò, alcuni autori, in perfetta contrapposizione
rispetto a quanto affermato da Mazzoleni, ritengono che la
comunicazione politica possa, addirittura, essere eliminata
dall’area della comunicazione pubblica. Il fare propagandistico
su cui la comunicazione politica si poggia è in assoluta
controtendenza con la vocazione al servizio e alla neutralità che
caratterizzano la comunicazione pubblica. Probabilmente
sarebbe meglio ricorrere ad una distinzione tra comunicazione
politica dei partiti, che si pone come più affine alla
comunicazione aziendale e quindi fuori dall’area pubblica, e
comunicazione politica espressa dalle istituzioni, più
improntata a temi riguardanti scelte globali e non controverse,
che può essere ricompressa nelle articolazioni della
comunicazione pubblica (cfr. ibidem).
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1. 1. 3. Comunicazione istituzionale
La comunicazione istituzionale
2
, è la comunicazione
realizzata da una pubblica amministrazione, ente pubblico o
servizio pubblico che sia, centrale o locale. Si rivolge ai
cittadini o alle organizzazione, con il preciso intento di
garantire il diritto all’informazione. Oggetto di questo tipo di
comunicazione sono, in particolar modo: la produzione
normativa, le attività, le funzioni e i servizi dell’ente, ma anche
l’identità e il punto di vista dell’amministrazione.
Il percorso che la comunicazione istituzionale ha compiuto
nelle società contemporanee è sempre stato strettamente legato
alle funzioni esercitate dalla pubblica amministrazione. Man
mano si è passati da un modello di supremazia nella gestione
dell’informazione alla ricerca della condivisione e della
partecipazione del cittadino.
Ad inizio Novecento lo Stato esercitava essenzialmente
funzioni d’ordine, non ricercava il dialogo con i “sudditi”, la
comunicazione si esprimeva in modo unidirezionale attraverso
disposizioni e sanzioni, e lo Stato svolgeva unicamente una
funzione di sorveglianza del vivere civile. In seguito lo Stato
comincia ad intervenire nella gestione dei servizi pubblici, che
si estendono soprattutto a livello locale e, in questo caso, la
comunicazione è di tipo latente: dovrebbe esserci ma non c’è,
contrariamente a quanto suggerito dalla logica, per cui se viene
effettuata un’opera pubblica si dovrebbero attivare azioni
d’informazione e comunicazione verso i potenziali utenti.
Il periodo fascista vede prevalere l’aspetto propagandistico
della comunicazione che mira alla ricerca di adesione al regime
più che a fornire un’utile servizio alla collettività.
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Dal prossimo paragrafo in poi verrà utilizzato esclusivamente il
termine comunicazione pubblica, con il quale si farà riferimento alla
comunicazione istituzionale, che nello specifico della sua definizione, è
oggetto di questo lavoro.