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1. INTRODUZIONE E OBIETTIVI
Nella provincia di Cordoba quasi l‟80% della superficie agricola è
occupata da tre colture: olivo per un 49%, grano per un 21% e girasole con un 9%
della superficie agricola utile (SAU). Per questo possiamo affermare che ci
troviamo di fronte ad una situazione di oligocoltura o addirittura, in alcune aree,
di monocoltura del solo olivo.
Questa situazione è abbastanza pericolosa a causa della ridotta capacità
di risposta al mutare delle situazioni, come per esempio a seguito di cambiamenti
della politica agraria, della domanda, di condizioni agronomiche o ambientali.
Per ridurre questo rischio, si sta incentivando la diversificazione
produttiva in modo che gli agricoltori possano disporre di alternative, o meglio di
colture complementari a quelle tradizionali. Questo potrebbe incrementare i
redditi e rappresentare un incentivo allo sviluppo rurale nell‟intera provincia.
In campo frutticolo la diversificazione si sta realizzando soprattutto
attraverso un progetto che coinvolge gli Enti Diputación de Córdoba, Universidad
de Córdoba, Mancomunidades de municipios del alto Guadalquivir, del valle del
Guadiato, del Guadajoz-campiña, del Guadalquivir e Comunità del Guadalmellato
e de Villafranca de Córdoba. Il progetto prevede lo studio dell‟adattamento
agronomico di diverse varietà di frutta nella provincia di Córdoba. Parallelamente
si sta procedendo alla diffusione dei risultati agli agricoltori, chiudendo in questa
forma il ciclo ricerca-diffusione-sviluppo.
L‟albicocco e il nashi sono due piante che si adattano molto bene alle
condizioni ambientali della zona, ma nonostante ciò, non si coltivano per niente
nella provincia; commercialmente è maggiore il potenziale dell‟albicocco poiché è
più conosciuto dal consumatore, anche se non sono assolutamente da scartare i
vantaggi derivanti da un frutto, come il nashi, che può essere considerato esotico
in Spagna.
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Il presente lavoro di tesi si prefigge di studiare il comportamento di dieci
varietà di albicocco e due di nashi nella provincia di Cordoba. Gli obiettivi
principali per lo studio sono:
- caratterizzazione del periodo di fioritura, allegagione, accrescimento dei
frutti e maturazione delle varietà in studio nella zona considerata;
- determinazione delle principali caratteristiche agronomiche ed
organolettiche delle varietà oggetto di studio.
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2. STORIA E COLTIV AZIONE
2.1 ALBICOCCO
2.1.1 Origine
Notizie di questa specie risalgono all‟anno 2205 avanti Cristo, ai tempi
dell‟imperatore Yù, fondatore della dinastia cinese degli Hsia: si narra che alcuni
albicocchi (sing) crescevano sulle colline cinesi. Esemplari spontanei sono stati
trovati in Cina, sulle montagne vicino Pechino. I frutti sono di dimensione
piccola, la buccia giallo-rossiccia e di sapore acido, però commestibile. Dalla Cina
l‟albicocco si estese lentamente verso ovest, attraverso l'Asia centrale sino ad
arrivare in Armenia, Paese da cui prese il nome armeniaca. È per questo motivo
che molti botanici hanno segnalato l‟Armenia come luogo di origine
dell‟albicocco, anche se l‟ipotesi più probabile e accettata è di un‟origine cinese. I
Romani lo introdussero in Italia e in Grecia nel 70-60 a.C., ma la sua diffusione
nel bacino del mediterraneo fu lenta e sporadica.
Fu solo nel periodo 1600-1800 che l‟albicocco si sviluppò in tutta Europa
e si impiantarono autentiche piantagioni. Nel 1700 arrivò in America dove ora
vegeta come coltura di recente introduzione.
2.1.2 Classificazione e caratteristiche botaniche
Botanicamente l‟albicocco, Prunus armeniaca, specie diploide (2n= 16),
appartiene al regno Plantae, divisione Magnoliophyta, classe Magnoliopsida,
ordine Rosales, famiglia Rosaceae, tribù Prunoideae, genere Prunus.
La specie P. armeniaca racchiude una grande diversità varietale. In
Europa, per esempio, sono state individuate più di 1.300 cultivar e, secondo la
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Commissione di Risorse Fitogenetiche della FAO, sono stati censiti più di 60
banche di germoplasma di albicocco.
È un albero che può arrivare fino ai 6 metri di altezza, ma raramente nelle
piantagioni arriva alla sua massima altezza. L‟albero è di medio sviluppo, con
portamento globoso, con rami secondari corti e divergenti. Il tronco è dritto con
corteccia rugosa, caratterizzata da screpolature nei rami più vecchi e dalla
presenza di numerose lenticelle in quelli più giovani.
L‟apparato radicale è piuttosto fittonante con radici di colore rosso-bruno
e composto da un gran numero di radici secondarie. Le foglie, arrotolate quando
sono giovani, sono alterne, lineari, brillanti, irregolarmente dentate, ovali, alcune
accartocciate alla base, con aspetto cuoriforme. Il picciolo è rosso-giallognolo,
fornito di nettare e lungo da circa 1/3 a poco più della metà del lembo fogliare. I
germogli presentano una tipica colorazione rossastra. I fiori sono grandi e
solitamente riuniti in gruppi, sessili, con calice gamosepalo, rosso con petali
bianco leggermente rosati. Compaiono alla fine dell‟inverno o all‟inizio della
primavera, anticipando la fuoriuscita delle foglie.
Il frutto è una drupa di forma subsferica o ovale, più o meno compressa
lateralmente, divisa in due parti, a volte disuguali, da un netto solco centrale.
L‟epidermide è di colore variabile dal giallo all‟arancione più o meno intenso,
tendente al rosso nella parte esposta al sole, e ricoperta da una finissima
pubescenza. La polpa, più o meno rugosa e profumata, è gialla nelle cultivar
precoci e bianca nelle restanti (la maggior parte delle quali va scomparendo), può
essere spiccagnola (nella maggior parte dei casi) o duracina. Il nocciolo, a seconda
delle varietà, può separarsi dalla polpa o aderire parzialmente. Il seme, o
mandorla, normalmente è amaro, anche se in alcune cultivar è dolce.
La maggior parte delle varietà sono autocompatibili anche se c‟è ne sono
alcune, principalmente tra le nuove varietà straniere, che necessitano di
impollinazione incrociata per fruttificare.
Fruttifica su rami misti, dardi fioriferi e brindilli; a volte può formare
fiori da gemme latenti di rami grossi o proprio dal tronco dell‟albero.
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Le albicocche contengono molta vitamina A e una discreta quantità di
sali minerali e potassio, per cui sono considerate frutti poco calorosi, ma gustosi e
dissetanti.
La pianta è longeva, può arrivare a vivere più di 50 anni, ma in una
piantagione commerciale suole arrivare massimo a 30 anni.
2.1.3 Esigenze pedo-climatiche
È un albero abbastanza rustico, proprio di climi temperati, anche se
resiste bene al freddo invernale (fino a –20 ºC). A causa della sua fioritura molto
anticipata, può soffrire delle gelate tardive, poiché il fiore gela a –2 ºC e il
frutticino allegato a -0,5 ºC. Esige un periodo di freddo invernale di durata
caratteristica di ogni varietà. Esige anche calore estivo per completare la
maturazione della frutta, ma temperature eccessivamente elevate possono essere
pregiudizievoli per la qualità della stessa.
Per quanto riguarda il suolo è poco esigente, anche se preferisce suoli
caldi, secchi, leggeri e profondi, non adattandosi a suoli forti, freddi e umidi. La
permeabilità del sottosuolo ha una grande importanza in questa coltura, in quanto
è sensibile ai ristagni idrici. In terreni profondi ha un grande sviluppo e i frutti
sono di buona qualità. In terre povere e secche, l‟albero si sviluppa meno, però i
frutti sono più profumati.
Riguardo al clima, il fattore limitante per la coltivazione dell‟albicocco è
la frequenza delle gelate tardive, visto che la fioritura di questa specie è
abbastanza precoce. Questa specie preferisce zone areate e la pioggia durante la
fioritura ha effetti negativi sulla fruttificazione. Non sono favorevoli le
temperature elevate durante l‟epoca di fioritura-fruttificazione e le piogge durante
la pre- maturazione che provocano la spaccatura del frutto.
Complessivamente, quindi, l‟albicocco è piuttosto adattabile ma,
nonostante ciò, la zona dove si coltiva a fini commerciali è abbastanza ristretta.
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2.1.4 Importanza economica
L‟albicocco, dopo il pesco, è la seconda specie per importanza tra le
drupacee; anche se quest‟ultima specie ha una distribuzione geografica più
localizzata.
Durante gli ultimi anni la produzione mondiale di albicocche è oscillata
intorno ai 2,5 milioni di tonnellate, e c‟è una tendenza a crescere. Più della metà
della produzione mondiale si concentra nei Paesi mediterranei, in primis la
Turchia seguita da Iran, Italia, Pakistan, Francia e Spagna (Figura 1).
Figura 1- Evoluzione della produzione mondiale di albicocche tra il 1990 e il 2005 ( in
migliaia di tonnellate) .
Fonte: elaborazione propria a partire da dati FAO.
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Figura 2- Produzione di albicocche nel 2006 per Paese.
Fonte: elaborazione propria a partire da dati FAO.
In Spagna attualmente la superficie dedicata a questa coltura oscilla fra i
20.000 ha e i 25.000 ha; l‟espansione negli ultimi anni è stata limitata da una serie
di difficoltà associate sia a un materiale vegetale molto obsoleto sia alla presenza
di alcune malattie, come il virus della sharka (plum pox virus o PPV). Nonostante
ciò, attualmente, a causa di una saturazione del mercato per altre specie e della
produzione non eccedentaria di albicocche, si sta recuperando interesse per questa
specie.
Con una produzione media annuale di circa 150.000 tonnellate su più di
20.000 ha, si desume che l‟efficienza produttiva in Spagna è bassa, intorno a 7,5
t/ha. Nonostante i vantaggi legati al clima rispetto ad altri Paesi, è necessario
incrementare la produttività se non si vuole essere superati nel mercato da altri
competitori.