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Introduzione
Interessante, ai fini del presente studio, è il dibattito concernente l’importanza
della dimensione collettiva della giustizia sviluppatosi nel ventesimo secolo. In tal
contesto Cappelletti, noto comparatista italiano, osservava che il vero traguardo del
diritto comparato non sia mettere a confronto istituti giuridici, bensì i problemi
sociali
1
. In particolar modo, egli sottolineava come la società moderna potesse dar
luogo a dinamiche plurioffensive o, più precisamente, che all’esito di una medesima
fattispecie dannosa un singolo individuo potesse vantare un diritto per certi versi
“omogeneo”
2
rispetto a quello altrui. Per trovare una soluzione a detta
problematica, la quale in prima istanza può sembrare intuitiva, è richiesto che
vengano presi in considerazione determinati fattori
3
.
Alla luce di queste osservazioni, ci si deve chiedere: perché non agire
individualmente? Sovente accade che il singolo individuo ignori il proprio diritto
o, che il ricorso all’apparato giudiziario richieda un esborso notevole. A tal
proposito, il comparatista individua nel modello business to consumer
4
l’esempio
più pregnante. Difficilmente il consumatore si troverà ad agire nei confronti della
controparte, considerata anche l’esiguità della pretesa che solitamente caratterizza
tali rapporti. D’altro canto, se anche il consumer decidesse di agire, di rado si
1
Cappelletti M., Govermental and public advocates for the public interests in civil litigation: a
comparative study, in Michigan Law Rev., 1975, 73, p. 793 ss. e dello stesso A., Appunti sulla tutela
giurisdizionale di interessi collettivi o diffusi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi o diffusi, in
Le azioni a tutela di interessi collettivi (Atti del convegno di Pavia 11-12 giugno 1974), Padova,
1976, p. 191 ss.
2
Come verrà illustrato nel secondo capitolo, l’omogeneità non gode di una definizione univoca.
Ciò considerato, l’opinione maggioritaria sostiene che i diritti tutelabili nelle forme dell’azione di
classe possano considerarsi omogenei allorquando il loro fondamento risieda nella stessa “azione o
omissione o condotta abituale di un medesimo convenuto”, ovvero sono contraddistinti “da un
collegamento o di tipo causale (identità del titolo) o di carattere improprio (identità di questioni).
3
Difatti, la class action, sin dalle origini, è stata fortemente influenzata da numerosi fattori. A titolo
di esempio, basti pensare all’innumerevole via vai di forze politiche che si sono succedute o gli
effetti derivanti dalla globalizzazione.
4
Più precisamente, si intende il business rivolto al consumatore, ovvero, a titolo esemplificativo e
non esaustivo, tutte quelle situazioni in cui un’impresa si trovi ad immettere nel mercato un prodotto
dirigendolo verso una platea di individui con l’intento di realizzare un profitto. Catricalà A.,
Pignalosa M. P., Manuale del diritto dei consumatori, Dike Giuridica, 2013
7
andrebbe a realizzare la funzione deterrente delle condotte nocive ingiuste tipica
dei giudizi collettivi. Sempre in tema, Cappelletti paragona il consumatore che
agisce individualmente ad un eroe dal “destino non lontano da quello di Don
Chisciotte nella lotta contro i mulini a vento”.
5
È da queste premesse che sorge,
secondo l’autore, la necessità di una tutela dal carattere sovraindividuale.
L’attualità delle affermazioni è il punto più seducente delle considerazioni appena
esposte: la necessità di giustizia rimane sostanzialmente immutata, ciò che cambia
è il contesto che la circonda
6
. La tutela collettiva diviene dunque
“imprescindibile”.
La legislazione europea, ispirata dalla fruttuosa esperienza americana, avverte
la necessità di uno strumento atto a deflazionare il contenzioso seriale dalla natura
individuale. Sulla scia di questa nuova corrente, il legislatore italiano introduce per
la prima volta, con l’art. 140 bis del codice del consumo, l’azione di classe
7
. Senza
voler effettuare, sulla base di queste prime osservazioni, un giudizio aprioristico, è
pacifico che l’esperienza nostrana sia stata fortemente influenzata da quella
statunitense, dando vita al fenomeno di legal transplant.
L’esperienza italiana, alla luce di un travagliato iter legislativo, si conclude
(almeno per oggi) con la nuova legge n. 31 del 2019, che introduce l’azione di classe
all’interno del codice di procedura civile. Al fine di rendere più chiara l’analisi
della nuova disciplina, che verrà affrontata nel secondo capitolo, occorre fare cenno
ad alcuni tratti distintivi della nuova normativa. La riforma approvata dal Senato e
pubblicata in Gazzetta ufficiale il 18 aprile del 2019 ha cambiato il volto alla class
action italiana, conferendo alla stessa caratteri diversi rispetto a quelli della
previgente disciplina.
In primis, la nuova legge cambia la collocazione topografica dell’azione di
classe inserendola nella grande area degli strumenti processuali del codice di
procedura civile. Tale cambiamento non ha carattere puramente simbolico ma, muta
radicalmente l’area soggettiva della tutela garantita, assoggettandola de facto al
5
Cappelletti M., op. cit. p. 191 ss.
6
Cappelletti M., op. cit.
7
La legge sulla class action è stata introdotta nel nostro ordinamento per la prima volta nel 2007
con la L. 24 dicembre 2007, con il nome di “azione collettiva risarcitoria”.
8
diritto comune. Il legislatore esplicita la volontà di renderlo uno strumento dalle
“larghe vedute” ed in tal senso, lo scopo poc’anzi illustrato è confermato dai lavori
preparatori, i quali affermano solennemente l’obiettivo della riforma ovvero,
“trasfondere la disciplina dell’azione di classe, attualmente contenuta nel decreto
legislativo n. 206/2005 (cosiddetto codice del consumo), all’interno del codice di
procedura civile», con l’idea di rendere l’azione di classe “più incisiva e
l’applicazione più semplice”, ossia “uno strumento di più ampia applicazione”
8
.
Ancora i lavori preparatori affermano che assume valore fondamentale “il
trasferimento dell’azione di classe dal codice del consumo al codice di procedura
civile, modifica che, di fatto, l’ha trasformata in uno strumento di portata generale
e universale”. Dunque, su un piano pratico, l’intento del legislatore era quello di
ampliare la portata soggettiva dell’istituto ai cittadini tout court, sino a
ricomprendere le imprese escluse dalla precedente normativa. Difatti, la ratio della
precedente azione collettiva era quella di tutelare il consumatore, contraente debole
per eccellenza, sulla falsariga delle legislazioni americane ed europee.
In secundis, ulteriore aspetto nodale della riforma è stato il superamento della
distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Conseguentemente,
la tutela che prima era riservata alle ipotesi di obbligazioni sorte ex contractu ora si
espande anche “a prescindere da un diretto rapporto contrattuale”. Da ciò
consegue un notevole ampliamento dell’ambito oggettivo, ricomprendendo ora
qualsivoglia fattispecie dannosa in violazione dell’obbligo di neminem laedere di
cui all’art. 2043 del codice civile.
L’intento del legislatore è stato quello di intervenire sui punti ritenuti
maggiormente lacunosi della previgente disciplina, al fine di rendere la tutela
collettiva uno strumento connotato dall’effettività della quale gode
nell’ordinamento statunitense. A riprova di ciò, ancora una volta nei lavori
preparatori viene affermato che “fino ad oggi, tale disciplina (ossia quella
contenuta nel codice del consumo NDR) ha evidenziato numerose criticità nel suo
funzionamento pratico, configurandolo come strumento poco efficace ai fini della
8
Tutto ciò, nello specifico, si legge nel Dossier del servizio Studi sull’A.S. n. 844 e n. 583, novembre
2018, concernente le disposizioni in materia di azione di classe approvato dalla XVIII legislatura.
9
tutela collettiva risarcitoria. L’esiguo numero di azioni promosse durante questi
anni, dovuto a tempi e costi della procedura decisamente elevati e soprattutto il
difficile superamento della valutazione preventiva di ammissibilità delle azioni
proposte hanno indotto alla riscrittura dell’istituto». Sulla stessa scorta, vi è la
previsione che la competenza per materia venga attribuita, in via esclusiva, al
tribunale delle imprese. Ciò al fine di aumentare il grado di specializzazione
dell’autorità giudiziaria e di garantire una maggiore rapidità nella definizione dei
giudizi.
Coerentemente con quest’ultimo punto, il legislatore ha previsto l’adozione del
rito sommario di cognizione ex art. 702 bis ss., prevedendo altresì
l’immodificabilità del rito. Numerosi dubbi ruotano attorno alle prospettive della
nuova azione di classe, notando parte della dottrina una sorta di scetticismo da parte
del legislatore, in particolar modo in merito alla mancata adozione del sistema di
opt out ed il mancato riconoscimento dei cd. danni punitivi. L’entrata in vigore era
prevista nell’aprile 2020, tuttavia la crisi pandemica ha prorogato tale data a
novembre 2020.
Chiusa la piccola parentesi italiana, occorre ora brevemente illustrare le
caratteristiche che han reso, negli anni, l’istituto tanto popolare in America. D’altro
canto, esso gode di un’esperienza radicata in oltre due secoli di attività e pronunce
giurisdizionali. Ci si deve chiedere, dunque, quali siano le ragioni del successo e
perché venga attribuita tanta importanza ai legali che, di fatto, spesso e volentieri,
diventano il reale “motore” delle class actions. Nel resto del mondo troviamo
orientamenti di segno opposto, secondo molti ordinamenti conferire un interesse
economico legato all’esito della causa al legale si traduce nell’inevitabile fomento
della litigation.
Gli Stati Uniti prevedono un sistema particolare sia in merito alla retribuzione
degli avvocati sia per quanto riguarda le spese del giudizio. Queste ultime,
nell’ordinamento statunitense, vengono supportate dalle parti, le quali sosterranno
le proprie spese a prescindere dall’esito del giudizio. Ciò che spinge il sistema
americano ad incentivare un meccanismo che di fatto spinge il legale a promuovere
un giudizio, è il ruolo che gli Stati Uniti conferiscono al contenzioso, ovvero quello
10
di enforcement della legge
9
. Ulteriormente, per qualificare l’avvocato negli USA
nel 1987 viene coniato da John Coffee il termine “enterpreneurial plaintiff’s
attorney”
10
per evidenziare, appunto, l’attività imprenditoriale svolta dal legale.
Sulle stesse orme, il famoso intervento di Jonathan Macey e Jeoffrey Miller in un
saggio del 1991 riconosce nell’interesse egoistico del legale una delle
caratteristiche più importanti del giudizio collettivo
11
.
Accennati brevemente questi tratti introduttivi, che verranno dettagliatamente
esaminati nei tre capitoli della tesi, occorre ora enunciare lo scopo di questo
elaborato. L’obiettivo principale è quello di intentare un’analisi comparativa tra
l’azione di classe italiana (alla luce della recente riforma) e la class action
americana. Naturalmente, ai fini della comparazione si dovrà tener conto delle
novità introdotte dal legislatore del 2019. Per quanto concerne il primo capitolo,
questo riguarderà uno studio delle origini della class action da doversi ricercare in
Inghilterra. Successivamente, verranno trattati gli aspetti procedurali più
caratterizzanti del giudizio collettivo americano. Infine, si parlerà di un cause
célèbre che ha scosso l’animo di numerosi consumatori americani, ovvero il
Johnson&Johnson lawsuit, 2018.
In prosieguo, nel secondo capitolo, verranno affrontate tematiche analoghe
con riferimento all’azione di classe italiana. Lo studio partirà dalle origini storiche
dell’istituto sino al primo recepimento, per poi proseguire con la
deconsumerizzazione della class action. Anche in questa sede verrà affrontato un
caso, ovvero Intesa San Paolo (Tribunale di Torino, 28 marzo 2014), dove, come
vedremo, il macchinoso giudizio collettivo italiano spesso e volentieri ha sortito
effetti disincentivanti.
9
Miriam G., Strumenti di enforcement e better regulation. I reclami delle autorità indipendenti, I
paper dell’osservatorio ISSN 2280-8669, settembre 2016, pp. 5 e ss.
10
Coffee Jr. J. C., The Regulation of Entrepreneurial Litigation: balancing fairness and efficiency
in the large class action, in The University of Chicago Law Rev., 1987, 54, p. 877 ss.; e da ultimo,
Entrepreneurial Litigation. Its Rise, Fall and Future, Harvard University Press, Cambridge 2015.
11
Macey J., Miller J.P., The plaintiff’s attorney’s role in class action and derivative litigation:
economic analysis and recommendation for reform, in The University of Chicago Law Rev, 58, 1991,
p. 1 ss.
11
Da ultimo, nel terzo capitolo, alla luce dei dati emersi nella ricerca verrà
effettuata un’analisi comparativa dell’istituto nei due ordinamenti, tenendo conto
anche dello studio in merito ai due casi affrontati.
12
CAPITOLO I
Il modello statunitense di class action
SOMMARIO: 1. Origini della class action 2. L’evoluzione della class action
statunitense. 2.1 Il cd. Forum shopping ed il Class Action Fairness Act del 2005.
2.2 I mass torts 2.3 I danni punitivi – 3. La disciplina della Federal Rule n. 23 – 4.
Cenni generali sulla legittimazione ad agire: i soggetti attivi. 4.1 Il ruolo del lead
plaintiff – 5. I criteri di ammissibilità 5.1 La Certification. 5.2 La Notice. 5.3 Il
Sistema Opt Out vs Opt In – 6. Tutela della salute e class action: il caso Johnson
& Johnson (2018 Lawsuit).7. L’esecuzione della sentenza 6.1 L’importanza del
ruolo del giudice 8. Cenni generali sui class action settlements
1. Origini della class action
Il presente studio è focalizzato su due obiettivi: il primo concerne
l’individuazione delle origini dell’istituto, da doversi ricercare in Inghilterra nei due
secoli dopo la nascita del Common Law, il secondo riguarda l’evoluzione dello
stesso sino al definitivo approdo negli Stati Uniti.
Al fine di analizzare le origini dell’istituto della “class action” negli Stati
Uniti d’America si rendono necessarie alcune premesse introduttive. Difatti, il
concetto di class action affonda le proprie radici in Inghilterra nelle Corti