INTRODUZIONE
La presente ricerca è dedicata a una delle tante comunità migranti che
costellano da più di un ventennio il panorama demografico italiano: quella
proveniente dal Senegal. Nello specifico ho deciso di approfondire i rapporti
solidaristici che, legando a vari livelli tra loro i senegalesi che decidono di emigrare,
ritengo costituiscano una parte fondamentale del bagaglio culturale che il migrante
porta con sé; tale indagine si è mossa attraverso tre differenti, ma complementari,
aspetti: la famiglia, la religione e il contesto sociale che viene a costituirsi dal vivere
nell'una e sulla base dell'altra.
Il motivo della scelta di lavorare con questo gruppo deriva dall'aver recensito
durante il secondo anno del corso di Laurea la storia di vita di un uomo di origine
senegalese, stabilitosi nel corso degli anni Novanta a Nuoro, in qualità di
integrazione relativa al corso di Etnologia. Tale decisione era dipesa, a sua volta, dal
fatto che i senegalesi fossero il gruppo più identificabile per tratti somatici tra quelli
extraeuropei presenti nel contesto cittadino e provinciale, e che, in relazione alla
frequente pratica del commercio ambulante, fossero quello più avvicinabile. Da
allora il rapporto con il gruppo risiedente nel capoluogo barbaricino si è andato via
via intensificando sotto la spinta costante della mia volontà di conoscere i molteplici
aspetti della cultura di un popolo così lontano dal nostro.
Il metodo impiegato per effettuare tale ricerca ha compreso due parti: una
teorica, nella quale mi sono preoccupato di ricostruire gli aspetti storico-sociali della
realtà di provenienza, e una pratica, per la quale ho fatto ricorso a uno degli strumenti
specifici della ricerca antropologica: l'osservazione partecipante. Questa ha avuto
luogo come già detto a Nuoro, a Cagliari in quanto mia sede universitaria, in qualche
occasione a Genova e, la scorsa estate, in Senegal, grazie all'opportunità offertami da
un uomo di nome Abdou
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di accompagnarlo nel suo viaggio di ritorno annuale.
1 Abdou è un uomo di 40 anni, originario di Kaolack, che all'inizio degli anni Novanta ha deciso di
lasciare il Senegal, in cui aveva già una moglie e un figlio, per provare a fare fortuna in Europa.
Dopo un primo periodo passato in Francia si è visto costretto, in seguito alla chiusura della
frontiere a entrare da clandestino in Italia (dove ancora non esisteva una normativa univoca
sull'immigrazione essendo prevalentemente un Paese dal quale si emigrava) per evitare di
nullificare gli immani sacrifici compiuti fino a quel momento. Dopo quasi vent'anni trascorsi in
Sardegna si può dire che abbia raggiunto il suo scopo di migliorare notevolmente la situazione di
partenza. Prova tangibile di questo è data dal fatto che la sua famiglia si è andata via via
allargando.
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La ricerca nel contesto d'origine, fatta durante il mese tra giugno e luglio 2012,
si è svolta nella capitale Dakar, in cui io e il mio compagno di viaggio siamo stati
ospitati presso la casa della famiglia della sua terza moglie, e a Kaolack, capoluogo
dell'omonima regione centrale del Paese, in cui mi è stata messa a disposizione una
camera presso l' abitazione del mio accompagnatore. Durante tutto il mese ho quindi
avuto esperienza diretta della teranga (termine wolof traducibile in italiano con
“ospitalità”) caratteristica del popolo senegalese.
Dal fatto di vivere presso due abitazioni private ho avuto la fortuna di essere
inserito fin da subito nella cerchia di conoscenze del mio ospite con lo status di
amico toubab (“bianco”). Durante questo viaggio ho deciso, avendo osservato come
la condivisione fosse una concetto cardine della vita senegalese (per quanto riguarda
il cibo, i trasporti, le abitazioni, ecc.), di indagare nella realtà delle migrazioni in che
modo e in base a quali principi tali forme di solidarietà si ricostituiscono all'estero.
La stesura della tesi si articolerà in tre capitoli; nel primo verrà presentato lo
Stato senegalese nella sua dimensione storico-geografica e verranno forniti i dati
socio-culturali secondo le ultime statistiche fornite da fonti ufficiali
2
. Nel Capitolo 2
si passerà ad approfondire l'etnia numericamente più importante tra le trenta di cui si
compone la popolazione nazionale, quella Wolof, con particolare riferimento alla
struttura familiare e alla religione islamica, principale fede in cui si riconoscono i
membri di tale gruppo etnico e della nazione. La questione religiosa verrà
ulteriormente analizzata in quanto, stando ad autorevoli fonti, nonché alla mia
esperienza diretta, «esser musulmano in Senegal vuol dire quasi automaticamente
essere affiliato a un ordine sufi» (Cruise O'Brien, 1983, p.122; cit. in Schmidt di
Friedberg,1994, p.10) e ancora, come disse nel 1981 il politologo Coulon, «nel
Senegal si è prima taalibe (“discepolo”) di qualcuno prima di essere cittadini di uno
Stato» (Coulon, 1982, p.264; cit. in Perrone, 2000, p.207); verrà pertanto presentata
una panoramica sulla storia delle confraternite sufi e, più dettagliatamente, verrà
presentata la Muridiyya. La decisione di focalizzare l'attenzione su questa
confraternita nonostante la presenza di altre è da ricondurre a due motivi principali: il
primo è che è l'unica di origine prettamente senegalese, il secondo è che la comunità
presso la quale ho svolto tale ricerca, come la maggior parte della popolazione
nazionale, appartiene ad essa. L'argomento della trattazione del terzo e ultimo
2 Gouvernament du Sénégal; Agence National de la Statistique et de la Démographie; World
Factbook of Central Intelligence Agency.
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capitolo sarà un'analisi diacronica del fenomeno migratorio nell'ottica di evidenziare
la solidarietà che la comunità senegalese, e nello specifico quella parte appartenente
alla confraternita mouride, riesce a far vivere all'estero . Sulla scia di Pace e Chantal
«si trattava di comprendere se anche nel contesto dell'immigrazione, credenze e
condotte religiose erano in grado di esercitare una funzione integratrice oppure no»
(Pace, Saint-Blancat, 2000, p.223). Essendo frutto del confronto e dello scambio con
persone che hanno preso la dura decisione di lasciare la famiglia nella speranza di
migliorare le condizioni di vita, ho ritenuto necessario parlare di tutte e tre le fasi che
caratterizzano ogni progetto migratorio: la partenza, l'arrivo nel paese prescelto (in
questo caso l'Italia e per essere ulteriormente più precisi la regione Sardegna) e le
prospettive per il futuro. In quest'ultimo capitolo lo spazio maggiore sarà dedicato a
ciò che è stato per più tempo oggetto della mia osservazione partecipante, quindi la
parte di vita trascorsa all'estero, la rete informale che sta alla base della migrazione,
la fede religiosa che ne fa sopportare i disagi e le condizioni di vita generali da cui
questi ultimi traggono origine.
Ciò che in sostanza mi prefiggo con questa tesi è di descrivere, nell'ottica di un'
“etnografia multilocale
3
” (Riccio, 2008, p. XI-XVI), un quadro generale sul popolo
senegalese. Considerato il fenomeno migratorio in quanto condizione senza la quale
non avrei avuto la fortuna di conoscere gli “usi e costumi” di un popolo che vive così
lontano dall'Italia semplicemente continuando ad abitare nella mia città natale, e
considerata la personale voglia di conoscere culture diverse, ritengo che questa
prospettiva teorica si sia automaticamente imposta lungo il percorso di ricerca.
Vista la disponibilità e generosità dimostratemi dai senegalesi durante i vari
incontri, è doveroso inserire i nomi o gli pseudonimi suggeritimi, nei casi in cui per
diversi motivi sia stata espressa la volontà di non comparire tra queste pagine, di tutte
quelle persone senza le quali questo lavoro non avrebbe potuto aver luogo.
3 Posizione metodologica caratterizzante gli studi delle migrazioni che ritiene «impossibile acquisire
un'immagine completa dell'immigrazione come processo senza investigare le persone e le loro
famiglie su entrambi i lati» (Glick, Schiller et al., 1992; cit. in Riccio, 2008, p.XII).
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Capitolo primo
Senegal
1. Caratteristiche storico-geografiche
1.1 La geografia
Il Senegal è uno Stato dell'Africa occidentale il cui territorio ha un'estensione
di 200.000 km
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(quello dell'Italia, a confronto, è di circa 300.000) ai margini del
cosiddetto Sahel, zona di transizione tra le regioni aride del Sahara occidentale e
quelle umide dell'Africa guineana. Si affaccia per un tratto di costa di 513 km
sull'Oceano Atlantico e comprende il punto più occidentale del continente, la
penisola del Cap-Vert. Confina a Nord con la Mauritania, a Sud con la Guinea-
Bissau, a Sud-Est con la Guinea ed a Est con il Mali; inoltre circonda quasi
interamente, ad eccezione del punto in cui il fiume Gambia sfocia nell'oceano, il
paese anglofono che attorno a tale fiume si è sviluppato e che da esso prende il
nome.
Il clima è prevalentemente tropicale ma essendo soggetto contemporaneamente
anche ad influenze equatoriali, oceaniche e continentali, è caratterizzato da una
stagione secca invernale e da una umida estiva la cui durata aumenta man mano che
si scende verso il sud del Paese. Nel nord prevalgono le aree desertiche e le steppe
proprie del Sahel mentre più a sud si estende la savana, di cui larghe aree sono state
diboscate, turbando l'equilibrio naturale di tutta la regione, per far posto, a partire
dalla dominazione francese, alla coltivazione dell'arachide. In tutta la parte centrale
e settentrionale del Senegal, caratterizzata da scarse precipitazioni, la flora è povera e
stentata; nella sezione meridionale della Casamance, compresa tra la Gambia e la
Guinea-Bissau, compare, invece, la foresta tropicale sempreverde. Nel territorio sono
presenti, quindi, tutti gli ambienti vegetali che nell'Africa settentrionale segnano il
trapasso dal deserto alla foresta. Come in tutto il continente anche nel Senegal il
paesaggio vegetale appare estremamente degradato per effetto degli incendi
stagionali, provocati secondo le regole dell'agricoltura tradizionale, a cui vanno
aggiunti i frequenti roghi per smaltire i rifiuti solidi.
Per molto tempo ho immaginato che in Africa si potesse ancora sentire “l'odore
del mondo”, l'odore di una natura quasi inviolata, in cui il consumismo, con tutto il
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materiale di scarto che comporta, non avesse ancora fatto la sua invadente comparsa.
Durante la prima settimana in Senegal, benché disilluso rispetto all'adolescenza su
questa purezza ideale del continente nero, non posso negare di essermi trovato
spiazzato alla vista dei numerosi falò, nei pressi di alcuni mercati all'aperto, come
quello di Dalifort alla periferia di Dakar, ai margini delle aree urbane o in aperta
campagna, accesi per eliminare la plastica che, se non è stata mangiata dalle capre o
si è ammucchiata in qualche canale di scolo, è stata spazzata dal vento per chissà
quanti chilometri fino a che non si è arrestata sui cespugli, tra le enormi radici dei
baobab sparsi per la savana, o a ridosso dei villaggi tradizionali prossimi alle grandi
città.
1.2 La storia
Dal punto di vista geopolitico il Senegal entra in contatto col mondo europeo in
seguito alle spedizioni esplorative compiute lungo le coste africane per conto della
corona portoghese nella seconda metà del XV secolo. I suoi litorali andranno di fatto
a costituire il punto di partenza per la penetrazione delle potenze coloniali
nell'Africa sub-sahariana.
Mentre, tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, francesi e inglesi si
interessano alla foce del fiume Senegal, nel 1617 gli olandesi prendono possesso
dell'isola di Gorée, situata davanti alla penisola del Cap-Vert. Tuttavia il controllo su
quest'isola passerà già nel 1677 sotto l'influenza dell'impero coloniale francese che,
vista la sua posizione strategicamente favorevole alla creazione di un avamposto,
dapprima ne farà il centro di smistamento di milioni di nativi, uomini, donne e
bambini, destinati ad essere venduti come schiavi nel continente americano, e
successivamente vi istituirà un porto franco.
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Foto 1: Isola di Gorée Foto 2: Maison des Esclaves
All'inizio del XIX secolo i possedimenti francesi, eredi degli insediamenti
commerciali che avevano rappresentato i punti d'incontro tra il commercio marittimo
e quello continentale durante la tratta degli schiavi nel XVII secolo, erano ancora
poco numerosi, dispersi e di modeste dimensioni; inoltre la loro importanza e attività
era andata progressivamente diminuendo da quando la Francia aveva sottoscritto,
sotto le pressioni dell'Inghilterra interessata a intaccarne il potere coloniale , la
“Dichiarazione contro la tratta degli schiavi” formulata durante il Congresso di
Vienna del 1815. Fino alla prima metà dell'Ottocento, i progressi dell'imperialismo
restano quindi limitati, ma, a partire dal 1850, si assiste a un cambiamento
sostanziale della politica coloniale: gli accresciuti bisogni di materie prime destinate
alle industrie manifatturiere e la rivalità imperialista, portano infatti ad una nuova
strategia d'occupazione e di valorizzazione del territorio; appunto in tale ottica si
deve rintracciare la diffusione dell'arachide come cultura commerciale a scapito delle
esistenti colture di sussistenza. Lo spazio senegambiano diventa quindi oggetto di
una conquista feroce e nel 1864, tutto il litorale compreso tra i fiumi Senegal e
Saloum passa sotto la dominazione francese, la cui espansione coloniale accelera
ulteriormente nel 1876, nel tentativo di raggiungere il fiume Niger e ottenere così il
totale controllo sul territorio, ma si trova a dover far fronte a una dura resistenza dei
regni autoctoni. Questi, a causa della mancata coordinazione e delle rivalità interne,
non potranno che ritardare il progetto fino al 1891, anno in cui la conquista del
territorio dell'attuale Senegal può dirsi conclusa (Thiam, Guèye, 2000
4
).
Nel 1895 il Senegal entra a far parte, assieme alla Costa d'Avorio, al Sudan
francese (odierno Mali) e alla Guinea Francese (attuale Guinea) del neoistituito
governo dell’Africa Occidentale Francese (AOF) e la città di Dakar, con il porto più
occidentale di tutto il continente africano e importante snodo commerciale e di
comunicazione, ne diventa la sede permanente. Proprio grazie a tale retaggio, ancora
oggi il paese risulta essere uno dei più sviluppati di tutta l’Africa occidentale,
nonostante in vari ambiti
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sia ancora bisognoso di adeguate riforme per consolidare
la propria crescita. Il 4 aprile 1960 il Senegal ottiene l'indipendenza dalla Francia, e
Léopold Sédar Senghor, già deputato per il Senegal alla costituente francese (1945-
46) e all'Assemblea nazionale francese (1946-58), viene eletto presidente della
4 Fonte: www.gouv..sen/Historie.
5 Tra questi, quelli che andrebbero prioritariamente riformati sono, a mio parere, la sanità e il
sistema di raccolta dei rifiuti.
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