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Introduzione. Dalla graphic novel al cinema passando per la
filosofia
Nel 2009 è apparso sugli schermi cinematografici il film Watchmen, del regista
Zack Snyder. Quest’opera è una trasposizione cinematografica dell’omonima graphic
novel degli anni Ottanta, nata dalla fervida immaginazione di Alan Moore e dalle
matite di Dave Gibbons.
L’avvento sul grande schermo di questa pellicola, a più di venti anni di distanza
dalla pubblicazione, ci è parsa spunto interessante per una ricca serie di riflessioni.
Il nostro lavoro segue l’avventura di Watchmen dalla graphic novel al cinema
tentando sia di decostruire e illustrare la storia narrata che di analizzare gli aspetti
più prettamente cinematografici del prodotto finale.
In questo percorso ci imbattiamo ben presto nel quesito “Who watches the
watchmen?” (traducibile nell’italiano chi sorveglia il sorvegliante?) che compare tanto
nelle prime pagine dell’opera letteraria quanto nei titoli di testa del film.
L’interrogativo è ben noto agli scrittori politici di tutti i tempi. Ci ha sorpreso
trovarlo in un “fumetto” ed ancor più siamo rimasti colpiti, così almeno ci è parso,
nel vederlo affrontato nella maniera originale e innovativa che cercheremo di
analizzare.
Questo è solo uno dei molteplici temi filosofici presenti in quest’opera. La
nostra scelta è stata quella di concentrarci sulle implicazioni etiche e politiche che
scaturiscono se gettiamo lo sguardo non più alla figura del sorvegliato, come già in
molta letteratura distopica, ma anzi ai dilemmi etici che coinvolgono in prima
persona la figura del sorvegliante.
A questo proposito l’aspetto ulteriormente avvincente è quello che tocca le
possibili sfaccettature del veggente invisibile e ultimo, in quanto quelli che ci
vengono presentati, sulle pagine e sulla pellicola, sono molti sorveglianti che
incarnano, ognuno in un modo diverso, questa figura.
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A ben vedere, a ciascuno di loro corrisponde una precisa posizione etica. Posta
di fronte ad un dilemma che coinvolge direttamente le responsabilità della figura del
sorvegliante di fronte all’umanità, ciascuna di tali posizioni si rivela insufficiente,
non risolutiva e tantomeno appagante.
Ci troviamo tra le mani quindi da una parte un “fumetto” di culto, tanto da
essere inserito tra i migliori 100 romanzi del XX secolo nella classifica del Times
(unica graphic novel) dall’altra un blockbuster da milioni di dollari che è stato
preceduto da un battage pubblicitario imponente.
Sorprende, ma non ci stupisce, trovare in questi prodotti stimoli a riflessioni di
carattere etico e politico affrontati attraverso l’arte grafica e cinematografica.
Nel primo capitolo analizzeremo la graphic novel, osservandone la genesi e la
struttura illustreremo le innovazioni portate dall’opera nel panorama dei comics
internazionali, tanto a livello grafico e illustrativo quanto a livello narrativo.
Attraverso le caratteristiche dei protagonisti e le connessioni esistenti tra di loro,
mostreremo lo svolgersi della storia, seguendo il percorso non lineare dell’opera, la
quale narra gli eventi in modo non cronologico proprio attraverso l’agire dei
personaggi.
Nel secondo capitolo affronteremo il prodotto filmico, partendo dalla sua
difficile gestazione e il lungo lavoro di ricerca compiuto dagli autori della pellicola
per rimanere fedeli all’opera letteraria. In seguito, affronteremo l’impatto che il film
ha avuto sul pubblico, con particolare attenzione alle polemiche scaturite intorno al
film. Partendo dall’opinione di Alan Moore verso il progetto cinematografico,
illustreremo le risposte controverse che la pellicola ha ricevuto a livello di critica
cinematografica, tanto nostrana quanto internazionale. Infine, ci concentreremo sul
prodotto cinematografico in senso tecnico, effettuando un’analisi di quegli aspetti
filmici che ci paiono di maggior rilievo.
Nel terzo capitolo effettueremo alcune delle riflessioni filosofiche che le due
opere suggeriscono. Partendo dall’esperimento mentale che ipotizza l’esistenza di
supereroi sulla Terra, ci concentreremo in particolare sulla figura di uno dei
protagonisti, il Dottor Manhattan, un essere dalle caratteristiche quasi divine e
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vedremo quali sono le reazioni e i sentimenti che scaturiscono nel popolo americano
nei suoi confronti. Successivamente ci concentreremo sulle visioni del mondo dei
nostri sorveglianti, osservando come queste corrispondano, in maniera estremizzata
e in parte caricaturale, ad alcune delle più classiche posizioni etiche e vedremo come
queste reagiscono nel confronto con un dilemma etico di enorme portata.
Infine ci occuperemo del quesito che dà il titolo al nostro lavoro “chi sorveglia il
sorvegliante?” e osserveremo la nuova lettura della figura del sorvegliante ultimo,
non più inarrivabile, offerta al lettore e allo spettatore dalle due opere in esame.
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Capitolo Primo
Wa t c h m e n, una graphic novel che rivoluziona il genere
La Nascita di Watchmen
Nel 1985 la DC Comics decise di affidare ad Alan Moore e a Dave Gibbons
l’elaborazione di una serie di albi, partendo da un gruppo di personaggi già esistenti
e appena acquistati dall’azienda: i personaggi della Charlton.
I due artisti studiando i personaggi che avevano a disposizione proposero alla
DC una prima bozza della sceneggiatura che avevano in mente, la quale non fu
gradita alla casa editrice poiché nella loro visione molti dei personaggi sarebbero
morti con la conclusione della serie. Allo stesso tempo si resero conto che i
personaggi della Charlton riflettevano tutta una serie di clichè relativi ai personaggi
della narrativa a fumetti americana di quel periodo. Fu così che decisero di ricalcare
quelle caratteristiche archetipiche delle figure dei supereroi per creare un mondo
alternativo in cui i protagonisti fossero una sorta di parodia dei supereoi classici, in
questo modo “i personaggi vennero definiti con maggior dettaglio, in molti casi
divennero più estremi perché capimmo che non eravamo più vincolati a quelli
Charlton e potemmo spingerci oltre”
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.
Nella graphic novel vi sono infatti sei personaggi principali che hanno tratti
comuni e immediatamente riconoscibili. Troviamo il fisico che in seguito ad un
incidente di laboratorio gode di poteri nucleari, molto simile al Capitan Atom dei
Charlton; l’asociale che vede il mondo diviso in bene e male derivato da The
Question; l’uomo più intelligente del mondo; l’eroe romantico; la femme fatale e l’eroe
cinico che si affida al potere e alla forza.
1
Intervista ad Alan Moore di George Kirby contenuta in Watchmen 20 anni dopo, AAVV, Lavieri,
Caserta, 2006
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Ma la collaborazione tra i due artisti non si limita alla semplice parodia, bensì
struttura un mondo alternativo possibile in cui far vivere questi personaggi e ne
studia le ripercussioni sul mondo contemporaneo.
L’intera vicenda di Watchmen è ambientata lungo un arco di tempo
particolarmente esteso che va dagli anni Quaranta del XX secolo fino alla metà degli
anni Ottanta, ovvero nel periodo in cui i due autori lavorano alla stesura dell’opera.
Questo mondo è studiato nel minimo dettaglio, c’è infatti un’attenzione maniacale nel
ricostruire il mondo a loro contemporaneo attraverso la visione della fantascienza più
classica, quella che cerca di rispondere alla domanda “che cosa sarebbe successo se..?”.
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La struttura di Watchmen
Per capire che Watchmen fu un’opera rivoluzionaria per il suo tempo basta
dare uno sguardo alla prima copertina. Fino a quel momento, le serie a fumetti si
distinguevano per un’omogeneità grafica: sulla cover, sotto il titolo scritto in header di
pagina, si muovevano sempre i personaggi in scene d’azione. Gibbons e Moore
mettono fine a questa consuetudine ponendo in copertina un enorme smiley, con una
goccia di sangue che scivola sull’occhio sinistro. Il titolo è posto in verticale, sia sul
bordo sinistro della copertina sia sul dorso nella versione antologica.
Se ciò non fosse già abbastanza rivoluzionario per quanto riguarda l’impianto
grafico, presto scopriamo che le copertine di tutti i dodici numeri non riportano
scene d’azione bensì scene statiche e che queste, anziché riportare alla vicenda
trattata, sono la prima tavola della storia che verrà narrata all’interno, come a
invogliare il lettore a proseguire nella lettura.
Questo spiazzerà il fruitore abituale di fumetti che si ritrova tra le mani un
prodotto nuovo fin dalla prima occhiata, con colori che si distaccano dall’abitudine:
in copertina infatti campeggiano il giallo dello smiley (che è posto su una spilla,
oggetto che ci accompagnerà per tutta la vicenda e diventerà centrale nella storia
narrata), il nero del titolo e il rosso del sangue. Nelle parole di Gibbons:
“Questo ci ha permesso di far partire il tema dell’assassino di eroi
mascherati già dai primi episodi e anche di avere un’immagine forte con cui
partire. Inoltre ha stabilito il motivo della spilla dello smiley con lo schizzo di
sangue sopra. L’intera serie è riassunta da quello, un’immagine stilizzata e
umoristica sfigurata dall’orrore della realtà. Se può interessare, una spilla con lo
smiley è l’immagine meno dettagliata che un bambino riconosce come volto
umano. E’ stata elaborata in una serie di test psicologici. Naturalmente poi il
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giallo è un colore che mette allegria. Sono stato io a fornire al comico la spilla, ma
credo che l’idea della macchia di sangue sia venuta ad Alan.”
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Per usare invece le parole di Moore “Riguardo la grafica, volevamo che gli albi
avessero un aspetto quanto più possibile diverso. Non c’era alcun motivo per cui
avremmo dovuto renderli simili a tutti quegli altri fumetti che affollavano gli
scaffali.”
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Per proseguire in questa breve analisi della grafica potremmo passare a
osservare la tipologia di illustrazioni e l’uso del colore. Innanzitutto, per l’intera serie
è stata usata una griglia di nove vignette per tavola, metodologia di impaginazione
usata nelle vecchie strisce sui quotidiani americani, la quale appare non troppo
restrittiva e tuttavia segna dei confini ben delineati entro i quali le vicende si
muovono. Per quanto riguarda l’uso del colore, il lavoro svolto dal colorista John
Higgins sotto la supervisione attenta e maniacale di Gibbons e Moore, è stato
davvero meticoloso. Considerando che all’epoca il lavoro di colorista si svolgeva
interamente a mano e senza l’ausilio di tecniche digitali, da parte di Higgins ci fu
un’attenzione incredibile nello studio della luce e di un’omogeneità nei dettagli cosa
che, a suo dire, lo fece letteralmente impazzire alla ricerca di una soluzione tecnica
adatta e utile per la stampa, anche questo è un particolare inusuale nel panorama dei
fumetti dell’epoca.
La cifra stilistica di Moore è altresì evidente in una tecnica usata nei cambi di
scena, anche questa per la prima volta nel fumetto, che fissa l’attenzione su un
frammento di frase che viene detta da un personaggio o su un’immagine con un’altra
immagine simile nella vignetta seguente, tecnica che amplifica la fluidità della
narrazione e accompagna il lettore da una vignetta all’altra.
L’innovazione di Watchmen dal punto di vista grafico non si limita a questi
aspetti, bensì c’è un particolare decisivo che rivoluziona ulteriormente il genere. In
appendice ad ogni albo, anziché le lettere dei lettori o gli inserti pubblicitari, si
sviluppano dei veri e propri finti articoli che accompagnano la struttura della
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Intervista a Dave Gibbons di Paul Duncan, in AAVV Watchmen, 20 anni dopo, op. cit. p.39
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Intervista ad Alan Moore di George Khoury, in AAVV Watchmen, 20 anni dopo, op. cit. p. 19
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narrazione e svolgono un ruolo centrale nella comprensione dei vari “sottomondi” di
cui la storia è ricca. Si tratta di brani estratti dall’autobiografia di uno dei personaggi,
Hollis Mason, uno dei primi sorveglianti che ha deciso di togliere la maschera e
raccontare la storia della sua vita. Inoltre ci sono estratti di finti articoli che parlano
del potere pressoché illimitato del Dottor Manhattan, l’uomo che in seguito ad un
incidente di laboratorio ha acquisito poteri nucleari. E ancora, alla fine del quinto
albo, un articolo che parla della nascita del fumetto I racconti del vascello nero,
fumetto dentro al fumetto che vediamo leggere da un ragazzino lungo tutta la
narrazione, del quale parleremo più avanti.
E ancora molti altri esempi di brani vari, sorte di approfondimenti creati ad
hoc che contribuiscono a rendere palpabili le vicende che si svolgono nel corso
dell’opera e contribuiscono a rendere verosimile l’intero mondo alternativo creato da
Moore.
Concentriamoci quindi su questa realtà alternativa. In Watchmen si narrano le
vicende di cinque personaggi che si muovono in un’America e in un mondo dove la
loro esistenza ha cambiato il corso della storia. In questa realtà gli Stati Uniti hanno
vinto la guerra in Vietnam grazie all’apporto dato dal Dottor Manhattan, capace di
manipolare la materia; Kennedy è stato ucciso da uno dei protagonisti, il Comico, e
Nixon è stato rieletto per la quinta volta. La guerra fredda tra Stati Uniti e Russia
persiste, la corsa agli armamenti nucleari è talmente intensa da aver indotto gli Stati
Uniti a creare un orologio che segna la distanza dalla fine del mondo. Nel primo albo
di Watchmen l’orologio campeggia in quarta di copertina ed è posizionato a dodici
minuti dalla mezzanotte, ora che ovviamente designa la guerra nucleare. Lungo tutti
i dodici albi vedremo le lancette muoversi verso la mezzanotte accompagnando la
paura crescente nel popolo americano.
In questo mondo, l’attività dei sorveglianti è stata interdetta dal cosiddetto
decreto Keene, il quale ha obbligato i sorveglianti a dismettere le vesti di guardiani a
causa delle sommosse del popolo contrario al potere al di sopra della legge detenuto
da questi eroi mascherati.