Perché Rai3
La scelta di studiare la Terza rete del servizio pubblico
viene da curiosità personali, di studente di Scienze delle
Comunicazione appassionato di televisione e pubblici oltre che
telespettatore onnivoro. A guardare l’attuale programmazione
mi sono chiesto quanto sia reale o stereotipata l’immagine di
una Rai3 dedita alla cultura, declinata a “sinistra” e “usata e
consumata” da un pubblico di élite. E’ fuor di dubbio che nel
panorama televisivo italiano Rai3 si sia distinta per voglia e
capacità di sperimentare nuovi generi e nuovi linguaggi
eppure, nel contempo, ha mantenuto il ruolo di rete di
“servizio”. Considerata all’interno della Rai come la terza
pagina dei quotidiani, quella dedicata alla “cultura”, nella sua
ultratrentennale storia ha inventato nuovi formati ibridando
generi comunicativi e investendo in giovani talenti.
Ma chi oggi guarda Rai3? Le statistiche Auditel offrono un
ritratto puntuale del telespettatore medio della rete, ancor più
rilevatore se incrociato con l’offerta e in generale con lo stile
comunicativo della rete. A questo scopo ho ritenuto necessario
studiare in via preliminare la storia ultratrentennale di Rai3
descrivendo sia gli aspetti organizzativi e gestionali, che si
sono spesso intrecciati con le vicende politiche, sia i
programmi che più degli altri sono diventati emblematici della
rete. Un lavoro di ricostruzione storica per nulla facile. Se per
quella che viene definita “l’era Guglielmi” le fonti e il materiale,
sia cartaceo che multimediale, sono più che abbondanti, per
cui la difficoltà è stata per lo più legata alla selezione della
documentazione, per i due periodi che precedono e seguono
quei sette anni (dal 1987 al 1994) ho riscontrato un
sostanziale vuoto informativo. Per i primi anni di vita di Rai3 ho
potuto comunque risolvere l’empasse consultando i molti testi
8
dedicati alla storia della Rai che pur non entrando mai nello
specifico riportano molte notizie utili per ricostruire quel primo
periodo della rete. Le difficoltà maggiori si sono presentate per
le vicende degli ultimi quindici anni “registrati” solo dal
materiale multimediale nei siti web istituzionali della Rai e negli
archivi on-line dei quotidiani nazionali. Sembrerebbe che si sia
perso interesse nel raccontare la storia della televisione
italiana e lo dimostra il fatto che gli ultimi testi che trattano
questi argomenti risalgono per lo più alla seconda metà degli
anni novanta.
Assai vasta, per contro, la letteratura sul concetto di
servizio pubblico e sulle sue declinazioni in Italia. Per gli
obiettivi di questo lavoro è sembrato corretto insistere più che
altro sull’applicazione fattane dalla Rai e da Rai3 all’interno dei
loro programmi, piuttosto che proporre una disamina sulle
varie teorizzazioni.
La “contestualizzazione” mi ha permesso di affrontare lo
studio dei pubblici di Rai3 con una maggiore consapevolezza
della cifra comunicativa della rete. L’intenzione è verificare se
e quanto l’immagine di Rai3 e del suo pubblico coincide con le
reali caratteristiche dei telespettatori che seguono i
programmi che costituiscono e costruiscono l’identità della rete
stessa. Il periodo di analisi riguarda gli ascolti certificati da
Auditel nella stagione televisiva 2009/2010 nel preserale,
prime time e seconda serata con un focus su Ballarò, Blob,
Che tempo che fa, Chi l’ha visto?, Cominciamo bene, Mi
manda Raitre, Parla con me, Report, programmi di punta della
rete. L’identikit ovviamente si basa sulle variabili socio-
demografiche contemplate da Auditel relative a
- sesso
9
- età
- classe socioeconomica
- livello di istruzione
- distribuzione geografica del pubblico.
Parte prima
La storia di Rai3
1.1 Le origini
L’idea di un canale televisivo dedicato alla cultura non
venne fuori dal nulla. Già dal 1950 erano attivi i tre canali
radiofonici della Rai che si distinguevano tra loro per una
diversa programmazione. Il primo, denominato Programma
Nazionale, era dedicato ad un pubblico nazionalpopolare, il
secondo, chiamato Secondo Programma, all’intrattenimento e
il terzo, nominato allora Terzo Programma, alla cultura. La
differenziazione rispondeva alla mission che tutte le emittenti
radiotelevisive pubbliche, BBC in testa, adottano nel secondo
dopo guerra secondo una visione pedagogica - culturale
basata sulla famosa triade reithiana1: educare, informare,
intrattenere.
Con questo stesso spirito nel 1975 prende avvio la riforma
del sistema radiotelevisivo sancito dalla legge 103/75. Gli
elementi più significativi di tale riforma erano il passaggio di
potere di nomina del consiglio di amministrazione dal governo
al parlamento, un tetto pubblicitario giornaliero del 5% sulle
ore di trasmissione della Rai, l’istituzione della figura del
direttore di rete e la creazione di una testata giornalistica
indipendente per ciascun canale, la possibilità per le televisioni
straniere di poter trasmettere sul nostro territorio a patto che
non interferissero con il segnale delle reti italiane. Cambiarono
anche i nomi del Programma Nazionale e del Secondo
Programma denominati rispettivamente Rete1 e Rete2. A loro
si aggiunse Rete3 che in base all’articolo 14 della stessa legge
doveva assumere un carattere regionale. I tempi di
realizzazione furono più lunghi di quelli previsti e solo il 15
1
M. Hibberd, Il grande viaggio della Bbc, Rai Eri, Roma, 2005.
14
dicembre del 1979 la nascente rete iniziò le trasmissioni
regolari. Il problema maggiore era la scarsa copertura del
segnale sul territorio italiano che per diversi anni rimase
inferiore al 50%. Anche il presunto carattere regionale della
rete si rivelò un nodo difficile da sciogliere. Costruire un
palinsesto composto per più della metà da programmi
provenienti dalle 21 sedi regionali (le 20 regioni italiane con
Trento e Bolzano che però avevano due sedi distinte) si rivelò
molto difficile sia dal punto di vista tecnico sia e soprattutto da
quello economico viste le scarse risorse affidate alla rete.
Le difficoltà tecniche con cui partono i Tg della terza
rete non sono minimamente immaginabili per il
pubblico. La regia del Tg nazionale è sistemata nei
primi mesi in un pulmino parcheggiato in via Teulada.
(…)…ci sono i tecnici che montano i cavi e attaccano
spinotti rubando letteralmente le macchine e fili negli
studi e nei magazzini delle altre reti e testate.2
La nascita di Rai3 avviene in piena lottizzazione politica
creata proprio dalla legge 103/75. La spartizione prevedeva
che ogni rete e il suo Tg avesse un partito di riferimento. La
Rete1 era controllata dalla Dc, la Rete2 dal Psi e la Rete3 dal
Pci. In realtà per molti anni la Dc riuscì a controllare in parte
anche la Terza Rete piazzando alla direzione della rete e del
telegiornale Giuseppe Rossini e Biagio Agnes, legati alla
Democrazia Cristiana3. L’unica traccia evidente del Pci a Rai3
era Sandro Curzi, condirettore del Tg3 ed esponente del
partito di Berlinguer. La partenza ritardata di un anno di Rai3 è
dovuta proprio a questa situazione politica in cui tutti i partiti,
2
C. Ferretti, U. Broccoli, B. Scaramucci, Mamma Rai: storia e storie del
servizio pubblico radiotelevisivo, Le Monnier, Firenze, 1997, p. 334.
3
Cfr. E. Bernabei, G. Dell’Arti, L’uomo di fiducia, Mondatori, Milano, 2000.
15
tranne un’ala della Dc e il Pci naturalmente, e anche le varie
televisione private si opponevano all’idea che fosse creta una
nuova rete che poi sarebbe stata sotto l’egemonia del partito
comunista4.
Rai3 esordisce il 15 dicembre 1979 e già nei titoli della
prima giornata è chiara la sua vocazione culturale5:
Palinsesto di sabato 15 dicembre 1979 - Rete 3
18,30 Il pollice Rubrica - Programmi visti e da vedere sulla Terza rete tv
19,00 Tg3 Informazione a diffusione nazionale
19,10 Tg3 Informazione regione per regione
19,30 Tuttinscena Rubrica dedicata al cinema, al teatro e alla musica
20,00 I burattini di Otello Sarzi Intermezzo
20,05 La presa di potere di Luigi XIV Film di Roberto Rossellini
21,35 Tg3 Replica del Tg nazionale e di quello regionale
22,05 I burattini di Otello Sarzi Replica intermezzo
Partiamo dal programma cardine di una rete del servizio
pubblico: il notiziario. La prima edizione del Tg3 va in onda lo
stesso giorno dell’inizio delle trasmissioni della rete (15
dicembre 1979) alle ore 19. Suddiviso in due “tempi” i primi 10
minuti sono dedicati al Tg nazionale e a seguire i Tg regionali6.
Con un ampio spazio a notizie di carattere culturale la linea
editoriale del telegiornale ricalca quella della rete, che investe
soprattutto su programmi d’inchiesta, documentari, rubriche,
concerti di musica classica, opere teatrali e liriche e
4
Cfr. C. Ferretti, U. Broccoli, B. Scaramucci, op. cit.
5
D. De Martino, Per una storia di Raitre, Levante editore, Bari, 2009, p. 26.
6
Il che comporta l’assunzione tramite concorsi di nuovi giornalisti e nuovi
quadri dirigenti che portano la Rai alla fine del 1979 a raggiungere ben
13.200 dipendenti.
16
sceneggiati. Consistente anche l’attenzione al cinema con
scelte di film d’autori soprattutto italiani come Visconti,
Rossellini e De Sica collocati nel prime time del mercoledì. Era
soprattutto il direttore Rossini a sponsorizzare la messa in
onda di pellicole cinematografiche considerate da lui più uno
strumento pedagogico e culturale che una forma di
intrattenimento7. L’impegno di Rai3 nel cinema va anche in
direzione della produzione prediligendo la trasposizione di
famosi romanzi in film. Nel 1981 viene mandato in onda Maria
Zef di Vittorio Cottafavi tratto dall’omonimo romanzo di Paola
Drigo a cui segue nel 1983 la serie Dieci registi italiani, dieci
racconti italiani. Le pellicole con trame e ambientazioni spazio-
temporali diverse portano la firma di alcuni importanti registi
come: Luigi Comencini, Francesco Maselli, Pasquale
Squittieri, Luigi Magni, Florestano Vancini e Luciano Odorisio
che si aggiudica per il lungometraggio Sciopèn, prodotto dalla
sede regionale abruzzese, il Leone d’oro al Festival di arte
cinematografica di Venezia nel 1982.
L’insistenza sul cinema d’autore è ad opera di Marco
Melani e Enrico Ghezzi ideatore di diversi cicli come Lo
specchio scuro, Eccentriche visioni, Femmina folle, Color
bianco e nero, Cinema del ‘68 e il più famoso La Magnifica
ossessione proposto per la prima volta nel 1985 per
festeggiare i novant’anni dall’invenzione del cinema con una
maratona di 40 ore. L’esperimento viene riproposto a reti
unificate nel palinsesto notturno 10 anni dopo con La
Magnifica ossessione: Cent’anni di invenzione senza futuro.
7
Cfr. D. De Martino, op. cit.
17
FINESTRA SULL’INFORMAZIONE
V. K. , Da oggi la Terza Rete al via nel segno di Rossellini,
“Corriere della sera”, 15 dicembre 1979, p. 24.
Sarà una ragazzina dal viso dolce e fresco a tenere a battesimo la
Terza Rete: Fabiana Udenio, scoperta la stagione scorsa da Strehier
che la scelse per La Tempesta, è infatti la presentatrice che alle 18.30
inaugurerà la prima serata. Presentatrice, non annunciatrice, le
<<signorine buonasera>> della Terza Rete, secondo un modello
ormai adottato da molte televisioni private, non si limiteranno infatti
a leggere asettici annunci sui programmi, ma converseranno in modo
informale con il pubblico comodamente sedute in poltrone, e si
alterneranno di settimana in settimana.
Alle 19 si inaugura il TG3, che per i primi tre mesi vuol essere
considerato sperimentale, visto che di sperimentazione, per ritardi e
carenze di attrezzature, ne ha fatta ben poca. Le difficoltà
organizzative di questo telegiornale sono notevoli: dopo i primi dieci
minuti di notizie nazionali e internazionali, diramate da Roma sotto
forma di brevi <<flash>>, i televisori di ogni regione si
collegheranno con il capoluogo e ci faranno assistere a venti minuti
di notiziario locale.
Alle 19.30 seguirà <<Tuttinscena>> una rubrica a diffusione
nazionale che tratta temi di spettacolo e curiosità collegati al mondo
del cinema, del teatro, della musica. La prima puntata è dedicata a
Roberto Rossellini che, con la replica del film <<La presa del potere
di Luigi XIV>>, inaugura l’appuntamento cinematografico del
sabato sera alle 20.05.
(…) Tra la rubrica e il film è previsto uno spazio cuscinetto di
cinque minuti, <<Teatrino>>: si tratta di brevi <<siparietti>> con
marionette, burattini e animazioni: una nuova idea per sostituire il
vecchio intervallo.
18
Segnerà l’inizio e la fine delle trasmissioni la sigla di Erberto
Carboni con il simbolo TV3 che volteggia nello spazio tra nuvole
bianche e 21 rombi gialli (rappresentano le 21 sedi regionali), al
suono della musica <<orientaleggiante>> di Louis Bucalov.
Nei primi anni il palinsesto di Rai3 è organizzato in due
fasce: dalle 18,30 alle 20,00 e dalle 20,00 alle 22,00 circa.
Nella prima parte il palinsesto è occupato stabilmente o quasi
dai programmi del Dipartimento Scuola Educazione8, dai Tg e
da una rubrica regionale trasmessa solo in ambito locale o
nazionale a seconda del giorno della settimana (lunedì,
martedì e giovedì a trasmissione regionale; mercoledì, venerdì
e sabato a trasmissione nazionale). La serata, per contro
segue una programmazione verticale: lunedì una rubrica
regionale, martedì un’inchiesta interregionale, al mercoledì un
film, al giovedì musica, al venerdì un’opera di prosa o lirica, al
sabato uno sceneggiato. La domenica l’inizio delle
trasmissioni è fissato alle 18,30, salvo anticipi per eventi
sportivi. In onda una replica di una rubrica regionale
trasmessa in ambito nazionale seguita dai due Tg, un
contenitore regionale a diffusione nazionale, una rubrica
sportiva nazionale e una regionale, un’inchiesta di produzione
regionale a trasmissione nazionale e la solita replica dei Tg a
chiudere il palinsesto. Altro elemento distintivo del palinsesto
di Rai3 in questa fase è l’assenza di pubblicità, sostituita
spesso da brevi spettacoli di burattini napoletani e siciliani.
Solo nel 1983 la rete accoglierà gli spot all’interno della sua
programmazione.
8
Cap. 1, par. 3.4.
19
Ne primi mesi di programmazione il 60% delle trasmissioni
vengono dalle sedi regionali, in particolare Tg e rubriche di
approfondimento, mentre il restante 40% è curato dalla sede
centrale di Roma con rubriche di informazione ma anche
fiction e intrattenimento. La scarsa diffusione del segnale sul
territorio nazionale unita a scelte di programmazione alquanto
settoriali prive di spunti creativi condanna Rai3 a quote di
share insignificanti. Difficile catturare il pubblico televisivo con
trasmissioni come Chiave di lettura in cui vengono confrontate
un’edizione storica e una attuale della stessa opera teatrale
oppure La clessidra dove il padrone di casa Gianni Vattimo
discute con i suoi ospiti di filosofia. Lo share massimo
registrato non va mai oltre il 2% e anche i Tg, piatto forte del
palinsesto, difficilmente superano i 400.000 telespettatori.
Scelte precise che sembrano voler soddisfare i palati più
raffinati fino ad escludere nel 1981 la trasmissione e reti
unificate della tragica vicenda di Alfredino Rampi. L’errore più
grande dal punto di vista dei risultati d’ascolto è stato
probabilmente di aver creduto che si potesse dare voce al
policentrismo economico e culturale che animava il nostro
paese in quegli anni senza pensare che questo era già fatto,
forse meglio o almeno in modo più popolare, dalle televisioni
locali.
La ferrea linea editoriale perseguita dal direttore Rossini ha
però un eccezione con Il processo del Lunedì. In onda per la
prima volta il 9 settembre del 1980 in seconda serata (22,40)
dopo dieci anni di ascolti più che lusinghieri viene spostato in
prima serata. Il processo del lunedì non fa altro che riproporre
in studio i commenti e le chiacchiere da bar dello sport e vive
momenti di vera gloria quando alla conduzione arriva Aldo
Biscardi, già regista e capo della redazione nelle edizioni
presentate da Enrico Ameri e poi da Marino Bartoletti. Il
20
sodalizio con Biscardi finisce nel 1993 e l’anno successivo la
rete ripropone il programma affidandolo di nuovo a Marino
Bartoletti che mantiene la struttura della trasmissione, basata
sul dibattito, ma ne smorza i toni grazie anche ad ospiti più
pacati e competenti come Gene Gnocchi e Giampiero
Mughini. A Biscardi viene riconosciuto il merito di aver fatto
conoscere Rai3 al pubblico anche se la critica non lo ha mai
premiato.
FINESTRA SULL’INFORMAZIONE
Beniamino Placido, E la sera del lunedì l’Italia tutta
regredisce, “La Repubblica”, 17 novembre 1985, p. 21.
(…) nervosismi si erano visti la sera prima al "Processo del
lunedì". In questa popolare trasmissione accade un fenomeno di
"inversione" che dovrebbe interessare molto gli allievi e i seguaci del
Dottor Freud. Il quale sosteneva - come è ben noto - che laddove c'è
l' "Es" dovrebbe arrivare - e regnare - l' "Io". Che laddove ribollono
gli istinti dovrebbe arrivare - e governare - la razionalità. Al
"Processo del lunedì" accade esattamente l'opposto. Questa
trasmissione ha un "Io" debole e compiacente, anche se all'apparenza
imponente, nella persona del suo conduttore Aldo Biscardi, che
invece di tenere a freno l' "Es" lo eccita. Che scatena gli istinti
peggiori dei suoi ospiti. Il "Processo del lunedì" è in termini
psicanalitici una regressione collettiva. Lo si vede subito - come al
solito - dal linguaggio, che regredisce a livelli infantili. Lunedì sera
si discuteva delle violenze successive alla partita Juventus-Roma e
Franco Evangelisti che è senatore della Repubblica e conosce certo la
lingua italiana, l'aveva del tutto dimenticata, era regredito ad un
balbettare confuso, travolto dall'ira per le offese recate da altolocati
tifosi juventini al Presidente della Roma, Viola. Lo si vede dai gesti.