2
Ho scelto, pertanto, di analizzare un programma _Changing
Rooms- Camera a sorpresa_ che appartenesse al genere reality e che
fosse nuovo, per un duplice scopo: primo, per poter svolgere un lavoro
che non consistesse solo in una rielaborazione (comunque necessaria)
della bibliografia esistente a riguardo, ma che mi desse la possibilità di
andare a vedere con i miei occhi cosa comporta il lavoro di pre-
produzione, produzione, post-produzione e messa in onda di una
trasmissione e il gradimento che ne deriva. Secondo, per tentare di
dimostrare a quale, delle due opinioni prevalenti e contrastanti intorno
al genere reality, il programma desse ragione: la prima vede il reality
come un’inarrestabile deriva tendente verso la trash tv, conseguenza
diretta del neo-liberismo dominante nella produzione televisiva
(Dovey) oppure come un sottotipo di pornografia televisiva, che è
oscena non perché mostra corpi nudi, ma perché ci fa vedere il nulla e
il totalmente banale (Baudrillard); la seconda, al contrario, che
individua nei programmi di questo genere l’espressione della cultura
popolare e tabloid, che sfocia in una forma di democratizzazione del
mezzo, intesa come luogo di esternazione di punti di vista e realtà
sociali e private che non hanno mai avuto accesso allo spazio
televisivo (Miller)
3
.
La tesi si divide in due parti.
La prima parte è composta da due capitoli e può essere definita
come la creazione del contesto della trasmissione attraverso un breve
excursus sul genere reality, dagli albori nella cosiddetta Real-TV o TV-
Verità, fino al consolidarsi del Reality Show vero e proprio (capitolo I)
e sul grande successo che l’ha contraddistinto anche per il modo in cui
è avvenuta la sua diffusione, ossia attraverso i format. Di
conseguenza, ho esaminato il fenomeno del format dal punto di vista
commerciale con i processi di compra-vendita e dal punto di vista
produttivo con il necessario processo di adattamento alla domanda
italiana (capitolo II).
3
Cfr. Demaria, C., Grosso, L., Spaziante, L., Reality Tv. La televisione ai confini della realtà,
VQPT Rai-Eri, Roma, 2002, p. 49 e p. 138.
3
La seconda parte è occupata dall’analisi vera e propria del
programma, dove la suddivisione dei capitoli ha coinciso con la
suddivisione delle diverse fasi di realizzazione. Per ognuna di esse ho
poi esaminato le principali attività produttive che le hanno
contraddistinte e il modo in cui sono state elaborate nell’edizione
italiana, operando un generale parallelismo con il format originale,
proveniente dalla Gran Bretagna, del quale ho potuto visionare alcuni
episodi.
Infine una nota di metodo: oltre alla semplice descrizione di
alcuni passaggi della costruzione del programma, derivante proprio
dalla possibilità che mi è stata data di poter assistervi ed esservi
presente di persona, ho condotto l’analisi anche attraverso il tentativo
d’applicazione del metodo semiotico perché, proponendo
l’osservazione sia dell’organizzazione narrativa sia
dell’organizzazione discorsiva, permette di esaminare più nel dettaglio
le caratteristiche proprie della trasmissione, facendo attenzione anche
a tutti gli altri fattori determinanti quali la rete di appartenenza, le
strategie aziendali e produttive, e l’audience ottenuta, nonché le
analogie e differenze con il format originale derivanti dalla necessità
di adattarlo al gusto del pubblico italiano.
4
PARTE PRIMA:
CONTESTUALIZZAZIONE
5
CAPITOLO I:
LA DIFFUSIONE DEL GENERE REALITY
1. COS’È UN GENERE.
Per cominciare è utile fare un breve excursus sul concetto di
genere, essendo sempre stato fondamentale nella storia delle arti e
della letteratura ed essendo diventato altrettanto importante per la
storia dei mezzi di comunicazione di massa. Dopo la scoperta della
Poetica di Aristotele, in pieno Rinascimento, i generi hanno
rappresentato le regole a cui gli artisti dovevano attenersi; poi, dalla
seconda metà dell’Ottocento hanno favorito e accompagnato la nascita
dell’industria culturale, permettendo di conseguenza un aumento della
produzione culturale e insieme dei suoi possibili fruitori. Nell’ultimo
secolo si è discusso di tale concetto all’interno di numerose altre
discipline, quali la linguistica, la semiotica, la sociologia e la
massmediologia che hanno cercato di definire cosa è un genere e
soprattutto come è possibile arrivare alla classificazione dei prodotti
comunicativi, come film e programmi televisivi, suddividendoli in
generi.
A questi interrogativi si è dato risposta attraverso due diversi
approcci:
1. il primo, di tipo astratto-deduttivo, definisce i generi come
costruzioni teoriche, o, per dirla secondo la Poetica aristotelica,
come prescrizioni che servono per spiegare meglio
6
l’inesauribile varietà delle produzioni televisive, anche se non si
trovano mai realizzate compiutamente.
2. il secondo, di tipo storico-induttivo, considera i generi come
etichette da assegnare a posteriori a programmi che manifestano
caratteristiche comuni, raggruppandoli così in un insieme
definito e ordinato.
Tuttavia nessuno di questi due approcci presi singolarmente è
esauriente a definire cos’è un genere, soprattutto in ambito televisivo,
pertanto, e per rimanere più vicini a ciò che succede nella realtà, è
utile considerarlo come “un’interfaccia tra i diversi poli del sistema
dei media: produzione e creazione, distribuzione, pubblico e testo”
4
.
Infatti, pur essendo sfuggenti e caratterizzati da continue
ridefinizioni e revisioni, i generi costituiscono una vera e propria
bussola che aiuta chi fa televisione a decidere cosa produrre e come
distribuire e suggerisce a chi la guarda qual è l’atteggiamento per
fruirne nel modo migliore. Vediamo, a questo proposito, quanto sia
importante nella costruzione del palinsesto, sia settimanale sia
giornaliero: ogni posizione nel palinsesto porta con sé delle attese
relative al genere di programma, per esempio nel pomeriggio i generi
prevalenti sono i cartoni animati e in generale i programmi per
bambini e ragazzi; contemporaneamente, la collocazione oraria e la
frequenza della messa in onda costituiscono delle specie di marche di
genere, che vanno a determinare nel pubblico delle aspettative in
grado di contestualizzare il programma stesso.
Detto questo è utile osservare anche come si sono evoluti i generi
nella generale storia della televisione, fino ad arrivare a quello che
detiene il monopolio in questi anni e che costituisce parte d’analisi nel
lavoro di questa tesi: il Reality show.
Anche se la storia generale del mezzo televisivo è divisibile in tre
fasi principali, la storia dell’evoluzione dei generi ne può distinguere
cinque, ognuna per ciascuna delle decadi della vita della televisione in
Italia.
4
Grignaffini, G., I generi televisivi, Le Bussole Carocci, Roma, 2004, p. 27.
7
1. Alle origini, negli anni Cinquanta, la televisione è caratterizzata
da generi ereditati dai quei media già consolidati, quali la radio,
il cinema, il teatro nonché la carta stampata. Si tratta comunque
di un’eredità non statica, dove tutte le formule e i linguaggi
vengono rielaborati, fino alla creazione di una nuova politica
editoriale, in linea con le altre televisioni europee, che prevede
la formulazione di tre obiettivi (informare, educare e divertire)
che si traducono nei tre principali generi, riconosciuti tuttora:
informazione, cultura e intrattenimento.
2. Negli anni Sessanta, grazie al progredire delle innovazioni
tecnologiche, il mezzo televisivo inizia ad assumere una sempre
maggiore indipendenza dai mezzi precedenti e sviluppare forme
proprie. L’uso del satellite permise di diffondere
contemporaneamente e a livello mondiale i grandi eventi di
cronaca e di sport, andando a creare i cosiddetti media events, in
cui la televisione assunse un ruolo determinante, arrivando
spesso a vincolare lo svolgimento stesso dell’evento. Inoltre
l’invenzione e la diffusione della registrazione videomagnetica
Ampex permise di definire un’altra caratteristica fondamentale
del linguaggio televisivo, tuttora in uso: la registrazione delle
immagini e il loro montaggio arbitrario in un secondo momento
e a discrezione del regista.
3. Nel primo decennio degli anni Settanta si forma un sistema di
concorrenza interna al monopolio pubblico, essendo diviso in
tre reti a garanzia di un maggior pluralismo informativo e
culturale. Il nuovo genere inaugurato a Rai1 è il cosiddetto
contenitore
5
, in cui la coerenza di genere è data dalla durata (6
ore) in cui si susseguono tutte le varietà dei programmi, dal
gioco a premi all’informazione sportiva, dai telefilm alle
rubriche musicali, e dalla capacità di creare fedeltà nel pubblico
grazie alla presenza unificante del conduttore. Un’altra spinta
5
Il primo esempio di programma contenitore è rappresentato da Domenica In, in onda su Rai1 dal
1976.
8
fondamentale all’innovazione dei generi viene dalla nascita e
diffusione delle prime televisioni locali, che, oltre a costituire
una nuova forma di concorrenza per il monopolio statale,
contribuirono a un generale ripensamento del linguaggio
televisivo: si verificò un nuovo processo di adattamento dei
generi tradizionali della televisione di Stato ai gusti localistici,
che, a causa della grande scarsità dei mezzi sia economici sia
produttivi, ebbe come risultato la nascita di “gustosi e
strampalati ibridi”
6
.
4. Negli anni Ottanta il ripensamento e la modernizzazione dei
generi esistenti sono una conseguenza dell’innovazione
tecnologica della TV a colori e del telecomando, che introdusse
il nuovo fenomeno dello zapping, che rese a sua volta
necessaria una serie di accorgimenti da parte dei network per
mantenere la fedeltà dello spettatore. Le novità furono: per il
genere fiction, la diffusione soprattutto nelle reti commerciali
delle soap-opera provenienti dagli Stati Uniti e delle telenovelas
dal Sudamerica, che crearono nuove abitudini di fruizione da
parte del pubblico; per il genere dei giochi a premi, “il quiz, che
fino agli anni settanta era legato agli show di prima serata di
Mike Bongiorno, con grandi montepremi e concorrenti
eccezionali, si trasforma, inserito nel mezzogiorno e nel
pomeriggio dei giorni feriali, in un bonario e ripetitivo
appuntamento con concorrenti sempre meno eccezionali posti di
fronte a giochi sempre meno complessi, in cui l’accento viene
fatto spostare dalla competitività alla capacità di costruire
ritualità quotidiana con il pubblico a casa”
7
. E’ poi in questo
periodo che vedono la luce le prime forme di reality show,
inteso come programma delle persone comuni. E’ d’obbligo una
precisazione: mentre nelle reti commerciali questo tipo di
programmi è rappresentato soprattutto da giochi finalizzati alla
6
Grignaffini, G., op. cit. 2004, p. 36
7
Ibidem, p. 37.
9
creazione di nuove relazioni amorose o al tentativo di
recuperarle
8
, le reti Rai e in particolare il terzo canale, lo
assumono come vera e propria linea editoriale, andando a creare
il nuovo genere della TV-verità, tipico di tutto il periodo di
direzione ricoperto da Angelo Guglielmi dal 1987 al 1994
9
.
5. Dagli anni Novanta fino ai nostri giorni si è visto uno sviluppo
enorme di nuove tecnologie, inizialmente indipendenti dalla
televisione, poi sempre più legate ad essa, che hanno dato il via
alla globalizzazione dei mezzi di comunicazione di massa e che
hanno contribuito a generare nuovi programmi cosiddetti
multipiattaforma, in grado cioè di essere fruiti attraverso diversi
media (Internet, telefonia cellulare, tv satellitare). Tutto ciò si è
verificato anche conseguentemente all’aumento del livello di
competitività e concorrenza tra le reti, in termini di audience e
indici d’ascolto, che ha reso necessaria una sempre maggiore
disponibilità di prodotti, meglio se a costi contenuti. Da qui è
poi conseguito un incremento del fenomeno
dell’importazione/esportazione dei format, che hanno consentito
di introdurre nei palinsesti delle reti sia statali sia commerciali
numerosi nuovi programmi, caratterizzati da una generale
ibridazione dei generi, riducendo i costi di produzione e il
rischio legato a qualsiasi novità. Tuttavia, bisogna comunque
evidenziare il fatto che questa continua gara dell’audience è
giocata con grande attenzione degli “addetti ai lavori” per il
necessario rispetto dell’equilibrio esistente tra i generi
tradizionali e le possibili innovazioni. Infatti, gli spostamenti
8
Vedi M’ama non m’ama su Rete4 nel 1983, Il gioco delle coppie su Italia1 nel 1985, Agenzia
matrimoniale su Canale5 nel 1989 e infine C’eravamo tanto amati su rete4 nel 1989.
9
Esempi di questa linea sono i programmi di Rai3: Telefono giallo del 1987 ricostruisce casi
giudiziari ancora avvolti nel mistero proponendosi, attraverso il dibattito in studio e l’aiuto delle
telefonate del pubblico a casa, di fornire nuovi stimoli alle indagini; Io confesso del 1988 condotto
da Elsa Sampò è un talk show in cui un personaggio che rimane anonimo racconta la propria
vicenda personale di violenza o disagio o dolore a tre ospiti in studio che gli rivolgono delle
domande; Un giorno in pretura sempre del 1988, consiste nella messa in onda di una registrazione
di 45 minuti senza commenti o chiose di processi svoltisi nelle preture di varie località italiane,
compresi anche i più famosi processi di Tangentopoli e di Pacciani. Infine, vanno ricordati anche I
racconti del 113 e Chi l’ha visto? quest’ultimo ancora in onda dal 1989.
10
dei confini dei generi o la sovrapposizione tra aree differenti di
solito vengono testati all’interno di palinsesti in cui
permangono anche ampie fasce di programmi tradizionali, o
comunque tutti gli esperimenti sono proposti con grande cautela
e dopo lunghe fasi di studio e ricerca.
11
2. LA NASCITA DEL GENERE REALITY
A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta e per tutto il
decennio successivo e oltre, la produzione e i discorsi accademici e
giornalistici sulla televisione si sono trovati a confrontarsi su un tema
ricorrente: il realismo del piccolo schermo. Nuovi programmi, nuovi
generi e addirittura nuove “ideologie televisive”, nate magari dal
recupero e dal rimpasto di ingredienti già esistenti hanno sottolineato
la pretesa attitudine realistica del teleschermo, intesa soprattutto come
capacità di portare all’attenzione generale storie “vere”, a cavallo fra
dimensione pubblica e privata di persone precedentemente escluse
dalla visibilità catodica, di gente improvvisamente strappata
dall’anonimato di spettatori per trasformarsi, più o meno
consapevolmente, in attori. Oltre alle ragioni storiche, il genere reality
nasce per formalizzare e codificare un trend comunicativo che appare
in crescita, oggetto di un forte investimento produttivo e esemplare di
alcune tendenze più generali che attraversano e connotano il regime
televisivo attuale
10
. Con trend comunicativo si intende uno “stile di
comunicazione” che si manifesta primariamente attraverso quattro
principali caratteri, che costituiscono innegabili fili rossi di questo
nuovo “genere totale”:
1. il richiamo quasi ossessivo alla veridicità della
rappresentazione o del racconto;
2. il ricorso alla gente comune;
3. la spettacolarizzazione dei sentimenti;
4. la richiesta di un atteggiamento voyeuristico o curioso.
E’ inoltre necessario definire le varie etichette di genere per far
emergere alcune linee di tendenza, piuttosto che dare una precisa
classificazione, di quei programmi che hanno attirato l’attenzione
generale per oltre un decennio, tenendo conto appunto dell’instabilità
dei confini, che per loro stessa natura si aprono e si ibridano di
continuo.
10
Fanchi, M.G., Temi, relazioni e strategie comunicative in Alessandri, A. (a cura di), Il reality
show, Workshop Direzione Intrattenimento RTI, Gruppo Mediaset, Milano, 1999, p. 87.
12
Una certa e sbandierata propensione al realismo, inteso come
racconto senza filtri, della realtà attraverso la realtà stessa
(P.P.Pasolini) si manifesta nella cosiddetta TV-verità di Rai3 nel
periodo di direzione di Angelo Guglielmi, artefice di un generale
rinnovamento dei linguaggi e dei contenuti televisivi confluiti poi in
un’ampia teorizzazione, con chiare influenze provenienti dal
Neorealismo letterario e cinematografico. Le trasmissioni di questo
periodo, dunque, si inseriscono in quella più ampia famiglia definita
REAL TV, la quale è diversa, lontana se non addirittura opposta alla
famiglia del REALITY SHOW. Le differenze più consistenti
risiedono nei livelli della struttura dei programmi, dei loro contenuti e
nel patto comunicativo che si istaura con i telespettatori
11
.
2.1 La Real-TV o TV-Verità
Nella Real-TV o TV-Verità, la struttura dei programmi discende
dal loro assunto ideologico di fondo: essere o pretendere di essere una
rappresentazione trasparente della realtà del mondo. La televisione
assume quindi la funzione di filtro asettico, di specchio o cornice
all’interno del quale fluisce la varietà imprevedibile del reale, soggetto
a un finale incerto. Nei programmi di questo tipo è limitato al
massimo l’intervento registico e autoriale sulle immagini, per dare
spazio alla drammaticità e all’essenzialità dei fatti
12
: un grande effetto
di senso veridittivo è dato dalle immagini tremolanti degli home
video, che assumono anche un importantissimo valore testimoniale.
Dal punto di vista dei contenuti, la Real-TV presenta sia eventi
realmente accaduti, di cui si cerca di raccontare fedelmente la
dinamica, sfruttandone al tempo stesso il potenziale drammatico, sia
fatti che vengono restituiti al pubblico nel momento stesso in cui
accadono
13
. In questi casi il tempo dell’evento coincide con quello
11
Grasso, A. (a cura di), Enciclopedia della televisione, Garzanti, Milano, 2002.
12
Alessandri, A. (a cura di), Il reality show, Workshop Direzione Intrattenimento RTI, Gruppo
Mediaset, Milano, p. 9.
13
Demaria, C., Grosso, L., Spaziante L., Reality Tv. La televisione ai confini della realtà, VQPT
Rai-Eri, 2002.
13
dell’enunciato (ciò che viene raccontato) e quello dell’enunciazione
televisiva con il tempo della ricezione. In generale, la Real-TV ha
sempre a che fare con un racconto o evento più o meno straordinario,
con la rottura di una situazione ordinata o con una crisi; il vero motivo
di interesse per lo spettatore è l’eccezionale, l’imprevedibile, lo scarto
dalla norma, insomma tutto ciò che non è quotidiano inserito però in
un contesto di quotidianità
14
. Da un punto di vista delle istanze
comunicative, infine, la cifra della real-tv consiste nella partecipazione
e nella collaborazione attiva dello spettatore.
In conclusione, il tratto comune della Real-TV è l’apertura dello
schermo televisivo al mondo esterno: in maniera mediata o del tutto
immediata, il mondo irrompe nel piccolo schermo così com’è.
14
Questi non riguardano solo eventi drammatici con trasmissioni come 8mm e Real tv su Italia1 o
Ultimo minuto su Rai3, ma anche home video di registro comico come Paperissima e le candid
camera, presenti nella televisione italiana dal 1964 quando Nanni Loy propose il programma
Specchio Segreto e utilizzate anche oggi come simpatici riempitivi a basso costo dei palinsesti.
14
3. IL CONSOLIDARSI DEL REALITY SHOW
Il Reality show è differente su tutti e tre i piani, portando già nel
nome stesso l’ambiguità di essere allo stesso tempo sia “realtà” (intesa
nelle mille possibili accezioni che può assumere questo termine in
televisione) sia “spettacolo” e “puro divertimento”. Dal punto di vista
della struttura, il reality show è una macchina narrativa implacabile,
organizzata fin nei più piccoli particolari: se lo spunto del racconto e
la sua conclusione appartengono al mondo esterno all’istituzione
televisiva, l’intero suo svolgimento, adattato per lo più su script
riconoscibili, è del tutto prevedibile e ha la caratteristica della
ripetitività. Il protagonista del reality show è una persona che accetta
di spogliarsi della sua personalità e del proprio anonimato per
accedere al ferreo meccanismo della messa in scena; la storia narrata,
fatta di materiale umano autentico, viene rimodellata e adattata alle
esigenze, ai ritmi e alle finalità del genere. Per quanto riguarda i
contenuti, il grande leitmotiv è dato dalla quotidianità, dai sentimenti
di persone particolari, che vanno a costituire modelli generali
(famiglia, amore, amicizia); questo si ripercuote anche nelle istanze
comunicative attive in questo genere, solo intorno alle quali è
possibile raggruppare i programmi. Tali istanze sono
15
:
1. la mediazione è contraddistinta dalla rappresentazione della
televisione come amico, sostenitore o adiuvante, che si propone di
esercitare una mediazione tra le parti, facilitando un incontro,
ricostruendo un rapporto o cercando di rendere più semplice una
confessione. Questa istanza comunicativa pone al centro la “realtà dei
sentimenti” e la presunta autenticità di personaggi, che sono spettatori
convertiti in attori sulla scena di una televisione dell’intimità,
figurativizzata dalla presunta spontaneità delle lacrime in diretta.
2. L’intervento costituisce quell’istanza in cui la televisione si
presenta come demiurgo, come un agente che crea le condizioni per
un intervento creativo sia su persone sia su oggetti.
15
Fanchi, M.G., in Alessandri, A. (a cura di), op. cit. 1999, p. 90.
15
3. Infine, l’istanza della verifica o del giudizio è quella in cui la
televisione agisce come una giuria che valuta la tenuta e la correttezza
di una relazione, la quale, oltre ad essere l’oggetto della sanzione, è
anche una risorsa da mettere alla prova nel corso della trasmissione.
Naturalmente a rendere possibili queste istanze è la figura del
conduttore: esso infatti è un enunciatore carismatico, è un soggetto
attivo che interviene a modificare il mondo, manipola le storie
raccontate e deve mostrare le competenze proprie dell’uomo di
spettacolo.
Inoltre, il “materiale grezzo”, costituito dalla vita privata di
persone comuni, viene riscritto e sottoposto a montaggio secondo
precise strategie enunciative e narrative
16
, che a loro volta derivano
dall’interpretazione delle istanze comunicative sopra scritte e che
dipendono dalla capacità e dall’abilità conseguenti all’esperienza
dell’autore e all’identità di rete. Vediamo infatti che l’istanza della
mediazione si declina in due forme: la mediazione calda,
caratterizzata da un rapporto ravvicinato tra la televisione e i soggetti
coinvolti in cui l’intervento è giocato sulle corde della complicità e
della partecipazione; e la mediazione fredda in cui invece la
televisione impersonata dal conduttore rimane distaccata dal soggetto
ospite della trasmissione, prendendo la distanze anche dalla più
generale sfera sociale
17
.
Anche per l’istanza dell’intervento è possibile individuare due
strategie: da un lato vi sono le trasmissioni che operano in modo
istituzionale, facendo cioè leva sul potere del mezzo televisivo;
dall’altro, vi sono quelle trasmissioni che si fanno veicolo di interventi
professionali e che demandano la funzione demiurgica ad agenzie
specializzate, esterne al medium
18
.
Infine, l’ultima istanza comunicativa si traduce in un giudizio che
può essere emotivo, quando la valutazione si basa sulla simpatia che il
16
Demaria, C., Grosso, L., Spaziante L., op.cit. 2002.
17
Fanchi, M.G., op. cit., p. 92
18
Ibidem.