7
Introduzione
Presentando una ricerca ritengo sia opportuno spiegare quale interesse possa suscitare, ancor più
presentando una tesi di dottorato, ovvero il risultato di uno studio che mi ha impegnato
complessivamente per tre anni.
Oggetto di questa tesi è il rapporto che intercorse tra la Chiesa Cattolica e il nazionalismo
irlandese in quegli anni in cui, nella seconda metà dell‟Ottocento, Charles Stewart Parnell fu il
principale leader politico d‟Irlanda. Tale periodo storico, molto importante tanto per la storia
irlandese quanto per quella britannica, è però conosciuto solo parzialmente in Italia. Esistono
diversi libri, pubblicati in Irlanda, Gran Bretagna e Stati Uniti, che analizzano il tema da me
trattato, ma nessuno di essi è stato tradotto in italiano. La traduzione di una di queste opere,
frutto delle ricerche di storici molto più affermati ed esperti di me, non sarebbe forse più
interessante della mia tesi di dottorato?
Questo pensiero ha in parte influenzato il mio lavoro; uno degli obiettivi che mi sono posto è
stato di compiere una ricerca in qualche modo originale, e credo di esservi riuscito cercando di
dare un contributo specifico alla storiografia italiana, distinguendola per almeno due ragioni da
quelle compiute nel mondo anglosassone.
Innanzitutto ho tenuto conto del fatto che un italiano che dovesse accostarsi alle mie ricerche
sarebbe provvisto di un background culturale assai diverso rispetto a un lettore anglosassone.
Emmet Larkin, importante storico della Chiesa irlandese, dedica per esempio tre libri distinti
1
ad
1
Emmet Larkin, The Roman Catholic Church and the Creation of the Modern Irish State, 1878-1886, Philadelphia
1975; The Roman Catholic Church and the Plan of Campaign in Ireland, 1886-1888, Cork 1978; The Roman
Catholic Church and the Fall of Parnell, 1888-1891, Chapel Hill: University of North Carolina Press 1979. Del
medesimo autore vedi anche: The Historical Dimensions of Irish Catholicism, New York 1976; The Making of the
Roman Catholic Church in Ireland, 1850-1860, Chapel Hill: University of North Carolina Press 1980; The
Consolidation of the Roman Catholic Church in Ireland, 1860-1870, Dublino 1987; The Roman Catholic Church
and the Home Rule Movement in Ireland, 1870-1874, Dublino 1990; The Roman Catholic Church and the
Emergence of the Modern Irish Political System, 1874-1878, Dublino 1996; The Pastoral Role of the Roman
8
altrettante fasi del periodo storico da me esaminato, e anche altri autori hanno focalizzato la loro
attenzione su un periodo più breve, o su un aspetto specifico della situazione. Questi si
rivolgevano però ad un pubblico che si presupponeva conoscesse già il contesto storico cui si
faceva riferimento. Una ricerca destinata a un lettore italiano invece, a costo di essere più
sintetica e meno specifica, deve presupporre una minore conoscenza della storia britannico-
irlandese; di conseguenza deve analizzare un periodo storico più ampio e soffermarsi più a lungo
a spiegare determinati particolari come per esempio la storia irlandese degli anni precedenti, o il
contesto politico britannico.
L‟altra peculiarità della mia ricerca è stata la particolare attenzione agli aspetti più „italiani‟ della
vicenda. I rapporti tra la Chiesa e il movimento di Parnell sono un argomento tutt‟altro che
estraneo alla nostra storia, in fondo la Chiesa Cattolica ha sede a Roma. In italiano sono scritti
numerosi documenti relativi alla questione irlandese conservati presso gli archivi del Vaticano o
di alcune congregazioni cardinalizie. Italiani furono diversi prelati che si interessarono agli affari
irlandesi, compreso mons. Persico, il Commissario apostolico che il Papa inviò in Irlanda a
condurre un‟inchiesta sulla situazione della Chiesa locale, e fu in italiano che egli scrisse il suo
rapporto al Segretario di Stato. Fu a Roma che nel 1888, in occasione delle celebrazioni per i
cinquant‟anni trascorsi dall‟ordinazione sacerdotale di Leone XIII, simpatizzanti e oppositori del
nazionalismo irlandese si diedero battaglia per influenzare il giudizio della Curia Romana. E,
cosa forse più importante, italiano era uno dei massimi problemi con cui doveva confrontarsi la
Chiesa di fine Ottocento, ovvero quello dei difficili rapporti col neonato Regno d‟Italia, che si
era annesso l‟antico Stato Pontificio e che aveva fatto di Roma, centro della Chiesa Cattolica, la
propria capitale. La Questione Romana e il desiderio della Chiesa di guadagnare appoggi
internazionali in funzione anti-italiana furono elementi tutt‟altro che ininfluenti nei rapporti che
si vennero a creare fra la Chiesa e il movimento di Parnell.
Non è un caso che, sebbene in massima parte questa tesi analizzi la situazione dell‟Irlanda, essa
inizi con l‟elezione di Leone XIII a Papa. Ho cercato infatti, metaforicamente parlando, di
osservare l‟Irlanda dalla prospettiva di Roma, dando per esempio particolare risalto alla missione
di mons. Persico, o analizzando con maggior cura quei documenti vaticani scritti in italiano che
non sempre la storiografia anglosassone aveva valorizzato a dovere.
Sarei quindi felice se la mia tesi, e le pubblicazioni che ad essa eventualmente seguiranno,
contribuissero a rendere noti anche in Italia i fatti che in essa sono studiati, o se sarà anche solo
Catholic Church in Pre-famine Ireland, 1750-1850, Dublino 2006; The Roman Catholic Hierarchy and the fall of
Parnell, in Victorian Studies, vol. 4 (1960-1), pp. 315-336.
9
uno strumento per divulgare i risultati delle ricerche dei vari storici che si sono dedicati a
quest‟argomento prima di me.
Nonostante l‟abbondante tempo a mia disposizione, sarebbe stato arduo giungere ai risultati
ottenuti se la strada non mi fosse stata in qualche modo spianata da chi mi ha preceduto. Penso in
particolare al già citato Emmet Larkin, ad Ambrose Macaulay
2
(la lettura del cui saggio The
Irish College, Rome and the Land War mi ha incuriosito e spinto a concentrare le mie ricerche
sull‟Irlanda di Parnell) e a Christopher J. Woods
3
. Sono state inoltre di grande interesse per me le
opere di Mark Tierney
4
, Thomas J. Morrissey
5
e Patrick J. Walsh
6
, autori di importanti biografie
sui principali ecclesiastici dell‟Irlanda di fine Ottocento, che si sono soffermati spesso
sull‟attività politica di costoro. Ho citato questi studiosi in quanto si sono particolarmente distinti
nell‟analizzare i rapporti che intercorsero tra la Chiesa e il movimento di Parnell; ricordare tutti
coloro che hanno studiato le vicende storico-politiche dell‟Irlanda di fine Ottocento sarebbe
davvero troppo lungo!
Naturalmente non ho trascurato lo studio delle fonti primarie, studio che è stato alla base di
numerosi viaggi a Roma e in Irlanda. A Roma ho avuto modo di visitare l‟Archivio Segreto
Vaticano, gli archivi della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, di Propaganda
Fide, e della Congregazione per la Dottrina della Fede (precedentemente nota come S. Uffizio);
sempre a Roma ho compiuto anche una breve visita all‟Archivio Storico del Ministero degli
Esteri italiano.
2
Ambrose Macaulay, The Holy See, British Policy and the Plan of Campaign in Ireland, 1885-93, Dublino 2002;
The Irish College, Rome, and the land war, in The Irish College, Rome and its world, a cura di Dáire Keogh &
Albert McDonnell, Roma 2005, pp. 188-204.
3
Christopher J. Woods, Ireland and Anglo-Papal Relations, 1880-85, in Irish Historical Studies, Vol. 18, N. 69
(marzo 1972), pp. 29-60; Parnell and the Catholic Church, in Parnell in Perspective, a cura di D. George Boyce e
Alan O'Day, Londra e New York 1991, pp. 9-37; The Politics of Cardinal McCabe, Archbishop of Dublin, 1879-85,
in Dublin Historical Record, Vol. 26, N. 3 (giugno 1973), pp. 101-110.
4
Mark Tierney, Croke of Cashel: the life of Archbishop Thomas William Croke, 1823-1902, Dublino 1976.
5
Thomas J. Morrissey, Bishop Edward Thomas O'Dwyer of Limerick, 1842-1917, Dublino 2003; William J. Walsh,
Archbishop of Dublin, 1841-1921: no uncertain voice, Dublino 2000.
6
Patrick J. Walsh, William J. Walsh, archbishop of Dublin, Dublino 1928. Questa non è però da considerarsi
un‟opera storica in senso stretto, in quanto Patrick J. Walsh, che fu segretario dell‟arcivescovo di Dublino William J.
Walsh, pochi anni dopo la morte di questi gli dedicò tale biografia. Non è un‟opera del tutto obiettiva, né
pienamente rigorosa (mi è capitato di trovare gli originali di alcuni documenti riportati nel libro, e ho constatato che
erano citati con svariate imprecisioni, seppur di scarsa importanza). Questo libro è però di estremo interesse prima di
tutto perché l‟autore conobbe personalmente l‟arcivescovo, secondariamente a causa dell‟approfondita conoscenza
della corrispondenza di questi, e del gran numero di documenti riportati.
10
In Irlanda invece ho visitato l‟archivio delle arcidiocesi di Armagh, sede del Primate, di Dublino
(un particolare ringraziamento va alla direttrice Noelle Bowling, per l‟eccezionale disponibilità
dimostrata), e della diocesi di Cork.
Inoltre, presso la National Library of Ireland, ho potuto consultare i microfilms di numerosi
quotidiani e settimanali d‟epoca, oltre che della corrispondenza di mons. Thomas William Croke,
conservata presso l‟archivio dell‟arcidiocesi di Cashel (la presenza di tali microfilms mi ha
permesso di evitare un viaggio a Cashel, che altrimenti si sarebbe reso necessario). Tramite
internet è consultabile la corrispondenza di mons. Tobias Kirby, grazie alle foto digitali di
documenti conservati presso l‟archivio del Pontificio Collegio Irlandese.
I miei ringraziamenti vanno innanzitutto agli storici che mi hanno preceduto nel compiere
ricerche su questo tema, in secondo luogo a tutti coloro che in questi anni mi hanno sostenuto e
mi sono stati in qualche modo d‟aiuto. L‟elenco sarebbe troppo lungo, e comprende docenti
italiani e irlandesi, colleghi dell‟Università di Pisa, personale di biblioteche e archivi.
Credo che il modo migliore di ringraziare queste persone sia realizzare un buon lavoro, mi
auguro quindi che questa mia tesi possa essere all‟altezza.
11
Capitolo Primo: situazione della Chiesa Cattolica e
dell‟Irlanda nel 1878
1.1 Leone XIII
Il 3 marzo del 1878 veniva eletto Papa con il nome di Leone XIII
1
Vincenzo Gioacchino Pecci.
La sua elezione avvenne in una situazione particolare e carica di tensione. Il precedente
Conclave si era tenuto nel palazzo del Quirinale dove il Papa regnava, quale Sovrano dello Stato
Pontificio. Ma pochi anni prima tale stato millenario era crollato, il Quirinale era diventato la
residenza dei sovrani italiani e il suo predecessore, Pio IX, si era ritirato nei palazzi vaticani
dichiarandosi prigioniero del Regno d‟Italia.
Era tanto forte l‟ostilità che contrapponeva la Chiesa al Regno d‟Italia che, quando giunse il
momento di eleggere il nuovo Pontefice, fu presa in seria considerazione l‟idea di tenere il
Conclave fuori da Roma e dall‟Italia; il principale timore era che il Governo tentasse in qualche
modo di interferire, magari utilizzando la forza. Alla prima riunione di cardinali, tenutasi
all‟indomani della morte di Pio IX, la maggioranza si dimostrò favorevole a tenere il Conclave in
un altro paese
2
.
Dopo molte esitazioni il Conclave aveva però avuto luogo nei Palazzi Vaticani, anche in seguito
alle assicurazioni formali da parte del Governo italiano, che aveva ricevuto pressioni
diplomatiche da parte di Francia ed Austria affinché non interferisse.
I cardinali si riunirono dunque il 19 febbraio e la Questione Romana fu ovviamente al centro dei
loro pensieri. Il numero di coloro che ritenevano necessario accettare l‟esistenza del Regno
d‟Italia e venire a patti con esso era assai modesto. Vi era poi un gruppo, costituito specialmente
1
Relativamente a Leone XIII e al suo Pontificato vedi Roger Aubert, Leone XIII: tradizione e progresso, in La
Chiesa e la società industriale (1878-1922) a cura di Elio Guerriero e Annibale Zambarbieri, parte prima, Cuneo
1990, pp. 61-106; Eduardo Soderini, Il pontificato di Leone XIII, 3 voll., Milano 1932-1933 (come ricorda però
Aubert è questa un‟opera importante, ma per molti aspetti sorpassata dalla successiva storiografia).
2
Si parlò della Spagna, della Francia e dell‟Impero Asburgico.
12
da cardinali di Curia, che auspicava il mantenimento della linea tenuta da Pio IX, continuando a
condannare senza cedimenti il liberalismo e a non accettare la fine del dominio temporale,
attendendo con fiducia che i tempi mutassero. Costoro erano quindi favorevoli all‟elezione di un
uomo religioso piuttosto che politico. Vi era infine un gruppo, cui aderiva la grande maggioranza
dei cardinali non italiani, che riteneva essenziale restaurare il potere temporale della Chiesa.
Percepiva però fallimentare la linea di fermezza e intransigenza promossa dal defunto Pontefice:
per riconquistare il potere temporale sarebbe stato necessario ottenere l‟appoggio delle grandi
potenze e a tal fine occorreva restituire alla Chiesa un certo prestigio. Per raggiungere tale scopo
essi giudicavano necessario che vi fosse maggiore apertura al mondo, in particolare a quanto vi
era di accettabile nella modernità, e che la Chiesa, nei vari conflitti che in Europa l‟opponevano
alle istituzioni politiche, mostrasse un atteggiamento di maggiore conciliazione.
Né i cardinali favorevoli ad un accordo con lo Stato Italiano né quelli più intransigenti riuscirono
a promuovere una candidatura di rilievo: i primi a causa del loro numero esiguo, i secondi perché
erano per lo più uomini troppo anziani. Furono quindi i cardinali del terzo gruppo ad imporsi.
Dal momento che l‟elezione di un cardinale non italiano era sconsigliabile, anche perché avrebbe
suscitato invidie fra gli altri stati europei, la scelta cadde sul cardinale Pecci, che era in quel
momento arcivescovo di Perugia. Considerando che fino ad allora egli era stato tenuto un po‟ in
disparte dalla Curia Romana, avrebbe potuto esser d‟ostacolo alla sua candidatura il fatto che
diversi cardinali lo conoscessero poco; egli fece però una buona impressione anche su costoro, in
virtù dell‟abilità che dimostrò nel periodo di Sede Vacante, svolgendo il ruolo di camerlengo
3
.
Fu così che, già alla mattina del secondo giorno di Conclave, il cardinale Pecci divenne Papa
assumendo il nome di Leone XIII in memoria di Leone XII, che dichiarò di aver sempre
ammirato per l‟interesse dimostrato agli studi, per l‟atteggiamento conciliante nei rapporti con i
governi e per il suo desiderio di ravvicinamento ai cristiani separati
4
.
Chi era il nuovo Pontefice? Egli proveniva da una famiglia della piccola nobiltà ed aveva
compiuto brillanti studi di filosofia e teologia (dimostrando già allora un particolare interesse per
San Tommaso d‟Aquino, che sarebbe emerso anche durante il suo Pontificato) nonché di diritto
civile e canonico. Ordinato sacerdote nel 1837, si dimostrò in un primo tempo interessato più alle
questioni politiche che a quelle religiose, iniziando una promettente carriera all‟interno
dell‟amministrazione dello Stato Pontificio. I buoni risultati ottenuti gli valsero, nel 1842, la
promozione a Nunzio apostolico a Bruxelles. Il soggiorno nella capitale belga dev‟essere stato
3
Durante il periodo di Sede vacante, quando il governo della Chiesa spetta al collegio dei cardinali, al cardinale
camerlengo vengono affidati determinati compiti di natura amministrativa.
4
R. Aubert, Leone XIII: tradizione e progresso, cit., p. 65.
13
per lui un‟esperienza importante. Gli permise infatti di conoscere da vicino quel paese governato
da una monarchia costituzionale, di rendersi conto di come i Cattolici in tale contesto potessero
partecipare alla vita politica, e di superare conseguentemente molti dei pregiudizi contro il
liberalismo e la modernità, che avevano caratterizzato i suoi predecessori. Più controversa è
invece l‟ipotesi secondo cui, vivendo a Bruxelles, sia nato nel futuro Pontefice l‟interesse per la
questione operaia che si sarebbe manifestato anni dopo, in particolare tramite la pubblicazione
dell‟Enciclica Rerum Novarum.
L‟esperienza belga segnò però una battuta d‟arresto nella promettente carriera del giovane
prelato. Egli dimostrò infatti spirito d‟iniziativa e una certa indipendenza, che lo portarono ad
assumere atteggiamenti talvolta in contrasto con quelli governativi. Ciò non piacque in
particolare all‟Ambasciatore d‟Austria, e lo stesso Sovrano belga, contrariato, chiese e ottenne
che il Nunzio venisse richiamato.
Nel 1846 a Gioacchino Pecci fu dunque assegnata la modesta diocesi di Perugia e, nonostante
nel 1853 fosse stato nominato cardinale, fino al Conclave del 1878 fu tenuto in una posizione di
isolamento, in quanto Pio IX e il suo Segretario di Stato
5
, cardinale Antonelli, non lo vedevano
di buon occhio.
L‟esperienza perugina finì però con l‟essere di grandissima importanza per il futuro Papa. La
brusca interruzione della sua carriera contribuì probabilmente a fare dell‟ambizioso prelato un
uomo di fede, maggiormente interessato alle questioni spirituali e pastorali, alle quali si dedicò
prendendo con grande serietà il suo ruolo di vescovo. La limitata importanza della diocesi gli
lasciò tuttavia il tempo necessario allo studio, alla lettura dei quotidiani, alla riflessione sulle
problematiche politiche e al mantenimento di rapporti epistolari con numerosi ecclesiastici
stranieri.
Anche se talvolta i meriti di Leone XIII sono stati sopravvalutati, è fuori discussione che
Gioacchino Pecci fu un uomo dalle notevoli capacità, intelligente, colto, prudente nelle decisioni,
ma allo stesso tempo determinato e autoritario. Una serie di caratteristiche che avrebbero
influenzato in maniera considerevole la storia della Chiesa.
L‟elezione di Leone XIII fu accolta con una certa soddisfazione da tutti coloro che auspicavano
un riavvicinamento tra la Chiesa e la società moderna, ma fu chiaro fin dal principio che i
rapporti col Regno d‟Italia sarebbero rimasti immutati.
5
Il Segretario di Stato è il cardinale posto a capo della Segreteria di Stato, il più importante organo della Santa Sede,
cui compete fra le altre cose gestire i rapporti della Chiesa con le istituzioni politiche. In linea di massima il
Segretario di Stato può considerarsi il più autorevole collaboratore del Papa.
14
Infatti il nuovo Papa, appena eletto, compì un gesto significativo. I suoi predecessori erano soliti
affacciarsi dal palazzo dove era avvenuta l‟elezione, e da lì impartire la benedizione Urbi et
Orbi
6
; Leone XIII invece impartì la benedizione dalla cosiddetta loggia interna, che guarda nella
Basilica Vaticana, volgendo le spalle alla città di Roma. Era un chiaro segnale d‟ostilità, la
Chiesa non accettava la fine del proprio potere temporale e vedeva nello Stato italiano un
usurpatore e un nemico.
Vi furono degli aspetti di continuità tra il nuovo Pontificato e quello precedente. Leone XIII non
esitò in più occasioni a fare riferimento al Sillabo di Pio IX, continuando l‟opposizione al
razionalismo e al laicismo e promuovendo in contrapposizione il rinnovamento della vita
cristiana, basata sulla frequenza ai sacramenti e sulle varie forme di devozione (come a Maria, a
Giuseppe o al Sacro Cuore). Egli continuò inoltre l‟opera di centralizzazione promossa dal suo
predecessore. Anche se si dimostrò più attento di Pio IX ad evitare il conflitto con gli episcopati
nazionali, egli continuò a interessarsi in maniera attiva alle problematiche della Chiesa nei vari
paesi. Intervenne anche nei conflitti politico-religiosi cercando di definire in prima persona quale
avrebbe dovuto essere la linea di condotta dei Cattolici in determinati paesi. Leone XIII
promosse l‟accentramento dei grandi ordini religiosi imponendo anche ai Benedettini, per
tradizione articolati in monasteri sostanzialmente autonomi gli uni dagli altri, di stabilire a Roma
un loro primate. Diede inoltre inizio alla consuetudine di far presiedere da un Legato pontificio
alcune grandi cerimonie religiose in tutto il mondo, e rafforzò l‟importanza delle Nunziature
apostoliche. Emblematico in tal senso fu un episodio del 1885: il Nunzio in Spagna richiamò un
vescovo a causa delle sue posizioni politiche, e un giornalista scrisse che l‟autorità di un vescovo
era da considerarsi superiore a quella di un Nunzio apostolico, il cui ruolo avrebbe dovuto essere
di natura prettamente diplomatica. La Curia Romana replicò prontamente con una nota,
precisando che i Nunzi non erano solo rappresentanti del Papa presso i Governi, ma organi della
Santa Sede presso i fedeli e i vescovi; avevano dunque una particolare autorità per quel che
riguardava i rapporti tra Stato e Chiesa. Era quindi inesatto sostenere che godessero di
un‟autorità inferiore a quella dei vescovi.
Se vi furono degli elementi di continuità è però altrettanto vero che il nuovo Pontificato fu
caratterizzato da forti differenze rispetto al precedente. Per quanto riguarda i rapporti con la
società moderna, non si limitò a condannarla, ma cercò di proporre un modo „cattolico‟ di
viverla; si interessò per esempio alla questione operaia e alle problematiche relative alla giustizia
sociale, operando anche per un maggiore coinvolgimento del laicato cattolico, per influire sulla
vita pubblica e sociale europea.
6
Alla città, ovvero Roma, e al mondo.
15
Per quanto riguarda la Questione Romana ho già ricordato che il nuovo Pontefice mantenne
sostanzialmente la linea intransigente del suo predecessore, però occorre aggiungere che alcune
differenze vi furono. Leone XIII riteneva che il dominio temporale fosse indispensabile per
garantire al Papa il libero esercizio del proprio ministero spirituale ma, soprattutto nei primi anni
del proprio Pontificato, lasciò intendere di essere disposto a raggiungere un accordo e ad
accontentarsi di un minuscolo Stato. Fece inoltre di tutto per „internazionalizzare‟ la questione,
cercando di ottenere l‟appoggio delle potenze europee. Era questo un tentativo già compiuto da
Pio IX, ma Leone XIII lo portò avanti in maniera più metodica. Sin dall‟inizio del proprio
Pontificato infatti si dimostrò molto attento alla diplomazia e interessato a coltivare rapporti
cordiali con i Governi. Appena eletto indirizzò lettere di cortesia all‟Imperatore di Germania,
allo Zar di Russia, e al Presidente della Confederazione Elvetica, paesi con i quali la Chiesa era
in cattivi rapporti; col procedere del proprio Pontificato continuò su tale linea, cercando di
crearsi più amicizie possibile. A tal fine non esitò a far valere l‟aiuto che la Chiesa poteva fornire
ai Governi per contenere le spinte rivoluzionarie e promuovere la pace sociale, atteggiamento
che oltretutto era in linea con una visione cristiana della società.
Sarebbe comunque limitativo sostenere che l‟atteggiamento amichevole di Leone XIII nei
confronti delle autorità politiche fosse dovuto semplicemente al desiderio di risolvere la
Questione Romana. Cercare l‟amicizia dei Governi fu una delle sue principali preoccupazioni
anche per altri motivi, come ad esempio quello di ottenere vantaggi di vario genere per la Chiesa
nei rispettivi paesi. Più in generale potremmo però dire che l‟attività diplomatica, come del resto
l‟apertura alla modernità, fu un mezzo utilizzato da Leone XIII per rompere l‟isolamento che al
momento della sua elezione circondava la Chiesa Cattolica.
Come Segretario di Stato egli scelse dapprima il cardinale Franchi, un abile diplomatico che
aveva dimostrato, pur nella fermezza dei suoi principi, una certa apertura nei confronti della
società moderna. Questi si impegnò immediatamente per riorganizzare la Segreteria di Stato, che
negli anni precedenti era stata piuttosto trascurata, ma nel giro di pochi mesi si spense. A
sostituirlo fu chiamato il cardinale Nina, che però rimase in carica solo fino al 1880, quando non
fu in grado di evitare la rottura delle relazioni diplomatiche con il Belgio; ciò, unitamente
all‟ostilità dei prelati più intransigenti, gli costò la rimozione. Fu quindi sostituito dal cardinale
Jacobini, un abile diplomatico che sarebbe rimasto in carica fino alla propria morte avvenuta nel
1887; anche se negli ultimi anni, e in particolare a partire dal 1885, l‟ostilità di alcuni prelati, il
decisionismo del Papa e le sue precarie condizioni di salute l‟avrebbero relegato in una posizione
di secondo piano. In seguito alla morte di Jacobini il nuovo Segretario di Stato divenne il
cardinale Rampolla, sul quale avrò modo di soffermarmi in seguito.
16
Ovviamente tra gli Stati con cui Leone XIII cercò un dialogo non poteva mancare la massima
potenza dell‟epoca, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. Non vi erano particolari contatti
con questa realtà politica, con cui la Santa Sede non intratteneva nemmeno relazioni
diplomatiche, anche perché in molti ambienti britannici vi era una forte ostilità anti-cattolica.
Ciononostante i rapporti con il Regno Unito erano considerati della massima importanza:
all‟interno di questo Regno e del suo sconfinato impero coloniale vivevano numerosi Cattolici, e
l‟influenza che esso aveva nel mondo era preponderante. Se si desiderava avviare un confronto
con il Governo britannico, non si poteva prescindere dalla complessa situazione che interessava
una delle poche realtà dell‟Impero in cui i Cattolici rappresentavano la maggioranza della
popolazione: l‟Irlanda.
1.2 Storia dell‟Irlanda prima della penetrazione inglese
L‟Irlanda
7
(chiamata Erin in gaelico, Ireland in inglese e Hibernia in latino) è un‟isola situata
nell‟Oceano Atlantico, a nord-ovest del continente europeo, e a poca distanza da quell‟isola ben
più ampia chiamata Gran Bretagna. I primi uomini misero piede in Irlanda probabilmente intorno
al 6000 A.C., e nel corso dei secoli e dei millenni successivi l‟isola fu interessata da diversi flussi
migratori. Si dimostrò particolarmente significativo e importante l‟arrivo in Irlanda dei gaeli,
avvenuto poco prima della nascita di Cristo. Essi influenzarono profondamente la civiltà
irlandese, al punto che fino agli inizi del diciannovesimo secolo il gaelico fu la lingua parlata
dalla maggioranza della popolazione.
I romani, che avevano occupato gran parte della Gran Bretagna, si disinteressarono dell‟Irlanda,
che rimase al di fuori dell‟Impero. L‟isola era divisa in numerosi regni tribali, spesso in guerra
tra di loro. A Tara, oggi nella contea di Meath, non lontano da Dublino, viveva il cosiddetto
„Grande Re‟ che, pur rivendicando la sovranità su tutta l‟Irlanda, possedeva in realtà un mero
titolo simbolico. Nonostante la frammentazione politica gli antichi irlandesi condividevano molte
7
Per un quadro generale della storia irlandese dalla preistoria fino a oggi, è stato pubblicato in italiano un libro di
Robert Kee, Storia dell‟Irlanda, un‟eredità rischiosa, Milano 1998, originariamente stampato in Irlanda nel 1995
con il titolo di Ireland. A History. Gli autori italiani che si sono occupati di storia irlandese sono stati Gianni La
Bella, Santa Sede e questione irlandese, 1916-1922, Torino 1996; Manfredi Martelli, La lotta irlandese, una storia
di libertà, Rimini 2006; Riccardo Michelucci, Storia del conflitto anglo-irlandese. Otto secoli di persecuzione
inglese, Bologna 2009.
17
cose: una lingua comune, un „codice‟ di leggi (la cosiddetta Brehon Law), una tradizione fatta di
leggende, musica e poesia. Vi era insomma una notevole identità culturale.
La storia d‟Irlanda conobbe una svolta epocale in seguito alla diffusione del Cristianesimo
8
,
avvenuta nel quinto secolo. Fu una diffusione assai rapida, promossa dal missionario Patrizio, in
seguito canonizzato dalla Chiesa. Il mondo irlandese, che mai aveva conosciuto la dominazione
romana, era una realtà molto differente dalle altre in cui era, fino ad allora, penetrato il
messaggio di Cristo. Ecco dunque che il Cristianesimo dimostrò in Irlanda forti peculiarità
rispetto al resto dell‟Europa, e grazie ad esso la cultura gaelica conobbe nuove fioriture. Furono
gli anni in cui in Irlanda vennero fondati numerosissimi monasteri e videro la luce originali opere
d‟arte, come il celebre Book of Kells, una trascrizione del Vangelo adornata con miniature
tipiche dell‟arte irlandese. Quando le invasioni barbariche minacciarono di soffocare il
Cristianesimo in Europa, l‟attività dei missionari irlandesi si dimostrò importantissima per
mantenere viva la Fede anche sul continente
9
. Fu in seguito a questo che l‟Irlanda divenne nota
con l‟appellativo di Insula Sanctorum
10
.
Verso la fine dell‟ottavo secolo fu però l‟Irlanda ad essere oggetto d‟invasioni. I vichinghi,
tradizionalmente definiti „danesi‟ anche se in realtà provenivano dalla Norvegia, iniziarono una
serie di scorrerie, divenendo tristemente famosi per la loro violenza e la loro crudeltà. Dopo
qualche tempo diedero vita a stanziamenti stabili, costruendo città costiere che finirono col
diventare realtà urbane più importanti rispetto ai villaggi gaelici, i quali riflettevano la natura
prettamente rurale di quella società. La stessa Dublino fu in origine un insediamento vichingo.
Nel corso dell‟undicesimo secolo un sovrano gaelico, Brian Boru, riuscì ad imporre la propria
autorità su gran parte dell‟isola, impossessandosi anche del titolo di Grande Re. La tradizione
successiva vide in lui l‟uomo che aveva messo fine alle vessazioni in Irlanda, scacciandone i
vichinghi; ma si tratta di una ricostruzione „romanzata‟. È vero che questo re combatté e vinse
contro eserciti vichinghi, ma lo stesso fece contro eserciti gaelici. Gli invasori non furono tanto
scacciati dalle gesta di Brian Boru (che peraltro crearono sì un forte potere centrale in Irlanda,
ma che non sopravvisse alla morte del suo fondatore), ma vennero piuttosto assorbiti dalla
società irlandese. Infatti nel corso degli anni, sia venendo a contatto con la lingua e la cultura
8
Vedi in proposito Maire e Liam de Paor, Early Christian Ireland, Londra 1978; relativamente alla storia
dell‟Irlanda medievale, suggerisco inoltre Michael Richter, Medieval Ireland, the Enduring Tradition, Dublino
2005.
9
L‟esempio più significativo fu probabilmente quello del monaco Colombano che, partito dall‟Irlanda, condusse
un‟importante opera pastorale sul continente fondando comunità monastiche in Francia e nell‟Italia settentrionale. Si
spense nel paese di Bobbio, nell‟Appennino tra Emilia e Liguria, dove aveva appena fondato l‟ultimo monastero.
10
Isola dei santi.
18
gaelica, oltre che col Cristianesimo, sia grazie ai matrimoni misti, che divennero via via più
frequenti, i vichinghi iniziarono ad intrecciarsi sempre di più alle popolazioni già presenti in terra
irlandese, finendo col fondersi ad esse. Presto però l‟Irlanda sarebbe stata interessata da nuove
invasioni.
1.3 L‟inizio della penetrazione inglese e la Riforma protestante
Nella seconda metà del dodicesimo secolo iniziarono a sbarcare in Irlanda truppe di normanni
provenienti dalla Gran Bretagna. I primi fra essi erano uomini del conte di Pembroke, chiamato
in aiuto da Dermot MacMurrough, Re del Leinster, che contava di utilizzarne la superiore
tecnica bellica nelle lotte che lo contrapponevano ad altri sovrani. Il conte di Pembroke ottenne
importanti vittorie, sposò la figlia di MacMurrough e alla sua morte gli successe come Re del
Leinster.
In seguito a questi fatti lo stesso Enrico II, Re d‟Inghilterra, preoccupato per l‟eccessiva
indipendenza assunta del conte di Pembroke, che era suo vassallo, decise d‟intervenire. Egli
sbarcò in Irlanda recando con sé la bolla papale Laudabiliter
11
, che gli assegnava il titolo di Rex
Hibernorum
12
. Per meglio far valere la bolla, Enrico II si fece accompagnare dal proprio esercito,
che gli permise d‟imporsi sui signori autoctoni. Da quel momento il Re d‟Inghilterra sarebbe
stato anche Re d‟Irlanda, sebbene nel corso dei secoli successivi il suo controllo sull‟isola si sia
spesso dimostrato parziale. Le terre strappate ai capi gaelici furono date in vassallaggio a diversi
signori anglo-normanni, i quali assunsero atteggiamenti indipendenti rispetto alla Corona.
Costruirono numerosi castelli e si comportarono come signori autonomi.
A lungo andare, lontani dal loro paese d‟origine, questi nobili si abituarono sempre più alla vita
irlandese. Anche grazie ai matrimoni misti si assimilarono pian piano alla popolazione
autoctona, iniziarono a parlare gaelico e ad assumere usi e costumi locali, finendo con l‟essere
definiti „più irlandesi degli irlandesi‟. La Corona britannica tentò a più riprese di frenare questo
processo d‟assimilazione, ma con scarso successo. Ben presto l‟autorità della Corona finì con
l‟essere limitata alla sola città di Dublino e alle terre immediatamente circostanti, attorniate da
11
Non è rimasta alcuna copia originale di tale documento, alcuni hanno ipotizzato che il Papa non avesse mai
emanato tale bolla, e che si trattasse di un falso. È però da notare che in quegli anni il Papa regnante era un inglese,
Adriano IV, al secolo Nicholas Breakspear.
12
Re degli Irlandesi.
19
una rete di fortificazioni detta the Pale; la situazione rimase sostanzialmente questa fino agli
inizi del sedicesimo secolo.
Fu con l‟avvento al Trono inglese della dinastia Tudor che le cose cambiarono
13
. Furono
soprattutto Enrico VIII ed Elisabetta I che si prodigarono per rendere effettiva la loro sovranità
sull‟isola: imposero la propria autorità tanto alla nobiltà gaelica che a quella di origine inglese
trapiantata in Irlanda. Ma la dinastia Tudor fu anche la dinastia che promosse la Riforma
protestante in Inghilterra. In Irlanda la situazione si rivelò più complessa: gli irlandesi non erano
particolarmente attratti dalle nuove idee religiose. Dal momento che mantenere il controllo
dell‟isola era difficile, la Corona preferì, almeno in un primo tempo, non insistere troppo
nell‟imporre la Riforma al popolo. Nonostante ciò, almeno formalmente, l‟Irlanda divenne
riformata, e mentre la maggioranza della popolazione rimaneva cattolica i funzionari della
Corona erano protestanti.
Nel corso degli anni comunque le tensioni tra Cattolici e Protestanti aumentarono, anche a causa
dei privilegi di cui godettero i secondi e della distribuzione di terre compiuta nell‟Ulster a favore
di coloni protestanti provenienti da Inghilterra e Scozia
14
. Tali tensioni esplosero nel 1641
quando, nel corso di una ribellione, i Cattolici dell‟Ulster massacrarono diversi Protestanti
15
.
L‟Irlanda fu poi teatro di ulteriori violenze in occasione degli scontri che nel corso del
diciassettesimo secolo contrapposero Corona e Parlamento inglese. Negli anni della dittatura di
Cromwell l‟Irlanda si era opposta alla sua autorità, cosicché nel 1649 questi sbarcò sull‟isola a
capo delle proprie truppe. I seguaci di Cromwell erano per lo più Protestanti radicali, passati alla
storia come Puritani, e si abbandonarono a vari tipi di violenza contro gli irlandesi. Per di più,
alla fine della guerra, fu emanato un nuovo editto per sottrarre terre ai Cattolici e distribuirle ai
Protestanti, e vennero promulgate numerose leggi fortemente discriminatorie.
All‟indomani della restaurazione monarchica operata da Carlo II nel 1660, i Cattolici sperarono
che la situazione si modificasse, ma il Sovrano non promosse nessuna riforma in tal senso. In
seguito alla morte di Carlo II salì al trono suo fratello Giacomo II, di religione cattolica, il quale
si dimostrò intenzionato ad intervenire in favore dei suoi correligionari. È noto però che il
13
Tra le varie opere scritte in proposito vedi Nicholas Canny, From reformation to restoration: Ireland, 1534-1660,
Dublino 1987; Robert Dudley Edwards, Church and State in Ireland, a History of Penal Laws Against Irish
Catholics 1534-1603, Londra 1935; Colm Lennon, Sixteenth century Ireland, the Incomplete Conquest, Dublino
2005.
14
Relativamente all‟Irlanda seicentesca, vedi Raymond Gillespie, Seventeenth century Ireland, making Ireland
modern, Dublino 2006.
15
Occorre però notare che, per quanto il numero di morti debba essere stato molto alto, esso fu senz‟altro ben più
contenuto rispetto a quanto la propaganda protestante volle far credere.
20
Parlamento inglese depose Giacomo II, chiamando sul trono suo genero, il protestante
Guglielmo d‟Orange. La cosiddetta „gloriosa rivoluzione‟ si risolse senza spargimento di sangue,
per quanto riguardava l‟Inghilterra; l‟Irlanda però era formalmente un Regno separato, con un
proprio Parlamento, e gli irlandesi si mantennero fedeli a Giacomo II. Fu così che lo scontro
militare fra i due, che non era avvenuto in Inghilterra, ebbe luogo in Irlanda. La vittoria di
Guglielmo d‟Orange confermò e consolidò il predominio protestante sull‟isola
16
, che si protrasse
fino a buona parte del diciannovesimo secolo e, per quanto riguarda l‟Irlanda del nord, del
ventesimo. Agli inizi del diciottesimo secolo la religione cattolica non era proibita come tale, ma
numerosi erano gli impedimenti legali cui essa andava incontro. I luoghi di culto erano stati tutti
sequestrati, e in buona parte erano diventati chiese protestanti; i religiosi regolari e i vescovi
erano ufficialmente banditi, solo i parroci potevano officiare, a patto che fossero registrati presso
le autorità. In teoria queste norme avrebbero contemplato l‟estinguersi della Chiesa Cattolica nel
giro di pochi anni, dal momento che in assenza di vescovi non sarebbero state possibili nuove
ordinazioni. La Chiesa però sopravvisse, grazie alla clandestinità e allo scarso zelo che le
autorità spesso dimostrarono nel far rispettare tali leggi.
I Cattolici erano però colpiti da una serie di norme che li discriminavano personalmente: non
potevano ricoprire incarichi pubblici, votare, partecipare ai lavori del Parlamento, arruolarsi
nell‟esercito, acquistare terra. Per quanto concerneva le questioni ereditarie nel caso vi fossero
stati più eredi, di cui alcuni protestanti e altri cattolici, i secondi venivano automaticamente
esclusi dalla successione. Fu così che, anche quando le leggi contro i Cattolici furono
formalmente abolite, i Protestanti mantennero a lungo una posizione di privilegio grazie alla
supremazia economica conquistata.
1.4 L‟Act of Union
L‟Irlanda, come ho già ricordato, era da considerarsi un Regno separato da quello inglese,
soggetto al medesimo Sovrano ma con un proprio Parlamento. Questa situazione continuò nel
16
Vedi in proposito Sean J. Connolly, Religion, law, and power: the making of Protestant Ireland, 1660-1760,
Oxford 1992; vedi anche Maureen Wall, The Penal Laws, 1691-1760, Dundalk 1961 e Catholic Ireland in the
Eighteenth Century: Collected Essays of Maureen Wall, Dublino 1989.
21
corso di tutto il diciottesimo secolo
17
; grazie alle leggi in materia religiosa la posizione di
dominio dei Protestanti era comunque garantita, ed essi avevano il pieno controllo del
Parlamento. La classe dirigente irlandese era formata in parte da immigrati inglesi e in parte da
irlandesi che, per convinzione o interesse, avevano deciso di convertirsi al Protestantesimo. Nel
corso degli anni questa classe dirigente sviluppò una particolare coscienza di sé, i suoi membri,
anche se di origine inglese, iniziarono a considerarsi prima di tutto irlandesi e a rivendicare un
ruolo di leadership sull‟Irlanda intesa come nazione a sé stante. Si può dire che fu l‟élite
protestante a dar vita al moderno nazionalismo irlandese, i Cattolici avevano altre problematiche
più urgenti da affrontare. Vivevano infatti in condizioni di estrema povertà, lottavano per la
sopravvivenza e per mantenere viva la loro Chiesa, e nelle campagne aderivano alle prime
società segrete, finalizzate a tutelare i loro diritti contro i landlords
18
e a imporre con la violenza
regole differenti dalle leggi ufficiali.
I nazionalisti cercarono dapprima di sfruttare il Parlamento irlandese come strumento di
indipendenza; il loro leader alla fine del diciottesimo secolo fu l‟avvocato Henry Grattan. Egli,
per rafforzare la sua posizione, utilizzò anche, come strumento di pressione, le truppe di
volontari irlandesi costituite dietro invito delle autorità britanniche per sostituire i soldati inviati
in America a tentare di reprimere la rivolta che avrebbe dato vita agli Stati Uniti. Nel 1782
Grattan riuscì a strappare al Governo di Londra una dichiarazione, secondo cui il Parlamento di
Westminster non aveva alcuna autorità in Irlanda quindi, al di fuori delle prerogative del Re,
l‟autorità sull‟isola sarebbe stata esercitata dal locale Parlamento. Si trattò però più che altro di
una dichiarazione di principio, la situazione nella pratica rimase immutata.
La rivoluzione francese ebbe un forte impatto sull‟Irlanda, in molti furono affascinati dagli ideali
che essa propugnava. Da qui la nascita di una nuova associazione, la Society of United
Irishmen
19
, che si proponeva di superare le antiche divisioni tra Cattolici e Protestanti, affinché
le due componenti del popolo irlandese facessero fronte comune contro gli inglesi. Presto la
società divenne segreta e iniziò a promuovere progetti insurrezionali, cercando il sostegno delle
società segrete rurali e dell‟esercito rivoluzionario francese. Il movimento degli United Irishmen
fallì, prima di tutto perché gli inglesi scoprirono molti dei loro progetti e non si fecero cogliere
17
Relativamente all‟Irlanda settecentesca, vedi Ian McBridge, Eighteenth Century Ireland, the Long Peace, Dublino
2009.
18
Letteralmente „signori della terra‟; questo termine designava i proprietari terrieri irlandesi. Nel corso della tesi
farò riferimento ad essi con la parola in lingua inglese, sarebbe infatti riduttivo tradurla come „proprietari terrieri‟
dal momento che essa designa una specifica classe sociale irlandese. È curioso notare che in alcuni documenti
conservati in Vaticano, relativi all‟Irlanda ma scritti in lingua italiana, essi vengano definiti „landlordi‟.
19
Società degli Irlandesi uniti.