Caratterizzazione chimico-microbiologica di insaccati prodotti nelle valli ossolane
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I salumi tipici ossolani possono essere acquistati presso:
ξ I singoli produttori;
ξ Piccoli negozi di alimentari;
ξ I supermercati locali appartenenti a due catene della GDO;
ξ Alcuni siti dell’e-commerce.
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CAPITOLO 1: LAVAL D’OSSOLA E GLI ALIMENTI TIPICI
1.1 LA VAL D’OSSOLA
La Val d'Ossola è un territorio posto all'estremo nord del Piemonte, nella provincia del Verbano
Cusio Ossola e al confine con la Svizzera. Essa segue il corso del fiume Toce, che ha inizio dalla
famosa cascata vicino al confine del passo San Giacomo e sfocia nel lago Maggiore, formando
nel suo percorso le valli Formazza, Antigorio e la bassa Val d'Ossola.
Figura 1: la provincia del Verbano Cusio Ossola
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Nella valle centrale confluiscono diverse vallate laterali:
ξ Valle di Devero, formata dal torrente che scende dall'omonima alpe raccogliendo le
acque di molti laghi alpini;
ξ Val Divedro, che ha inizio dal confine di Iselle e raccoglie i torrenti che scendono
dalla zona del parco naturale dell'alpe Veglia;
ξ Valle Isorno, forse la meno conosciuta delle valli ossolane;
ξ Valle Bognanco, che scende dalla nota località termale;
ξ Valle Vigezzo, nota anche come la valle dei pittori o degli "spazzacamin", con la
particolarità di essere formata da due fiumi:
o I1 Melezzo occidentale, che scende da Druogno verso la bassa Ossola;
o I1 Melezzo orientale, che da Santa Maria Maggiore va verso il territorio
elvetico oltrepassando il confine di Ponte Ribellasca e formando le famose
"centovalli"; è curioso notare come le acque di questi due fiumi, dopo un
lungo percorso, si incontrano nel lago Maggiore.
ξ Valle Antrona, formata dal torrente Ovesca;
ξ Valle Anzasca, che da Macugnaga, dove si possono ancora ammirare le tipiche baite
walser, raccoglie le acque del ghiacciaio del Belvedere nel gruppo del Monte Rosa;
I1 lago di Mergozzo, situato nella parte meridionale della val d'Ossola, al confine con le zone del
verbano e del cusio, ha un'interessante particolarità: formato dalle acque provenienti da piccoli
torrenti, esso non ha un vero e proprio effluente, ma l'unica via di sfogo è costituita da un canale
che lo collega al lago Maggiore.
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1.2 CENNI STORICI SULLA VALDOSSOLA
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La prima notizia certa sulle valli ossolane risale al 12" sec d.c., quando una "Oscella
lepontiorum" è citata dal geografo Tolomeo.
I primi abitanti di queste terre furono i Leponzi, una popolazione derivata dalla fusione tra
elementi celti, alemanni e liguri che si stanziò nell'Ossola e nell'attuale territorio elvetico. A
partire dal 6" sec a.c. i Leponzi subirono l'influenza di Etruschi e Romani.
Nel medioevo, fra il 1014 ed il 1381 I'Ossola appartenne al territorio della chiesa novarese,
godendo però di una buona indipendenza; tale emancipazione fu mantenuta anche durante la
successiva dominazione dei Visconti, poiché 1'Atto di dedizione a Gian Galeazzo Visconti
prevedeva clausole di autonomia, con esenzione dai tributi e libertà di commercio.
Nel XV sec le truppe vallesane, forti di mire espansionistiche (allora il territorio ossolano
comprendeva anche il passo del Sempione, oggi in terra elvetica), attaccarono piu volte,
costringendo all'intervento gli Sforza, che nel frattempo erano succeduti ai Visconti nella
signoria di Milano. I vallesani furono sbaragliati, e l'Ossola tornò a godere dei suoi privilegi.
I1 territorio ossolano passò quindi sotto i domini spagnolo, austriaco, sabaudo e napoleonico,
finché nel 1818 i Savoia concessero la costituzione di una 'iprovincia d'Ossola", che nel 1861 fu
unita a quella di Novara nel Regno d'Italia.
La storia vede ancora l'Ossola protagonista durante la 2° guerra mondiale, quando i partigiani la
liberarono dal dominio tedesco-fascista creando, anche se per soli 40 giorni (tra il settembre e
l'ottobre 1944), la Repubblica Partigiana dell'Ossola, retta da un governo autonomo formato dai
rappresentanti dei partiti antifascisti. In seguito ad un massiccio contrattacco nazista, la gloriosa
repubblica fu sciolta, ma mai dimenticata dalla storia.
Territorio novarese fino a qualche anno fa, dal 1993 la valdossola è entrata a far parte della
neocostituita provincia del Verbano - Cusio – Ossola.
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1.3 L’ALIMENTAZIONE NELLE VALLI OSSOLANE
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Fino a qualche anno fa, l'alimentazione dell'ossolano era molto simile a quella degli abitanti di
gran parte della regione alpina, dove la qualità e la quantità dei cibi erano legate esclusivamente
ai prodotti che si potevano ottenere dalli proprie terre, quindi anche alle condizioni
meteorologiche.
Quegli alpigiani che lavoravano i terreni come dipendenti del proprietario erano pagati con magri
salari, in natura o in denaro, percui la loro tavola era abbastanza sguarnita; piu fortunati erano i
mezzadri, che condividevano il raccolto con il padrone.
L'alimentazione della popolazione era alquanto semplice e povera, spesso costituita da pane e
minestre; in montagna l'elemento base erano le castagne: consumate fresche, o trasformate in
farina, pane e polenta, esse costituivano, insieme a rape, fagioli ed erbe selvatiche, una presenza
costante nell'alimentazione quotidiana. Dal 1700 in poi, con la diffusione delle colture
provenienti dall'America (mais, patate, fagioli), la farina di castagne venne in parte sostituita con
quella di mais.
L'utilizzo della carne era abbastanza scarso; generalmente questa derivava dalla macellazione di
pecore, conigli e galline.
La bevanda piu usata (oltre all'acqua sorgiva) era il vino "prunent", che era prodotto nelle cantine
di ogni valligiano.
I1 pane era fatto di segale, cui erano sovente aggiunti altri cereali (miglio, frumento);
generalmente era consumato insieme a minestre costituite da acqua, sale e grassi animali come il
lardo o la pancetta.
Una parte importante dell'alimentazione era costituita dalla polenta, talvolta fritta o abbrustolita,
e dalle minestre di pasta e fagioli. I1 companatico, quando c'era, consisteva in lardo fritto,
formaggi nostrani o pancetta, in piccole quantita che dovevano bastare per tutta la famiglia.
Nelle stagioni favorevoli, le risorse naturali consentivano di arricchire I'alimentazione: la
montagna abbondava di selvaggina, erbe selvatiche, funghi, bacche e spesso lumache, che
venivano raccolte dopo la pioggia, ma anche rane e ranocchi.
In questa società così povera esistevano però scadenze particolari, come le ricorrenze religiose,
che venivano rispettate da tutta la comunità, fino al punto di scandire i momenti piu significativi
della vita individuale e comunitaria. Queste feste erano tra le poche occasioni in cui carne e
salumi entravano nell'alimentazione di contadini e alpigiani.
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1.4 L’ALLEVAMENTO IN VAL D’OSSOLA
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Per la particolare conformazione del territorio, in gran parte montuoso, pastorizia ed allevamento
sono stati i cardini dell’economia ossolana fin dai primi insediamenti.
Da allra, le produzioni animali hanno sempre rappresentato un importantissimo apporto
alimentare ed economico per le popolazioni locali, anchese ci sono state alcune variazioni dovute
al mutare delle richieste. Oggi si assiste ad una notevole riduzione dell’allevamento di bovini e
caprini, vale a dire di quegli animali che richiedono maggiori cure e mungitura, e ad un notevole
incremento degli ovini, animali allevati soltanto per la carne, perché richiedono poca mano
d’opera e consentono lo sfruttamento delle grandi estensioni pascolive di proprietà comunali.
Oltre all’allevamento zootecnico vero e proprio, vi è anche un allevamento domestico, costituito
essenzialmente da:
ξ Suini, che da sempre costituiscono una grande risorsa;
ξ Galline, che forniscono le uova;
ξ Conigli, anatre ed altri animali da cortile, anche se la loro introduzione è relativamente
recente.
I prodotti degli allevamenti costituivano fino a qualche anno fa una forte risorsa monetaria: carni,
pelli e parte dei latticini venivano destinati principalmente alle vendite, fino al punto di privare
l’allevatore stesso del consumo di carne; a questa carenza non poteva sopperire il cortile, data la
modestia dei piccoli allevamenti.
Il consumo di carne era quindi modesto e costituito prevalentemente da carni conservate, mentre
la carne fresca era riservata a poche occasioni: ciò è dovuto soprattutto al fatto che i sistemi di
refrigerazione erano alquanto rudimentali (non c’era certo il frigorifero!), quindi l’unico modo di
conservare la carne era quello di salarla e metterla a stagionare. Di ciò da piena conferma il
Sottile (“Quadro dell’Ossola”, Novara 1810)
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: “Al terminar dell’autunno tutti sono macellaj per
sé stessi. Tutti ammazzano, salano più o meno animali, capre, montoni, vacche secondo il
bisogno della famiglia e le minori o maggiori facoltà. Ed ecco la provvisione del companatico
per tutto l’anno”.
Dell’animale si utilizzava tutto ciò che era possibile: ad esempio, del maiale si salvavano anche
gli ossi, dai quali si ricavavano brodi per minestre.
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1.5 PRINCIPALI SALUMI PRODOTTI NELLE VALLI OSSOLANE
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Blutwurst: sanguinaccio tradizionale delle valli Antigorio e Formazza, era preparato con sangue
lardo, spezie miste, vino rosso e sale e poi imbudellato; durava fino ad un anno, ma oggi
è molto raro.
Bresaola, “Carn seca” o “Carn salada”:carne vaccina della razza bruna locale, messa a
marinare per una decina di giorni (durante i quali viene più volte rigirata per favorire un
assorbimento omogeneo) in vino rosso e marsala, poi fatta asciugare all’aria per 60-90
giorni senza essere insaccata; si consuma tagliata fine e accompagnata dal pane di segale
tipico locale, ma entra anche in alcune preparazioni tradizionali Il clima asciutto e areato
delle vallate ossolane favorisce un’ottima produzione artigianale.
Bresaola di cervo: le cosce, o anche altre parti magre, vengono disossate e messe in salamoia
con vino, sale, pepe e aromi vari (bacche di ginepro, rosmarino, alloro, vino) per 7-10
giorni. Le bresaole vengono poi legate strettamente, infilate in tessuto di cotone fitta rete
e messe ad asciugare. La lavorazione di animali selvatici locali è limitataalla stagione in
cui è consentita la caccia. La produzione annualesi aggira sui 30 quintali.
Capra e pecora salate: preparazione diffusa in tutta l’Ossola; l’animale era tagliato in quarti,
che venivano posti entro una “marna”, vasca di legno o marmo, e ricoperti di sale, pepe,
erbe aromatiche, chiodi di garofano, cannella, spezie miste e vno. Dopo averli lasciati
riposare per 40 giorni rivoltandoli di tanto in tanto, i quarti venivano tolti dalla marna,
messi a sgrondare e poi ad essiccare.
Carne d’asino salata: preparazione tipica di Varzo, come le altre carni veniva lavorata in
salamoia e poi messa ad essiccare; si consumava lessata.
Cosciotto di capra, “Viulin”: cosciotto di capra intero salato e conciato con un mistodi droghe,
noce moscata, aglio, alloro e rosmarino; dopo qualche settimana di macerazione sotto
peso, nel corso della quale il pezzo viene periodicamente rivoltato, il cosciotto viene
appeso e lasciato asciugare all’aria per alcuni mesi. Di norma è disponibile da novembre
a marzo. Originario della valle Introna, il “violino di capra” è diffuso in tutta l’Ossola.
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Cosciotto di camoscio, violino di camoscio: le cosce di camoscio vengono salate ed
aromatizzate con pepe, bacche di ginepro, alloro, timo, rosmarino e cipolla, poi messe ad
asciugare e stagionare secondo lo stesso procedimento usato per il “violino di capra”.
Cotechino, “cudighitt” o “cudighin”: è formato da cotiche arricchite con parti di grasso duro e
parti di carne magra macinati grossi; l’impasto viene conciato con sale, pepe, noce
moscata, misto di spezie, vino rosso, aglio macerato e marsala, poi insaccato nel budello
diritto di manzo. Viene consumato lesso.
Lardo, “lard”: antica e tipica preparazione del grasso dorsale del maiale, sezionato e rifilato,
salato abbondantemente, conciato con aglio e alloro e mantenuto in salamoia per 2 o 3
settimane; il lardo viene poi posto ad asciugare per circa 10 giorni, tradizionalmente
sopra ad un camino in modo da ottenere la formazione dell’aroma di “affumicato”.
Mortadella di fegato, “murtadela” o “fidighin”: si ottiene miscelando carne magra, grasso
duro e fegato (generalmente in proporzione del 5% sull’impasto finale) di maiale, tritati
grossolanamente e conciati con sale, pepe, noce moscata e aglio bollito nel vino o lasciato
macerare in esso e poi strizzato; si insacca in budello naturale, suino o bovino, poi si
mette a stagionare per 40-60 giorni. Viene consumata tagliandola a fette spesse, per
evitare che si sbriciolino.
Murtadelun: mortadella di fegato insaccata nella vescica d maiale, la sua preparazione era più
curata sispetto a quella della mortadella comune, perché rappresentava una portata
tradizionale del pranzo di Natale dell’anno seguente alla sua preparazione.
Pancetta, “pansceta”: è la parte ventrale del maiale, conciata in salamoia con sale, pepe, chiodi
di garofano, cannella, alloro, rosmarino, aglio e vino.
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Prosciutto crudo, “presciutt”: è l’arto posteriore del maiale, messo in salamoia con aromi vari
(aglio, alloro, rosmarino, timo ecc.), poi lavato con vino aromatizzato con erbe locali (che
variano da salumiere a salumiere e da famiglia a famiglia), asciugato e messo ad
affumicare per almeno due settimane in locali dove vengono bruciate, su appositi
bracieri, bacche di ginepro e faggio ed essenze varie. E’ da notare come le conce odierne
continuino a rifarsi alla ricetta antica, così come la tecnica di lavorazione; questa, infatti,
ha luogo soltanto durante il periodo invernale, quindi il prosciutto ossolano diventa
disponibile tra giugno e settembre, dopo una stagionatura di 18 mesi, ma anche alla fine
dell’anno, con una stagionatura di 12-14 mesi.
Prosciutto crudo affumicato di Trontano: prosciutto tipico della valle Vigezzo, viene prodotto
a partire da un cosciotto di suino, rifilato e messo sotto sale e aromi vari (pepe, cannella,
noce moscata, chiodi di garofano, rosmarino, alloro) per un periodo di tempo variabile,
mediamente 40 giorni, secondo il peso e la percentuale di acqua presente nei tessuti; tolto
dalla salamoia, il cosciotto viene appeso all’intero del camino per circa 1 mese, in modo
da prendere la prima affumicatura e poi trasferito in cantina per un paio di settimane “a
prendere l’umido”. Il cosciotto ritorna quindi nel camino per prendere la seconda
affumicatura, poi viene messo a stagionare per circa 18 mesi. Le particolari condizioni
climatiche della Piana di Vigezzo, un vasto altopiano soleggiato e ventilato, circondato da
pinete, consentono una stagionatura ottimale. Per l’affumicatura vengono bruciati legna
di buona qualità (castagno, abete) e bacche di ginepro.
Salame ossolano, “salam”: a seconda delle dimensioni e della composizione, viene distinto in
salamini, salame e salamele. L’impasto, formato da carne magra e grasso duro macinati
grossolanamente, viene conciato con sale, pepe, spezie miste e vino rosso, poi insaccato
nel budello gentle suino e stagionato per 1-2 mesi.
Salame di testa, “salam ad testa”: è la testa del suino, accuratamente lessata, disossata, tagliata
in pezzi minuti, conciata con sale, pepe, noce moscata, acqua, vino e grappa, quindi
insaccata calda nel budello e infine, messa a raffreddare. Si consuma fresco o stagionato.