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1.1 INTERVENTI ED AZIONI POST-CONFLITTO
Dal 1975, anno in cui Johan Gultang si è avvalso dell’utilizzo del termine “peacebuilding” per
riferirsi alle attività necessarie a favorire la fine delle ostilità e ad affrontare le cause del
conflitto, la letteratura si è prodigata a ricercare diversi altri termini e concetti utili a descrivere
l’intervento della comunità internazionale nelle diverse fasi del conflitto. È così che si è giunti
alla definizione di “peacekeeping”, “peacemaking”, “ricostruzione”, “rigenerazione” e
“riabilitazione”
1
.
L’elevato numero di termini disponibili lascia ben intendere la natura complessa e
multidimensionale delle attività costitutive delle “operazioni di pace”.
Il tentativo di definire e concettualizzate ciascuna attività, anziché portare a una definizione
unica e rigorosa dei concetti, ha di fatto generato confusione e una sovrapposizione di queste.
Tale condizione sta negativamente impattando sul processo di elaborazione di una teoria
generale volta a definire priorità e individuare obiettivi, strumenti e risultati attesi dagli
interventi di pace
2
.
Gli interventi di pace presentano un carattere multifunzionale. Essi sono volti tanto alla
prevenzione del conflitto quanto alla pacificazione, al mantenimento e/o imposizione della
pace, all’aiuto umanitario e alla ricostruzione. Gli elementi che concorrono a distinguerli sono
inerenti alla complessità organizzativa interna, questa intesa in termini di obiettivi perseguiti e
attori chiamati a perseguirli. A tal riguardo, si evidenzia l’importanza del personale, oltre che
delle agenzie delle Nazioni Unite, anche dei contingenti militari, della polizia civile
1
Dudouet Veronique, Transitions from Violence to Peace - Revisiting Analysis and Intervention in Conflict
Transformation, Berghof Research Center for Constructive Conflict Management, Berlin, 2006; Fischer Martina,
Recovering from Violent Conflict: Regeneration and (Re-) Integration as Elements of Peacebuilding, Berghof
Research Center for Constructive Conflict Management, Berlin, 2004; De Zeeuw Jeroene, Building Peace in War-
Torn Societies: From Concept to Strategy, CRU Occasional Paper, The Hague, Clingendael Institute, 2001; Pugh
Michael, Regeneration of War-Torn Societies, Macmillan, London, 2000.
2
Sulla proliferazione dei termini associati ai moderni conflitti si veda: Goodhand Jonathan, Hulme David, NGOs
and Peacebuilding in Complex Political Emergencies - Summary Documents, Manchester University Press,
Manchester, 2000; Nafziger Wayne, Stewart Frances, Vayrynen Raimo, War, Hunger and Displacement: The
Origins of Humanitarian Emergencies, Oxford University Press, Oxford, 2000; Azar Edward, The Management
of Protracted Social Conflicts: theory and Case, Aldershot, Dartmounth,1990.
7
internazionale, delle organizzazioni non governative nazionali e non, e degli stakeholders
locali.
Ciò che concorre ad accentuare il carattere multifunzionale degli interventi di pace è il continuo
e costante processo di aggiustamento e cambiamento a cui è sottoposto l’intervento in
questione. Sia il processo di progettazione dell’intervento che di implementazione dello stesso
devono tener conto di alcuni fattori, tra i quali quelli inerenti alle cause scatenanti il conflitto, i
mezzi usati per combatterli, i danni (materiali e morali) provocati dagli scontri e le dinamiche
relazionali instauratesi tra gli attori coinvolti nel contesto post-bellico
3
.
Tenuto conto di tali variabili, possiamo sostenere che gli interventi di pace possono essere
descritti come una sorta di processo di “apprendimento aperto”
4
, ciò in virtù del fatto che essi
non seguono schemi o modelli unitari precedentemente definiti
5
.
In linea di massima, possiamo dire che il fine ultimo della riabilitazione è quello di favorire lo
sviluppo politico, economico e sociale del Paese colpito dalla guerra. Le soluzioni utili, in tal
senso, risultano essere quelle sostenibili e applicabili alle cause che hanno, di fatto, scatenato il
conflitto. In termini pratici, si deve agire ad esempio sulla disuguaglianza e sulla povertà per
quanto riguarda la dimensione socioeconomica, sui modi in cui tali condizioni sono state
politicizzate per quanto riguarda la dimensione politica e, infine, sugli schemi culturali, religiosi
ed emotivi attraverso cui tali condizioni si sono interiorizzate per quanto riguarda la dimensione
psico-sociale
6
.
Per riabilitazione, quindi, si intende il processo attraverso il quale rimediare alle ingiustizie e
alle illegalità del passato e porre fine alle sofferenze fisiche e psicologiche della popolazione
3
L’analisi del conflitto può essere effettuata tenendo conto di diversi approcci. Per un’analisi critica di questi si
veda: Leonhardt Manuela, Conflict Impact Assessment of EU Development Cooperation with ACP Countries: A
Review of Literature and Practice, International Alert, London, 2000; Pankhurst Donna, "Issues of justice and
reconciliation in complex political emergencies: conceptualising reconciliation, justice and peace”, in Third World
Quarterly, n. 20. 1999, pp. 239-355.
4
Paffenholz Thania, Peacebuilding: A Comprehensive Learning Process, in Reychler L., Paffenholz t.,
Peacebuilding: A Field Guide, Lynne Rienner, London, 2001.
5
Rupesinghe Kumar, Civil Wars, Civil Peace: An Introduction to Conflict Resolution, Sterling, London, 1998.
6
Rothstein Robert, After the Peace: Resistance and Reconciliation, Lynne Rienner, London, 1999.
8
che le ha sperimentate. In senso figurato, la riabilitazione può essere intesa come una sorta di
costruzione di “ponti” tra la gente comune
7
, questi volti a soddisfarne i bisogni di sicurezza e
ordine, ad incrementarne la qualità di vita e a riconoscerne l’identità e i valori
8
.
Le scienze sociali hanno reso noto che ad influenzare le azioni degli individui è innanzitutto il
contesto nel quale essi vivono e agiscono (strutture sociali). Ma un ruolo determinante, in tal
senso, lo possiede anche la rappresentazione che essi hanno della realtà.
Occorre però precisare che le azioni degli attori contribuiscono sia a riprodurre che a
trasformare quelle strutture. Applicando tale assunto ai conflitti moderni, ci è dato modo di
capire come il conflitto trovi terreno fertile tanto nelle strutture sociali responsabili di
disuguaglianza tra attori, quanto nei comportamenti e nelle abitudini degli attori individuali e
delle comunità che riproducono quelle strutture. La risoluzione di un conflitto, quindi, passa
attraverso quei cambiamenti socioculturali in grado di trasformare la violenza latente in una
pace duratura a livello strutturale e culturale
9
.
La Commissione europea definisce la riabilitazione come “una strategia generale, dinamica e
intermedia di riforma e rafforzamento istituzionale, di ricostruzione e miglioramento delle
infrastrutture e dei servizi, che sostenga le iniziative e le azioni della popolazione interessata
in campo politico, economico e sociale e orientata al rilancio di uno sviluppo sostenibile. La
popolazione, sia le vittime che i partecipanti ai conflitti armati, deve essere integrata nella
società civile, nei suoi aspetti economici, sociali e politici”
10
.
Stando alla definizione offerta dalla Commissione europea, la riabilitazione sembrerebbe essere
in grado sia di interagire che di integrare le attività di peacebuilding, queste intese come azioni
7
Spence Rebecca, “Post-Conflict Peacebuilding: Who Determines the Peace?” in Bleiker R., Evans-Kent B.,
Rethinking Humanitarianism: Conference Proceedings, Queensland University Press, St. Lucia, 2001; Fischer
Martina, Recovering from Violent Conflict: Regeneration and (Re-) Integration as Elements of Peacebuilding, cit.,
p. 189.
8
Evans Gareth, Cooperating for Peace: The Global Agenda for 1990s and Beyond, Allen & Unwin, Sydney, 1993.
9
Dudouet Veronique, Transitions from Violence to Peace - Revisiting Analysis and Intervention in Conflict
Transformation, cit., p. 56; Kriesberg Louise, Constructive Conflicts: From Escalation to Resolution, Rowman
and Littlefield, Oxford, 2003.
10
European Union (EU), Communication from the Commission on Linking Relief, Rehabilitation and
Development, COM (96) 153 final of 30.4.1996, 1996.
9
volte a rafforzare le strutture e i processi funzionali, a prevenire la nascita, la continuazione e
l’aggravamento degli scontri armati
11
. Da un punto di vista più ampio, il peacebuilding può
essere inteso come un processo che, attraverso l’ausilio di interventi di varia natura (politica,
economica, sociale, etc.) può contribuire alla creazione di una pace duratura.
Gli interventi in questione, utilizzandosi soprattutto nelle situazioni post-conflitto, tendono a
divenire parte del più ampio processo di riabilitazione
12
. A livello concettuale, quindi, è
necessario il superamento della visione cronologia secondo la quale l’intervento internazionale
si articola in tre fasi, ovvero:
• Assistenza (da svolgersi a conflitto ancora in corso);
• Ricostruzione (da svolgersi a seguito della firma di un armistizio o di un accordo di
pace);
• Riabilitazione (da svolgersi alla fine del conflitto).
Tale superamento è reso necessario dalla necessità di adeguare gli interventi della comunità
internazionale all’andamento ciclico dei conflitti, i quali, sono oggi soggetti a continui
capovolgimenti. L’adozione di un approccio flessibile è necessario per assicurare il ritorno alla
stabilità, il quale, risulta essere subordinato all’aiuto, al risanamento e allo sviluppo
13
.
Tale approccio, occorre sottolinearlo, non deve ridursi alla mera programmazione dettagliata
delle attività, bensì definire un quadro politico entro il quale assicurare la partecipazione di tutti
gli attori, affrontare le diverse cause strutturali del conflitto e garantire flessibilità e celerità
all’azione internazionale.
Quanto detto finora sembrerebbe proiettarci verso una considerazione della riabilitazione non
come mero strumento di policy, bensì come una vera e propria policy che, in quanto tale,
11
Matthies Volker, Krisenprävention. Vorbeugen ist besser als heilen, Leske & Budrich, Opladen, 2000; Pugh
Michael, Regeneration of War-Torn Societies, cit., p. 203; De Zeeuw Jeroene, Building Peace in War-Torn
Societies: From Concept to Strategy, cit., p. 45.
12
Pantev Plamen, “Conceptual and Terminology Issues in Post-Conflict rehabilitation” in De Dardel J. J.,
Gustenau G., Pantev P., Post-Conflit Rehabilitation, Study Group Information, Sofia, 2006.
13
De Zeeuw Jeroene, Building Peace in War-Torn Societies: From Concept to Strategy, cit., p. 158; Higazi Adam,
Dilemmas and Definitions in Post-Conflict Rehabilitation, Maastricht, European Centre for Development Policy
Management, 2003; Forman Stephard, Patrck Stewart., Good Intentions. Pledges and Aid for Post conflict
Recovery, Lynne Rienner, London, 2000; OSCE, OSCE Guidelines on Conflict, Peace and Development
Cooperation, Paris, 1997.
10
necessita di essere contestualizzata nell’ambito del più ampio processo decisionale
internazionale e regionale.