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INTRODUZIONE
Se per secoli si è dibattuto sulla dualità soggetto-oggetto, sogno-realtà, follia-ragione, con il
surrealismo arriva la svolta epocale, la trasformazione dello stato di cose presenti.
Si parla di rivoluzione, di cambiare il mondo, trasformare la realtà: questo movimento
artistico, letterario e filosofico ha irrotto nel Novecento come una ventata di aria fresca,
cercando di spazzare via il vecchio per il nuovo, mettendo in discussione il concetto stesso di
realtà.
Cosa era in fondo la ragione, la veglia, la realtà stessa? Forse mera finzione? E se crollassero
le distinzioni logiche imposte dal linguaggio allora cosa rimarrebbe? Rimarrebbe un terreno
eterogeneo originario dove tutti i contrari e tutti gli elementi diversi tra loro conviverebbero in
uno stato comune, previo alla categorizzazione logica e linguistica.
L’obiettivo di questa tesi è ricostruire la genesi e gli ideali che hanno portato all’esplosione di
quella che si può definire la rivoluzione surrealista, analizzandone lo sviluppo e l’eredità che
alcuni autori hanno raccolto ispirandovi il proprio pensiero.
A supporto di ciò mi sono servito dei due Manifesti del surrealismo di André Breton,
dell’opera Il teatro e il suo doppio di Antonin Artaud e della prima prefazione di Michel
Foucault alla sua Storia della follia nell’età classica.
Nel primo capitolo comincerò con l’illustrare brevemente ciò che ha portato alla nascita del
pensiero surrealista, separato ma strettamente connesso al movimento Dada, suo
predecessore.
Passerò poi ad analizzare il concetto stesso di surrealismo nel pensiero di André Breton tra i
due Manifesti, in relazione al pensiero dei suoi contemporanei, soffermandomi in particolare
su alcuni concetti chiave del pensiero surrealista quali la ricerca dell’Io, lo humour, la follia,
per poi illustrare brevemente la pittura nel surrealismo e concludere il capitolo con la
concezione di amore surrealista.
Nel secondo capitolo prendo in analisi il testo Il teatro e il suo doppio di Antonin Artaud,
personaggio che ha fatto parte per un breve periodo del movimento surrealista, cercando di
analizzare la controversa questione sulla genialità e follia di quest’artista così particolare,
attraverso le idee, le opere e i fallimenti dello stesso.
Nell’ultimo capitolo prenderò in esame la prefazione originaria all’opera Storia della follia di
Michel Foucault, analizzando il concetto innovativo di Follia e di Storia in quest’autore.
Successivamente analizzerò il riverbero che questo testo ha avuto sul pensiero psichiatrico
dell’epoca e successivo, soffermandomi sulla figura così distante, eppure parallela, di Franco
Basaglia.
4
Capitolo I
André Breton e la nascita del Surrealismo
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1.1 Le origini del Surrealismo
Non si può parlare di un movimento, sia pur letterario, poetico, artistico o filosofico, senza
contestualizzarlo nel suo tempo
1
, analizzando quello che è stato il sostrato culturale e storico
che ne ha permesso la formazione.
Il termine surrealismo fu coniato dal poeta Guillaume Apollinaire
2
, nella prefazione al
suo dramma Les mammelles de Tirésias del 1917, «per proporre ai francesi un vitalistico
ritorno alla natura “senza imitarla alla maniera dei fotografi”»
3
. Apollinaire sosteneva che la
ruota fosse «[i]l primo atto surreale dell’uomo»
4
, ovvero un prodotto della mera
immaginazione, che imitava la funzione di un organo motorio, quale la gamba, pur non
avendone la forma. E’ forse grazie a ciò che i surrealisti, alcuni anni dopo, aprirono la via alla
nozione di oggetto surrealista, dando agli oggetti della quotidianità una valenza diversa dal
normale uso cui erano preposti. In altri casi, non conoscendo l’uso di alcuni oggetti, lo
inventavano.
Negli anni di un conflitto mondiale che stava mettendo in ginocchio le popolazioni
europee, e di conseguenza anche la cultura e l’arte, in Svizzera nacque un movimento che si
opponeva fervidamente alla barbarie della guerra, il Dada. Il pensiero di Dada si fa largo nella
letteratura e nelle arti come logica del paradosso, contrapponendo alle classiche categorie
logiche il nonsense e sostenendo l’uguaglianza dei contrari. Servendosi di uno spirito
nichilista, ma al contempo umoristico, le sperimentazioni di Dada negavano ogni valore
all’arte e ogni possibilità conoscitiva di linguaggio, negando di per sé anche la propria
significanza intrinseca. Tristan Tzara, autore del Manifesto Dada nel 1918, nonché capofila
del movimento, due anni dopo si trasferì a Parigi dove diede vita al primo nucleo del Dada
francese.
In quegli anni, André Breton trovò nella casa di Apollinaire i numeri della rivista,
corroborando così le proprie convinzioni sulla possibilità di creare arte dal nonsense.
All arrivo di Tzara a Parigi, Breton assieme ad altri amici, organizzarono una serie di
performances provocatorie simili a quelle che erano gi state allestite a Zurigo.
5
1
Cfr. le parole di Louis Aragon in NADEAU 1972, p.9.
2
Cfr. G. Apollinaire cit. in BINNI 2001, p. 7: «Per indicare il carattere del mio dramma mi sono servito di un
neologismo […] e ho forgiato l’aggettivo surrealista che non significa simbolico.».
3
BINNI 2001, p. 7, corsivo mio.
4
CARTER 1997, p.69.
5
Cfr. CARTER 1997, p.69-70. «annunciando una poesia, Tzara avrebbe letto pezzi di giornale, accompagnato da
campanacci e raganelle. Breton avrebbe masticato fiammiferi. Gli altri avrebbero gridato, litigato o contato le
perle nelle collane delle signore presenti nel pubblico.».
6
Tuttavia Breton si accorse che non poteva continuare a distruggere tutto, «Dada […] non può
limitarsi a gridare, deve anche agire»
6
; così, negando il nichilismo distruttivo di Tzara, scrisse
nel 1924 il suo primo Manifesto del Surrealismo, prendendo le distanze dal primo.
Riprendendo e portando alla gloria il vocabolo coniato da Apollinaire sette anni prima, Breton
descrive qui lucidamente quello che sarebbe dovuto diventare il motore per una rivoluzione
del pensiero contemporaneo attraverso temi come il sogno e la follia, considerati i mezzi per
superare la razionalità e la liberazione dell'individuo dalle convenzioni sociali, e l’amore,
inteso come fulcro della vita stessa:
SURREALISMO, n. m. Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia
verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero.
Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di
ogni preoccupazione estetica o morale.
BRETON 1966, p. 30.
Il Surrealismo vuole riscoprire il valore dell’irrazionalità, una sorta di nuovo Elogio
della Follia. Grazie al proprio carisma, al proprio rigore di pensiero, André Breton diventerà
la figura centrale del surrealismo.
Sebbene riconosca la fondamentale importanza di Apollinaire, Baudelaire, De Sade, Jarry,
Lautréamont, Mallarmé e altri autori nell’elaborazione del pensiero surrealista, Breton riterrà
sempre superfluo ricercare le origini del movimento in autori del passato, scrive infatti, nel
suo Secondo Manifesto del Surrealismo del 1930, «In materia di rivolta nessuno di noi deve
aver bisogno di antenati.»
7
.
1.2 La ricerca dell Io
Breton, nel suo primo Manifesto del Surrealismo, esordisce con una decisa difesa
dell’immaginazione, ritenendola il fondamento della libertà dello spirito, criticando il
pensiero materialista che le permetteva «appena di esercitarsi, adesso, secondo le norme di
un’utilità arbitraria»
8
. Contro un’immaginazione che era stata ridotta in schiavitù, costretta
nelle catene della logica, Breton sostiene che la contingenza del bene è rappresentata dalla
possibilità dello spirito di errare liberamente e senza costrizioni.
9
Persino nei folli,
6
NADEAU 1972, p.27.
7
BRETON 1966, p. 67.
8
BRETON 1966, p. 11.
9
Cfr. BRETON 1966, p. 12.
7
l’immaginazione è vista come un conforto nel loro delirio, creando un distacco che diventa
quasi necessario per difendersi dalla «nostra critica, e persino dei castighi che vengono loro
inflitti»
10
.
L’immaginazione è quindi spesso fondamentale per procurare anche una sorta di felicità
illusoria nell’uomo, folle o savio che sia, per creare in lui una specie di corazza sociale e
fisica.
Nell’atteggiamento realista Breton denota invece una sorta di freno allo slancio
intellettuale e morale, con una piattezza e mediocrità così marcati che «[l]’attività degli
intelletti migliori ne risente; anche loro, come agli altri finisce per imporsi la legge del
minimo sforzo.»
11
.
Breton critica altresì la logica, dove «[i]l desiderio di analisi prevale sui sentimenti»
12
, logica
che permeava i romanzi e la cultura del suo tempo, trovando assurda e inutile la pretesa di
classificazione e categorizzazione con cui quelle menti ritenevano giusto etichettare tutto,
anche il non conoscibile.
13
Non si può quindi fissare nulla di certo, non si deve tracciare una linea sistematica dove
riporre e rendere dogmatiche le proprie convinzioni e i propri pensieri, comodamente protetti
da una filosofia già compiuta, salda nelle sue componenti e nel proprio insieme, ma il vero
pensiero surrealista si crea nella continua ricerca, nel continuo miglioramento e
perfezionamento; scrive Breton: «Mi opporrò sempre a che un’etichetta fosse pure l’etichetta
“surrealista” dia un carattere assurdamente limitativo all’attività dell’uomo del quale
insistiamo nell’attendere di più.»
14
.
Ispirandosi a uno dei testi chiave della psicanalisi freudiana, L’interpretazione dei
sogni, del 1899, i surrealisti vedevano nell’analisi del sogno, e quindi nella conoscenza
approfondita dell’inconscio, l’unica via possibile di una nuova rivoluzione sociale e culturale.
La rivoluzione pensata dai surrealisti poggiava su un connubio tra il pensiero di Rimbaud e
quello di Marx: Breton nel 1935 affermava: «“Trasformare il mondo” ha detto Marx,
“cambiare la vita”, ha detto Rimbaud: per noi, queste due parole d’ordine fanno tutt’uno.»
15
.
Quando Breton e gli altri surrealisti, inneggiavano alla necessità di una rivoluzione di
pensiero e di società, costruivano, secondo Arturo Schwarz, le fondamenta del loro pensiero
10
BRETON 1966, p. 13.
11
BRETON 1966, p. 14.
12
BRETON 1966, p. 16.
13
Cfr. BRETON 1966, p. 16, «I cervelli si lasciano cullare da quell’incurabile mania che consiste nel ricondurre
l’ignoto al noto, al classificabile».
14
BRETON 2010, p.21, corsivo in nota.
15
BRETON 1966, p. 172.