Il presente lavoro mira ad approfondire alcuni aspetti dell'arte
barocca, in particolare il suo valore di propaganda che in Italia
è legato per lo più alla politica pontificia, alla necessità del
Papato di riaffermare il suo potere dopo le vicende della
Riforma protestante e di completare e arricchire l' immagine
monumentale di Roma. L'attenzione si concentrerà sulle
peculiarità del linguaggio barocco, un linguaggio spettacolare
per il quale si parla di società dell'immagine finalizzato a
suscitare meraviglia e a raggiungere la persuasione tramite
una nuova articolazione dello spazio, l'uso particolare della
luce, il dinamismo delle forme, una sapiente integrazione tra le
diverse discipline artistiche e gli espedienti scenografici. Questi
ultimi aspetti si materializzano nelle opere di colui che più di
tutti concretizzò i progetti dei papi-mecenati, contribuì a
definire il volto della nuova Roma barocca e che anzi possiamo
definire il creatore stesso dell'arte barocca: Gian Lorenzo
Bernini. È questa la motivazione principale che mi ha indotto a
concentrare la maggior parte del lavoro su quest'artista.
Proprio tramite la sua carriera e le sue opere possiamo
evidenziare gli aspetti più significativi di questo nuovo clima
culturale che coinvolge non solo l'arte ma la cultura e la società
del '600 in modo globale. Ho inteso analizzare inizialmente le
reazioni che il nuovo movimento artistico ha suscitato negli
studiosi dei periodi successivi, in particolare ho ritenuto
opportuno citare alcune osservazioni critiche di Francesco
Milizia, Enrico Wofflin e Benedetto Croce che mi hanno aiutato
a definire le caratteristiche del movimento stesso. Per
comprendere la portata innovatrice del Barocco ho sottolineato
gli inevitabili legami tra questo movimento artistico e le
trasformazioni culturali del periodo, con particolare riferimento
alle nuove scoperte scientifiche e agli studi del tempo,
fondamentali per favorire la nascita di una nuova percezione
del mondo e dell'uomo che si esprimono inevitabilmente nei
nuovi caratteri dell'arte barocca. Successivamente ho
delineato sommariamente gli antefatti artistici del Barocco
soprattutto a Roma dove esso nasce e certo trova la sua più
fulgida espressione, ma anche il quadro storico e sociale che
meglio può chiarire le motivazioni e gli obiettivi del Papato,
quale committente di molta produzione artistica del '600.
Nel capitolo successivo mi sono concentrata sulla festa
barocca, un momento fondamentale ed utile, a mio avviso, per
comprendere al meglio la cultura che sostanzia l'intero periodo.
INTRODUZIONE
Tramite essa, infatti, è dimostrabile ulteriormente la finalità del
secolo ossia la meraviglia e la spettacolarizzazione della vita
religiosa con finalità propagandistiche. Inoltre la festa barocca
illumina la complessità dell'attività degli artisti del tempo che
sperimentavano negli apparati effimeri soluzioni poi usate nelle
loro opere. Particolare attenzione è riservata agli interventi di
Gian Lorenzo Bernini nel campo dell'effimero.
Proprio sulla figura di quest'artista si sviluppa l'ultima parte del
lavoro, che mira ad illustrare come gli aspetti caratteristici ed
innovativi dell'arte barocca possano essere puntualmente
ritrovati nelle sue opere, per citarne alcune: il Baldacchino e la
Cattedra in San Pietro, i monumenti funebri di Urbano VIII ed
Alessandro VII, le estasi di Santa Teresa e della Beata
Ludovica Albertoni, fino ad arrivare alle soluzioni approntate
nella chiesa di San'Andrea al Quirinale e in piazza San Pietro.
Tramite l'analisi di queste ed altre opere ho cercato di mettere
in rilievo la teatralità e il sincretismo tra le arti che
contraddistinguono l'opera di Gian Lorenzo Bernini.
La portata innovatrice di questo movimento si può già cogliere
nella particolarità del termine che lo definisce, Barocco, appunto
un termine che è stato oggetto di un'annosa questione sul
modo di intenderne il significato. La parola in sé porta il destino
della contraddizione, proprio perché non ha mai smesso di
indicare, nel trionfo di tutto ciò che è vita e movimento, il
trionfo stesso della forza della contraddizione e della
negazione ; negazione dell'essere come immobilità e come
limite, quindi negazione del bello ideale come unità organica e
come misura, e di conseguenza, ricerca dinamica e positiva
dell'infinito. Aspetti questi che ben segnalano la forza di rottura
del Barocco e che difatti venivano colti dai più disparati punti di
vista emersi durante la polemica su di esso. Pensiamo al Milizia
(1725-1798), già oppositore di Michelangelo (proprio per i
preannunci del barocco che in lui si ravvisano), il quale
criticando negativamente l'architettura, ma anche la scultura
barocca lo fa in nome della ragione, per meglio dire di un ideale
di ragione che per lui è presente nel bello così come nelle cose
e di fronte a cui appare mostruosa tutta l'architettura dell'età
barocca, proprio per la sua palese dimostrazione di un
rovesciamento e di una decisa negazione dell'ordine e dei
moduli della funzionalità architettonica classica, essa giunge,
infatti, fino all'esibizione dell'irrazionale e dell'inutile. Riportiamo
le parole dello stesso Milizia: “In architettura da un secolo e
mezzo in qua si veggono dappertutto messe in opera le stesse
stravaganze coll'aggiunta di ondulazioni, d'incassature, di
projetti entro incavi di mistilinee e di acutangoli” e tuttavia
prosegue spiegando che ciò avviene non per incapacità o
mancanza, ma “per eccesso”, e che non si tratta di mancanza di
significato, ma di “controsignificanza”
1
, di negazione di un certo
significato, cioè di consapevole contraddizione. Quando quindi il
Milizia pronuncia queste parole: “Se fossero meramente
insignificanti, male; varrebbero un niente; il controsignificante è
meno del niente, cioè un male positivo in ragione della sua
controsignificanza”, siamo di fronte quasi a una definizione del
secolo che fu troppo ricco ma consapevole dei suoi mezzi e dei
suoi fini. Secondo lo storico, quindi, un'attenta operazione
religiosa, sociale e politica proprio per la tecnica scelta (la
1
Francesco Milizia, Dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo i principi di Sulzer e di Mengs,
Venezia,
stamperia di Pietro Gio. Batta Pasquali , 1798, p. 131
CAPITOLO I
Il contesto-storico artistico della Roma barocca.
meraviglia) in funzione di una nuova politica (la persuasione)
situazione che il Milizia fotografa con l'ossimoro “un male
positivo”. Considerazioni che si muovono dall'adesione ad una
poetica classicistica, la medesima da cui muove Benedetto
Croce (1866-1952) e che lo porta a parlare del barocco come
“forma di brutto estetico”
2
.
Nonostante il Milizia e il Croce vengano separati da un secolo e
mezzo sono accomunati da una valutazione negativa del
Barocco ancorati entrambi al bello ideale per riaffermarlo contro
tutti i tentativi che la vita e la società possono fare per
impossessarsi dell'arte come tale, per sottrarla all'assolutezza
mortificante dell'ideale di bellezza. Si giunge così ad un' idea di
fondo del Barocco e che è in grado di legare manifestazioni tra
loro lontane ed apparentemente contrastanti, mi riferisco alla
tendenza di questo movimento artistico di liberare un mondo
dell'artisticità dalle canoniche leggi del bello ideale. Pensiamo
alla prospettiva che perde quella funzione ordinativa e limitante
che l'aveva contraddistinta al suo sorgere, dall'Alberti a Piero
della Francesca, per significare invece l'infinita rottura del
limite. La prospettiva barocca infatti non fa che sovra
moltiplicare se stessa in un'ansia di intelligibilità dell'infinito.
Proprio il concetto di infinito rappresenta un punto chiave per
comprendere a fondo il significato del Barocco, il primo ad
introdurre il termine ‘infinito’ in un discorso sistematico sul
Barocco fu Enrico Wolfflin (1864-1945), nel suo testo
“Rinascimento e Barocco” pubblicato a Monaco nel 1888.
Nonostante lo studioso, come il suo maestro, il Burckhardt, si
muova da una tradizione che vede in questa nuova arte una
decadenza in quanto morte dell'arte rinascimentale, riesce a
cogliere, tramite l'osservazione diretta dell'opera, l'essenza
originaria dell'animo barocco. Infatti egli ritiene che uno degli
elementi che lo caratterizzano rispetto al Rinascimento sia
proprio l'infinito che fa parte della tipica ricerca barocca del
movimento, l'infinito, quindi, come l'inafferrabile e l'illimitato.
La concezione dell'infinito che si evidenzia nelle manifestazioni
artistiche del periodo riflette le conquiste di una nuova
mentalità scientifica, si tratta di una concezione positiva e
dinamica dell'infinito che è tipica di tutto il Seicento e a cui si
arriva tramite un lungo percorso a cui accennerò brevemente
3
.
Secondo l'antica concezione filosofica greca l'infinito spaziale è
un concetto negativo poiché è semplicemente la negazione del
2
Dino Formaggio, Il Barocco in Italia, Milano, ed. Mondadori, 1960, p. 8.
3
Per l'evoluzione del concetto di spazio, Ivi, pp. 11-12.
finito, è il non-finito in contrasto con la perfezione dell'essere,
solo il finito è ed in quanto è , è immobile. La conquista di una
diversa concezione sia del non finito che del movimento matura
attraverso tutta una rivoluzione della cultura e della civiltà che
tra l'Umanesimo e il Seicento consolida la nozione della
positività dell'infinito. Nozione che già emerge negli studi
quattrocenteschi di Nicolò Cusano per cui l'infinito diventa
qualcosa di positivo come coincidenza degli opposti, si delinea
una concezione moderna dell'infinito, infinito come movimento
senza fine. Un'altra tappa fondamentale è rappresentata dagli
studi di Giordano Bruno che parla di infiniti mondi frantumando
le vecchie cosmologie delle sfere finite ed esaltando con “eroico
furore” la conquistata infinità dell'uomo e del mondo. Questa
concezione positiva giunge quindi fino al Seicento
accompagnata da altre importanti e rivoluzionarie scoperte, la
teoria dei cieli di Nicolò Copernico, le leggi sui moti dei pianeti
di Giovanni Keplero, l'invenzione del cannocchiale e la conferma
dell'ipotesi copernicana di Galileo Galilei contribuiscono a
spostare le assi del mondo e la percezione dell'uomo. Il Barocco
riflette questo travagliato sorgere di una nuova visione del
mondo dove tutto si anima e si muove, tuttavia esso scopre un
nuovo principio d'ordine: la luce. La luce fissa le cose insieme
agli uomini e ai loro gesti di passione e di pensiero, coglie ogni
momento della vita nel suo moto drammatico e rende vivo
l'infinito. Risulta chiaro che non solo le terre e i cieli si erano
ampliati, ma lo stesso concetto di uomo si dilatava a
comprendere una nuova varietà e complessità di nature.
Sono queste trasformazioni che ho creduto opportuno
evidenziare prima di addentrarmi nell'analisi della figura
dell'artista che più di tutti ha esemplificato lo spirito del Barocco
e in particolare degli aspetti che hanno suscitato il mio
interesse quali il sincretismo tra architettura, scultura e pittura
e l'utilizzo di espedienti ‘teatrali’. Ritengo tuttavia importante
delineare anche, sia pur per sommi capi, gli antefatti romani
prettamente artistici dell'età barocca vera e propria.
Sulla fine del Cinquecento Roma si impone come la capitale
artistica d'Europa, i cronisti che, seguendo l'esempio del Vasari,
cercano di registrare la febbrile attività degli artisti sono
costretti ad arrendersi di fronte al rigurgitare di italiani e
stranieri che arrivano nella capitale in cerca di lavoro. Attorno al
1620 si riconoscono tra le varie maniere nella Roma seicentesca
le due moderne tendenze dei Carracceschi e dei Caravaggeschi