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sapore, il calore e la consistenza, e per via retronasale gli aromi Perché ci
respiri e ci mangi, ci bevi Comprendi la forma dei cubi di gomma e com’è,
tondo e gonfio, il seno materno…
E la bocca si cresce, la nutrizione sarà gusto e piacere, poi baci e parole da
mangiare allo spirito, assolverà funzioni di necessarietà o soddisfazione
che s’accrescono insieme a tutto il resto: una persona.
È forse nella chiave di questa maturazione percettiva ed
esistenziale che si collocano i rapporti di fatto indiscutibili e quotidiani tra
atto del fumare ed esperienza gastronomica? E
Si tratta di un’associazione di caso e puramente sensoriale Parlare
di sintagmi caffè-sigaretta od il sigaro col whisky e topoi simili; oppure è
possibile ipotizzare un parallelo estetico tra i due oggetti e gli atti relativi,
mangiare/bere e fumare; derivato da un’evoluzione naturale della
coscienza d’un individuo relativa ai parametri della soddisfazione?
Verrebbe da chiedersi, nel caso in cui il detto parallelo fosse tracciabile, a
quale sfera della personalità potrebbe essere riferita l’analogia; se ad una
condizione più fisiologica, psicologica del piacere oppure, ancora, ad una
dimensione sociale; se l’accostamento del fumo a determinati oggetti
gastronomici sia da imputarsi semplicemente ad una costruzione storica
relativa all’espansione e diffusione dei generi voluttuari secondo precisi
canali e momenti Oppure. se esistano anche delle motivazioni – per così
dire: intime, nel Consumatore: colui che compie l’atto.
Nel corso di questo breve saggio si tenterà dunque d’indagare sui
fili reali che collegano, visibili o meno, il mondo etereo del fumo e la
verità, più materica, del gastronomico tangibile; tenendo presenti i
differenti livelli di sviluppo e utilità degli oggetti di cui sopra e,
contemporaneamente, della stratificazione delle esigenze nel soggetto che
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ne fruisce in relazione all’ambiente ed al grado d’articolazione di questo.
La nostra analisi partirà dunque, in maniera del tutto denotativa, da fatti
inopinabili: nella fattispecie dalla correlazione di fatto tra atto del fumare e
disparati oggetti gastronomici.
È notorio e veicolato da una cultura, scritta e non, di proprietà ed
estrazione popolare – tramite parole cliché e consuetudini d’uso, che dopo
il caffè sia buono fumare; e nel frattempo che si fumi di più, quando s’è
bevuto, ed il calice è pieno. Si fuma dopo pranzo, e se si smette:
mangiamo di più, così succede…
L’evidenza dello spirito sociale, del condizionamento che uno scenario di
luoghi comuni eserciti a torchio sugli attori che in esso si muovono
facendo gli assiomi, può bastare a giustificare percezioni di azioni, ed usi
talmente radicati nell’individuo quanto nel mondo intero? Di certo,
quest’ipotesi “condizionante” può avere un senso ed una funzione riguardo
alla conservazione perdurante di un uso consueto nel tempo, ma non
rispetto all’origine della consuetudine stessa, che pensiamo, debba trovare
radici in una motivazione concreta ed importante, in un “iniziatore” e nelle
sue ragioni: nei suoi sensi, in una base fisiologica, psichica o sociologica;
di soddisfazione ed esigenza in senso lato.
Consideriamo allora i dominii fisiologico, psicologico e sociale come le tre
sedi dell’esigenza.
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UNO. SEDI E FORME DELL’ESIGENZA
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Dentro, fuori e la bocca. La fame, il sesso, i gesti del branco come esigenze
fisiologiche.
Ipotizziamo dunque un’analogia tra esperienza del fumare ed
esperienza gastronomica che sia basata su elementi fisiologici: ci pare
opportuno considerare, nell’ambito dell’analisi, il valore topico
dell’Introduzione: mangiare e fumare sono entrambi atti che comportano
l’assunzione all’interno del corpo di elementi estranei. Tale valore, in
un’ottica per così dire primordiale, assume un’importanza estrema: correlato
per natura alle funzioni fisiologiche più critiche in quanto l’introduzione
diventa atto selezionato e se vogliamo raro, da compiersi per pura necessità
evitando superfluità potenzialmente dannose, indica un’esigenza…
Primaria, giustificabile ovviamente per lo sviluppo corporeo dipendente
dalla funzione nutritiva e dunque da una “gastronomia” che è più puramente
mangiare senza discrimine – con l’unico bisogno di crescersi: non
altrettanto giustificabile come esigenza, ad un livello così “bruto”
dell’analisi, è l’atto del fumare come bisogno fisiologico: è d’altra parte
vero che il fumo, in astratto, stringe in complemento al cibo svariate
modalità: si pensi all’affumicatura, insieme esigenza Gusto e conservazione:
si pensi al fumo e all’arrosto, al triangolo del cotto Del crudo del putrido e
alle simbologie correlate, a Lèvi-Strauss: si pensi che, da un punto di vista
nettamente meno astratto, la semicombustione d’una sigaretta eserciti sulle
sinapsi del fumatore reazioni biochimiche che rilasciano
componenti liberate anche da alcool e cioccolata1.
1
“The inhaled substances trigger chemical reactions in nerve endings in the brain due
to being similar to naturally occurring substances such as endorphins and dopamines,
which are associated with sensations of pleasure. The result is what is usually referred
to as a "high" that ranges between the mild stimulus caused by nicotine to the intense
euphoria caused by heroin, cocaine and methamphetamines.”
[da http://en.wikipedia.org/wiki/Smoking#Physiology]
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Per contro, inoltre, secondo la Teoria delle Fasi di stampo freudiano,
attività quali mangiare, bere, fumare; sarebbero riconducibili ad uno
svezzamento dell’infante carente, overprotetto o tardivo, e dunque ad una
cosiddetta Fissazione Orale, che si manifesterebbe in età adulta come
ossessione nella stimolazione della bocca, e quindi attraverso specifici
sintomi tracciabili nella personalità e nell’espletamento di attività che
comportano l’impiego dell’orifizio orale e la sua superstimolazione sia in
chiave diretta (mangiare, bere, fumare appunto) che in chiave traslata
(logorrea, sarcasmo, vittimismo perfino – sadismo orale.)
Dal punto di vista della percezione fisiologica strettamente intesa, inoltre,
la gestualità del fumo – la ricchezza del movimento che, com’è per i
momenti del caffè, del bere birra, diventa poi rito e mediazione
corpo-mente – assolve una funzione motoria ben netta di occupazione
finalizzata. Secondo Kurt Pohlisch:
L’attività del fumare si compone di una varia e ricchissima combinazione di
movimenti finalizzati e di espressioni […] Già dal punto di vista motorio,
dunque, non solo grazie alla nicotina, il fumo scioglie immediatamente
condizioni psicomotorie di tensione; trasforma stati di eccitazione in un insieme
tranquillizzante di movimenti. La mano nervosa, irrequieta,fumando si occupa in
maniera finalizzata […]. Il fumo procura occupazione nell’ozio e ozio
nell’occupazione […]. Per quanto riguarda gli aspetti motori, farmacologici e
psicologici, il fumo procura buonumore, disposizioni d’animo dalle sfumature più
diverse e stimolo per il lavoro intellettuale, una gradevole tranquillità, […] una
piacevole socievolezza.
Per quanto già analogicamente soddisfacenti ai nostri scopi
dimostrativi, tali ipotesi non tengono conto del limen naturale insito
nell’evoluzione umana, e dunque, in senso maturativo, dello sviluppo
nell’individuo di un Gusto (inteso anche qui, seppur per traslato, come
9
opposizione e avanzamento della semplice Nutrizione-esigenza
fisiologica.).2
Ponendo per ipotesi che su una scala delle soddisfazioni l’oggetto
della fissazione orale si trovi come ad un livello appena superiore (nel
verso dello sviluppo della personalità) alla pura nutrizione – quindi come
necessario all’estinzione di determinate superfluità che diventano
esigenze; possiamo già tracciare nel dominio delle esigenze fisiologiche,
ancora prima di discutere della formazione del Gusto e del piacere
riconosciuto, un parallelo per lo meno elementare tra fumo e gastronomia:
una condivisa condizione di superiorità non tanto in principio nella qualità
della soddisfazione quanto nell’ampliamento del numero di campi ad essa
relativi, una condizione di completezza e superfluità alla sopravvivenza
pura – parallelo che diventa ineccepibile ed assurge ad un nuovo titolo, ad
un nuovo livello, dal momento in cui questa stessa somiglianza viene
riconosciuta dall’individuo: dal momento in cui cioè ci si accorge della
possibilità d’un’analogia e ci si pongono domande, il soggetto pensante
realizza la propria condizione di soggetto-al-vizio e caccia-piacere e
s’interroga sulle di essa origini, riconosce la soddisfazione come
condizione permeante del suo agire e tenta di motivarla ed argomentarla,
di Assumerla così quindi a scelta individuale e ragione di Gusto: come
estroflessione riconoscibile della propria persona.
2
Per le tematiche sullo sviluppo psicologico umano e la teoria sessuale freudiana, cfr.
Freud S. (1905) Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie. Wien und Leipzig, Franz
Deuticke; Freud S. (1970) Tre saggi sulla teoria sessuale. trad. di G. L. Douglas Scotti.
Milano, Mondadori [tit. orig. Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie].
È importante considerare come pure in ambiente psicanalitico, la scuola freudiana
consideri ai giorni nostri l’approccio alle problematiche per mezzo della teoria a fasi
estremamente riduttivo. Le critiche a Freud pongono l’accento del dubbio sul fatto che
la fissazione orale possa spiegare i comportamenti di un umano adulto, e che aderire a
questa spiegazione semplicistica possa prevenire l'esplorazione di altri possibili fattori
scatenanti. La maggioranza degli psicoanalisti praticanti ha ampliato naturalmente la
propria visione dei casi analizzati ben oltre al puro adattamento della teoria a fasi,
dunque, e sarà opportuno fare lo stesso con il tema – davvero poco puramente
psicanalitico – che in questa sede consideriamo.
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L’argomentare quest’io-riflesso, in questo senso, comporta
l’approdo ad una fase edonica pre-psicologica (in quanto comunque ancora
troppo direttamente confusa ad esigenze di natura biochimica e, se
vogliamo rapportare l’uomo-elemento ad un branco, perfino etologica)
relativa all’affermazione di sé attraverso un nuovo stadio – ma anche una
nuova forma – della soddisfazione, intesa come scelta personale di
promozione della propria persona, diversificazione d’azione, gusto nel
discernimento - indotta aspirazione poi al Giusto-o-Sbagliato: si supporrà
che la promozione della preferenza personale suddetta, dopo un momento
darwiniano di gerarchia di gruppo3, sarà motivata da una spinta di matrice
verticale (d’innalzamento e miglioramento continuo) naturalmente insita
nella scelta stessa dell’esperire il gusto; per così dire cioè in una curiosità
fondante, propulsione alla maturazione tipica dell’attività appassionata ed
autodidattica.
3
Sulle strategie etologiche di diversificazione e posizionamento: Maestripieri D.
(2007), “Macachiavellian Intelligence - How Rhesus Macaques and Humans Have
Conquered the World”; Chicago, University of Chicago Press. L’opera tratta della
struttura gerarchica dei branchi di scimmie Rhesus, macachi, e delle strategie
“politiche e promozionali” adottate all’interno del gruppo dai singoli individui che lo
compongono. Lasciando fuori argomento, com’è ovvio, ogni possibile querelle sulle
eventuali presenza e formazione del gusto nella scimmia!, ci è parso qui opportuno
segnalando questo saggio sottolineare importanti traits d’union tra determinati
comportamenti dell’uomo e del macaco nell’agire sociale, dare cioè fondamento ad una
motivazione per lo sviluppo del gusto (nell’uomo) che abbia radici nel bisogno innato
di diversificazione e collocazione gerarchica dell’individuo in un gruppo.